Giuliano Bugani: I fasscinisti

(lettera aperta contro Piero Fassino sull’ accordo Mirafiori)

Mussolini era un ex socialista. I suoi seguaci si chiamavano fascisti. Fassino era un ex comunista. I suoi seguaci si chiamano fasscinisti. Mussolini faceva sparare ai dirigenti della CGIL. Bruciava le Camere del Lavoro della CGIL. Mussolini non lavorava. Fassino dice di volere votare SI a Mirafiori. Fassino vuole sparare alla FIOM. Fassino non lavora in fabbrica. Fassino non lavora. Fassino non ha mai lavorato. Fassino però è ricco. Anche Marchionne non ha mai lavorato. Marchionne però è ricco. D’ Alema dice le cose che dice Fassino. D’ Alema non ha mai lavorato. D’ Alema però è ricco. Io non dico le cose che dice Fassino. D’ Alema . Marchionne. Chiamparino. Fioroni. Ichino. Letta. Marini. Veltroni. Bersani. Io lavoro da un terzo di secolo. Io però non sono ricco. Io non sono un ex comunista. Io forse sono sempre stato comunista. Io devo avere sbagliato qualcosa. Nella mia vita. Io non sono una persona intelligente. Io non sono una persona ingegnosa. Io non sono una persona arguta. Io sono nato che mi hanno fatto così. Io sono una persona che non capisce delle cose. Se lavoro a Mirafiori non posso scioperare. Non posso ammalarmi. Non posso fare pause alla catena. Non posso iscrivermi al sindacato. Io allora non sono un fasscinista. Io non sono un fascista. Ecco perché non sono ricco. Ecco perché voterò NO. Ma non capisco perché Mussolini e Fassino e D’ Alema e Marchionne, e Chiamparino e Fioroni e Ichino e Letta e Marini e Veltroni e Bersani ce l’ hanno con quelle persone come me. Io dico che un giorno Fassino e Mussolini e Marchionne e D’ Alema, e gli altri si ritroveranno all’ inferno di Dante. Non Dante il mio amico. All’ inferno ci vanno le persone cattive. Mirafiori. La loro Gomorra del Nord. La loro Fontamara. Sono cani. Come i cani delle guardie del principe. Poi nulla. Poi i cafoni. Poi nulla ancora. Io morirò forse alla catena. Per fare ricco Fassino, Mussolini, Marchionne, D’ Alema. E gli altri. Io morirò forse mentre sciopero. Per i miei diritti. Io morirò forse per un incidente sul lavoro di notte. Mentre la Camusso sta a casa a dormire. Ma io sono un tornitore. So costruire. So tornire. Una canna di fucile. Io forse costruirò tanti fucili. E saranno tanti fucili. Io tornirò canne di pistole. Perchè io faccio il tornitore. Io sono poco intelligente. Ma io non morirò invano.

UNA NOTA (SULL’ABISSO)

Forse qualcuna/o che  frequenta codesto blog si sorprenderà per la rabbia che esce da Giuliano Bugani. Io invece mi continuo a stupire prerchè precipitiamo nell’abisso sernza che molte/i se ne accorgano o propangano di reagire. Vedo girare in rete qualche msg o articolo ancora più disperato. Uno comincia addirittura così:

Come si arriverà al giorno in cui un commando di tre persone attende Mario Draghi all’uscita della sede del Financial Times a Londra e lo ammazza con due colpi alla testa?

Come si arriverà al giorno in cui una donna portoghese tornerà da un viaggio in Marocco e si farà saltare in aria nella hall della Banca Centrale Europea al passaggio di Angela Merkel e di Wolfgang Shauble?

E finisce così:

Il Mahatma Gandhi, quello vero, predicò di affrontare il proprio nemico facendosi persino macellare col sorriso sulle labbra. Ma disse anche che se non si posseggono i mezzi per fare ciò, l’apatia non può mai essere giustificata, e allora che si imbraccino i fucili e si spari al nemico. Questo disse Gandhi.

Provocazioni? Oppure c’è un fondo di verità? Sono risposte sbagliate ma ai problemi veri? Perchè quasi nessuna/o ha il coraggio di analizzare l’abisso in cui stiamo sprofondando? Non concordo pienamente con Giuliano Bugani (e in generale non condivido al 100 per cento tutto ciò che “posto” su codesto blog, è ovvio) ma sento la sua urgenza che è anche, in modo diverso, la mia e credo di altre/i che non ne possono più di dover “sceglierte” fra il signor p2-1816 e quell’altra destra che Bugani ribattezza fasscinisti. Mi piacerebbe che se ne parlasse senza paura, retorica o trucchetti da intellettuali salottieri? E sarei molto felice se chi si è accostato a Gandhi ne ragionasse qui, intervenendo a dirci se si può cercare insieme una via di sovversione nonviolenta per non sprofondare in questo tremendo abisso italiano. (db)

Redazione
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9 commenti

  • Marco Pacifici

    …se non si posseggono imezzi per affrontare il proprio nemico con il sorriso sulle labbra facendosi persino macellare,l’apatia non puo essere giustficata,e allora si imbraccino i fucili e si spari al nemico. Ghandi. Per tutti e soprattutto tutte le ipocrite

  • ginodicostanzo

    Capisco benissimo la rabbia di Bugani, e la sottoscrivo in quanto rabbia legittima. Sulle modalità con cui questa rabbia debba trasformarsi in azione sociale si può discutere.

    La situazione in questo paese è gravissima, stiamo ritornando passo dopo passo alla schiavitù operaia dei secoli scorsi ed alla completa sottomissione del proletariato e della classe media proletarizzata, una novità quest’ultima. Una gigantesca macelleria sociale, ma anche un’opportunità di unire le istanze di classi storicamente divise. Il parlamento italiano è oramai dominato da due fascismi, uno palese ed uno occulto, quelle delle ex sinistre. Quando tutte le opzioni non violente saranno esaurite – e per la loro inefficacia e per la reazione violenta del potere nel caso queste opzioni si dimostrassero efficaci – quale scelta rimarrà agli oppressi per ottenere giustizia?
    Cosa penserebbero i morti ammazzati in piazza nell’ultimo secolo, morti per farci godere dei diritti che ci stanno rubando, se potessero vederci calare le braghe della non violenza a tutti i costi?

    I veri movimenti operai e proletari della società moderna sono sempre stati non violenti, ma erano composti da persone che non porgevano l’altra guancia. Il potere alla “non violenza” non ci pensa neppure, la non violenza è un “disarmo unilaterale”, come ha detto qualcuno. Rispettabilissimo, anzi, auspicabile, se funziona. Ma se il livello del conflitto sociale si alza, come pare stia accadendo, che si fa?

    Prima hanno impedito di manifestare in una centrale “zona rossa”.
    Poi hanno allargato la “zona rossa” a quasi tutta la città, impedendo di manifestare ovunque nel suo perimetro.
    Poi hanno esteso la “zona rossa” a tutta la regione, cominciando dal tratto Roma-Civitavecchia.
    Poi, forse, estenderanno la “zona rossa” anche alla Sardegna, poi…
    A.A.A. CERCASI utile suggerimento “non violento” da dare agli studenti ed ai pastori sardi per proseguire la loro lotta per la sopravvivenza…
    (è solo un esempio per chiedere: cos’altro dobbiamo aspettare per muoverci insieme? che tutto il paese si trasformi in una “zona “rossa”? …ma allora meglio muoversi subito per un “paese rosso” eheheh….)

    Assumere la non violenza come la madre di tutte le metodologie di lotta…. Credo che la storia abbia sconfitto questa pia immagine intrisa di un profondo quanto occulto cattolicesimo culturale che è uguale a destra ed a sinistra e diffuso anche tra i non credenti.
    Se tentano di strangolarmi state certi che che tento di difendermi in tutti i modi: la mia è violenza ? E’ quello che succede oggi. Se le banche hanno creato questa crisi mondiale che noi paghiamo, e parlo di centinaia di milioni di persone rovinate, un ragazzo di 16 anni con la vita già fottuta su cosa dovrebbe sfogare la sua rabbia fomentata dallo sbarramento delle forze dell’ordine a Roma, sulla Pizzeria “Alla bella Napoli”? se la prende col simbolo delle banche e sfascia un bancomat! Io lo capisco troppo bene. Non serve a niente? può darsi, ma queste cose non si giudicano con la lente dell’immediato effetto pratico. Intanto è una rabbia sacrosanta che non condanno, quello lo lascio fare al potere ed ai suoi servi di destra e di sinistra. Avete letto qualcosa sul giro di vite che si prepara a livello legislativo e militare per la nuova ondata di repressione? l’ho pubblicato in questo blog in un altro post. Ebbene come dovranno reagire i futuri manifestanti, vi chiedo.

    I giovani del movimento studentesco, che rifiutandosi di adeguarsi alle regole del sindaco di Roma sono scesi in strada per affermare il rifiuto della precarizzazione di un’intera generazione, precarizzazione che li consegna alla mercé di poteri di stampo mafioso, quei «ragazzi» dal grande genio associativo hanno fatto di più contro le radici culturali delle mafie di qualunque maxi-processo mediatico, malgrado la loro “violenza”.

    Se si definisce violenza (gratuita!) quella degli studenti, come può definirsi il programmato genocidio di almeno due generazioni future e la pianificata precarizzazione di una intera società sotto i diktat del libero mercato globale?
    Ciò che ci hanno presentato come ineluttabile non lo è; la crisi è reale ma è stata pianificata, la precarizzazione, la disoccupazione impressionante che ci attende (io ho già cominciato, a 48 anni!) è solo un potente strumento di controllo sociale. Non c’è nulla di “naturale” in queste crisi epocali, esse sono cicliche e sono la spia della disumanità e del fallimento del capitalismo. Che va cancellato.
    Se si può fare in maniera non violenta va benissimo… anche a piccoli passi. Ma, ripeto, quanto più questi piccoli passi si riveleranno efficaci, tanto più violenta sarà la reazione delle istituzioni; quanto più la capacità aggregativa delle varie componenti sociali del dissenso aumenterà, tanto più feroce sarà la strategia disgregatrice del governo, che è sempre stata quella si sparare nel mucchio, inventandosi anche nuove repressive forme di “legalità”, prima di passare a quelle illegali. La “strategia della tensione” l’hanno inventata loro.

    Qualsiasi riforma che si muova all’interno del sistema di produzione capitalistico è destinata solo a prolungarne l’agonia, insieme all’agonia atroce di qualche miliardo di persone sull’intero pianeta.

    Ho letto qualcosina di Ghandi, tempo fa. Ho anche definito la sua non violenza come “violenza passiva”. Gradirei sapere qualcosa in più da qualcuno che lo conosce meglio. L’india si liberò degli Inglesi, è vero, ma credo anche che l’Impero della regina fosse già sulle ginocchia… e che morirono molti indiani, e che non tutti rispettarono alla lettera il dettato Ghandiano, imbracciando anche i fucili…
    ma attendo lumi, non ne so molto.
    Ciao, boys ‘n girls

  • Qualsiasi cosa esca dalla mostruosità di questa fase storica, si potrà affrontare solo con un movimento di massa, e al momento non mi pare ci siano le condizioni.
    Davanti a noi c’è tanto da fare, tutto da costruire, con pazienza e fatica, con volontà di capire evitando risposte troppo facili. Tutto in salita, nulla a portata di mano.
    Se ribellarsi significa gettarsi sulle baionette non sono d’accordo, è un film che ho già visto e la fine non mi è piaciuta.

  • ginodicostanzo

    Francamente a me sembra che sia sempre stato così: movimento di massa, pazienza e fatica, capire e nessuna risposta facile, tutto in salita (e quando mai è stato in discesa o a portata di mano?).
    Gettarsi sulle baionette nessuno l’ha detto, credo, a parte le immagini di Bugani che si possono leggere come metafora di un atteggiamento mentale.
    Quello che qui si chiede è rispondere alla domanda, possibilmente senza girarci intorno con delle ovvietà:
    se la consapevolezza della gente rispetto al momento che vive aumenta, innalzando il livello del conflitto sociale, sarà possibile rispondere alla repressione dello stato che sarà in proporzione quadrupla e violenta (la storia insegna), rimanendo confinati in ambiti non violenti?
    Ci vogliono proposte il più possibile concrete, magari anche sostanziate da esempi storici.
    I moti operai del passato non avevano di fronte baionette?
    La fine non è piaciuta? ma quella “fine” è stata l’acquisizione dei nostri diritti! quelli che stiamo svendendo cedendo al ricatto.

  • “Chi non è in grado di proteggere se stesso, i propri cari o il loro onore, essendo egli disposto a dare la vita senza fare ricorso alla violenza, può e deve farlo opponendosi con violenza all’oppressore.”

    “Alcuni abitanti di un villaggio vennero depredati. Essi fuggirono lasciando quindi le proprie mogli, i propri figli e i propri beni alla mercé dei saccheggiatori. Allorché io li biasimai a causa della loro codardia e per aver dimenticato il loro dovere, si appellarono vergognosamente al principio della non violenza. Io schernii pubblicamente il loro comportamento ed ebbi modo di spiegare che il mio concetto di libertà dalla violenza è completamente in armonia con la violenza di chi non sa che farsene della libertà dalla violenza e che però prende sul serio il compito di difendere l’onore della propria moglie e dei propri figli: la libertà dalla violenza non è in alcun modo un pretesto per la viltà, bensì la virtù più nobile dei coraggiosi. Praticare la libertà dalla violenza richiede di gran lunga maggior coraggio che non un combattimento con la spada. La viltà è del tutto inconciliabile con la libertà dalla violenza. Il passaggio dalla violenza alla libertà dalla violenza è possibile e talvolta anche facile da compiersi. La libertà dalla violenza presuppone la capacità di combattere. Essa consiste nel consapevole trattenersi dal compiere azioni violente che viene imposto al desiderio di vendetta. Ma la vendetta è in ogni caso superiore ad una sottomissione passiva e disperata. Il perdono occupa comunque una posizione ancora più elevata. Giacché la brama di vendetta significa anche debolezza.”

    Queste due frasi sono di Gandhi.

    A me pare che in questo paese, riducendo la libertà dalla violenza a non-violenza, si banalizzi e travisi la portata di questa forma di lotta. Mi pare che venga interpretata troppo spesso come un ritirarsi dallo scontro mentre è chiaro che essa non viene prima della violenza, ma è oltre ad essa.
    Oltre perchè richiede organizzazione, disciplina, dedizione e determinazione maggiori, non minori.
    Sulla sua efficacia l’esempio più significativo è l’opposizione vincente del popolo danese sotto occupazione nazista alla soluzione finale (il caso è ricostruito da Hannah Arendt in “La banalità del male”). La determinazione dei danesi tutti mise in crisi la macchina dello sterminio tanto che per attuare il rastrellamento definitivo (fallito) i nazisti non si fidarono delle loro truppe sul luogo e ne inviarono di nuove da altre zone.

  • ginodicostanzo

    Grazie, Alberto.
    A me pare pure che in Italia la non-violenza rappresenti per alcuni un limite oltre il quale non si deve andare, “altrimenti si diventa come loro”, e comunque “non ce la faremmo perché sono troppo potenti” ecc. ecc. Un misto di “cattolicesimo” e di alibi per sottrarsi al rivendicare i propri diritti. Ghandi, al contrario, pare sia stato molto chiaro nelle sue affermazioni. Credo che egli pur affermando che la non-violenza sia la forma più alta di opposizione all’oppressore non escluda altre forme di lotta “violente”. Ghandi, insomma, non è un “integralista” della non-violenza come alcuni nostri concittadini sembrano essere…
    A me comunque dispiacerebbe molto essere malmenato a manganellate sulla testa, potendo usufruire almeno dell’ausilio di un casco. Questo lo dico a San Saviano…

    Si tenga presente che in ogni caso la non-violenza nei confronti del potere sarebbe un “disarmo unilatelale”, con tutti i rischi che ciò comporta…

  • Giuliano Bugani

    Ringrazio, in ordine alfabetico, Alberto, Daniele e Gino. Capisco che a volte scrivo cose violente, ma, non per fare il drago, ma in più occasioni ho anticipato la storia. Questa mia caratteristica mi ha portato lontano da tutti, ho detto tutti, i partiti. So bene che una rivolta violenta non è possibile. Non ho detto o scritto questo. Ho scritto che avverrà, perchè la classe operaia detiene il sapere delle macchine utensili. Perchè la classe operaia se si estinguerà anche velocemente, saprà ricostruire gli strumenti che l’hanno portata alle conquiste dei decenni scorsi. La democrazia è nata su una rivoluzione che si chiama, ancora dopo settanta anni, Resistenza. Noi arriveremo presto alle barbarie, ci metteranno l’ uno contro l’altro. Ma credo anche che nascerà un movimento in grado di riunire chi vuole riportare la democrazia per come l’abbiamo conosciuta, non perfetta, ma migliorabile. cancellare la presenza della classe operaia è la strada per militarizzare l’ Italia, in un progetto che si chiama AFRICOM, e del quale scriverò nelle prossime settimane. Noi dobbiamo impedire questo progetto sanguinario mondiale, ele alternative che ci lasceranno saranno zero. Una sola alternativa abbiamo: scegliere tra una lotta ad armi pari, o lasciare che il progetto divori l’ intera umanità. In mezzo a questo disegno, esiste una sola possibilità, come ho scritto pocanzi, un movimento che incarni il pensiero di molteplici battaglie ora disperse ognuna nelle proprie ambizioni sconfitte in partenza.

  • Antonio Fantozzi

    Pensieri sulla guerra e la violenza presi in prestito da un libro mai pubblicato, un libro dedicato a Luciano Bianciardi, anche lui un arrabbiato.

    (…)
    E passano i giorni, e passano i mesi e le stagioni, e la pancia si ingrossa piena del figlio dell’aquila e dell’essere umano, e il bimbo che nasce è il primo sciamano.
    Ma quest’aquila, quest’aquila!
    Ancora la vedo sui colori di una bandiera, ancora in guerra, in un paese lontano.
    Quest’aquila, quest’aquila sopra a un pezzo di stoffa, che spia gli eserciti e li segue, risorta come Araba Fenice dell’impero e non più morta, spinta dall’odore della guerra, in attesa di saziarsi di quel sapore immondo di carne da macello, con il becco affilato come un rasoio, non ha fattezze d’aquila, ma è un avvoltoio.
    In un delirio di potenza che ha il profumo antico di una esotica colonia.
    Libia, Somalia, Etiopia, e ora Antica Babilonia.

    “Se il governo ha fatto questa scelta – ha detto Monsignor Martinelli
    all’agenzia di stampa Asianews del Pontificio Istituto Missioni Estere –
    forse è meglio per tutti che rassegni le dimissioni. Come si può affermare
    che tutto è normale e giusto? Se la guerra continuerà potrebbero scavarsi
    dei fossati incolmabili fra la popolazione libica e quella italiana, con
    conseguenze imprevedibili”, ha sostenuto. “Le bombe stanno colpendo ovunque
    – ha raccontato il vescovo – non ci fanno dormire e stanno provocando il
    panico fra la popolazione. Proprio questa notte vi sono state esplosioni a
    pochi chilometri dalla nostra zona”.

    Questo vescovo ha anche parlato di stupri e mutilazioni a Misurata, stupri fatti dai cosiddetti ribelli. Ribelli che a me personalmente sembrano sempre più uguali all’UCK, per fare un esempio. Sono predoni e tagliagole, armati dalle multinazionali del petrolio, dalla finanza mondiale e da chissà chi altro. La Trinità dell’economia, della politica e della delinquenza, cioè Dio, uno e trino. E questo ce lo dice un uomo di chiesa.
    E il pensiero laico dov’è, e cosa fa? Fa manifestazioni, firma proclami, si indigna e discute intanto che la gente muore. Il pensiero laico non è incisivo, il pensiero laico è solo testimonianza, che a me puzza anche un pochino di vanità e superbia. Il pensiero laico non parteggia, non è partigiano, non fa la resistenza e non cambia la realtà. Io vedo l’ingiustizia ripetersi, e poi ripetersi, e poi ripetersi, e la gente, il cosiddetto mio prossimo, crede ai mentitori, gli bacia le mani, li circonda e li applaude, pronta a linciare le voci fuori dal coro, i non normalizzati, gli eretici. A me non frega un cazzo di essere testimone del mio tempo. E’ ora di pensare l’impensabile.

    C’è un libricino di Gramsci, pubblicato da Chiarelettere e intitolato Odio gli indifferenti, che sembra scritto oggi, tanto mi è parso attuale. Se ti capita dagli un’occhiata. Cazzo, io non dovrei bere, ma ogni tanto mi scappa. V per Vomit!

    Mi viene in mente la battuta di un film, in qualche modo memorabile, Zabriskie Point, quando il protagonista, l’attore Mark Frechette (che morì in carcere negli Stati Uniti molti anni fa, e forse fu assassinato) dice più o meno così: “Noi discutiamo di violenza, loro la fanno”.

    È il male che ha fatto il mondo così com’è. Il male non è divino, e neanche diabolico. Il male è soltanto umano. Il male viene da molto lontano, ma non dalla notte dei tempi, e non appartiene al mito. Non so nemmeno dire se sia prerogativa dell’uomo fin dall’inizio. Certo è che la storia ne è piena. Poi c’è il bene. L’uomo è fatto di entrambe le cose, bianco e nero, tesi e antitesi, e grigia è la sintesi, come la fumana. Poi ci sono i santi e i malvagi diabolici, ma questi non li conosco, non mi sembrano uguali. I santi e i demoni non mi preoccupano, sono eccezioni. È la gente comune che mi preoccupa, per la sua cattiveria e indifferenza. È la gente comune che compie il male davvero.
    Sia come sia, il male ha tante forme. Le banche, per esempio, sono una incarnazione del male, e questa matita è dissacrante e iconoclasta, e le assalta, e poi le brucia.

    Ci tengono legati ai soldi. Dovremmo mandarli a fanculo, i soldi. I soldi sono la misura della nostra povertà, non della nostra ricchezza. E adesso che finalmente il capitale è uscito dagli Stati e si è fatto mondiale, guerre civili dappertutto. Guerre civili che sono un mestiere da predoni. La pagano gli inermi, come sempre. Il capitale è globale, e sta unito, in un mondo che è ancora diviso in classi.

    Questa Italia miserabile e miserrima, questo paese chiagne e fotti, questa Lagnolandia che persino quando vai in posta le impiegate, gente come te, ti chiedono se lo vuoi un gratta e vinci e si vergognano anche loro intanto che lo chiedono, che le hanno obbligate, questa Italia è un porcile in prima serata che si chiama reality, un nome preso in prestito da un cielo irreale fatto di dentifricio a stelle e strisce. Ma siamo impazziti?! La vita è una cosa seria, non una scommessa da grattare e via.

    E allora in un paese così gli umani chiedono favori e non più diritti, e così danno alla vita un senso mafioso e omertoso che non è nient’altro che avarizia di taccagni incollati al borsellino. La solidarietà, al contrario, è politica. Con la solidarietà siamo cittadini, con l’avarizia siamo sudditi.

    Io mi sento di appartenere a questa terra perché mi sento di appartenere al Grande Fiume che l’accarezza. Questa è la terra del Po, e un giorno se la riprenderà. E io al Po appartengo.
    Abbiamo modi bruschi e siamo asciutti di carattere, però il nostro cuore è grande come il fiume, e come il fiume, eterni, trascorriamo. Finché ci sarà un fiume, quella sarà la nostra terra. E allora nostra patria è il mondo intero. La nostra casa sarà di fango secco e paglia, però il cibo sarà abbondante. E giocheremo e faremo all’amore dalla mattina alla sera. Quando Roma non sarà più, noi saremo.

    Sbirri. Sbirri che hanno un nome che assomiglia a quello di un forsennato pazzo furioso assassino di balene, cupo e vendicativo che portò al disastro una intera nave con tutto il suo equipaggio come già Ulisse per fanatica curiosità prima di lui. Sbirri che assomigliano a quel nome. Questa città ne è piena, e hanno tutti la stessa faccia. Nulla li lega a questa terra e alla sua gente, e così non provano vergogna a maltrattarti con arroganza soverchiante e sfacciata protervia. Sono anime nere, il più delle volte. Maschi e femmine che troppo spesso corrispondono a un capitolo di incassi del bilancio comunale. Parlo degli sbirri municipali.
    «Se vuoi sapere com’è un uomo e com’è una donna, mettigli indosso una divisa», dice il Genio.
    Se dai un po’ di potere a uno sfigato, quello ti lincia. Hannah Arendt lo sapeva. Così va il mondo, sporco e immondo. Sbirri che prendono una giovane donna per una cazzata di furto in un supermercato e la portano in caserma ammanettata, e poi uno sbirro carabiniere e uno sbirro poliziotto municipale la stuprano, che tanto lei ci stava. E per forza che ci stava, cosa avresti fatto tu al posto suo, sottomessa a un ricatto furbastro e feroce che le inondava il cuore di spavento? Gente in divisa che dovrebbero difendere le anime e i corpi, e invece… E altri tre, nell’altra stanza, restavano indifferenti. Cosa provo io? Cosa provate voi?!, vi rispondo. Siete voi che avete mistificato la parola e svenduto il significato, voi l’avete resa arbitraria e priva di senso. Io sono quello che tira le somme, preciso come un dito infilato nel culo. Ed è merito vostro. Ho smesso di parlare perché una parola non la capite, ma una pallottola di sicuro sì. Quei due li processano, li assolvono, gli chiedono scusa, e così si dà l’esempio. Pregate che duri, pregate.
    Perché io so che da qualche parte qualcuno ha acceso il fuoco di legna, e ci ha messo sopra il paiolo con il lenzuolo pieno di cenere, e si sta preparando a fare il bucato alla maniera antica, con la lisciva per lavare via lo sporco. In fondo, chi ci comanda non è saggio e nemmeno avveduto, e prima o poi, a forza di tira e tira, la corda si romperà e andrà a finire come in quel romanzo di Zola che si intitola Germinale, leggilo. Bastonate pure, ci siamo abituati, e, ancora una volta, pregate che duri, perché se no…
    Gli altri, quelli nella prima pagina, i tre sbirri, sono fatti di un’altra pasta, e per forza, li ha disegnati la matita. E allora sono sbirri di carta. Loro non applicano la legge, e nemmeno sono spinti dagli impulsi di una pancia piena di merda. Loro agiscono secondo la coscienza dei giusti, e tuttavia sbaglieranno pure. Sbirri così non esistono, io lo so, però sono un uomo pieno di fede, e sono sicuro che un giorno esisteranno. Loro sono partigiani. E perché? Perché questo paese, mi piange il cuore dirlo, ha di nuovo bisogno di eroi.

    Urlano che Dio distrusse Gomorra. Ma allora com’è che Gomorra è ancora qui? Ecco la spiegazione della matita: delle volte gridare al lupo serve a salvare il lupo. Quel ragazzo dovrebbe essere abbastanza modesto da pensarci un po’ su, e tenere la bocca chiusa intanto. In fondo il mondo è pieno di buone intenzioni, però fa schifo lo stesso. Avete capito chi è quel ragazzo?
    Ah, che matita irriverente! Un altro po’ e gli danno il Nobel, a quel ragazzo, e lei lo ridimensiona.
    Delle volte mi sembra che la matita scriva un mucchio di cazzate, ma è il modo che ha di sfogarsi. Ne ha diritto perché, in fondo, a forza di scrivere, si consuma. Eh sì, ha del coraggio. Era un albero grande e grosso e soprattutto vivo, una volta, e adesso è una matita piccolina. E poi, tra tante cazzate, qualcuna giusta la dice anche lei. La matita non è perfetta, però io lo sono meno di lei, e non credo all’onniscienza dello scrittore. Ci si sbaglia, e allora si chiede scusa e si riprova. È come cucinare. Gli ingredienti si mescolano in mille modi diversi, e così cambiano i profumi e i sapori. Alla fine, però, quello che sta nel piatto, o ti piace o non ti piace. Proprio come un libro. L’importante è essere onesti, sforzarsi di esserlo, mirare ad esserlo. La matita lo sa e me lo ricorda, ma siamo fallaci entrambi, lei materia inerte e io umano. E per fortuna che è così, mi viene da dire. In medium veritas, la necessità di una sintesi. È l’ingiustizia che ci fa eccedere, perché ci riempie di risentimento che pretende soddisfazione. Se l’ingiustizia non ci fosse… Ma non è così. Allora la matita è eccessiva. Biasimatela pure, lei scriverà lo stesso. Questa storia.

    Corvo aveva la testa piena di pensieri.
    Sono i pensieri di Corvo, ma la matita non vuole saperne di scrivere in corsivo, una scrittura sghemba che non le piace. La matita vuole scrivere diritto, perché diritta è la sua lingua, non come quella di chi ci governa, grandi e piccoli, che strisciano come serpenti e come serpenti sono velenosi. La lingua sghemba di questo Quarto Stato di burocrati, tutti al servizio del Siur Danè e col danè pagati, questi falsari della parola detta e scritta. Pompieri di fuochi sociali, dirigenti sindacali, seppellitori di contraddizioni, ladri di verità, ufficiali di tutti gli uffici, mentitori, frodatori, imbonitori, venditori, saltimbanchi di ideologie, giocolieri di falsità, imbrattacarte e passacarte, portaborse, plagiatori, mistificatori, demagoghi e retori, populisti amministratori di regioni, province e comuni, i sindaci, i prefetti, i tutori dell’ordine e gli artefici del disordine, affaristi e faccendieri, delegati di ogni delega, mentecatti di corridoio, bottegai del Verbo. I Patatati, i Cagastecchi, i Cipollati, i Mangiapanetti e i Pigliainculo, i servili servitori di questo mondo, sporco e immondo. Tutta gente che hanno dichiarato guerra ai poveracci, e i poveracci, ignoranti, soccombono. E poi i loro cani da guardia, i sergenti, quelli che la gente la serrano. Quelli che hanno un nome che assomiglia a quello di un uomo al comando di una baleniera, All Cops Are Bastards! ACAB del cazzo!
    La mano stringe tanto forte la matita che infine la spezza, e i due monconi si ribellano, si rivoltano e mi mordono la mano con ferocia e li sento urlare dentro alla testa, e urlano, urlano, urlano. E infine urlo anch’io, che non se ne può più. Perché senza ribellione c’è solo malattia. Ma sanguinano anche loro, e allora bisogna farli sanguinare, senza tregua.

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