L’Occupazione israeliana è fuori legge
Gli Stati e l’Unione Europea devono rendersi conto dell’illegalità dell’occupazione israeliana del Territorio Palestinese.
di Ralph Wilde (ripreso da Invictapalestina.org)
Sei mesi dopo la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che ha stabilito che l’Occupazione Israeliana del Territorio Palestinese è illegale, gli Stati e l’Unione Europea sono ancora in fase di negazione.
Sei mesi fa, il 19 luglio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite all’Aja ha emesso una delle decisioni giudiziarie più significative mai pronunciate nel Diritto Internazionale. Ciò che la ONG palestinese per i diritti umani Al Haq ha definito come il parere consultivo “storico” sulla questione della legalità dell’Occupazione Israeliana della Striscia di Gaza palestinese e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.
Sebbene non sia di per sé una sentenza giuridicamente vincolante, è una determinazione autorevole di cosa significhi il Diritto Internazionale, che è vincolante. La sua sentenza è stata confermata e integrata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) in una Risoluzione del 13 settembre 2024. Ho avuto il privilegio di servire, come consulente legale capo e avvocato, la Lega degli Stati Arabi nel caso, presentando argomentazioni basate sulla mia ricerca accademica.
La Corte Internazionale di Giustizia e l’UNGA hanno adottato le argomentazioni da me avanzate, portando a un profondo cambiamento di approccio rispetto a quello finora adottato dalla maggior parte degli Stati occidentali, dall’Unione Europea e dalle ONG internazionali per i diritti umani. In quello che il Comitato Editoriale del Financial Times ha descritto come un “verdetto schiacciante”, la Corte ha stabilito che la presenza israeliana è illegale non solo nella sua condotta, ma anche nella sua stessa esistenza. È una violazione del diritto legale all’autodeterminazione del popolo palestinese e del divieto legale di annessione tramite l’uso della forza. Di conseguenza, deve terminare il più rapidamente possibile.
A luglio, il Comitato Editoriale del Financial Times ha affermato che “la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia deve imporre una ricalibrazione delle politiche occidentali nei confronti delle violazioni del Diritto Internazionale da parte di Israele nei Territori Palestinesi Occupati”. Sei mesi dopo, molti stati occidentali e l’Unione Europea continuano a comportarsi apparentemente in negazione dell’illegalità esistenziale dell’Occupazione e di cosa ciò significhi per le loro relazioni con Israele.
Come spiego in un recente parere legale di esperti per la ONG palestinese per i diritti umani Al Haq Europe, il carattere fondamentale delle norme legali violate da Israele implica che tutti gli Stati e l’Unione Europea hanno speciali obblighi legali per reprimere e denunciare tali violazioni.
Per quanto riguarda gli obblighi di repressione, gli Stati e l’Unione Europea sono legalmente tenuti a: adottare misure positive, individualmente e collettivamente, per porre fine alla presenza illegale di Israele nei Territori Palestinesi Occupati; non riconoscere questa presenza illegale; e non aiutarla o assisterla.
Devono anche adottare misure contro attori non statali, compresi i propri cittadini, e società e università con sede nelle loro giurisdizioni, per impedire il coinvolgimento in/con Israele che di per sé comporta il riconoscimento e/o l’aiuto/assistenza alla presenza illegale di Israele nei Territori Palestinesi Occupati.
I legami tra la presenza israeliana nei Territori Palestinesi Occupati, da un lato, e Israele dall’altro, in termini di economia, società, esercito, risorse naturali, cultura, istruzione ecc., sono molteplici e inestricabili. Di conseguenza, l’attuazione degli obblighi di repressione richiede agli stati e all’Unione Europea di affrontare Israele come una questione generale.
È impossibile scindere le relazioni con lo Stato israeliano e gli attori pubblici e privati israeliani per identificare questioni distinte in cui il riconoscimento e/o l’aiuto o l’assistenza non finiranno, in un modo o nell’altro, collegati alla presenza israeliana nei Territori Palestinesi. È quindi necessario un embargo generale e totale di Israele.
Ciò significa che l’accordo di associazione dell’Unione Europea con Israele (che copre commercio, investimenti e cooperazione scientifica, tecnologica, economica, audiovisiva, culturale, informativa, comunicativa e sociale) deve essere terminato.
Per quanto riguarda i diritti legali, gli Stati e l’Unione Europea hanno il diritto di caratterizzare pubblicamente l’esistenza della presenza di Israele nei Territori Palestinesi Occupati come illegale e di criticarla pubblicamente come tale. Ciò include uno speciale diritto di “interesse pubblico” a presentare nuovi casi legali internazionali e a partecipare a casi legali esistenti contro Israele, per denunciare queste illegalità, invocando il valore della comunità globale servito dal porre fine a violazioni di questo tipo. Allo stesso modo, possono essere presentati casi contro altri Stati per non aver adempiuto ai propri doveri di reprimere le violazioni di Israele, ad esempio continuando a fornire armi a Israele.
Anche individui e ONG possono presentare denunce contro tali Stati. E denunce contro attori non statali come società e università che collaborano con entità pubbliche e private israeliane in un modo che finisce per riconoscere e/o aiutare o assistere l’Occupazione illegale.
È giunto il momento che tutti gli Stati e l’Unione Europea affrontino il carattere eccezionale delle violazioni di Israele degli obblighi legali fondamentali nel mantenere la propria presenza nei Territori Palestinesi Occupati. E l’eccezionale conseguente dovere legale che hanno di sopprimere questo, e il diritto legale che hanno di denunciare.
Legalmente, non sono spettatori disinteressati, liberi di scegliere se e in che misura affrontare l’illegalità della presenza di Israele. Sono tenuti ad agire e, nel farlo, devono essere esaustivi in ciò che affrontano.
Ralph Wilde è professore di Diritto Internazionale presso l’Istituto Universitario dell’Università di Londra.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org