“Gli increati” di Antonio Moresco

Schermata 2015-03-18 alle 12.25.13Ho iniziato questa giornata di invasione dicendo “la creatività è collettiva”.
Finisco questa giornata di invasione dicendo “il genio è individuale”.
Ebbene sì, dopo anni di attesa e sofferenza, dopo pagine di annaspo rilette e rilette, dalle fiabe d’amore ai “Canti del Caos”, Antonio Moresco è tornato con “Gli increati”. È tornato, in veste Mondadori, quel colosso che stupisce per lungimiranza, quando pubblica un libro scritto per pochissimi e letto da quasi nessuno (figuriamoci compreso).
Il genio è individualità, perché Gilles Deleuze diceva che: “L’artista è colui che ritorna dal mondo dei morti” e se conoscete Antonio Moresco è chiaro che lui sia uno di quelli che, per un fugace e terribile momento, è passato “di là”, vedendo cose che noi umani…
Lawrence scrisse così: “Gli uomini fabbricano un ombrello che li ripari e sulla sua parte interna disegnano un firmamento e scrivono le loro convenzioni, le loro opinioni. Ma il poeta pratica un taglio nell’ombrello, lacera anche il firmamento per far passare un po’ di caos libero e ventoso.”
Antonio Moresco ha strappato e lacerato il mio ombrello, prima con “I Canti del Caos”, poi con “Gli esordi” (eh sì, li ho letti “a ritroso”), ora si appresta a farlo con la terza parte di questa titanica trilogia, l’unica opera italiana dei nostri giorni che sarà studiata a scuola tra trecento anni (e qui gioco facile perché potrebbe non esserci più nessuno a smentirmi). Ma se volete toccare per un secondo il genio, sentire il “suo” modo di sentire, che è futuro, che è profetico, che guarda al di là delle opinioni, delle convinzioni, delle visioni contemporanee, allora Antonio Moresco avrà la giusta delicatezza per farvi a pezzi, tagliuzzarvi in minuscole fette di carne e pensiero, per rigettarvi nel calderone della vita. Forse più arrabbiati, forse quasi disgustati, ma di certo più consapevoli di cosa sarà di noi. O di cosa non sarà.
Il genio appare una volta ogni trecento anni. Per me, l’ultimo genio è stato Jonathan Swift con i suoi “Viaggi di Gulliver”, libro gioioso e disperato, cinico al punto giusto da vedere come saremmo stati oggi (l’opera è del 1726). Il genio viene esiliato, emarginato, picchiato, rifiutato (proprio come Dante, proprio come Antonio Moresco, se avete letto “Lettere a nessuno” sapete quello di cui sto parlando). Il genio è insopportabilmente avanti rispetto alle nostre piccole quotidianità e io oggi pomeriggio vado a comprare “Gli increati” per farmi fare un po’ a pezzi da Antonio, per farmi sventrare come un ombrello, per attingere un po’ alla visione che lui ha avuto e che, così generosamente, vuole concederci, a costo della sua lucidità, della sua mente, della sua vita.
Questa non è una recensione, è un’ode all’unico grande genio che potremo mai avere la possibilità (e il coraggio) di affrontare. Non conoscere, dico “affrontare”.
Perché conoscere un genio significa inevitabilmente dichiarargli guerra.
E io, già lo so, con “Gli increati” l’ho persa in partenza.

Riccardo DAL FERRO

Un commento

  • Ignazio Sanna

    Grazie Riccardo, la tua non recensione mi invoglia alla lettura. Non ho mai letto Moresco (colpevolmente, potrei aggiungere). Ma il tuo riferimento a Jonathan Swift, che condivido in toto, mi spinge a colmare questa lacuna, che in passato mi sono già ripromesso, finora inutilmente, di colmare. E già che ci sono, complimenti per i racconti che hai pubblicato sulla Bottega del nostro Barbieri

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