Guerra agli ulivi/2

di Alexik (*)

[A questo link il capitolo precedente.]

Vennero con le ruspe.
Vennero con le divise ed una carta in mano: l’ingiunzione di abbattimento, in nome della Legge, dell’Europa e della Scienza. In nome di analisi condotte di nascosto e mai mostrate ai proprietari.
Era il 13 aprile 2015 quando il primo ulivo secolare di Oria (BR), marchiato come infetto, cadde a pezzi sotto le motoseghe.
Intorno contadini in protesta e solidali, che per qualche ora, assediando le ruspe, erano riusciti a fermarle.

Triste epilogo della gestione Vendola del governo regionale, inaugurata con la legge a protezione degli ulivi monumentali e conclusa con i loro abbattimenti. Lo stesso Servizio Fitosanitario Regionale, che avrebbe dovuto difendere i patriarchi, contribuiva invece a condannarli.

Tre mesi prima il Consiglio dei Ministri aveva decretato lo stato di emergenza “in conseguenza della diffusione nel territorio nella Regione Puglia del batterio patogeno da quarantena Xylella Fastidiosa”1.
Non era una novità nel paese dell’emergenza permanente.
Il nemico: un microorganismo trasportato da un insetto (Philaenus spumaris), bandito dall’Unione Europea, ed accusato di essere l’unico responsabile del disseccamento rapido che da anni sta bruciando gli uliveti dell’agro leccese e brindisino.
Un nemico da annientare tramite irrorazione massiva di veleni contro gli insetti vettori, e tramite gli abbattimenti di massa delle piante, in un cortocircuito logico dove per ‘salvare gli ulivi’ bisogna distruggerli e distruggere gli equilibri del loro ecosistema.

Ma forse salvare gli ulivi della tradizione salentina dal disseccamento rapido non era nel novero degli obiettivi di una vasta serie di soggetti.

Il complesso del disseccamento rapido dell’ulivo (CoDiRO) è una fitopatologia che porta la complessità già scritta nel suo nome.
Di tale complessità la scienza sembrava aver preso atto nei primi anni di sviluppo della malattia, considerandola il frutto dell’attacco di una serie di patogeni in connessione fra loro, in un contesto di abbassamento delle difese immunitarie delle piante, degrado dei terreni e inquinamento da pesticidi.
Numerose analisi rilevavano sulle piante malate non solo la presenza sporadica di Xylella Fastidiosa, ma spesso l’esistenza di funghi lignicoli (principalmente Phaeoacrenium e Phaeomoniella) capaci di impedire la circolazione linfatica, oltre ai canali delle larve del rodilegno (Zeuzera pyrina), che aprono la strada alle infezioni fungine. Questo suggeriva che il batterio da quarantena non fosse l’unico responsabile della patologia.
Una multiformità dei patogeni veniva riscontrata dell’Osservatorio Fitosanitario Regionale, dai ricercatori dell’Università di Foggia, dall’Università e dal CNR di Bari, dalla Rete di Laboratori Pubblici di Ricerca SELGE.2
Pietro Perrino, già Direttore dell’Istituto del Germoplasma del CNR di Bari, poneva in correlazione il largo uso del glifosato, utilizzato per decenni per diserbare gli uliveti, con la maggiore vulnerabilità delle piante, l’impoverimento dei suoli, la distruzione dell’equilibrio microbiologico, la virulenza delle infezione fungine.3
Cristos Xiloyannis, docente dell’Università della Basilicata, dimostrava l’importanza di rafforzare le difese immunitarie degli ulivi nutrendoli, ripristinando lo strato di sostanza organica distrutto da decenni di gestione chimica dei suoli.4

Interventi antitetici a quelli imposti dalla Commissione Europea, il cui obiettivo dichiarato è sempre stato esclusivamente rivolto alla ‘eradicazione’ (il virgolettato è d’obbligo, viste le scarse possibilità di eradicarlo davvero) del batterio da quarantena, anche con dosi massiccie di chimica, e non alla diagnosi delle cause complesse del CoDiRO ed alle cure, soprattutto se condotte con metodiche in conflitto col mercato dei pesticidi.

E’ tipico della mentalità tecnocratica identificare un obiettivo ristretto, avulso dal suo contesto, da perseguire senza porsi il problema se le metodologie utilizzate abbiano o meno delle conseguenze devastanti.

E’ il caso della Decisione di esecuzione UE 2015/789 che imponeva di rimuovere, nel raggio di 100 m. da ogni pianta ritenuta infetta da Xylella, tutte le piante potenzialmente ospiti del patogeno, indipendentemente dal loro stato di salute.
In pratica, ordinava di creare più di tre ettari di deserto attorno ad ogni singolo ulivo risultato positivo alle analisi.
Misura devastante e dai dubbi risultati in termini di efficacia, se l’obiettivo dichiarato era quello di eradicare il batterio.
Erano infatti noti i fallimenti a livello mondiale di tutti i tentativi di eliminare la Xylella attraverso la distruzione delle piante, così elencati dall’ European Food Safety Authority (EFSA):

I tentativi di eliminare X. fastidiosa sono stati fatti in tutto il mondo, inclusa l’eradicazione della clorosi variegata di agrumi in Brasile e della malattia di Pierce sull’uva nel centro di Taiwan. Nonostante questi tentativi, la percentuale di piante infette in Brasile è aumentata dal 15,7 % del 1994 al 34% del 1996 e, secondo recenti indagini, circa il 40% delle 200 milioni di piante di arance dolci a São Paulo sono infettate da X. Fastidiosa.
A Taiwan, la malattia persiste, nonostante la rimozione tempestiva di migliaia di vitigni colpiti dalla malattia di Pierce dalla scoperta della malattia nel 2002. In California, la malattia di Pierce è endemica. Purcell osserva che “Nonostante questa eradicazione di vitigni in diverse località che hanno coinvolto piani di grandi dimensioni per più anni, non c’era alcuna prova che lo sforzo di rimozione avesse alcun vantaggio misurabile
“.

Di questi fallimenti la Commissione Europea ne era ben consapevole, dato che l’EFSA è la sua consulente scientifica sulla Xylella, ma l’inutilità delle devastazioni auspicate non è servita a farle cambiare idea, visto che l’Italia è sotto procedura d’infrazione per non aver abbattuto abbastanza.

Per dirla con Pietro Perrino : “leggendo le direttive e le decisioni della C.E. si ha la percezione che esse fissino prima l’obiettivo che vogliono raggiungere (abbattimento delle piante d’olivo) e poi costruiscano artatamente il percorso per raggiungerlo.”

Tutti i provvedimenti normativi europei, nazionali e regionali sull’emergenza Xylella nel Salento, prevedevano inoltre ulteriori misure a forte impatto ambientale, quali l’irrorazione a tappeto di insetticidi per lo sterminio del Philaenus spumarius, l’insetto vettore.
In proposito l’EFSA avvertiva:

L’uso intensivo del trattamento con insetticidi per limitare la trasmissione delle malattie e il controllo del vettore degli insetti può avere conseguenze dirette e indirette per l’ambiente modificando intere reti alimentari con conseguenze cascate e quindi interessando diversi livelli trofici. Ad esempio, l’impatto indiretto dei pesticidi sull’impollinazione è attualmente una questione di grave preoccupazione. Inoltre, i trattamenti su larga scala di insetticidi rappresentano anche rischi per la salute umana e animale.”

Eppure l’uso a tappeto di insetticidi veniva imposto agli agricoltori, con tanto di controllo delle fatture di acquisto5.

La Regione Puglia consigliava in particolare l’uso di:

Clorpirifos, riconosciuto anche dal nostro Ministero della Salute come interferente endocrino con gravi effetti sui feti e sui bambini.
Dimetoato, neurotossico. Nocivo per l’uomo per ingestione, inalazione e per contatto con la pelle.
Piretroidi, neurotossici. Non sono insetticidi selettivi, eliminano tutti gli insetti nell’area di irrorazione.
Etofenprox, tossico per le api e altri insetti non target.
Imidacloprid, neonicotinoide. Sospetto responsabile della moria delle api del 2008-2009, e delle morie di insettivori.
Buprofezin, irritante.

Un avvelenamento di massa, un danno ambientale con conseguenze imprevedibili. (Continua)

(*) Tratto da Carmilla on line.

Note:

  1. Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2015: dichiarazione dello stato di emergenza per la diffusione del batterio Xylella fastidiosa in Puglia, 10 febbraio 2015.
  2. Nota del 15/10/2013 n. 16/2013 del CRN – Istituto di Virologia vegetale di Bari, Università degli Studi di Bari- Dipartimento di Scienze del Suolo della Pianta e degli Alimenti e Selge – Rete di Laboratori Pubblici di Ricerca.
    Antonia Carlucci, F. Lops, F. Cibelli, M. L. Raimondo (2015). Phaeoacremonium species associated with olive wilt and decline in southern Italy. Eur. J. Plant Pathol (2015)141:717–729 DOI 10.1007/s10658-014-0573-8.
    A. Guario, F. Nigro, D. Boscia, M. Saponari, Disseccamento rapido dell’olivo. Cause e misure di contenimento, in “Informatore Agrario”, n. 46, 2013, pp. 51/54.
    Nigro F., Boscia D., Antelmi I., Ipp olito A. (2013), Fungal species associated with a severe decline of olive in southern Italy. Journal of Plant Pathology, 95, 668.
    Nigro F., Antelmi I., Ippolito A. (2014),  Identification and characterization of fungal species associated with the quick decline of olive. Proceedings International Symposium of the European Outbreak of Xylella fastidiosa in Olive. Gallipoli-Locorotondo, Italy, 29.
  3. Pietro Perrino, Xylella? Le vere cause del CoDiRO sono glifosato, veleni e criticità di sistema, ‘Il Foglietto’, 22 luglio 2015.
  4. Cure sostenibili contro Xylella, il metodo Xiloyannis fa il giro d’Italia, Telerama news, 29 maggio 2015.
  5. D.M. 2777/2014 – Misure fitosanitarie obbligatorie per il contenimento delle infezioni di Xylella fastidiosa da attuare nella zona infetta. Regione Puglia, Determinazione del Dirigente Ufficio Osservatorio Fitosanitario, 6 febbraio 2015, n. 10.
alexik

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