Guatemala: sfruttamento petrolifero intensivo

di David Lifodi

Lo sfruttamento del petrolio rappresenta l’ultima frontiera della depredazione del sottosuolo guatemalteco dopo l’estrazione di oro, argento, zinco e altri minerali ad opera delle grandi imprese nazionali e transnazionali. Perenco Guatemala Limited ha deciso di puntare sull’estrazione petrolifera nel Parque Nacional Laguna del Tigre: lo sfruttamento di intere comunità ridotte in schiavitù e un impatto ambientale disastroso vengono in secondo piano.

È così che, dal 2001, la filiale guatemalteca della francese Perenco si installa nel parco acquistando il contratto da Basic Resources, impresa fondata nel 1968 da John D. Park, petroliere a cui si deve la regolazione del Código Petrolero guatemalteco a seguito del colpo di stato che aveva rovesciato il presidente Jacobo Arbenz nel 1954. John D. Park non era un imprenditore qualsiasi, ma faceva gli interessi della famiglia Rockefeller, proprietaria di quella Standard Oil oggi conosciuta come Exxon. Basic Resources iniziò le sue attività di estrazione petrolifera negli anni Settanta, ma fu nel decennio successivo, grazie all’interessamento del presidente Lucas García, uno dei tanti macellai alla guida del paese, che l’impresa aumentò il suo potere. Il generale rimase al potere dal 1978 al 1982: fu in quegli anni che ebbe inizio la persecuzione e poi la politica di sterminio delle comunità maya, poi proseguita da Ríos Montt, che elaborò un vero e proprio piano di genocidio. Perenco Guatemala Limited acquistò nel 2001 i diritti di sfruttamento da Basic Resources alla scadenza del contratto 2-85, che garantiva lo sfruttamento petrolifero a quest’ultima per un periodo di 25 anni, secondo quanto sancito dal governo del generale Oscar Humberto Mejía Víctores, al potere dal 1983 al 1985. Durante la presidenza di Álvaro Colom, Perenco ha ottenuto il prolungamento del contratto e l’espansione della concessione per lo sfruttamento petrolifero nel territorio del Parque Nacional Laguna del Tigre. Se lo sfruttamento petrolifero fosse terminato nel 2010 non ci sarebbe stata alcuna sollevazione sociale, ma fu la proroga concessa da Colom, che pure aveva qualche vaghissima tinta di centrosinistra, a scatenare la rivolta. La Ley del Fondo para el Desarrollo Económico de la Nación fu uno dei primi atti, assai discussi, della presidenza Colom, che in pratica finì con il concedere la proroga dello sfruttamento petrolifero. Nel marzo 2010 il contratto firmato dall’allora ministro dell’Energia e delle Miniere Carlos Meany e Perenco Guatemala Limited avvenne nonostante il rifiuto delle cinquantatre comunità del dipartimento del Petén, dove si trova il Parque Nacional Laguna del Tigre. Fu un altro ministro di Colom, Luis Ferraté, che aveva la delega all’ambiente e alla risorse naturali, a denunciare l’illegalità della proroga, evidenziando come i funzionari governativi inviati a ratificare l’accordo avessero agito non nell’interesse dello stato, ma ad esclusivo vantaggio della transnazionale francese e della sua filiale guatemalteca. Attualmente, l’estrazione petrolifera nel Parque Nacional Laguna del Tigre ha causato la contaminazione dell’aria e del suolo, provocato la deforestazione a causa del taglio degli alberi dovuto all’edificazione dei pozzi, la costruzione di nuove strade funzionali agli oleodotti che hanno stravolto il tessuto sociale e naturale della zona. Inoltre, la presenza di Perenco è stata funzionale al governo per la militarizzazione del territorio, la violazione del diritto alla libera circolazione delle persone e la limitazione della libertà di riunione. Ufficialmente, la militarizzazione e il controllo sociale del territorio sono state giustificate da tutti i governi, non ultimo quello dell’inquietante Otto Pérez Molina, di tendenze apertamente fasciste, come necessarie per combattere il narcotraffico, ma in realtà il vero compito dei militari è quello di fare buona guardia sui territori dove si trovano le risorse naturali a cui è interessato il grande capitale transnazionale. È in questo contesto che, per recuperare la governabilità del Parque Nacional Laguna del Tigre, lo stato ha denunciato ben 37 comunità indigene ribelli, che si erano opposte all’estrazione petrolifera nel parco nel segno della crociata petrolifero-mineraria imposta spesso con le cattive al paese. Le transazionali non potevano chiedere di meglio: alti guadagni, rischi zero, protezione dello Stato ed una legislazione così favorevole da sembrare poco più di una barzelletta. Questo è il Guatemala di oggi, ma nel 1996, con l’arrivo alla presidenza di Álvaro Arzú, l’estrazione mineraria aveva assunto un’importanza fondamentale nello sviluppo del paese. Arzú, noto ai più per aver stipulato gli accordi di pace con la guerriglia dopo 36 anni di conflitto armato, trasformò miniere e idrocarburi, fino ad allora due settori marginali dell’economia guatemalteca, negli aspetti fondamentali dei piani di sviluppo economico. La pace servì alle multinazionali per approfittare di un contesto sociale non più belligerante ed appropriarsi delle ricchezze del sottosuolo: quello fu l’inizio del modello di sviluppo economico in chiave neoliberista, poi sviluppatosi in pieno con il trattato di libero commercio firmato con gli Stati Uniti nel 2005 e il Plan Puebla-Panamá.

La perdita del diritto alla terra e la violazione della sovranità territoriale rappresentano due tratti che contraddistinguono, in negativo, il Guatemala attuale: la vita delle comunità indigene e contadine è nelle mani dei sacerdoti della finanza mondiale, che certo non si preoccupano della contaminazione dell’aria e dell’acqua causata dall’estrazione petrolifera e mineraria. Nel 2006 le ripetute denunce del collettivo Madre Selva e dell’attivista italiano Flaviano Bianchini costrinsero quest’ultimo a tornare in Italia a seguito delle minacce ricevute. A fianco delle comunità in lotta resiste il vescovo Álvaro Ramazzini, ma la battaglia è impari, e il governo si preoccupa solo di tutelare i desiderata delle multinazionali.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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