Guatemala: ancora terra bruciata nel paese dei maya. Per colpa delle dighe

di David Lifodi

cahaboncaal

 

In Guatemala, da almeno dieci anni, è in corso di programmazione un piano energetico che punta tutto sull’energia prodotta dalle centrali idroelettriche che beneficiano soltanto i gruppi di potere locali e quelli legati alle multinazionali.

Uno di questi è legato all’impresa spagnola Cobra-ACS, il cui proprietario  è Florentino Pérez, noto soprattutto per essere il presidente del Real Madrid. Cobra-ACS ha cominciato a costruire il suo progetto idroelettrico in pieno territorio indigeno, sul fiume Cahabón, senza alcuna consultazione delle comunità locali. Secondo la ong Alianza por la Solidaridad, il letto del fiume è notevolmente diminuito, mettendo in grande difficoltà gli indios quekchís, costretti a vivere senza servizi basici, quali l’acqua potabile e l’energia elettrica. Inoltre, la biodiversità è praticamente sparita, sostiene il collettivo Madreselva, impegnato a sostenere i diritti ambientali e delle comunità indigene. Il progetto Renace, questo il nome della grande opera idroelettrica di Cobra-ACS, serve per dividere gli indios: l’impresa promette loro di costruire nuove strade o garantisce nuovi posti di lavoro, ma in realtà si tratta di impieghi mal remunerati e poco più che stagionali. Gli indigeni che accettano di lavorare per Cobra-ACS lo fanno per un salario corrispondente a meno di 100 euro per non più di quindici giorni di lavoro. L’impresa di Florentino Pérez ha sempre rifiutato di rilasciare qualsiasi dichiarazione in proposito.

In realtà i primi tentativi di privatizzare il settore elettrico in Guatemala risalgono al governo militare del generale Óscar Humberto Mejía Víctores, nel 1986, per poi proseguire sotto la presidenza civile di Vinicio Cerezo nella seconda metà degli anni Ottanta, quando la Banca mondiale cominciò a fiutare l’affare dietro la privatizzazione delle imprese pubbliche in accordo con il Comité Coordinador de Asociaciones Agrícolas, Comerciales, Industriales y Financieras (Cacif) fino a quando, nel 1991, fu varata una Legge generale di privatizzazione sotto il governo di Jorge Serrano Elías. Dietro al progetto Renace, oltre a Cobra-ACs, sta la Corporación Multi Inversiones (Cm), per la quale lavora l’impresa spagnola. Il nome Renace è l’acronimo di Recursos Naturales y Celulosa e i vertici di Cm puntano su questo progetto idroelettrico fin dai primi anni Novanta. Cobra-ACS fa parte del consorzio internazionale Actividades de Construcción  y Servicios, un’idra dalle mille teste che, tramite Corporación Multi Inversiones, ha permesso anche il consolidamento della nostra Enel in Guatemala fin dagli anni Novanta. Non a caso, Enel Green Power opera in Guatemala sotto il nome di Enel Guatemala S.A., fondata nel 1999 sotto il nome di Conexión Energética Centroamericana. Attualmente, Enel ha diversi progetti idroelettrici nel dipartimento di Baja Verapaz, dove maggiore è la presenza degli indigeni maya. Enel Guatemala ha svolto un ruolo fondamentale nella costruzione della centrale idroelettrica di Santa Teresa, nella regione del Polochic, tramite l’impresa Agropolochic, che fa parte di Corporación Multi Inversiones. Inoltre, Enel figura tra le multinazionali che hanno dato impulso ai progetti idroelettrici Palo Viejo I e II, nel municipio di San Juan Cotzal, dipartimento del Quiché, punta a costruire le dighe Bella Vista I e II sul fiume Jute, tra i municipi di Chajul e Uspantán, mentre nella zona di Quetzaltenango è proprietaria delle centrali di Monte Cristo e El Canadá. In tutti questi progetti idroelettrici le comunità indigene sono state messe ai margini, non consultate e, ogni volta che hanno provato ad opporsi, sono state represse duramente.

La proliferazione delle centrali idroelettriche in Guatemala è tale che nemmeno le banche potevano restarvi fuori e così quattro tra i principali istituti di credito del paese hanno partecipato al progetto Jaguar Energy, dedicato alla generazione di energia elettrica tramite il carbone. Dietro Jaguar Energy sta la multinazionale statunitense Ashmore Energy International Ltd. Il finanziamento del progetto proviene da banche commerciali e organismi multilaterali di Stati Uniti, Costarica, Guatemala (Banco Agrícola Mercantil de Guatemala, Banco Reformador e Banco Centramericano de Integración Economica), Panama (Banco General de Panamá e Hsbc Panamá) e Colombia (Bi Bancolombia), ma hanno partecipato economicamente anche il Fondo de Capital Privado Banca de Inversión e Biba Inversiones de Capital, entrambi amministrati da Bancolombia. Jaguar Energy, come gli altri progetti idroelettrici, ufficialmente è giustificato dalla crescente domanda di elettricità del paese, ma non si dice che un maggiore fabbisogno energetico dipende dall’agronegozio e dall’industria estrattiva. Del resto il carbone, ritenuto la materia prima di generazione elettrica più inquinante del mondo, sarà importato da Colombia, Stati Uniti e Canada e, una debole legislazione in proposito, ha favorito l’ok al progetto Jaguar Energy da parte del governo e del ministero dell’Ambiente e delle risorse rinnovabili del Guatemala.

La distruzione del paese centroamericano, nelle mani di governanti senza scrupoli e gestito, a livello economico, da fondi di investimento avvoltoi, gli stessi che minacciano di planare di nuovo sull’Argentina, fanno intravedere un futuro nerissimo per la terra dei maya che, nonostante la loro ferma opposizione (i conflitti sociali sono decine in tutto il paese), non sono molto lontani dalla repressione spietata contro di loro applicata negli anni Ottanta. Tramite la costruzione di nuove dighe c’è il rischio di una nuova operazione tierra arrasada.

 

Questo articolo è la terza puntata di un dossier sulla costruzione delle dighe in America Centrale e in America Latina che nelle prossime settimane caratterizzerà la “Finestra latinoamericana” per raccontare quali sono gli interessi delle transnazionali e dei governi in quello che sta diventando uno dei principali business del continente latinoamericano.

Nella prima puntata: “Panama: dighe nel cuore della terra degli indigeni Ngäbe-Buglé”

Nella seconda puntata: “Lo scempio delle dighe in Mesoamerica”

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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