Gianluca Cicinelli: L’immagine al potere

Le mummie stanno bene. Il che non è proprio del tutto vero ma serve ad andare avanti più sereni. Di sfuggita e in pochi minuti va in onda il servizio di una tv satellitare che mette fortemente in dubbio l’assalto al museo egizio, emblema mediatico della rivolta in Egitto. Sulle agenzie prosegue invece costante la denuncia dei saccheggi subìti dal museo de Il Cairo, gli appelli per salvare l’arte, l’indice puntato sui rozzi manifestanti che hanno tentato di saccheggiare il museo egizio, danneggiando due mummie e razziando suppellettili dalle vetrine infrante. L’episodio non risulta nemmeno a degli amici italiani che vivono laggiù, ma ormai è accaduto e resterà nella storia di questa rivolta. Se fosse vero quanto rivelato dalla tv satellitare saremmo di fronte alla costruzione di un falso mediatico costruito … ad arte, sì, proprio ad arte. Ci sono le immagini, risponderà il telespettatore smaliziato che girando tanti canali trova una marea di servizi giornalistici sull’argomento: una sequenza d’immagini che dura due minuti, sempre le stesse e montate nello stesso modo, in cui cambia solo il testo letto e nemmeno tanto, visto che essendo poche le testate che possono permettersi un corrispondente dal posto alla fine è l’Ansa che mette in moto il meccanismo di distribuzione dell’informazione dall’Egitto in questi giorni.

Qualcuno ricorderà il falso di Timisoara, decisivo per la caduta di Ceausescu in Romania nel 1989. Breve riepilogo, rubato a Rocco De Marco e il suo Rocco’s corner blog, sempre su wordpress: “Una sera i telegiornali iniziano a parlare di stragi avvenute a Timisoara, durante la rivoluzione del popolo rumeno contro la tirannia. Col passare dei giorni i telegiornali trasmettono immagini orribili di corpi straziati estratti da quelle che sono state definite “fosse comuni allestite in tutta fretta dal regime”. Ceauşescu cade e, dopo un processo sommario, viene rapidamente giustiziato; ma nella mente di tutti rimangono quelle immagini di quel corpo esanime della madre cui era stato estratto il feto dal grembo e brutalmente assassinato. Un remake della strage degli innocenti, collocato proprio a ridosso delle festività natalizie.Così viene archiviata nella memoria della gente la cruenta rivoluzione rumena. Una memoria tanto indelebile, quanto falsata. Peccato che due giornalisti italiani (ce ne sono di giornalisti bravi, peccato siano sommersi), Michele Gambino e Sergio Stingo, si recarono a Timisoara proprio alla ricerca dei cadaveri. Nel frattempo il conteggio dei morti era stato archiviato con un numero superiore alle 4000 unità: tanti corpi non possono scomparire nel nulla, salvo metodi Himmleriani. Eppure i due giornalisti non riuscivano a trovarli: saranno stati cremati? Quella di Timisoara è stata la prima congiura mediatica. Ordita dai cospiratori di Ceauşescu e portata avanti dalla rete televisiva nazionale che ha confezionato notizie e filmati e le ha diffuse ai media occidentali. Che, abboccando, hanno fatto da cassa di risonanza. La smentita, la dichiarazione che Timisoara è stato un bluff, è finita relegata nelle pagine interne e senza essere mandata in onda sulle tv”. Insomma, la strage non è mai avvenuta, però se andate per esempio su Volkspedia (l’enciclopedia del popolo, wikipedia), e ormai quasi ogni ricerca in rete comincia da Wikipedia, considerata affidabile, la strage viene riportata come avvenuta.

Così come era una storiella quella dei soldati iracheni che nel Kuwait appena invaso toglievano i neonati dalle incubatrici, che servì insieme a tanti altri falsi mediatici come pretesto per l’attacco all’Iraq del 1991. Dopo Erode risultava il crimine più odioso commesso contro bambini negli ultimi duemila anni, ottimo per suscitare reazioni forti nell’opinione pubblica. Così come erano false le immagini dei palestinesi che esultavano dopo l’abbattimento delle torri gemelle, un filmato vecchio di anni e ripreso in circostanze che con l’11 settembre non avevano niente a che fare.

La situazione in Egitto è però meno controllabile di quelle ricordate sopra dal circuito mediatico internazionale, si può correre con la fantasia ma all’interno di schemi che non possono stravolgere del tutto la realtà. Viene applicato il  principio di verosimiglianza in sostituzione del vero. La bufala del museo egizio apre la strada al dopo Mubarak. Nel contesto della rivolta anti Mubarak l’occidente sta preparando le sue scelte per la successione e le televisioni sono necessarie per creare consenso intorno a questo schema. Proviamo a ipotizzare uno scenario. l’Europa ha paura di governi confessionali islamici alle sue porte. In Egitto Hosni Mubarak governa ininterrottamente da trenta anni con l’appoggio dei militari, degli americani e di Israele. El Baradei, il nobel per la pace, egiziano laico che cerca di dare un senso alla rabbia dei rivoltosi del Cairo, è inviso al governo, ma anche ai fondamentalisti, che costituiscono però la massa determinante per le manifestazioni di piazza, perchè l’amara realtà è che le scintille senza appoggio religioso non detonano in medio oriente. Il ruolo del circuito televisivo internazionale sarà determinante per creare il consenso verso il leader che sostituirà Mubarak, per il momento in cui i militari, rimasti fin qui in un silenzio carico di ambiguità, faranno la loro scelta. La televisione indicherà all’occidente “i cattivi”, i responsabili dei vari gesti violenti, inventerà altri e più eclatanti gesti violenti, più gravi dell’assalto alle mummie del museo egizio. D’altronde a incrinare definitivamente l’immagine mondiale dei Talebani in Afghanistan prima dell’11 settembre, più che le continue vessazioni sulla popolazione furono le immagini della distruzione dei Budda di Bamiyan, demoliti a colpi di dinamite e cannone.

Bisogna osservare come nella rivolta egiziana gli organi d’informazione ufficiali, così attenti a dare spazio alle notizie provenienti da Twitter da Facebook o da altri social network, abbiano di molto abbassato l’investimento di fiducia collettiva verso i nuovi media come fonte alternativa di notizie. La struttura non democratica ma più aperta rispetto all’Iran dell’Egitto non permette di riproporre lo schema di condizionamento dell’opinione pubblica tramite valorosi resistenti che forzano il blocco imposto dal regime verso le notizie. Ecco allora che inizia prima la forzatura delle stesse e poi la creazione a tavolino delle informazioni per preparare l’orientamento dell’opinione pubblica verso un leader piuttosto che un altro. Ancora una volta il ruolo del giornalismo è ormai relegato a quello degli “embedded”, arruolati direttamente dai governi. La funzione attuale del giornalismo dei circuiti ufficiali è ormai ufficialmente il rovesciamento del principio in base al quale il giornalista è colui che appresa la notizia la riposta: il giornalista stipendiato nell’esercito del pensiero unico è colui che lancia un avvenimento non verificato o addirittura concorre alla sua costruzione e lo riversa nel circuito internazionale. Seguendo nei prossimi gionri il flusso dell’informazione proveniente dall’Egitto saremo in grado di capire su quale cavallo hanno puntato i governi occidentali.

ciuoti

2 commenti

  • grazie Gianluca,
    ottimo questo tuo “fuori orario”.
    Aggiungo qualcosa.
    1. I falsi mediatici sono ormai tantissimi, di qualcuno racconto anche io su codesto blog (se avete la pazienza di guardare “F come falso” in data 19 maggio 2010)
    2. Se proprio siete appassionate/i recuperate anche “Bufale” ovvero “Breve storia delle beffe mediatiche da Orson Welles a Luther Blissett” (Calstelvecchi, 2004) di Luca Damiani.
    3. A proposito di mummie mi pare una involontaria-rivelatrice simbologia che l’Occidente si preoccupi più di loro che dei morti di repressione; con tutto il rispetto per l’archeologia, se pure fosse vero che un paio di preziosi reperti sono stati danneggiati, per me (non so per voi) valgono 200 volte di più i 200 che hanno ammazzato. Ma forse fra zombies-1 (il sistema dei media) e zombies-2 (i cosiddetti politici) l’intesa è proprio sul dare preminenza alla morte e al nulla sulla vita e sui desideri.
    4. Restando alle tante bufale di casa nostra, occhio al rumore che nasconde la notizia e si accoppia con la censura. Leggo oggi su “il manifesto” (edizione nazionale, quella che a Roma, Milano ecc non arriva): “A Cosenza la curia vuol mettere il bavaglio ai mediattivisti critici (…) processo contro Claudio Dionesalvi, direttore della rivista Tam Tam”. Ecco ci mancava anche la curia: fortuna – per lui – che l’imputato di cognome fa Dionesalvi.
    5. Infine non c’entra un cecio ma ve lo devo dire: ieri sera ho letto “Le lancette del destino”” cioè il nuovo numero di “Julia” (un fumetto, lo trovate ogni mese in edicola): è bellissimo quanto improbabile, non perdetelo
    db

  • “perchè l’amara realtà è che le scintille senza appoggio religioso non detonano in medio oriente.”

    L’unica frase con cui non concordo in un articolo perfetto. Le rivolte del nord Africa pare testomonino il contrario, con le forze religiose che intervengono a posteriori per “metterci su il cappello”. La stessa storia della Palestina dice il contrario – a parte gli sviluppi degli ultimi decenni. La Palestina era il territorio più laico di tutto il medioriente.
    Articolo ottimissimo! i miei complimenti

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