Giuseppe Vommaro cioè «Pino il madonnaro»
di Chief Joseph
Quando Giuseppe Vòmmaro – meglio conosciuto come “il Pino” – nel 1989 arrivò per la prima volta alla manifestazione degli artisti del gessetto a Grazie riportò indietro la storia dei Madonnari di 25 anni ricordando Francesco Prisciandaro… ma solo per i mezzi di trasporto usati: treno, corriera e autostop. Infatti, il Maestro di Bari Palese si presentò con sguardo fiero e sobria eleganza che nascondevano la vita povera rinchiusa dentro la valigia. Al contrario, nel Pino, i folti capelli e la barba irsuta nascondevano due occhi tristi e melanconici, messaggeri visivi di una sensibilità particolare che doveva essere tenuta assolutamente nascosta, perché sulla strada la bontà è una debolezza, un virus terribile che annienta chiunque non sia vaccinato.
Il Pino nasce a San Lucido, provincia di Cosenza, il 22 agosto 1957. La sua è una famiglia povera e numerosa e la sua infanzia è stata rifiutata dal manuale delle felicità. Frequenta la Scuola Professionale ma ben presto si mette sulla strada per guadagnarsi da vivere con il disegno. Alla domanda: «Che scuola hai fatto?» risponde: «Ho frequentato la scuola della strada». Viene al Nord, perché al Sud il mestiere del Madonnaro rende poco: Roma, Milano, Torino, Piacenza, la riviera; dovunque c’è un piazzale, una piazzola, una mattonella e nessun vigile che ti invita ad andartene, va bene per racimolare qualche soldo.
Incontra “Straccetto”, al secolo Toto De Angelis, si perdono di vista e poi si ritrovano per formare un litigioso sodalizio che, a bordo di un vecchio furgone con cani e lavanda, spazia dalla riviera ligure a Trieste.
Ha una storia d’amore che lascia una segno inconsapevole per il futuro. E per tutta la vita Pino ha rincorso quel segno seguendo le tracce della figlia e del suo cellulare. Da buon Madonnaro non perse la speranza di vestire quel segno della continuità quotidiana. E infatti, nel 2010, il sogno si avvera.
Il Pino, da un punto di vista tecnico, è stato sicuramente un bravo Madonnaro, buon conoscitore della storia dell’arte; ma proprio perché era un uomo di strada, non gli interessava fare la grande opera (anche se ne sarebbe stato capace) e preferiva lo stretto indispensabile per assicurarsi la paga. Si innamora di Grazie anche perché la presenza sul piazzale poteva garantire alcune tappe (manifestazioni in altre città con Madonnari inviati dal borgo mantovano) e quindi altro guadagno. Era in continua e bonaria polemica con Cesare Spezia, che veniva accusato di non valorizzarlo adeguatamente come inviato speciale. Qualche piazza “se la bruciava” perché a volte (spesso) capitava che dipingesse accompagnato da bottigliette di birra e quinti di vino: questo non faceva un buon effetto sui benpensanti che si arrogano il diritto di sindacare sul modo in cui verranno spesi gli spiccioli gettati. Di monetine Pino aveva bisogno perché, a differenza di “Straccetto” – che alternava l’attività di Madonnaro con quella di venditore di lavanda (se piove o fa freddo, si vende lavanda; se c’è il sole, si può disegnare) – lui era sulla strada tutto l’anno e l’unico rifugio temporaneo, fino a quando chiudeva, in inverno, era l’ostello di Forte dei Marmi. Il Pino girava continuamente: approfittava delle belle giornate invernali, si accontentava anche di quelle nebbiose, era sufficiente che non piovesse.
Alcune volte – i maligni dicono spesso – gli capitava di alzare il gomito quando piegava le ginocchia sul selciato, ma anche con Bacco era in buoni rapporti: non gridava, non litigava, non dava fastidio, non aggrediva, si limitava a ripetere le stesse cose e a posare invisibili cerotti su ferite che, con fiera dignità, non era disposto a mostrare.
La prima volta che è venuto a Grazie non aveva i soldi per l’iscrizione e chiese di procrastinare il pagamento a fine manifestazione.
Arrivava a Grazie quasi sempre all’ultimo momento ma se il tempo era bello si fermava alcuni giorni dopo la fine della Fiera. In questo modo “presidiava” la piazza e, con gli ultimi Madonnari di strada rimasti (“Straccetto” e Ilaria) si raccoglievano le monetine gettate sui ritratti. Il Pino era sicuramente l’ultimo vero Madonnaro di strada; infatti sia Toto “Straccetto” (con la lavanda) sia Ilaria (con attività varie) cercavano altre fonti di guadagno.
Per lui le ferie si consumavano nelle giornate di pioggia e di neve; tutti gli altri, soprattutto le domeniche, erano giorni lavorativi, ma pieni di interrogativi. Infatti, un buon dipinto non garantisce una cifra sicura. Capita di restare tutto il giorno su un disegno per guadagnare cinque euro e non avere un posto dove andare a mangiare e a dormire. Ma il Pino non si lamentava: questa vita si era scelto. Qualche volta gli capitava di essere ospite nel furgone di “Straccetto”, ma si stava molto stretti e bisogna farsi largo fra “bancali” di lavanda, fotografie e ritagli di giornale, materiale non catalogabile più le due cagnoline Mara e Valeria (madre e figlia) che non sempre gradivano presenze estranee.
Negli ultimi anni svernava a Piacenza, nel convento di frati di S. Maria di Campagna, dove – la mattina del 26 aprile 2020 – è stato trovato morto dai volontari della Caritas. Così, in silenzio se n’è andato per raggiungere i suoi amici Madonnari: Remo, Martino, Christiane, Straccetto… con il quale avrà sicuramente già cominciato a litigare. Finalmente i suoi occhi potranno riposare e sciogliersi nella quiete perché come Joseph Roth offriva tutto se stesso per rappresentare un’umanità che, ogni giorno, con disperata incoscienza, cerca lo spazio all’interno del quale vivere, nello stesso modo il Pino affondava le sue mani nell’asfalto per cercare di addomesticare il dolce, crudele, universale strumento dell’esistere.
Le foto sono del Ferrara Busker. Ignoriamo l’autore o l’autrice ma se ci segnalate il nome la “bottega” doverosamente (e con piacere) lo scriverà.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.