Guatemala: la resistenza indigena contro cemento e repressione

di David Lifodi

Lo stretto legame tra l’impresa Cementera Progreso e il presidente guatemalteco Otto Pérez Molina è stata definita “alleanza del terrore”. Cementera Progreso, fondata alla fine dell’Ottocento da immigrati italiani, si è trasformata nell’ennesimo cavallo di troia dello stato guatemalteco per reprimere le comunità indigene: la costruzione di una fabbrica di cemento nella regione di Sacatepéquez (nel centro del paese), necessaria per la costruzione di un’autostrada, ha già creato numerosi problemi alle circa trentamila famiglie dell’etnia katchiquel. La Comisión Verificadora de Derechos Humanos, che lo scorso autunno ha percorso l’intera regione soffermandosi nella città di San Juan Sacatepéquez, ha certificato, una volta di più, la repressione di Otto Pérez Molina e del suo Partido Patriota nei confronti delle comunità.

L’etnia katchiquel, composta da dodici comunità, vive nelle montagne in condizioni di estrema povertà: la presenza militare ha cinto d’assedio l’intera regione grazie al connubio Molina-Cementera Progreso (di proprietà della famiglia Novela-Torrebiarte): più volte, ha denunciato il Comité de Unidad Campesina (Cuc), i militari hanno fatto irruzione nel territorio abitato dalle comunità in resistenza, che si opponevano alla costruzione della cementera, nonostante gli indigeni già nel 2007 avessero espresso il loro rifiuto attraverso la “Consulta comunitaria de buena fe” basata sul “Convenio 169 sobre Pueblos Indígenas y Tribales en Países Independientes”, che sancisce l’obbligo della previa consultazione dei popoli indigeni. Il referendum comunitario, che si tenne il 13 maggio 2007 grazie all’aiuto dei Consejos Comunitarios de Desarrollo, si concluse con 8994 voti contrari alla Cementera Progreso e solo 4 a favore. Nel luglio 2013 fu celebrata la costruzione della fabbrica con un investimento di circa 720 milioni di dollari tra le proteste dei movimenti sociali: all’evento parteciparono ministri, il presidente Molina ed esponenti di primo piano delle imprese private. Addirittura, Cementera Progreso promise che avrebbe sviluppato un programma di riforestazione dell’intera zona e piani di sviluppo a livello municipale tramite il coinvolgimento delle comunità locali. Come al solito, la grande opera fu presentata anche come un’opportunità dal punto di vista lavorativo per risollevare l’economia in una zona fortemente depressa. In realtà, la coltivazione dei fiori, il principale mezzo di sostentamento della popolazione, è stata fortemente danneggiata dall’arrivo dell’impresa, mentre le terre indigene comunitarie sono state occupate dall’esercito. Le proclamazioni dello stato d’assedio non si contano più, una specialità in cui Pérez Molina è molto esperto. L’attuale presidente del paese non solo ha svolto un ruolo di primo piano nei governi militari che negli anni ’80 sterminarono gli indigeni maya (vedi il genocida Efraín Ríos Montt, condannato a 80 anni di carcere prima che la Corte Costituzionale, con una sentenza scandalosa, decidesse che il processo doveva ripartire da zero), ma nel giugno 2012 ha addirittura inaugurato la brigata militare intitolata ad Hèctor Alejandro Gramajo, l’ideologo della Estrategia de Estabilidad Nacional da cui derivò il genocidio degli indigeni. L’installazione della Cementera Progreso era stata caratterizzata da una serie di operazioni di limpieza social già durante i mandati presidenziali precedenti a quello di Otto Pérez Molina. Nel 2007, durante la presidenza di Oscar Berger (Gran Alianza Nacional-Gana), era ministra de gobernación Adela Camacho de Torrebiarte, moglie di Luis Pedro Torrebiarte, zio di quel José Miguel Torrebiarte Novella presidente dell’impresa di cemento. Era più che evidente che il governo tutelasse la Cementera Progreso, così come avrebbe fatto anche il successivo presidente del paese, Álvaro Colom, del partito Unidad de la Esperanza (Une), in teoria di centrosinistra. Sotto Colom furono spiccati ben cinquanta ordini di cattura nei confronti dei leader della resistenza indigena, mentre la lista delle violazioni dei diritti umani si allungava quotidianamente. Del resto, anche in questo caso non c’è da stupirsi: Cementera Progreso aveva finanziato la campagna elettorale della Une e dello stesso Colom alla presidenza del paese. Sotto Otto Pérez Molina (conosciuto con il sinistro soprannome di “Mano dura”), la situazione delle comunità indigene in lotta contro l’impresa è ulteriormente peggiorata: non solo la repressione è stata condotta dalle brigate militari, ma si è cercato di mistificare la realtà e dividere le comunità indigene. Il sabotaggio di un veicolo della Cementera Progreso è stato attribuito agli indigeni, e il governo ha cercato di far passare l’idea che fossero soltanto tre su dodici le comunità dell’etnia katchiquel contrarie all’impresa. In questo senso, il governo ha cercato di servirsi della delazione operata da alcune famiglie cooptate dalla Cementera affinché segnalassero all’esercito coloro che erano contrari alla presenza dell’impresa in territorio indigeno: pare che, sempre queste stesse famiglie, abbiano contattato dei sicari per reprimere le proteste delle comunità in resistenza. Attualmente, l’impresa non è solo responsabile della repressione condotta dall’esercito contro le comunità, come avveniva nel corso degli anni ’80. La polvere della cementera contamina le coltivazioni tramite l’emissione di polvere, fatto a cui impresa e governo hanno cercato di porre rimedio tramite l’elargizione delle cosiddette bolsas solidarias, delle borse contenenti cibo distribuite ai piccoli agricoltori e ai contadini come gesto riparatrice: in molti hanno rifiutato l’elemosina governativa, sostenendo che è il lavoro a fortificare la loro dignità. L’ultimo affronto lo scorso 23 ottobre, quando una marcia di circa quindicimila donne indigene ha provato a smuovere il governo per ottenere una risposta che sbloccasse l’impasse. Le donne non sono state neanche ricevute, mentre abitazioni e coltivazioni continuano ad essere distrutte in nome dell’autostrada che sarà costruita grazie alla Cementera Progreso: per adesso le comunità indigene non hanno nemmeno ricevuto un indennizzo per l’espropriazione arbitraria delle terre.

Eppure, sostengono gli indigeni, el presidente no come cemento, come lo que produce la madre naturaleza: impossibile dar loro torto.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *