Glifosato in E-R: prendiamo la questione con serietà
Va immediatamente costituita la anagrafe delle persone esposte a fattori di rischio di linfoma non-Hodgkin
di Vito Totire (*)
Qualche mese fa abbiamo registrato due “note stonate”.
L’assessore regionale alla sanità dell’Emilia-Romagna, Sergio Venturi, lamentava i “costi” quotidiani del trattamento chemioterapico per gruppi di persone malate di Lnh cioè linfoma non-Hodgkin e altre patologie tumorali. Ci era parso un approccio deontologicamente inaccettabile; anche se un assessore deve “far quadrare i conti” occorre evitare di colpevolizzare, magari involontariamente, le persone malate. Contestualmente alcuni organi di stampa notificavano la assenza di dati nelle acque della Regione E-R relative al glifosato: il glifosato è classificato dalla IARC come 2B vale a dire “probabilmente cancerogeno” per l’uomo; sappiamo bene che altre agenzie hanno espresso pareri diversi. Non entriamo, in dettaglio, nel merito di questa contraddizione: si tratta di una questione complessa in cui OMS-FAO (ma la IARC è una articolazione dell’Oms, cioè dell’Organizzazione mondiale della salute) possono aver ragionato su discutibili calcoli costo-beneficio contando eventualmente su una curva dose-risposta, all’erbicida glifosato, non particolarmente “aggressiva”. Ci saranno altre circostanze per approfondire e anzi questa nostra proposta serve anche all’approfondimento.
Vorremmo ricordare tuttavia che anche la Iarc – ovvero International Agency for Research on Cancer – spesso è arrivata in ritardo… Si pensi al rapporto fra amianto e laringe, classificato come cancerogeno 1 nel 2012, quando la evidenza epidemiologica e patogenetica del nesso era già evidentissima, quantomeno dal 1979 (Selikoff): quante sofferenze nel frattempo per le malattie disconosciute in sede medico-legale…
Noi siamo una associazione di volontariato e nel nostro “piccolo” (si fa per dire) archivio abbiamo ben 5 casi recenti di LNH tutti in Romagna. In tre di questi abbiamo individuato il rischio glifosato; in uno per industria chimica; in un altro, il più recente, un rischio prevalentemente da industria chimica con esposizione a glifosato possibile. Sicuramente le Ausl, l’Inail, l’Inps e i patronati sindacali hanno ulteriori dati. Si tratta di casi di malattia che si trascinano anche con grandi difficoltà nei percorsi burocratici per il riconoscimento della eziologia professionale e ogni dato in più che riusciamo a raccogliere può essere utile a ridurre sofferenze, attese, disconoscimenti per persone già provate dalla malattia, benché i trattamenti terapeutici oggi diano a volte risultati discreti o buoni.
Vediamo questa nostra proposta di “anagrafe” come una forma, doverosa, di supporto sociale e psicologico ai malati e come una occasione per rinforzare le politiche di prevenzione. Prevenire è meglio che curare. Bei tempi quando c’era unanimità su questo! Per tacere poi del “principio di precauzione”: una amnesia “politica”?
I dati recentemente diffusi fanno riferimento, in E-R, a riscontri ambientali in senso lato; occorrerà monitorare immediatamente il riverbero fra questi dati ambientali e l’acqua che sgorga dai rubinetti. E infatti riteniamo che all’anagrafe di tipo lavorativo occorra associare una meticolosa ricerca retroattiva, nei casi di malattia, anche delle esposizioni non occupazionali.
Bologna, 2.9.2016
(*) Vito Totire è medico del lavoro/psichiatra, referente dell’AEA, cioè Associazione esposti amianto. La vignetta è di Mauro Biani. A proposito di glifosarto cfr in bottega L’Italia vieta il glifosato ma il resto d’Europa è meno virtuoso di Marina Forti (db)