Give peace a chance

   

articoli e video di Maso Notarianni, Marco Travaglio, Luigi de Magistris, Matteo Saudino, David Lifodi, Ignacio Ramonet, Alessandro Gilioli, Maria Ancona, Ida Dominijanni, Francesco Masala, Andrea Aloi, Università di Mosca, Giuseppe Bruzzone, Justine Brabant, Ludovic Lamant, Alessandro Orsini, Paolo Ferrero, Angela Dogliotti, Antonio Mazzeo, Andrea Zhok, Filippo Ravizza, Angelo Gaccione, Yuliy Dubovyk, Francesco Cappuccio, Collettivo di fabbrica GKN, Fabio Armao, Marco Carnelos, John Lennon, Carlo Rovelli

Biden, Putin, Xi Jinping e Frank Zappa

di Francesco Masala

1 -Registi e produttori dei film-verità sulle rivoluzioni arancioni e sulla guerra in Ucraina incaricano Joe Biden di chiedere aiuto a Xi Jinping perché qualcosa gli è sfuggito di mano.

«Spetta a chi ha messo il sonaglio al collo della tigre il compito di toglierlo» ha detto Xi Jinping a Joe Biden

Anche se non sappiamo il cinese capiamo benissimo.

2 – Anche Frank Zappa, un altro nemico del potere a stelle e strisce, sorvegliato dal FBI, cita la tigre “La politica non è la risposta a tutto. É come i 1000 clown al circo che escono fuori dall’automobile finta e dovrebbero sorprenderti. Ecco cos’è la politica. Non mettono davvero la testa nella bocca della tigre. La politica é uno show per gente che non capisce. Le decisioni vere non vengono prese durante le elezioni. Vengono prese con un bel bicchiere di Perrier in qualche appartamento di lusso, da gente sfondata di quattrini che decidono come si spartiranno il mondo.”

3 – Che non un guitto qualsiasi ma il Ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio vanti nel suo curriculum il lavoro allo stadio (steward o venditore di bibite lo certificheranno i posteri) e non gli studi da diplomatico o ambasciatore spiega forse le sue imbarazzanti esternazioni (non in nostro nome), “profondi” ragionamenti appresi fra gli ultras degli spalti.

4 – Quando l’attore consumato Zalensky parlerà in videoconferenza a Parigi sa che gli basterà cantare alcuni versi di una canzone molto amata in Francia (non pacifista, per carità), per ottenere una standing ovation:

Entendez-vous dans les campagnes
Mugir ces féroces soldats?
Ils viennent jusque dans nos (vos) bras
Égorger nos (vos) fils, nos (vos) compagnes!

Aux armes, citoyens
Formez vos bataillons,
Marchons, marchons! (Marchez, marchez !)
Qu’un sang impur
Abreuve nos sillons!

(traduzione italiana da qui)

Sentite nelle campagne
Muggire questi feroci soldati?
Vengono fin nelle nostre (vostre) braccia
A sgozzare i nostri (vostri) figli, le nostre (vostre) compagne!

Alle armi, cittadini
Formate i vostri battaglioni
Marciamo, marciamo! (Marciate, marciate!)
Che un sangue impuro
Abbeveri i nostri solchi!

 

 

Scrive Maso Notarianni

Equidistante un cazzo.

Né né un cazzo.

Sono dalla parte, sempre e comunque, di chi sta sotto le bombe.

Sono contro, sempre e comunque, chi tira le bombe.

Sono contro, sempre e comunque, chi compie atrocità nel nome della patria.

Sono contro chi lascia per suo tornaconto personale che il suo popolo sia bombardato.

Sono contro la patria proprio. Meglio la matria.

Sono contro chi vende armi, contro chi le fabbrica, contro chi le regala.

Sono contro chi manda soldati al macello.

Sono contro chi manda soldati a macellare.

Sono contro chi di guerra si arricchisce.

Sono contro i potenti che si fanno la guerra.

Sono contro chi fa propaganda di guerra per leccare il culo ai potenti.

Sono dalla parte di chi la guerra subisce. E contro chi la fa e la sostiene.

Equidistante un cazzo.

Né né un cazzo.

Ho semplicemente un cervello che rimane acceso nonostante tutto.

Forse perché in guerra ci sono stato.

da qui

 

scrive Ida Dominijanni

L’adunata di Putin allo stadio dice tutto di lui e del suo regime basato sulla menzogna sistematica e sulla rivendicazione edulcorata della violenza, all’esterno e all’interno. L'”interruzione tecnica” della diretta televisiva del suo discorso dice che c’è qualcosa che non sappiamo sulle falle di quel regime. La scenografia classica del Capo circondato dalla folla osannante dice che cos’è la “democrazia sovrana” nella Russia di oggi e quanto contigua essa sia ai sovranismi che infestano le democrazie occidentali. Il costo del piumino Loro Piana di Putin, 12.000 euro, dice qualcosa della follia del capitalismo e rivela una interdipendenza del mercato globale che neanche l’esibizione del più trucido nazionalismo riesce a nascondere.

Ciò detto, io resto comunque sgomenta di fronte a quei giovani plaudenti e al successo del brand della “Z” che dilaga sulle loro magliette, e che somiglia con fin troppa evidenza al più sinistro dei loghi della storia europea.

da qui

 

Francamente io un presidente come Zelensky non lo augurerei né a me stessa né a nessun altro – Maria Ancona

Francamente io un presidente come Zelensky non lo augurerei né a me stessa né a nessun altro sulla faccia della terra.

A meno che non si sia disposti a vedere distrutto tutto ciò che si ha di più caro giusto per difendere una fottutissima linea di confine su una inutilissima mappa militare che, tempo qualche anno, finirà negli archivi di qualche società geografica a testimonianza del fallimento della civile convivenza.

Nazione, patria, patriottismo sono veleno quando diventano il parametro assoluto per costruire una identità che faccia stare al mondo individui e popoli accecati dall’orgoglio.

La frontiera diventa barriera invece di luogo di confronto. Abbiamo bisogno di camminare il margine. Qui è possibile incontrare l’altro. Senza il dialogo con l’altro io sono nessuno.

Questi sono giorni per ‘fare la pace’, non per schierarsi. È un’opportunità per rimettere in sesto il mondo, non per vederne la definitiva catastrofe. È nostra la decisione.

da qui

 

scrive Alessandro Gilioli

«E dove sono i pacifisti eh? Questa volta tutti zitti, perché ad attaccare guerra non è stata l’America!».

«Ehm, buongiorno, siamo qui, forse non ci ha visto, starei proprio andando a una manifestazione».

«Ah, fermo lì. Una manifestazione eh? E contro cosa?».

«Beh contro la guerra, sa, siamo pacifisti».

«Dovete dire: contro la guerra di Putin! E’ lui l’invasore o no? O siete amici di Putin eh? Ditelo, che è un invasore!».

«Certo, è un invasore».

«Un invasore fanatico e pazzo!»

«Ma guardi scusi, noi pacifisti lo diciamo da vent’anni che Putin è un militarista guerrafondaio autoritario, quando altri magari dicevano che era un liberale, come può pensare che siamo amici di Putin?».

«Ah sì eh, e che cos’è quel cartello?, “No Putin no Nato”! Siete equidistanti allora!»

«No, scusi, “no Putin no Nato” vuol dire che non ci piacciono le organizzazioni militari, gli eserciti di nessun tipo, sa com’è, siamo pacifisti».

«Ma la Nato non c’entra niente in questa guerra, ce la mettete solo perché in fondo siete sempre stati filorussi!».

«Beh, che non c’entri niente magari si può discutere, è una storia lunga, però adesso mi lascerebbe andare alla manifestazione contro la guerra, cioè contro questa guerra e contro tutte le guerre?».

«Ah quindi è anche contro la resistenza ucraina! Ma non vedete che gli ucraini sono come i nostri partigiani? Cosa dovrebbero fare secondo voi, arrendersi a Putin vero? Per questo non volete mandargli le armi? Perché vi piacerebbe che si arrendessero a Putin!».

«Mah, vede, non so se è proprio come la resistenza partigiana, sa quelle erano brigate spontanee di ragazzi, questo è un esercito di Stato che combatte contro un altro un altro esercito di Stato, entrambi muniti di armi super tecnologiche…».

«Ci mancherebbe, li hanno invasi!».

«E chi dice niente, è che i paragoni storici a volte sono sono un po’ imprecisi ecco».

«Ma allora le armi alla resistenza ucraina le volete dare o no?».

«Beh no, sa, siamo contro le armi, siamo pacifisti».

«Ah quindi lasciate che i bambini e le donne in Ucraina muoiano sotto le bombe, ma bravi i miei pacifisti!».

«Veramente se tutti fossero pacifisti come noi, anche lei e Putin, le bombe non ci sarebbero neanche».

«Poche storie! Chi non vuole dare armi alla resistenza ucraina di fatto sta con Putin!»

«Ecco noi pensiamo che riempire una guerra di armi non sia una buona idea, del resto siamo contro le armi, tutte».

«Ma quello è un popolo invaso, oppresso da una potenza straniera! Da una dittatura! Bisogna dargli le armi!».

«Ma se dovessimo dare armi a tutti i popoli oppressi da una potenza straniera o da una dittatura, mezzo mondo sarebbe in guerra, più in guerra ancora che adesso, e noi siamo appunto contro le guerre e le armi. Capisce?».

«Benaltrista!»

«Eh?».

«Cerchiobottista!».

«Eh?».

«Nénéista!»

«Ma…»

«Putinista!».

«Ma no…»

«Pacinarcisista!»

«Prego?».

«Panciafichista!».

«Ah, ho capito! Panciafichista è bello, in effetti; mi raccontava mio nonno che lo dicevano anche a lui, un secolo fa. Era contro la guerra, ma prevalsero quelli a favore. Poi morirono 23 milioni di persone. Ora si sposta e mi fa passare?».

(dalla pagina facebook di Alessandro Gilioli)

 

Quattro conseguenze della guerra in corso e quattro cose che è urgente fare – Peppe Sini

Siamo una sola umanità, abbiamo in comune la responsabilità del bene comune, dobbiamo difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani e l’intero mondo vivente. E’ folle adoperarsi per il proprio annientamento. Occorre adoperarsi per far cessare al più presto la guerra.

Peppe Sini (Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo)

 

La prima conseguenza: l’uccisione di innumerevoli esseri umani innocenti e la devastazione di un intero paese

La prima conseguenza della guerra scatenata dal governo russo contro l’Ucraina e’ l’uccisione di innumerevoli esseri umani innocenti e la devastazione di un intero paese. La guerra consiste sempre e solo dell’uccisione di esseri umani. La guerra e’ sempre un crimine contro l’umanita’. Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita’, alla solidarieta’. Ogni guerra, in quanto toglie la vita a degli esseri umani, e’ contro tutti gli esseri umani.

E’ a tutti evidente che l’intera popolazione ucraina e’ vittima dello scellerato, disumano delirio di potenza del governo russo.

Ed e’ vittima anche della complicita’ con la guerra da parte di tutti i governi europei che invece di adoperarsi – come sarebbe giusto, doveroso, necessario – per la pace che salva le vite, preferiscono favoreggiare la guerra, e quindi il massacro del popolo ucraino, per ricavarne cinicamente presunti vantaggi politici futuri.

Ed e’ vittima anche della strategia di espansione e provocazione della Nato nell’europa centrale e orientale, della Nato che e’ braccio armato della politica americana intesa a dilaniare, impoverire ed asservire l’Europa: l’Europa che se non fosse governata da governi stolti e sciagurati, quando non esplicitamente criminali e dittatoriali, dovrebbe invece sentirsi unita, dall’Atlantico agli Urali, per condivisione di una storia e di una cultura comune di cui sono parte tanto Dante Alighieri e William Shakespeare quanto Fedor Dostoevskij e Lev Tolstoj, Omero e Lucrezio come Hannah Arendt e Simone Weil, Florence Nightingale e Rosa Luxemburg, Marie Curie e Virginia Woolf.

Ed e’ vittima di tutti coloro che sulla guerra, sulle stragi, sulle devastazioni, lucrano immense ricchezze: il complesso militare-industriale, i fabbricanti di armi e i mercanti di morte, tutti i poteri politici, economici, militari, ideologici e mediatici per cui lo spargimento di sangue e’ motivo di arricchimento, tutti vampiri che si nutrono del sangue delle vittime innocenti della guerra.

La popolazione ucraina – come quella yemenita, come quelle di tutti luoghi del mondo in cui la guerra sta infuriando e mietendo vittime – e’ oggi il cuore dell’umanita’ che subisce la violenza di un sistema di dominio ciecamente rapace e votato alla distruzione di ogni bene, di ogni vita.

La solidarieta’ con la popolazione ucraina, e con tutte le popolazioni vittime di guerre e dittature, e’ il sentire e il dovere di ogni essere umano decente.

La seconda conseguenza: l’impoverimento dell’intera Europa

La seconda conseguenza della guerra scatenata dal governo russo contro l’Ucraina e’ l’impoverimento dell’intera Europa, che significa che in tutti i paesi europei le classi sociali sfruttate, oppresse, emarginate, gia’ subiscono e sempre piu’ subiranno ulteriori sofferenze, ulteriori violenze, ulteriori rapine, ulteriori violazioni dei diritti umani fondamentali.

Mentre la pandemia di covid e’ tutt’altro che conclusa e continua a mietere vittime ogni giorno, l’intera umanita’ dovrebbe dismettere ogni conflitto ed unirsi nella lotta comune per il bene comune, per la vita di tutti gli esseri umani.

Mentre si aggrava la crisi ambientale globale che minaccia l’intera biosfera e renderebbe invivibile agli esseri umani ed agli altri esseri viventi tanta parte del mondo, l’umanita’ intera dovrebbe cessare di uccidere, distruggere, avvelenare e desertificare, ed unirsi invece in un impegno corale per la salvezza comune, di se’ stessa, degli altri esseri viventi e dell’intero mondo vivente.

Ma mentre la pandemia e la crisi ambientale convocano a questo impegno comune di universale fratellanza e sorororita’, di difesa della vita nel e del mondo intero, i governi europei favoreggiano e finanziano la guerra, negano assistenza ai propri stessi popoli, impongono decisioni economico-finanziarie e finanche specificamente energetiche semplicemente scellerate, che fanno strame del bene comune e dei beni comuni, che violano tutti i fondamentali diritti umani di tutti gli esseri umani.

La terza conseguenza: il riarmo e la crescita delle spese militari

La terza conseguenza della guerra scatenata dal governo russo contro l’Ucraina e’ il riarmo e quindi la crescita delle spese militari nei bilanci di tutti gli stati europei e non solo: risorse sottratte ai popoli per usarle a fini di morte.

Chiunque capisce che il riarmo porta alla guerra e alla barbarie, alle uccisioni e alle devastazioni, alla riduzione in miseria e alla disperazione di intere popolazioni.

Chiunque capisce che o l’umanita’ fermera’ il riarmo o le armi annienteranno l’umanita’.

Tutti i governi che stanno adottando misure di riarmo e di incremento delle spese militari, che stanno aumentando la produzione e il traffico di strumenti di morte, che cosi’ alimentano le guerre in corso e ne preparano di nuove, stanno commettendo un crimine contro l’umanita’.

La quarta conseguenza: l’avvicinamento a un conflitto mondiale

La quarta conseguenza della guerra scatenata dal governo russo contro l’Ucraina e’ l’avvicinamento a un conflitto mondiale che puo’ distruggere l’intera famiglia umana.

Gia’ da piu’ parti, senza scrupolo alcuno, e’ stata evocata la guerra nucleare. La guerra nucleare che significa la concreta possibilita’ della distruzione dell’umanita’.

E’ mai possibile che degli esseri umani siano cosi’ folli da adoperarsi per l’annientamento dell’umanita’, ovvero anche di se stessi? Quale che possa essere la misura del delirio di onnipotenza, ovvero il “cupio dissolvi”, del Cremlino o della Casa Bianca, di Parigi o di Berlino, della Nato o dell’Isis, e’ diritto e dovere dell’intera umanita’ impedire questo crimine estremo.

La prima cosa da fare…

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Il grido dell’Università di Mosca

Noi, studenti, laureati, insegnanti, personale e laureati della più antica università russa, l’Università statale di Mosca intitolata a M.V. Lomonosov, condanniamo categoricamente la guerra che il nostro paese ha scatenato in Ucraina. La Russia e i nostri genitori ci hanno dato un’istruzione forte, il cui vero valore sta nel poter valutare criticamente ciò che accade intorno, soppesare le argomentazioni, ascoltarsi ed essere fedeli alla verità – scientifica e umanistica. Sappiamo chiamare le cose con il loro nome, e non possiamo stare da parte.

Agire per conto della Federazione Russa, che la sua leadership chiama “operazione militare speciale” è guerra, e in questa situazione non c’è spazio per eufemismi o scuse. La guerra è violenza, crudeltà, morte, perdita di persone care, impotenza e paura che non possono essere giustificate da nessun obiettivo. La guerra è l’atto più crudele di disumanizzazione, che come abbiamo studiato tra le mura delle scuole e dell’Università, non dovrebbe mai ripetersi. I valori della vita umana assoluta, l’umanesimo, la diplomazia e la risoluzione pacifica delle contraddizioni, che abbiamo assorbito all’Università, sono stati calpestati e gettati via in un attimo, quando la Russia ha invaso a tradimento il territorio dell’Ucraina. La vita di milioni di ucraini è stata minacciata ogni ora dall’invasione delle forze militari della Federazione Russa in Ucraina.

Esprimiamo il nostro sostegno al popolo ucraino e condanniamo categoricamente la guerra scatenata dalla Russia contro gli ucraini. Da laureati nella più antica università russa, sappiamo che le perdite inflitte nei sei giorni di una guerra sanguinosa – prima di tutto umana, ma anche sociale, economica, culturale – sono irreparabili. Sappiamo anche che la guerra è una catastrofe umanitaria, ma non possiamo immaginare la profondità della ferita che noi, come popolo russo, stiamo infliggendo al popolo ucraino e a noi stessi in questo momento. Chiediamo che la leadership russa cessi immediatamente il fuoco, lasci il territorio dello stato sovrano dell’Ucraina e ponga fine a questa vergognosa guerra. Chiediamo a tutti i cittadini russi che hanno a cuore il suo futuro di unirsi al movimento per la pace. Siamo contro la guerra! #NoWar

da qui

L’ America latina di fronte al conflitto Russia-Ucraina – David Lifodi

Nell’articolo América Latina, Ucrania y la nueva edad geopolítica, Ignacio Ramonet analizza la situazione e la posizione dell’America latina a livello sociale, politico ed economico di fronte all’attuale scenario di guerra.

Il continente latinoamericano non è un attore rilevante nella crisi russo-ucraina e, a eccezione delle relazioni con Cuba, Venezuela e Nicaragua, la Russia non possiede di certo l’influenza degli Stati uniti sul Sudamerica, però l’America latina e la regione caraibica hanno rapporti sia con Mosca che con Kiev per quanto riguarda petrolio, gas, nickel, rame, ferro, grano, mais e molto altro.

Il conflitto in corso, le sanzioni imposte alla Russia e, più in generale, la chiusura dello spazio aereo alle compagnie russe, rischiano di danneggiare soprattutto il turismo dei paesi latinoamericani, già duramente colpiti dalla pandemia. Nel 2021, segnala Ramonet, i russi sono stati la principale fonte di affari in paesi come Cuba e Repubblica dominicana.

Dal punto di vista politico, come ha rilevato Oscar Laborde nella sua analisi dal titolo Latinoamérica: no debemos ser observadores sino actores, si evidenzia la necessità che, anche dall’America latina, crescano gli appelli per la pace, sull’esempio del governo argentino che ha chiesto un immediato dialogo tra le parti in causa.

Al tempo stesso, i governi dovranno cercare di capire quale ruolo assumere, di concerto con gli altri paesi della regione, per trasformarsi in un polo che tenga una posizione comune, obiettivo però assai difficile da raggiungere a causa delle enormi differenze, non solo di carattere politico, ma anche di una diversa visione più strettamente utilitaristica di ciascuno stato. Non a caso, la stessa Argentina, pur invocando il dialogo, si è guardata bene dal definire la guerra frutto dell’invasione russa.

Daniel Kersffeld, ricercatore Conicet, nel suo articolo Rusia – Ucrania – OTAN: un conflicto con impacto latinoamericano, afferma che gli Stati uniti e i suoi alleati non permetteranno comunque ai governi della regione di liberarsi dalla propria area di influenza, per quanto possano interessarsi al conflitto tra Russia e Ucraina.

Lo dimostra anche quanto avvenuto nei primi mesi del 2022. Lo scorso 27 gennaio, in occasione dell’insediamento di Xiomara Castro in Honduras, gli Stati uniti, tramite la vicepresidente Kamala Harris, hanno fatto capire che rafforzeranno la loro presenza in Centroamerica per evitare che il paese prosegua nei negoziati commerciali con la Cina. Inoltre, all’inizio di febbraio, Washington ha dichiarato di seguire molto da vicino il processo elettorale colombiano. Il primo turno delle presidenziali è previsto per il 29 maggio e il grande favorito sembra essere Gustavo Petro, ex sindaco di Bogotà e catalizzatore delle speranze della sinistra colombiana.

La guerra non era ancora iniziata, ma di fronte ad una crisi che poteva comunque farla presagire e distogliere l’attenzione degli Stati uniti dal continente latinoamericano, gli USA avevano comunque già messo in chiaro che non avrebbero gradito avvicinamenti tra i paesi centro e sudamericani e attori geopolitici che non conducessero alla Casa Bianca…

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Allarmi : “Alle Armi ! ” – Giuseppe Bruzzone

Qualche mese addietro l’ ONU aveva segnalato una lettera di 5 Stati nucleari che comprendeva Russia, Stati Uniti, Francia, Inghilterra in cui si dichiarava che essi erano consapevoli che una guerra nucleare era distruttiva per tutti, e che con buona fede (l’ intelligenza, il rispetto della vita almeno dei propri cittadini no? ) si incontreranno per allontanare il pericolo. Mi chiedevo come mai non l’ avessero fatto subito. La guerra attuale Russia, Nato, Ucraina era il motivo ? Qualcuno già sapeva o faceva in modo che avvenisse ? Può essere un’ ipotesi ma senza grande peso. Purtroppo in questi rapporti fra Stati prevalgono altri aspetti che non queste formalità espressive. Ognuno non vuol prendere l’ iniziativa di confrontarsi con altri per non apparire “debole” e vuoi che un Limes dopo una guerra nucleare possa, magari, scrivere in quel senso ? Naturalmente in una guerra di questa specie i giornali di alta informazione, le riviste che esaminano i comportamenti geo-politici degli Stati persisteranno perché appunto, dovranno poter parlare delle scelte dei responsabili degli Stati e iscriverle nella Storia. Per quanto riguarda i cittadini degli Stati in guerra e anche no, accadrà quello che è sempre accaduto, ma in una maniera estesissima. E’ tragico pensare che noi Umani, cittadini di Stati demandiamo in questo periodo storico  la possibilità di vita o di morte a pochi altri, Umani anch’ essi. Non è possibile riprendersi, nei fatti la nostra violenza e sentirsi responsabile di questa e impedire che possa essere utilizzata per l’ esterno ? All’ interno dello Stato uccidiamo a piacere e se lo facciamo,  non veniamo messi in carcere ? Non potrebbe avvenire anche all’ esterno, dove ci sono altri uomini e donne come noi, e dobbiamo reciprocamente ucciderci ? Certo vuol dire che diventiamo Stato, ma questo , in sostanza, non siamo già noi ? E allora guidiamolo per la salvezza di tutti, non devono esserci guerre a partire di questi tempi perché è la Storia di oggi, vera, quotidiana, con i tipi di problemi che abbiamo, le litigate politiche per le somme da destinare alla loro risoluzione o ritardarne gli effetti negativi, quando si devono spendere milionate per una “Difesa” che è solo vendetta nel reciproco annientamento. Certo il mio atteggiamento è radicale. Mi accontenterei che ci fosse più attenzione ” partecipata” alle scelte che stanno avvenendo in Europa e nel nostro Paese, in una direzione che non è PACE tra i Popoli.

 

 

Ucraina, contro Putin l’Europa ha sbagliato tutto. E a pagare saranno gli europei stessi – Paolo Ferrero

Di fronte alla criminale guerra scatenata da Putin le classi dirigenti europee hanno sbagliato tutto e il risultato è un vero e proprio suicidio dell’Europa, che rischiano di pagare i popoli europei con un pesante impoverimento. Ci sono le enormi responsabilità europee nell’allargamento ad est della Nato, azione che ha destabilizzato l’area dell’Europa dell’est e aperto la strada all’attuale tragedia. C’è la grave responsabilità dei governi ucraini di non aver fermato gli attacchi delle milizie naziste contro le repubbliche dell’Est dell’Ucraina seppellendo così gli accordi che nel 2014 erano stati firmati con l’obiettivo di pacificare l’area.

Gli errori delle classi dirigenti europee non sono solo precedenti allo scoppio della guerra avviata da Putin: sono cresciuti di numero e di gravità in queste tre settimane di conflitto.

1) In primo luogo la scelta di fornire armi all’Ucraina invece di ricercare immediatamente la trattativa e un compromesso. In questo modo l’Europa è scomparsa come soggettività politica e semplicemente è entrata in guerra con un ruolo di comprimario nell’inviare armi nel teatro del conflitto. Com’è del tutto evidente, solo la trattativa può mettere fine al conflitto, mentre le armi della Nato servono solo a farlo durare di più aumentando le sofferenze del popolo ucraino e i rischi di terza guerra mondiale. L’Europa ha quindi praticato un suicidio politico abdicando al proprio ruolo geopolitico e appiattendosi sulla posizione degli Usa.

2) La drammatica scelta della guerra – delegata all’esercito e alle milizie ucraine – si è accompagnata alla scelta di rompere strutturalmente i rapporti economici con la Russia. La decisione di non aprire il gasdotto Nord Stream (come gli Usa pretendevano da anni) e di ridurre le importazioni di gas russo sostituendole con importazioni dagli Usa determinerà effetti pesantemente negativi. In primo luogo il prezzo del gas aumenterà significativamente perché il gas russo costa meno del gas statunitense. In secondo luogo questa scelta non determinerà la fine della dipendenza dall’Europa ma la sostituzione della Russia con gli Usa, cioè l’inizio di una nuova dipendenza rafforzata. In terzo luogo il gas statunitense è in larga parte gas di scisto, la cui produzione è altamente inquinante: altro che tutela dell’ambiente.

3) La scelta dell’Europa di rompere le relazioni economiche con la Russia determinerà strutturalmente una riduzione dell’interscambio. Questo da un lato porterà all’aumento di prezzo di quel che oggi importiamo dalla Russia (non solo il gas ma materie prime per fertilizzanti, grano, etc) e nello stesso tempo la riduzione delle esportazioni (vino, manufatti, prodotti di lusso, etc). Interi comparti produttivi italiani sono destinati a pagare un prezzo pesantissimo…

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THE SHOW MUST GO ON – Milena Magnani

Lo show di Zelensly e la retorica del patriota hanno raggiunto il limite di non ritorno. Anche se ormai è tragicamente evidente che i suoi patrioti combattono in realtà per nessuna bandiera e per nessuna rivoluzione.

La scena si ripete ogni giorno uguale, il condottiero in t-shirt appare a grande schermo di fronte a platee di governanti occidentali che lo guardano con gli occhi libidinosi pregustando l’ennesimo assist che questo figuro porge loro, un assist che serve per legittimare il loro lavoro sistematico di distruzione del processo di giustizia nel mondo. E lo show si compie, come dentro a un teatro di avanspettacolo, la farsa dell’eroica vittima che chiede la giustizia dell’ Occidente contro la mostruosa alterità che minaccia il pensiero unico.

L’eroe tanto per cominciare mostra il muscolo, come i migliori guerrieri non si arrende, lo dichiara orgogliosamente, meglio “tutto sterminato” il suo popolo piuttosto che miseramente arreso, mica è una mezza calzetta il condottiero con il pugnale ai denti. Non accetta il disonore, però intanto piange i patrioti caduti per difendere la democrazia e i soprattutto i nostri valori collettivi di tutta Europa…. Ma un momento…? I nostri valori d’Europa? : Eh no caro Signore , la devi smettere di prenderci per i fondelli, i tuoi patrioti difendono il tuo mal governo e la tua incapacità di aver gestito un paese su una delle frontiere più delicate del mondo, una frontiera che richiedeva saggezza politica prudenza e rigore.

Nello show poi di solito piagnucola…

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Italia chiama Ucraina. Piccolo manuale della guerra delle fake news – Andrea Aloi

…DOMANDA Vorrei sentire entrambe le campane, l’Ucraina dice una cosa, la Russia un’altra. Come si fa a capire dove stanno il torto e la ragione?

RISPOSTA Visto che prendere di mira ospedali e civili non è sufficiente per sospettare almeno un pochino di Putin, proviamo a pensare che è una guerra informativa asimmetrica. L’Ucraina è inserita in un contesto di fonti giornalistiche aperte, pur sempre da valutare e però varie, la Russia ormai produce news solo per il mercato interno, a beneficio dell’“operazione speciale”, una canagliata di cui i cittadini di Mosca e San Pietroburgo devono conoscere il meno possibile e quel poco solo secondo canoni orwelliani di ribaltamento della realtà.

da qui

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=4l3-lFadPQs&ab_channel=AllFreeChannel

 

Si può fare la pace con le armi? – Angela Dogliotti

…Non c’è dubbio che qui siamo in presenza di un aggressore e di un aggredito.  Non c’è affatto equidistanza tra queste due parti, semmai equivicinanza a tutte le persone che soffrono a causa di questa assurda guerra, decisa da un autocrate, senza alcun rispetto nemmeno per il suo popolo.

Questo però, a mio parere, non ci esime dal chiederci quali sono tutte le responsabilità, di tutte le parti in campo, che hanno condotto a questi esiti. Altrimenti il rischio è che si assuma una prospettiva dicotomica e manichea, si rafforzi la logica amico/nemico, tutto il bene di qua (e sul «bene» delle nostre società occidentali ci sarebbero molte cose da eccepire…), tutto il male di là. Non è così. Nemmeno per quanto riguarda gli Ucraini, che hanno anche loro le loro responsabilià nel conflitto.

Penso anche che la resistenza nonviolenta, come si evince dalla ricerca di Chenoweth e Stephan, che Marco Labbate cita, si è già manifestata con successo, anche quando è stata spontanea, non adeguatamente preparata. Certo, non possiamo essere noi a dire cosa devono fare gli Ucraini sotto le bombe.

Noi però possiamo, e dobbiamo, se sosteniamo che le armi non siano la soluzione, «offrire qualcosa di più efficace», a partire da noi. Tutto quello che suggerisce Labbate e oltre: da un tavolo della pace a Ginevra per affrontare tutte le questioni in ballo (non solo l’Ucraina), alla presenza di caschi blu di interposizione, allo sciopero europeo contro la guerra, all’accettazione di tutte le conseguenze delle sanzioni anche da parte nostra, alla presenza di figure autorevoli e istituzioni europee nel teatro di guerra, sostenute da ONG e carovane di pace come avvenne nei Balcani…

L’alternativa alla guerra è solo una negoziazione capace di prendere in considerazione tutti gli obiettivi legittimi di tutte le parti.

Perché non è vero che sia stato fatto tutto il possibile. Lo scrive anche Marco Mascia, successore di Papisca all’Università di Padova e docente di Relazioni internazionali e sistema politico dell’Unione europea nella stessa Università: «Oggi gli strumenti per risolvere pacificamente un conflitto ci sono. Si chiamano diritto internazionale e organizzazioni internazionali» («La Voce dei Berici», 14 marzo 2022).

Stiamo assistendo con questa guerra a un riassetto delle relazioni internazionali, in senso almeno tripolare (Stati Uniti, Russia, Cina). L’Occidente farebbe bene ad ampliare lo sguardo e ad accorgersi che è necessario un nuovo patto di convivenza planetaria, più giusto ed equilibrato, anche per affrontare insieme le enormi sfide che abbiamo di fronte, in primis il cambiamento climatico, che la guerra ci ha fatto dimenticare, ma che è sempre presente, ancor più drammaticamente alimentato dalla guerra stessa.

Certo non dobbiamo nasconderci che tutto ciò comporta, per la nostra parte di mondo, grandi cambiamenti, anche nel nostro stile di vita. Come già aveva ben compreso Alex Langer: contro la guerra, è necessario cambiare la vita.

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un disegno di Piero Brombin per “la bottega”

 

GUERRA RUSSIA-UCRAINA. DRAGHI, DI MAIO E GUERINI METTONO L’ELMETTO – Antonio Mazzeo

Migliaia di militari delle forze speciali e di pronto intervento, decine di caccia intercettori, velivoli d’intelligence e per il rifornimento in volo, una flotta navale e centinaia di mezzi pesanti tra carri armati, cingolati e blindati. Dopo il funesto attacco delle forze armate russe all’Ucraina, il governo Draghi accoglie l’appello alla mobilitazione generale lanciato dal Pentagono e dalla Nato, contribuendo irresponsabilmente all’escalation della crisi diplomatica e militare tra l’Alleanza Atlantica e Mosca che, adesso, rischia davvero di trasformarsi in un conflitto globale con inimmaginabili conseguenze per la storia dell’umanità.

Con un comunicato emesso la sera di sabato 26 febbraio, il ministero della Difesa ha reso noto il trasferimento nella base aerea “Mihail Kogălniceanu” di Costanza (Romania) di quattro caccia intercettori di quarta generazione Eurofighter 2000 dell’Aeronautica Militare che si aggiungono agli altri quattro aerei da guerra della stessa tipologia inviati in Romania i primi di dicembre 2021 nell’ambito della missione Nato di controllo dello spazio aereo dell’Europa orientale Air Policing. “L’Italia sta contribuendo con rapidità e convinzione alle decisioni prese in ambito alleato e il governo ha approvato una serie di significative misure che prevedono il rafforzamento della postura militare sul fianco est a seguito dell’inaccettabile e ingiustificata aggressione della Russia all’Ucraina”, spiega la Difesa. “Abbiamo assicurato la nostra disponibilità a partecipare con i nostri contingenti in ulteriori missioni di rassicurazione e deterrenza che saranno eventualmente previste…

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Diciamola semplice – Andrea Zhok

Diciamola semplice.

Licenziare piloti russi o direttori d’orchestra russi, bloccare la partecipazione di musicisti russi a competizioni internazionali, interrompere la collaborazione con scienziati russi al Cern, buttare fuori da kermesse cinematografiche documentaristi russi, tagliare i rapporti accademici con docenti russi, escludere libri russi dagli stand, ecc. ecc. non sono sanzioni. Sono razzismo istituzionale.

La cultura russa è una delle maggiori tradizioni culturali prodotte da questo pianeta e questo atteggiamento da parte di istituzioni – spesso istituzioni culturali (sic!) – è semplicemente umiliante per chi le prende.

Qui siamo arrivati ad un punto di non ritorno.

Già, perché l’Occidente liberaldemocratico è da tempo in crisi con innumerevoli punti di rottura, perché non essendosi preso cura di rafforzare le proprie basi democratiche ha lasciato progressivamente le redini dei paesi ad un’unica libertà, quella del capitale…

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POETI E GUERRA

Filippo Ravizza e Angelo Gaccione in dialogo

Ravizza. C’è una cosa molto importante: è continuare a provare dolore davanti alle bombe che cadono sulle città, davanti ai missili che cadono nelle strade delle città. Continuare a provare dolore vedendo i morti in televisione e sui giornali. Se continuiamo a provare dolore, vuol dire che siamo rimasti umani. E non è poco, in questo terribile marzo dell’anno 2022.

Gaccione. E indignazione verso Stati e Governi che fanno le guerre massacrando la gente mentre loro e le loro famiglie se ne stanno al sicuro. E la Legge che la guerra legittima in maniera immorale. Dobbiamo sempre usare il soggetto, altrimenti la gente pensa che il dolore nasca da sé. Ci sono i responsabili ed hanno un nome: Putin, Biden, Zelenski, i costruttori di morte, i mercanti di armi, gli speculatori, i generali, gli eserciti, le alleanze militari, le Cancellerie, i responsabili dei partiti, ecc.

Ravizza. Il dolore nasce dal vedere la morte, dall’immedesimazione, dal dire quella bambina poteva essere mia figlia, quel soldato poteva essere mio figlio. Il soggetto l’ho detto e ridetto, ormai non mi interessa più. Tra invasore e invaso il soggetto è l’invasore, tra chi tira le bombe e chi le bombe se le prende in testa, il soggetto è chi tira le bombe. L’ho detto, l’ho scritto anche su “Odissea”, se vai a rileggerti i miei interventi lo trovi nero su bianco. Io voglio uscire dalla disumanizzazione delle ideologie ora. Provo dolore anche se vedo il cadavere di un soldato russo. Io voglio restare umano.

Gaccione. I soggetti sono tanti. I nemici dei popoli sono le classi dirigenti al potere che li aizzano, non altri disperati. Dovrebbero ammutinarsi, disertare, rivolgere le armi contro i loro comandanti, i loro ministri della guerra, questi sono i carnefici. Rifiutarsi di arruolarsi in un esercito. Gli eserciti fanno le guerre, le armi fanno le guerre. O si capisce questo o non c’è via d’uscita. Dovrebbero gettare i fucili e togliersi le divise, fare causa comune con i soldati ucraini, arrestare i loro comandanti. Mai dovrebbero arruolarsi in un esercito, perché da sempre gli eserciti uccidono al comando dei Governi e degli Stati per i loro sporchi interessi. Un po’ di sano antimilitarismo farebbe bene a tutti.

Ravizza. Quello che scrivi è in astratto molto giusto e molto bello. Se in tutto il mondo e in contemporanea si sciogliessero tutti gli eserciti (e tutti gli Stati) forse, e sottolineo forse, non ci sarebbero più guerre, nessuno invaderebbe nessuno. Basterebbero forse corpi tipo Vigili Urbani per dirimere il traffico e contrastare la delinquenza comune.

Gaccione. Deve cominciare qualcuno. Il disarmo generale non avverrà mai simultaneamente. Il Patto di Varsavia è stato sciolto dai russi unilateralmente. Il Costa Rica ha sciolto l’esercito unilateralmente. Le famiglie della ’drangheta che non hanno voluto più spargimento di sangue hanno rinunciato a vendicarsi unilateralmente e le faide sono finite. Mi auguro che sia la mia Patria a dare questo esempio luminoso al mondo. La nazione con la tradizione culturale più profonda e vasta e dalle mille bellezze.
Se questo passo verso il disarmo lo facesse l’Italia, avrebbe un impatto straordinario e altri Paesi ci seguirebbero. La perversa catena della guerra si spezzerebbe.

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La sinistra ucraina critica la guerra occidentale con la Russia: gli Stati Uniti usano l’Ucraina come “carne da macello

Un attivista per la pace di sinistra cresciuto in Ucraina spiega come il governo degli Stati Uniti abbia creato la crisi, sostenendo due colpi di stato in un decennio, alimentando una devastante guerra civile e sfruttando la sua nazione per una guerra per procura contro la Russia.

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Sono un ucraino-americano. Sono cresciuto e ho trascorso più della metà della mia vita in Ucraina, anche se ora vivo negli Stati Uniti. Volevo spiegare i miei pensieri sulla crisi in corso con la Russia, perché i principali media legati alle grandi testate giornalistiche non fanno passare queste notizie.

È sicuramente un periodo stressante, per ovvi motivi. Fortunatamente, la mia famiglia e i miei amici nel paese sono vivi e stanno abbastanza bene date le circostanze. Sfortunatamente, negli ultimi dieci anni questa non è la prima volta che ho dovuto controllare i miei cari lì, e praticamente per gli stessi motivi. Questo è ciò di cui volevo parlare.

Vedete, il governo degli Stati Uniti si è intromesso in Ucraina per decenni. E il popolo ucraino ha sofferto per questo. Il sostegno schiacciante che i governi occidentali e i media hanno riversato all’Ucraina da quando la Russia ha invaso il 24 febbraio non è in realtà motivato dalla preoccupazione per il popolo ucraino. Ci stanno usando per promuovere i loro interessi politici ed economici. Lo sappiamo perché Washington ha rovesciato il nostro governo due volte in un decennio, ha imposto politiche economiche neoliberiste che hanno reso il nostro Paese il più povero d’Europa e ha alimentato una devastante guerra civile che negli ultimi otto anni è costata la vita a 14.000 ucraini ed ha causato molti più feriti e sfollati.

I seguenti fatti non vengono menzionati dai media, poiché sono contrari agli obiettivi di politica estera del governo degli Stati Uniti. Quindi, a meno che non siate attivamente impegnati nel movimento contro la guerra, le informazioni qui sotto sono per voi probabilmente nuove. Ecco perché ho voluto scrivere questo articolo…

Il governo degli Stati Uniti ha sostenuto due colpi di stato in Ucraina in un decennio e ha alimentato una guerra civile che ha ucciso 14.000 ucraini . Il primo colpo di stato morbido sostenuto dagli Stati Uniti in Ucraina si è verificato nel 2004, quando il candidato presidenziale sostenuto dall’Occidente Viktor Yushchenko ha perso le elezioni. Il vincitore del voto del novembre 2004, Viktor Yanukovich, è stato descritto come filo-russo, quindi i governi occidentali si sono rifiutati di riconoscere la sua vittoria e l’ hanno etichettata come frode elettorale. Le forze sostenute dall’Occidente in Ucraina si sono quindi mobilitate e hanno portato a termine una rivoluzione colorata pilotata, chiamata “Rivoluzione arancione”. Hanno imposto un altro ballottaggio a dicembre in cui il loro candidato Yushchenko è stato dichiarato presidente.

In un rapporto inaspettatamente onesto del 2004 intitolato “Campagna statunitense dietro i disordini a Kiev”, il quotidiano britannico The Guardian ha ammesso che la “rivoluzione arancione” era “una creazione americana, un esercizio sofisticato e brillantemente concepito col marchio occidentale e con strategie di marketing di massa”, finanziato con almeno 14 milioni di dollari…

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GOVERNO E PARLAMENTO GUERRAFONDAI – Collettivo di fabbrica GKN

Mattarella naturalmente tace e acconsente.

Dopo che avrete letto questo breve scritto spero proverete un po’ di schifo verso il Governo, il Parlamento italiano e quant’altri rappresentano la Nazione. Spero che più nessuno ci venga a fare la morale quando li definiamo per come sono: guerrafondai criminali.

E’ bastato un attimo. Pronti e via. E la Camera ha approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno a favore dell’aumento della spesa militare. Per il 2022 la spesa militare passerebbe dagli attuali 25 miliardi di euro a 38 miliardi di euro (104 milioni a giorno). È necessario sottolineare come già 25 miliardi fossero una cifra record, in aumento del 20% rispetto al 2019. Così, mentre quasi ti consideri ingenuo, un piccolo sognatore, a reclamare di non finire in burnout quando lavori in sanità, quando ti abituano a considerare impossibile un pronto soccorso non affollato, a riaprire ospedali e posti letto. Così mentre la vita scolastica dei tuoi figli può essere aperta e chiusa come un rubinetto e quasi ti consideri un pericoloso eversivo a rivendicare il taglio delle accise sulla benzina (20 miliardi circa all’anno) o tamponi e mascherine calmierate, mentre la tua vita fugge così, sappilo: in una mattinata alla Camera, non c’è problema, 38 miliardi non sono un problema.
E quindi Il Collettivo di fabbrica della GKN invita a Firenze tutti e tutte sabato 26 marzo per una grande manifestazione nazionale in difesa non solo della loro lotta, ma anche per difendere i diritti di tutti e tutte, per questo, per altro, per tutto.
Diversi organismi stanno organizzando pullman per andare alla manifestazione. Partecipiamo in massa con i lavoratori GKN.
Per il Collettivo di Fabbrica della GKN
Fausto

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Armare l’Ucraina? Le ragioni del no

Pubblichiamo in traduzione italiana l’analisi delle ragioni del NO all’invio di armi all’Ucraina circolata tra gli aderenti all’European Network Against Arms Trade, cui collaboriamo tramite Rete italiana Pace e Disarmo.

L’aggressione russa contro l’Ucraina ci rende tutti molti tristi arrabbiati, e si è sviluppato un senso generale di solidarietà per aiutare gli ucraini. Molti paesi europei hanno deciso di inviare armi in Ucraina per la guerra contro l’esercito russo. Per quanto questo possa essere comprensibile, una risposta dovrebbe venire non solo dal cuore ma anche basato su analisi accurate. La domanda principale è: inviare armi all’Ucraina aiuterà a mettere fine alla sofferenza e a offrire una strada verso la fine del conflitto? Inviare armamenti non è un modo rapido per uscire da questa situazione orrenda. Una volta scoppiata la violenza, non esiste un modo facile per fermarla, né per vie militari né inviando armi, e neppure con azioni nonviolente.

Non è tempo di grandi gesta, di risposte politicamente popolari, di linguaggio militarista e comportamenti machisti. Il rischio di una ulteriore escalation è reale, e bisogna scongiurarlo ad ogni costo, in quanto affrontiamo il rischio di un confronto nucleare ed è in ballo la nuda sopravvivenza dell’umanità e del pianeta.
Senza pretendere di avere tutte le risposte, consideriamo alcune delle complesse domande.

Scontri prolungati
Inserire più armi nel conflitto non aiuta ad avvicinarsi a una conclusione, ma cambia gli equilibri militari e prolunga i combattimenti. Scontri continui portano a più morti e distruzione, e impediscono l’assistenza umanitaria, ma potrebbe aiutare a creare uno spazio per i risultati politici desiderati in merito alle negoziazioni. Dovremmo essere chiari a riguardo e non confondere l’invio delle armi con l’arrivo della pace, in quanto cambia solo il potere militare.

Valore militare
La fornitura di armi potrebbe essere una risposta al sentimento generale di ingiustizia e fa sembrare coraggiosi i politici, ma non dovrebbe concludersi con gli ucraini che combattono la “nostra” battaglia. L’impatto delle consegne di piccole armi su una vittoria militare dell’Ucraina è in gran parte trascurabile. Ma potrebbe ritardare l’avanzamento delle truppe russe, minare il loro morale e le risorse e rimandare la sconfitta. Per fare davvero la differenza in combattimento dovrebbero essere consegnati grandi sistemi militari, come i jet da combattimento, ma questo potrebbe essere sicuramente considerato dai russi una piena partecipazione alla guerra…

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Ucraina, la guerra dei “cronies”: la politica mondiale ridotta gioco d’azzardo – Fabio Armao

Immagino non sia successo soltanto a me di trasalire quando il presidente statunitense Biden, nel corso di un’intervista, ha evocato la possibilità di una Terza guerra mondiale come conseguenza di un’invasione russa dell’Ucraina. Non che ignorassi gli eventi in corso e non fossi consapevole della gravità della situazione. Eppure, quell’affermazione mi suonava strana: più che eccessiva, fuori contesto, quasi fosse una battuta di una messa in scena da teatro dell’assurdo. È probabile che quella sorta di senso di estraniazione nascesse anche dal fatto che una notizia simile, che avrebbe dovuto esaurire l’attenzione dei media, risultava invece inframezzata tra altre, ai limiti del farsesco, sul dibattito politico italiano – tra un ex-presidente del consiglio che si riscopre improvvisamente anche ex-capo di un ex-movimento; e un altro ex-presidente del consiglio che viene rinviato a giudizio (e questo, a dire il vero, non costituirebbe una novità) e dichiara che non vede l’ora di difendersi in aula, ma denuncia i procuratori che l’hanno inquisito – seguite dalle statistiche quotidiane sulla pandemia da Covid-19 e dagli aggiornamenti sulle medaglie vinte dagli atleti italiani alle olimpiadi invernali di Pechino.

La Terza guerra mondiale buttata lì, en passant, tra uno spot e l’altro, minacciata a nostra insaputa, ovvero senza alcuna reale consapevolezza da parte delle opinioni pubbliche, nemmeno nei paesi democratici. Quasi si trattasse dell’ennesima grande sfida tra Paperone-Elon Musk e Rockerduck-Jeff Bezos, che sembrano ormai avere solo l’angosciante problema di dimostrare di saper dilapidare, scusate: investire, i propri immensi capitali meglio dell’avversario – e che, per la gioia di Freud, fanno ora a gara a chi è più bravo a lanciare razzi spaziali.

L’esempio non è casuale, perché Biden e Putin, non meno di Musk e Bezos sono i protagonisti di un capitalismo ridotto a puro gioco d’azzardo. La differenza, però, è che i due magnati mettono in gioco, diciamo per semplicità, denari propri; mentre i due politici, vite umane altrui, con la “leggerezza” che deriva loro dal fatto di non avere più neanche bisogno di perder tempo e risorse a mobilitare le masse, tantomeno poi di inventarsi un conflitto ideologico che, del resto, non esiste più nei fatti, dal momento che tutti i contendenti, democratici e totalitari, militano appunto nello stesso fronte capitalista.

Volendo cercare dei precedenti storici, l’impressione è che il confronto non vada fatto con quanto accadeva esattamente un secolo fa, durante la tregua tra le due guerre mondiali, quando il confronto tra nazionalismi stava per lasciare il posto a quello ancora più insanabile tra blocchi che ci avrebbe accompagnato fino al 1989. Piuttosto, bisogna spingersi più indietro nel tempo, all’epoca delle monarchie assolute, quando i sovrani godevano tra il resto anche della prerogativa di poter andare in guerra senza dover chiedere l’opinione dei propri sudditi.

Tuttavia, dovrebbe essere superfluo ricordarlo, la storia non si ripete mai uguale; e, oggi, le dinamiche di corte sono sostituite da una rete molto più articolata e transnazionale di scambi sociali tra regimi politici che, al di là delle differenze istituzionali, condividono le stesse modalità di interazione con il capitalismo. Il cronyism è ciò che accomuna gli USA di Biden e la Russia di Putin (come pure la Cina di Xi Jinping): la capacità del mercato di emanciparsi da quel poco che resta dei vincoli che gli stati, in particolare le democrazie, ancora impongono alla sua libertà, attraverso la costruzione di una fitta trama di relazioni clientelari con esponenti del sistema politico e delle istituzioni statali.

Niente a che vedere con il complotto del complesso militare-industriale, sia chiaro; dal momento che ci troviamo piuttosto di fronte a un complesso processo di privatizzazione della politica, in atto ormai dalla fine della Guerra fredda anche all’interno dei paesi maggiormente sviluppati, e che ha comportato, di conseguenza, anche una crescente privatizzazione della guerra. Ciò che contraddistingue la situazione odierna da quella secentesca e settecentesca, allora, è che il trionfo del neoliberismo risparmia ai novelli sovrani il bisogno anche soltanto di concepire quelle strategie politiche fatte di faide e matrimoni che avevano permesso ad alcune grandi dinastie – pensate agli Asburgo – di arrivare a dominare il mondo: la politica sopravvive come semplice pretesto narrativo, come sceneggiatura di una fiction televisiva, peraltro già vista e rivista.

Potrà sembrare un giudizio troppo severo (o riduttivo), soprattutto provenendo da un politologo; ma trae origine dalla constatazione che da decenni la guerra ha dimostrato di saper generare un’intera filiera economica globale ad alta redditività dotata di una propria autonomia, capace di coinvolgere tutte le sfere del capitalismo: da quella industriale della produzione degli armamenti, a quella commerciale del traffico e della vendita (lecita e illecita) delle armi stesse, fino alla sfera finanziaria delle quotazioni in borsa di società che, grazie al gioco delle fusioni e delle compartecipazioni azionarie, possono arrivare a concentrare risorse e competenze belliche superiori a quelle di molti stati, dovendo rendere conto del modo di impiegarle soltanto ai propri azionisti e non alle opinioni pubbliche di riferimento. E poi c’è il variegato universo del “capitale umano”, fatto di rappresentanti delle libere professioni coinvolti (imprenditori, avvocati, commercialisti, intermediari e trafficanti); come pure di manodopera, ivi compresi soldati della più varia natura: membri delle forze armate e di polizia, mercenari, guerriglieri, terroristi e appartenenti alle ormai infinite organizzazioni criminali…

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“L’allargamento a est della NATO è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente”

Intervista a Marco Carnelos, ex ambasciatore italiano in Iraq

L’Occidente promise alla Russia di non allargare la Nato a est?

Alcune promesse verbali furono fatte. Ci sono anche alcuni documenti, prodotti da riunioni di alto livello, in cui si evidenzia come l’assunzione che c’era in quel momento storico fosse che la Nato non sarebbe andata oltre il confine della Germania, riunificata a ottobre 1990.

Chi si intestò questa rassicurazione?

L’allora Segretario di stato americano, James Baker. La sua promessa fu: “Not one inch eastward”, ovvero “non un centimetro più a est”. Dopodiché la storia è evoluta. Il Patto di Varsavia, l’alleanza militare che si contrapponeva alla Nato, nel 1991 s’è sciolto. Da quel momento Putin ha fatto presente in più di un’occasione: “Ma senza il Patto di Varsavia contro chi allargate a est la Nato?”.

Putin vuole ricreare una Grande Russia sul modello imperiale o sovietico?

Putin ha vissuto in Germania est nel 1989 e non sappiamo quanto il crollo del suo mondo abbia inciso psicologicamente su di lui. Nessuno può sapere se effettivamente la fine dell’Urss lo abbia segnato. Lo sa il suo analista, ammesso ne frequenti uno.

L’ambasciatore Massolo è convinto che a muovere Putin sia la voglia di rivincita, il bisogno di vendicare i torti che lui crede che la Russia abbia subìto…

Lo dice perché da capo dell’Intelligence ha avuto dei resoconti specifici in tal senso o è una semplice speculazione, come la fanno tanti? Io non credo che Putin sia pazzo. Le sue prese di posizione pubbliche mi sembrano coerenti, benché a tratti inaccettabili. Denotava problemi psichiatrici più seri Donald Trump, se vogliamo…

In Occidente fa comodo pensare che Putin abbia perso il senno per non dover riconoscere le sue ragioni?

È un tipico atteggiamento occidentale: chi non la pensa in un determinato modo, o ha altre categorie mentali, viene marchiato. “L’eccezionalismo americano” non contempla una diversità. È un riflesso culturale, che manca di “empatia cognitiva”: l’incapacità di mettersi nei panni degli altri. E poi ci sono schematismi tipicamente occidentali, fondati su valori diversi: “Quello è un dittatore”, “in quel paese manca la libertà”, o cose del genere.

Saranno anche assunzioni veritiere ma vanno contestualizzate, inserite in un disegno storico più ampio. Ad esempio, è difficile comprendere l’autocrazia di Putin se non si considera che la Russia non ha praticamente mai conosciuto la democrazia. La norma nella cultura politica russa è l’autoritarismo. Ma se guardiamo gli ultimi vent’anni anche noi in Occidente abbiamo qualche problema con l’esercizio della forza e la gestione del dissenso. Basti pensare a come sono stati talvolta repressi i “gilet gialli” in Francia. La brutalità, spesso gratuita, della polizia americana, sovente in assetto anti-sommossa, è documentata dai migliaia di fatti di cronaca. La complessità del mondo non può essere ricondotta a uno schema mentale binario e manicheo di buoni-cattivi.

Vale anche nel caso della guerra all’Ucraina?

La vicenda Ucraina non si può ridurre alle vicende iniziate il 24 febbraio 2022. Bisogna tornare al 3 ottobre 1990, giorno della riunificazione della Germania, e provare a capire come si sono sviluppati gli eventi da allora. In Italia chi opera i distinguo, provando a capire la realtà, anche nelle sue pieghe meno rassicuranti, viene troppo sommariamente etichettato come “putiniano”. È assurdo.

Partendo dal 1990, allora, quali eventi hanno portato all’attacco all’Ucraina?

Ci sono state azioni e omissioni da parte dell’Occidente, affiancate da responsabilità anche russe beninteso, che hanno alimentato le incomprensioni. Se si fosse provato a intavolare un dialogo serio non sarebbe mai scoppiato questo conflitto.

Quali sono le omissioni dell’Occidente?

Non voler capire che l’allargamento a est della Nato creava un problema alla Russia.

Per vent’anni, dal 2001, il paradigma di sicurezza americano si è basato nel contrasto al terrorismo islamico. L’ascesa della Cina e quella della Russia da un punto di vista militare hanno riorientato il dibattito strategico americano. A Washington si è preso atto che nuovi attori stavano minacciando la centralità statunitense: stava ripartendo una competizione tra grandi potenze. E queste grandi potenze, è evidente, si muovono per far valere i loro interessi sullo scacchiere internazionale…

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L’intensa lobbying dell’industria degli armamenti a Bruxelles – Justine Brabant e Ludovic Lamant

L’industria degli armamenti non ha atteso la guerra in Ucraina per scatenare la sua intensa lobbying a Bruxelles, alfine di dimostrare le virtù «sociali», «durature» o ancora «stabilizzatrici» delle attività della vendita di armi. Nei rapporti ufficiali dell’UE, questi elementi di linguaggio cominciano a imporsi (insieme alle pesanti scelte di finanziamento dell’invio di armi all’Ucraina così come per le attività criminali di Frontex –nota traduzione Salvatore Palidda).

La guerra è pace. La distruzione è “stabilità”. Le armi hanno uno scopo sociale. L’argomento sembra assurdo. Tuttavia, dallo scoppio della guerra in Ucraina, trova un’eco senza precedenti. Perché per non privarsi delle nuove fonti di finanziamento disponibili a Bruxelles, i vertici dell’industria degli armamenti – o i lobbisti che li rappresentano – hanno deciso di invocare Orwell nel testo: insistono sulle virtù “sociali”, etiche”, “sostenibili ” o addirittura di “stabilizzare” le attività di vendita di armi.

“Questa drammatica situazione ci ricorda un semplice principio: senza stabilità e sicurezza non possono esserci prosperità, inclusività e sviluppo sostenibile, ha assicurato Patrice Caine, boss del gruppo di difesa Thales, in un’intervistaLe Figaro il 3 marzo. Tuttavia, sono le industrie della difesa che aiutano le democrazie a garantire la loro sovranità, sicurezza e stabilità”.

Da parte della lobby dell’industria della difesa tedesca, BDSV, la retorica è identica: “La guerra in Ucraina mostra quanto sia decisivo avere una forte difesa nazionale”, afferma Hans Christoph Atzpodien. Esorto l’UE a riconoscere l’industria della difesa come un contributo positivo alla “sostenibilità sociale”. Per il gruppo britannico Serco, la guerra in Ucraina illustra nientemeno che “i valori etici specifici dell’industria della difesa”.

Paura di diventare infrequentabili

Prima dell’invasione russa, parti dell’industria delle armi erano preoccupate. Ascoltandoli, trovavano sempre più difficile ottenere prestiti sui mercati per finanziare i propri investimenti. Sono state vittime, hanno spiegato, della crescente influenza dei cosiddetti criteri ESG (“environmental, social, governance”) considerati come orientatori dei flussi finanziari verso portafogli più “verdi”. A gennaio, le banche regionali tedesche hanno così interrotto i prestiti al gruppo di difesa Rheinmetall AG.

Di fronte allo spettro di una “messa all’armadio” (marginalizzazione) nei mercati, sul modello di ciò che ha vissuto la lobby dei tabacchi, divenuti infrequentabile, l’industria delle armi ha allora sviluppato la sua strategia comunicativa. Nel suo linguaggio, ora sottolinea la sua “sostenibilità sociale” e spera di beneficiare delle ricadute di un progetto poco conosciuto nell’UE, quello della “tassonomia sociale”. La guerra in Ucraina potrebbe rafforzare la sua strategia.

Di cosa si tratta? Dal 2019 la Commissione ha avviato lo sviluppo di una gigantesca classificazione per indirizzare il denaro, sui mercati, verso prodotti di “finanza sostenibile”. L’azienda deve partecipare allo sforzo collettivo per raggiungere la carbon neutrality entro il 2050. È diventata nota al grande pubblico a causa di una recente controversia: sotto la pressione di Parigi e Berlino, la Commissione ha accettato di etichettare gas e petrolio come energie “verdi”, suscitando forte critica alle sue pratiche di “greenwashing”.

Parallelamente a questa tassonomia ambientale, che sta prendendo forma sotto forma di una batteria di atti delegati prevista fino al 2023, gli esperti stanno lavorando allo sviluppo, a più lungo termine, di una “tassonomia sociale”. Stesso sistema: i settori di attività sono qui etichettati, in base al loro contributo – si può scegliere: sostanziale, neutro o dannoso – alla “sostenibilità sociale”, al fine di indirizzare meglio i flussi finanziari verso i cosiddetti investimenti sociali (tenendo conto di criteri quali come uguaglianza di genere, salario dignitoso, ecc.).

La scorsa estate abbiamo assistito a un’intensa attività di lobby da parte delle industrie della difesa, affinché l’industria degli armamenti fosse descritta come un “contributo sostanziale alla sostenibilità sociale”, spiega Thierry Philipponnat, a capo dell’ONG Finance Watch, che partecipa al gruppo di esperti della “Piattaforma europea per la finanza sostenibile”, responsabili dello svolgimento dei lavori preparatori. Per il momento “questa opzione non è stata mantenuta”, precisa.

Questo collettivo per la finanza sostenibile – il cui lavoro non impegna la Commissione, che può esserne ispirata, o calpestarla – ha pubblicato a febbraio rapporto intermedio. Per quanto riguarda le armi, raccomanda di escludere dalla classifica solo quelle vietate dalle convenzioni internazionali (bombe a grappolo, mine antiuomo, armi biologiche, ecc.). Una posizione che non chiude del tutto le porte all’industria della difesa, dunque.

A Bruxelles molte persone contattate da Mediapart non credono all’esito di questa “tassonomia sociale” tanto agognata dai produttori di armi. «La procedura durerà ancora più di tre anni, ben oltre l’attuale mandato [fino al 2024].

E l’appetito politico della Commissione su questo tema mi sembra prossimo allo zero”, anticipa Philipponnat. “Le attività legate alla difesa non hanno ricevuto un trattamento prioritario”, conferma la parte della Commissione.

Anche l’ecologista tedesca Hannah Neumann, specialista in questioni di armamento, rimane molto cauta. “Nessuno sa in questa fase se la tassonomia sociale vedrà la luce. Non credo che la Commissione si farà avanti finché le tensioni nucleari persisteranno, sostiene. Ma dal mio punto di vista, se facciamo una classifica per aiutare i consumatori a mettere i loro soldi nei social, non deve avvantaggiare l’industria delle armi… E ciò non significa che non dovrebbe non pensare al finanziamento di questa industria. ”

“La guerra in Ucraina è chiaramente usata [dagli industriali] per portare avanti la loro agenda su questioni di accesso ai finanziamenti”, tuttavia ritiene Bram Vranken, attivista della ONG belga Vredesactie e buon conoscitore delle lobby della difesa – a cui ha dedicato un rapporto nel 2017.

Qualunque sia il risultato, il lobbying è a posto. Durante un incontro con un funzionario dell’Airbus a Madrid lo scorso settembre, a margine di un missione ufficiale, una delegazione di eurodeputati membri della sottocommissione “difesa” ha ricevuto, secondo una fonte del Parlamento europeo, un testo di due pagine scritto dalle principali lobby nazionali dell’industria della difesa europea (tra cui il francese CIDEF o il tedesco BDSV).

In questo documento a cui Mediapart ha avuto accesso, i lobbisti assicurano che “non può esserci sostenibilità senza sicurezza”. E raccomanda, di fronte alla “discriminazione” a cui sarebbe soggetta l’industria militare, che la Base Tecnologica e Industriale della Difesa Europea (EDTIB, in inglese) sia riconosciuta “come legittimo attore sostenibile” nella tassonomia dell’Unione Europea. Nathalie Loiseau (LREM -il partito di Macron), che dirige questa sottocommissione al Parlamento europeo, non ha risposto alle nostre domande.

In una nota pubblicata nell’ottobre 2021, ottenuta anche da Mediapart, l’Aerospace and Defense Industries Association of Europe (ASD), regolarmente descritta come uno dei più potenti gruppi di lobby nel campo degli armamenti, assicura che il settore «è molto consapevole la necessità di essere responsabili e sostenibili ed è pienamente impegnata nello sviluppo dei più elevati standard etici e legali”.

Preoccupata per un “crescente stigma” del settore, sostiene che, se una tassonomia sociale dovesse vedere la luce, dovrebbero essere escluse solo le armi proibite dai trattati internazionali – una posizione che è stata adottata nella fase del rapporto scritto dal Piattaforma Europea per la Finanza duratura.

Per far sentire la loro causa, i produttori di armi sanno di poter contare su appoggi benevoli. Il commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton (responsabile, tra l’altro, del Fondo europeo per la difesa), ad esempio, non sembra sordo alle loro chiamate. Il 10 novembre 2021, invitato all’assemblea generale della potente ASD, ha auspicato “un accesso equo ai finanziamenti” per l’industria della difesa”.

Una settimana dopo, l’ASD gli ha inviato un’entusiastica lettera di ringraziamento, resa pubblica grazie al diritto di accesso ai documenti delle amministrazioni europee. “Grazie per aver ribadito il vostro forte impegno nei confronti dell’industria aerospaziale e della difesa”, ha scritto un rappresentante del gruppo industriale, aggiungendo: “Lascia che ti dica che siamo molto orgogliosi e felici di poterti considerare come il “nostro Commissario”. L’ASD conclude la sua lettera esprimendo il desiderio di poter nuovamente discutere con il commissario Breton di due temi cruciali agli occhi delle lobby: il Fondo europeo per la difesa e i famosi criteri cosiddetti ambientali, sociali e di governance (ESG). (Estratto di una lettera indirizzata da una lobby dell’armamento, l’ASD, al commissario europeo Thierry Breton, il 18 nov. 2021. © Documento reso pubblico dall’Unione europea)

Elementi di linguaggio (delle lobby) ripresi nei rapporti ufficiali

Effetti di queste fiorenti relazioni con alcuni funzionari europei? In ogni caso, gli elementi del linguaggio industriale (delle lobby) hanno cominciato a infiltrarsi nei rapporti prodotti dalle istituzioni Ue sulla difesa europea, una priorità della presidenza francese dell’Ue che durerà fino al prossimo giugno. Nella sua comunicazione sulla difesa europea pubblicata a metà febbraio (un testo senza valore giuridico, che ne fissa la posizione), l’esecutivo di Ursula von der Leyen (che era il ministro della Difesa di Angela Merkel) riprende l’idea di uno sviluppo “sostenibile di iniziative finanziarie” per aiutare il settore a trovare nuovi finanziamenti.

Da parte del Consiglio, i capi di Stato e di governo hanno convenuto, durante la riunione di Versailles, di mobilitare “tutti gli strumenti disponibili” a sostegno dell’industria, chiedendo un aumento della Facilità europea per la pace (Fondo europeo per la pace che in questa fase, vale già 500 milioni di euro, versati dall’UE agli Stati che ne fanno richiesta, per rimborsare parte delle consegne di armi effettuate in Ucraina).

Il documento finale, la “bussola strategica”, una sorta di “Libro bianco” che fisserà le principali linee guida per la sicurezza e la difesa europea fino al 2030, sarà svelato in un vertice il 24 e 25 marzo. Se dobbiamo credere alle ultime versioni del testo in corso, che Mediapart ha potuto consultare, l’espressione “iniziative sulla finanza sostenibile” si ripete in modo identico.

Accanto alla tassonomia dell’UE, un’altra iniziativa è oggetto di lobbying organizzato a Bruxelles, quella dell’“eco-label” per etichettare, ancora una volta, prodotti finanziari sostenibili. In un rapporto pubblicato a marzo 2021, il Centro comune di ricerca (JRC), che opera per conto della Commissione, propone di escludere dal sesamo verde qualsiasi azienda la cui quota di attività di produzione e vendita di cosiddette armi convenzionali superi il 5% di fatturato.

Il caso è stato oggetto di proteste da parte di diversi funzionari francesi. In un rapporto sulla politica annuale di difesa, scritta da Nathalie Loiseau e adottata a febbraio, il Parlamento europeo “invita la Commissione a garantire che l’etichetta ecologica europea […] tuteli la competitività dell’industria europea della difesa”. Appello “puramente scandaloso”, aveva reagito allora l’eurodeputato ambientalista Mounir Satouri: “Questo strumento è dedicato alla transizione ecologica e alla tutela della biodiversità. Non dovrebbe essere dirottato”.

Già agli incontri economici di Aix-en-Provence dell’estate 2021 il ministro delle Forze armate Florence Parly si era arrabbiato per questa soglia del 5%: «Dire che [le industrie degli armamenti] non dovrebbero essere finanziate dalle banche, in allo stesso modo delle attività pornografiche, è scioccante!” Anche l’industria della difesa ha potuto contare sullo zelante sostegno dell’Assemblea nazionale. In una risoluzione adottata a gennaio (tramite un voto espresso in due comitati specializzati), i funzionari eletti esortano la Commissione ad abbandonare questo progetto del 5%.

da qui

 

Per sconfiggere la guerra bisogna sconfiggere chi la alimenta!  Francesco Cappuccio – SI Cobas

Netta è la nostra posizione contro le ipocrite manifestazioni di pacifismo a cui seguono l’invio di armi e uomini nelle aree di guerra.

La ossessiva retorica fatta di immagini di bambini, donne e ospedali sotto i bombardamenti certamente va a cogliere la comprensibile compassione verso le vittime di tanta violenza.

Ma la regia del governo Draghi cinicamente si appropria delle  lacrime e delle sofferenza per  alimentare  nazionalismi e  guerre.

Mai si erano viste nei conflitti di altre aree: Medio Oriente, Africa ecc tanti bambini e tante donne incinte innalzati a simboli di martirio. Qui la sterilizzazione della morte, ad uso geopolitico, serviva a tacitare le coscienze per un esercizio asettico delle mattanze.

Le guerre e questa guerra sono solo il prodotto delle contese per il dominio dei mercati, per la rendita energetica (petrolio e gas) che si attua con l’esercizio di potenza.

Guerrafondaio è Putin e guerrafondaio è l’occidente, la NATO e il nostro governo!

I costi in questo conflitto di interessi, tra le  potenze, sono pagati come sempre dai lavoratori con una somma di sacrifici economici, privazione  e come sempre  avviene nelle guerre moderne, con la  violenza sulla popolazione inerme.

Per sconfiggere la guerra bisogna sconfiggere chi la alimenta!

La concorrenza e la sete di profitto sono la vera causa e i padroni sono solo lo strumento di un sistema di produzione irrazionale e cinico.

Oggi ogni euro speso per la guerra è un euro sottratto alla sanità e alla vita!

 

economia delle armi:

https://sbilanciamoci.info/le-armi-della-guerra-in-ucraina/

https://ogzero.org/studium/LA-GUERRA-VIENE-CON-LE-ARMI:-LO-SPACCIO-A-FEBBRAIO/

 

 

Redazione
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