Guerra e guerre….

… alla 31esima edizione del «Festival dei popoli» a Badia Polesine, dal 6 al 14 luglio. Il programma e alcune riflessioni a 100 anni dal primo «macello» mondiale

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Domenica 6 luglio
«VIZI IN VIRTÙ»
Spettacolo di teatro danza Compagnia TREpieds
Coreografia e interpreti: Thierry Parmentier, Valentina Motteran, Laura Chemello
Costumi e scenografie curate da Thierry Parmentier
Produzione video: Valentina Motteran – videoìnmov

LUNEDÌ 7 luglio
«Lasciatemi nascere in Pace»
due ostetriche testimoni della nascita in un Paese in guerra
conversazione con Paola Busilacchio e Elisa Angilella
di EMERGENCY (Centro di maternità di Anabah in Afghanistan)

MARTEDÌ 8 luglio
«LA GUERRA E LA POLITICA AMMAZZANO LA VERITÀ QUASI SEMPRE»
Conversazione con Mimmo Candito, giornalista
Presidente italiano dell’Ong «Reporters sans frontieres»

MERCOLEDÌ 9 luglio
«Un clima di guerra. La crisi ecologica e i nuovi conflitti ambientali»
conversazione con Marco Deriu, sociologo

GIOVEDÌ 10 luglio
Serata cinema “MURI”
visione del documentario «L’autre côté du mur» di Denis Véricel, 2011
a cura dell’Associazione CINEGAP di Rovigo
Intervento di Carlo Zagato, cooperativa sociale «Porto Alegre» di Rovigo

VENERDÌ 11 luglio
«SOLUZIONE O COMPLICAZIONE DEI CONFLITTI»
conversazione con don Albino Bizzotto
presidente dell’associazione «Beati i Costruttori di Pace»

SABATO 12 luglio
«UN VERSO IN TRINCEA»
Spettacolo teatrale di e con Andrea Dellai
Glossa Teatro – Monticello Conte Otto (VI)

DOMENICA 13 luglio
«DORMI SEPOLTO IN UN CAMPO DI GRANO…»
Concerto musicale del gruppo “La Cattiva Strada”
Chiostro dell’Abbazia della Vangadizza
Intervento di Gianni Tognoni, segretario generale del Tribunale permanente dei popoli

LUNEDÌ 14 luglio
POST FESTIVAL: «RE-INVENTANDO BADIA»
a cura della rete di associazioni creata attraverso il progetto «farHe»

Associazione onlus
Centro Documentazione Polesano
Via San Rocco n. 32
45021 Badia Polesine (RO)

CENT’ANNI FA E OGGI
«Il 1° agosto 1914 iniziava la Grande Guerra. Forse nessun la voleva, ma nessuno seppe evitarla. Non fu inevitabile per fatalità, ma non esplose neppure per caso, anche se il caso ebbe la sua parte. Fu decisa da uomini che avevano il potere di scegliere fra la pace e la guerra. E scelsero la guerra». Così Emilio Gentile in «Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo» (Laterza 2014).
Una tragedia superflua, dunque, troppo grave perché se ne possa accettare la fatalità, intuendo che potesse non essere.
Come nasce una guerra? Chi la vuole?
E coloro che la vogliono per “validi interessi” hanno un’idea di come condurla e condizionarla verso i propri fini? Si chiedono cosa lascia la distruzione, il prezzo perseguito senza scrupolo?
E chi non la vuole ha strumenti per impedirla, per formulare motivazioni con cui patteggiare il non combattere e far valere le ragioni di interesse generale?
Le guerre, la violenza assoluta prodotta dagli uomini, possono essere il frutto dell’ottusità di minoranze che gestiscono il potere senza lungimiranza?
E possono essere l’effetto involontario di accidenti storici?
E possono essere pretesti indecenti per conseguire interessi particolari?
Le guerre sono uguali e diverse, variano per genesi e anche per i costumi con cui si intrecciano; durante le guerre si nasce, non solo si muore, e accade anche di morire proprio quando si crede vicino l’aiuto di chi potrebbe darlo.
A cento anni da una tragedia “per caso” il Festival dei Popoli cerca di sollecitare qualche spunto di riflessione e qualche emozione per non soffermarsi sulla commemorazione.
Le alleanze strategiche seguite alla seconda guerra mondiale hanno preservato la pace in Europa, ma non hanno promosso una gestione solidale delle risorse umane, economiche e scientifiche, lasciando che giochi di forza determinassero fratture e divari fra i popoli, fra le nazioni, fra le persone. Le città di oggi, lungi dall’evocare il cosmopolitismo come valore, nei loro spazi disgregati sembrano rappresentare una società poco connessa dove la promiscuità non è vicinanza.

«… Esistono per te come per me…
Il sole, la luna, le stelle, le pietre delle case piene di storie meravigliose,
la vita che brulica sulle sponde di un fosso a primavera,
la rugiada che brilla sulle foglie verdi, i colori delle stagioni,
il cielo nel quale naviga la fantasia…»… Così Giovannino Guareschi

«La società attuale somiglia a un’immensa macchina che risucchi incessantemente degli uomini, e di cui nessuno conosca i comandi; e coloro che si sacrificano per il progresso sociale sono come persone che si aggrappano agli ingranaggi e alle cinghie di trasmissione per cercare di fermare la macchina, facendosi stritolare a loro volta. Ma l’impotenza in cui ci si trova a un certo punto, impotenza che non è mai da ritenere definitiva, non dispensa dal restare fedeli a se stessi, né giustifica la capitolazione davanti al nemico, indipendentemente dalla maschera che assume. E di qualunque nome esso si fregi – fascismo, democrazia o dittatura del proletariato –, il nemico principale resta l’apparato amministrativo, poliziesco e militare; non quello che ci fronteggia, e che è nostro nemico solo in quanto lo è dei nostri fratelli, ma quello che si dice nostro difensore e fa di noi i suoi schiavi. In qualunque circostanza, il peggior tradimento possibile consiste sempre nell’accettare di sottomettersi a questo apparato e, per servirlo, di calpestare in sé come negli altri tutti i valori umani. […]»: così Simone Weil

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