Giuseppe Faso e il razzismo democratico

Durante un dibattito, Tahar Lamri cita un proverbio arabo: «la lingua non ha l’osso», insomma va dove gli pare. Una ragazza albanese è lesta a rispondergli: «da noi invece si dice: non ha l’osso ma rompe tutte le ossa». Le parole corrono e fanno male: sono pietre, come la faccia dell’uomo nella copertina di «Lessico del razzismo democratico» [Derive Approdi, 144 pagine, 10 euri] di Giuseppe Faso.  Le parole «escludono» spiega il sotto-titolo.

Da una decina d’anni, Giuseppe Faso pubblica su «Percorsi di cittadinanza» [rivista toscana dell’Anci, insomma dei Comuni] una rubrica dove smonta innocenza e neutralità delle parole. In alcuni casi è facile capire il razzismo [consapevole o meno] che sta sotto una certa espressione. Altre volte il trabocchetto è meglio celato: si parla a interlocutori inesistenti; si citano numeri che non hanno fondamento; si inventano questioni assurde come nel forum di «Repubblica» che [il 7 maggio 2007] lancia la domanda «E’ razzismo chiedere di rispettare le leggi?».

Cosa rara, questo libro di Faso nasce da una pressante richiesta di persone che non sono riuscite a trovare il precedente [«Le parole che escludono: voci per un dizionario»] pubblicato dall’Arci a inizio 2006. Così l’autore si è fatto convincere da Derive Approdi a ripubblicarlo, ampliarlo – passando da 28 voci a 50 – e aggiornarlo. Le voci «dati di fatto», «efferato», «percepito», «valori» a esempio sono scritte negli ultimi mesi del 2007 ma anche quelle di 10 anni fa restano attualissime.

Vicende grottesche come quelle alla voce «Imam», la teoria del «razzismo sostenibile», il ritornello della «soglia», i giochini delle tre carte [vedi per esempio «benevolenza»], l’insensatezza di espressioni tipo «presumibilmente albanese», il martellante uso di «non sono razzista ma… », l’abuso della parola «civiltà»; un lungo viaggio che spesso ci porta dall’altra parte dello specchio, alla nostra emigrazione, quando vittime del razzismo eravamo noi.

L’ingannevole senso comune è al centro del «Lessico» ma nel mirino sono, con ogni evidenza, i mass media. Quel Tahar Lamri citato all’inizio paragona sempre i nostri giornalisti ai pesci rossi: non escono dalla vaschetta, ignorano quasi tutto e – come i pesci – hanno una memoria…. di soli 15 minuti.

La grande capacità di Faso nel farsi capire, l’ironia, la saggezza purtroppo non possono arginare l’acqua alta della xenofobia. Ma questo libro forse «cambierà il nostro modo di parlare» come scrive Paolo Nori in una delle prefazioni. Non è poco.

Questa mia breve recensione è uscita sul settimanale Carta numero 15 del
2008 (25 aprile). Da allora il libro è andato esaurito, di nuovo ristampato
e quasi ri-esaurito. L’autore continua a presentarlo in giro. Instancabilmente.
Se vi capita di vedere il suo nome in giro, accorrete:è un buon formatore
e informatore (insomma ha il piacere di raccontare) ma è anche fra i pochi che
sappia ascoltare.
Redazione
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