Giornalismo dal basso? Più di così…
Questo articolo è uscito, senza firma, sul numero della rivista di strada «Piazza Grande» che festeggia i suoi primi 20 anni
Oh sì, me le ricordo bene le lezioni di Db (Daniele Barbieri) ai corsi di giornalismo sociale per “Piazza Grande” a Bologna.
Dopo pochi minuti dall’inizio qualcuna/o lo interrompeva, insultava e se ne andava. Lui serafico (volgarmente detto: faccia da culo) diceva: «adesso scrivete tutto quello che avete visto e sentito. Senza confrontarvi fra voi». Ne usciva un interessante manicomio: 10/15 persone avevano visto e sentito – ovvero interpretato – lo stesso evento in 10/15 maniere differenti. Con ogni evidenza (?) chi “disturbava” la lezione era d’accordo con il “prof”: credo la provocazione scattasse quando Db scriveva sulla lavagna «Lezioni di stile» di Raymond Quenau e consigliava (con dodici o: coooooooooooonsigliava) di leggerlo. Bellino quel libro in effetti.
Molte esercitazioni e poche chiacchiere. Le 5 w certo (in inglese: chi, cosa, dove, quando, come). Molte storie. E qualche frase ad effetto: “gli articoli vanno fatti con le tre corde di Pirandello, «corda pazza» inclusa”; oppure “non mi interessa se scrivete pullman con una l o due ma importa che sappiate cosa successe alla fabbrica del signor Pullman… e cambiò la storia”.
Giornalismo sociale, dunque dal basso. Questione di sguardi, di esperienze non di stile: ricordo Db che mimava la scena. Saliva su una scaletta (rischiando di cadere, per inciso) e invitava qualcuna/o lassù con lui per vedere “il mondo da qui”; poi si buttava in terra (con sprezzo dell’igiene) e convinceva altre/i a seguirlo per vedere “l’effetto che fa” la gente da là sotto. Ecco – ci diceva – ora proveremo a raccontare Bologna con gli occhi di chi sta sotto, delle persone che quelle/i sopra (giornaliste/i inclusi) quasi mai vedono. “Se in strada ci sono tanti impoveriti è perché 99 volte su 100 qualcuno si è arricchito su di loro… ma questo difficilmente si può scrivere”. Aveva profetizzato il prof che se la tendenza al “pensiero unico” proseguiva (“scusate il fatto personale” precisava) non l’avrebbero fatto più scrivere da nessuna parte, muri inclusi. In effetti non lo leggo in giro. Chissà se almeno è vivo… sempre che quell’agitazione che lo caratterizza sia un indice di esistenza e non il riflesso di “rana morta” come negli esperimenti di quel Galvani che non so perché ci raccontò.
Nota della redazione di «Piazza Grande»
I fatti qui sopra citati sono veri, verificati e dunque pubblichiamo questo testo che ci è giunto, pur se è anonimo. Ci insospettisce lo stile che ricorda pericolosamente quello del Daniele Barbieri citato: un plagio? O uno sdoppiamento della personalità con Barbieri che si finge un suo allievo? In ogni caso chiunque sia l’anonimo vogliamo rassicurarlo: Db è ancora vivo, ha scritto (con Raffaele Mantegazza) un altro libro e ha persino un blog.