Giangiuseppe Pili su Dick (“Illusione di potere”)

2055. Eric Sweetscent è un chirurgo specializzato in trapianti di organi sintetici. Egli è sposato con Kathy, una bellissima donna con la quale ha un rapporto insoluto e più che mai conflittuale. Le tinte fosche di una guerra interplanetaria, combattuta da tre razze intelligenti diverse e incapaci di comprendersi è lo sfondo dell’intera vicenda. Al principio, per liberarsi dalla moglie, Eric accetta di accompagnare il suo capo Virgil Ackerman su Marte, nel distretto Wash-35, un luogo dove il potente industriale Virgil ha ricostruito il paese in cui egli stesso era cresciuto, con oggetti originali dell’epoca passata. E’ in questa sede che Eric conosce Gino Molinari, il sommo capo delle Nazioni Unite, il quale lo convince ad entrare nel suo stato. Il Moli, così lo chiamano, non è solo a capo dell’intera organizzazione terrestre, ma è anche un uomo distrutto dalle malattie di origine nervosa e misteriosa. Le minacce alla Terra, continuamente sotto assedio, vengono più dai terribili alleati, i Lilistariani, prima ancora che dai Reeg, i nemici ufficiali. I lilistariani sono solo superficialmente degli uomini, in realtà, sono più simili a dei vuoti simulacri capaci di un’organizzazione militare efficiente e dal cuore puro al cui centro sta solo l’odio. I reeg sono insetti giganti, con quattro braccia e dall’esoscheletro lucido, incapaci di comunicare vocalmente e dalla breve aspettativa di vita. Dalle traversie della vita Eric Sweetscent è condotto a far uso sistematico di una potentissima e quanto mai letale droga: la JJ-180. Questa droga non agisce a livello neurologico, ma a livello fisico: Sweetscent incomincia a spostarsi nello spazio e nel tempo. Eric è condotto a situazioni posteriori da un punto di vista temporale ma alternative dal punto di vista spaziale: egli viaggia nel cosidetto “multi verso” in avanti, senza fissarsi mai su un unico mondo possibile ma andando e venendo da universi diversi e inconciliabili. Come finirà la guerra? Quale sarà il destino del mondo e quale sarà il ruolo di Sweetscent in tutto questo è il mistero ultimo del libro, travolgente e disarmante nella sua straordinaria visionarietà.

Il libro di Philip Dick si può leggere in molti modi ma è curioso che, comunque lo si voglia fare, è necessario farlo in blocco: non è possibile soffermarsi su un solo personaggio perché nulla nel libro ha senso se non nella sua globalità. Noi considereremo solo alcune letture possibili interpretazioni.

La caratteristica che colpisce maggiormente è la distruzione della trama “spaziotemporale” in cui non solo il personaggio si ritrova ad agire, ma pure il lettore ad immaginare. Il libro inizia con la costruzione di una dimensione “standard” in cui il protagonista compie le sue azioni. Eric Sweetscent è una persona razionale che vive esperienze al limite della tollerabilità: un surrogato di matrimonio e un surrogato di carriera e un surrogato di normalità. A poco a poco, condotto dalla necessità della vita, che poi diventa non necessaria ma, al contempo, l’unica forma di vita possibile, Eric perde la cognizione della realtà nel senso che cessa di essere un uomo di uno spazio e di un tempo ma un viaggiatore di più universi, tutti legati tra loro ma tutti irrimediabilmente avvinti nelle loro stesse necessità. La dispersione del sé avviene più per attraverso la distruzione stessa della forma standard della narrazione, che slitta di continuo tra esperienze nell’universo “standard” e universi paralleli. Lo scenario diventa plurale, le possibilità diventano metafisiche ed assolute: non si tratta più di scelte individuali ma di scelte universali nel senso più letterale del termine. Il tempo diventa relativo così come lo spazio: solo Eric Sweetscent sembra essere ancora capace di capire come e cosa debba fare, come dosare la droga JJ-180, come gestirsi. Egli, infondo, è l’antieroe che cerca in ogni modo di divincolarsi tra le proprie forze e quelle del mondo ma rimane destinato ad un fallimento che, in questo caso, è un fallimento propriamente cosmico dal punto di vista dell’individuo. Il tempo si sfilaccia e lo spazio si disperde ma la certezza della necessità rimane: ovunque l’uomo finisca, rimane avvinto dal suo stesso destino.

Altro tema profondamente radicato nel libro è la sensazione continua della malattia incarnata sia in Sweetscent sia in Molinari: due dei quattro o cinque personaggi fondamentali del libro sono ossessionati dalla malattie e, più che altro, dal senso di decadenza fisiologico. Molinari è un ipocondriaco fisico, egli prova le malattie più mortali senza mai viverle fino in fondo. Sweetscent sente di continuo la minaccia della guerra e la vive in modo cupo ed introverso senza mai giungere ad un’affermazione positiva delle proprie possibilità. Kathy, la moglie di Sweetscent, finisce divorata dalla droga JJ-180. Virgil Ackerman sopravvive per anni grazie ai continui trapianti di organi. Questo il microcosmo. Ma il macrocosmo, inquadrabile come il pianeta Terra, è precario, continuamente sotto minaccia sia dei nemici ufficiali che degli alleati. Incombe l’idea della fine e, peggio ancora, della dominazione totalitaria del vincitore: la Terra è la più debole delle potenze in conflitto, la cui salvezza si fonda esclusivamente sulla capacità del premier Molinari di gestire la delicata situazione. L’aspetto di normalità dipinto nelle pagine del libro contribuisce in maniera vigorosa a rendere ancora più inquietante tutto lo svolgersi della narrazione: l’incubo che si adombra è tanto più terribile se non viene inquadrato in un mondo orrorifico in cui è il male la normalità. In Illusione di potere non è tanto la dimensione del Male quanto del Malato ad essere onnipresente e profondamente percepibile. Il particolare della droga, la JJ-180, riassume nell’estrema semplicità del suo uso e della sua potenza distruttiva l’intera essenza della Malattia onnipresente nell’universo dickiano. In qualunque universo: è una Malattia metafisica quella che Dick ci fa scoprire, non un semplice incidente di percorso.

Se questo è il quadro assoluto, metafisico e pervasivo, i personaggi sono i migliori rappresentanti delle qualità generali del romanzo: Dick sceglie un protagonista non geniale, come il Raggle Gumm di Tempo fuori di sesto, ma un uomo normale, con una vita credibile sebbene contraddistinta dal fallimento e dal dubbio. Sweetscent è, in sostanza, un indeciso cronico, un uomo incapace di riuscire a cambiare il mondo, di prendere decisioni importanti. Egli rappresenta non solo il dubbio iperbolico, insito nei peggiori momenti della vita di ciascuno, ma pure l’uomo inseguito dal senso di colpa e dall’alone di malattia di colui che assiste, senza redenzione, ai mali degli altri. Così pure Kathy è una donna fredda, bella fisicamente solo per rendere ancora maggiore il contrasto con la sua personalità tremenda, capace di odio ingiustificato, mirato e implacabile. La coppia è solida e avvinta solo dall’indeterminazione di entrambi, dal malessere reciproco e non “dalla reciproca comprensione” , come ad un certo dice lo stesso protagonista. Kathy diventa dipendente della droga e da essa viene distrutta. Sweetscent sente un profondo istinto al suicidio e dal cui fascino è perennemente attratto: egli è un medico e sa riconoscere la Malattia, ma non concepisce la vita dietro di essa. Di ciò è consapevole ed è l’aspetto più inquietante del personaggio in quanto mostra con chiarezza come la consapevolezza della realtà concepita come un tutto deviato dalla vita, pervaso da un senso di minaccia e incertezza non basti a dare risposte: la consapevolezza di per sé non conduce ad una più pacata visione delle cose, occorre qualcosa di più. Sweetscent è un personaggio grande proprio in quanto esprime la pulsione di morte dell’uomo comune, della vita senza scopo e, di fatto, senza alcuna visione metafisica di fondo. Il dubbio dell’alternativa individuale, del poter fare diversamente, è pietrificato nell’indiscutibilità del destino ovunque si vada (nello spazio e nel tempo) nonostante l’illusione della possibilità di scegliere diversamente sia essa nella dimensione prospettica del futuro che nell’irreversibilità del passato.

Questa visione cupa e pessimistica della Storia e della vita si dischiude nell’inquadramento dell’individuo nell’universo: egli è un punto causalmente irrilevante il quale può, al più, stoicamente tollerare con sgomento la propria infinita impotenza. La visione positiva dell’uomo (si pensi a Spinoza o a tutta la concezione rinascimentale dell’individuo e all’illuminismo) è totalmente ribaltata nella contemplazione nuda e cruda dell’assurdo cieco male e nella sensazione pura del malessere.

Interpretazione storica, metafisica, individuale, la trama dello spazio tempo, tutto conduce verso un viaggio all’interno delle proprie inquietudini maggiori, la regione dell’Io in cui regna sovrana l’incertezza e, suo figlio, il senso di colpa. Inquietudine e metafisico senso di sgomento indipendente da qualunque fatto particolare sono i due cardini sommi su cui si muove Illusione di potere, forse non il miglior libro di Dick ma sarebbe potuto esserlo di qualunque altro che fosse meno geniale di lui, certamente un libro straordinario nel rendere concreto ciò che ben difficilmente si può toccare.

Philip K. Dick

Illusione di potere

Fanucci

16 euri per 286 pagine

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