Guerra senza fine?

articoli di Noam Chomsky, Luciano Canfora, Alessandro Robecchi, Disarmisti esigenti, Sandro Curatolo, Salvatore Palidda, Benedetta Piola Caselli, Avvocato di strada, Maurizio Acerbo, Antonio Tricarico, Stefano Galieni, Manifesta, Gianni Lixi, Vittorio Di Giuseppe, Pino Cabras, F. William Engdahl, Michele Bollino, Roberto Lovattini, Benito d’Ippolito, Stefano Fassina, Peace Brigades International, Comidad, Francesco Masala, Bob Dylan, Andrea Masala, Edoardo Sanguineti, Aldo Zanchetta, Riccardo Gianola, Mauro Biglino, Branko Marcetic, Vincenzo Costa, Edoardo Bennato e Franco Cardini

Finché c’è guerra c’è speranza? e per chi? – Francesco Masala

cosa possiamo sperare, in Italia, se i padri (ig)nobili di un partito al governo – partito che ha lo stesso nome di quello della guerrafondaia Hillary Clinton – sono a libro paga di una delle più grandi imprese europee che fa i soldi con le guerre?

ultimo arrivo: leggi qui

possiamo pensare che siano impegnati a promuovere la pace?

possiamo pensare che siano interessati alla vita dei poveri ucraini, se finché c’é guerra c’é speranza di fare ancora più soldi?

canta un premio Nobel (*):

Lasciate che vi faccia una domanda
il vostro denaro è così potente
che pensate potrà comprarvi il perdono?

Io penso che scoprirete
quando la morte chiederà il suo pedaggio
che tutto il denaro che avete fatto
non riscatterà la vostra anima

E spero che voi moriate
spero che la vostra morte arriverà presto
seguirò la vostra bara
nel pomeriggio opaco
veglierò mentre siete sepolti
sotto il vostro letto di morte
e resterò sulla vostra tomba
finché sarò sicuro che siete morti.

 

 

Intervista a Noam Chomsky: i colloqui di pace in Ucraina “non andranno da nessuna parte” se gli Stati Uniti continuano a rifiutarsi di aderire

Mentre la Russia intensifica il suo assalto all’Ucraina e le sue forze avanzano su Kiev, i colloqui di pace tra le due parti dovevano riprendere il 14 marzo, poi sono stati rinviati un’altra volta al 15 marzo. Sfortunatamente, alcune opportunità per un accordo di pace sono già state sprecate, quindi è difficile essere ottimisti su quando la guerra finirà. Indipendentemente da quando o come finirà la guerra, tuttavia, il suo impatto si fa già sentire in tutto il sistema di sicurezza internazionale, come mostra il riarmo dell’Europa. L’invasione russa dell’Ucraina complica anche la lotta urgente contro la crisi climatica. La guerra sta avendo un pesante tributo sull’Ucraina e sull’ambiente, ma offre anche all’industria dei combustibili fossili una leva in più tra i governi.

Nell’intervista che segue, l’accademico e dissidente di fama mondiale Noam Chomsky condivide le sue opinioni sulle prospettive di pace in Ucraina e su come questa guerra possa influire sui nostri sforzi per combattere il riscaldamento globale.

Noam Chomsky, riconosciuto a livello internazionale come uno dei più importanti intellettuali viventi, è autore di circa 150 libri e destinatario di decine di premi prestigiosi, tra cui il Sydney Peace Prize e il Kyoto Prize (l’equivalente giapponese del Premio Nobel), e di decine di dottorati honoris causa dalle università più rinomate del mondo. Chomsky è Professore Emerito al MIT e attualmente Professore Emerito presso l’Università dell’Arizona.

C.J. Polychroniou: Noam, mentre un quarto round di negoziati doveva svolgersi oggi (14 marzo u.s., ndr) tra i rappresentanti russi e ucraini, ora è rinviato a domani (15 marzo u.s., ndr) e sembra ancora improbabile che la pace in Ucraina possa essere raggiunta presto. Gli ucraini non sembrano volersi arrendere e Putin pare determinato a continuare la sua invasione. In tale contesto, cosa pensa della risposta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky alle quattro richieste fondamentali di Vladimir Putin, che erano (a) cessare l’azione militare, (b) riconoscere la Crimea come territorio russo, (c) modificare la Costituzione ucraina per sancire la neutralità, e (d) riconoscere le repubbliche separatiste nell’Ucraina orientale?

Noam Chomsky: Prima di rispondere, vorrei sottolineare la questione cruciale che deve essere in prima linea in tutte le discussioni su questa terribile tragedia: dobbiamo trovare un modo per porre fine a questa guerra prima che si intensifichi, possibilmente fino alla totale devastazione dell’Ucraina e fino ad inimmaginabili e ulteriori catastrofi. L’unico modo è un accordo negoziato. Piaccia o no, questo deve fornire una sorta di via di fuga per Putin, o accadrà il peggio. Non la vittoria, ma una via di fuga. Queste preoccupazioni devono essere al primo posto nelle nostre menti.

Non credo che Zelensky avrebbe dovuto semplicemente accettare le richieste di Putin. Penso che la sua risposta pubblica il 7 marzo sia stata giudiziosa e appropriata.

In queste osservazioni, Zelensky ha riconosciuto che l’adesione alla NATO non è un’opzione per l’Ucraina. Ha anche insistito, giustamente, sul fatto che le opinioni delle persone nella regione del Donbass, ora occupata dalla Russia, dovrebbero essere un fattore cruciale nel determinare una qualche forma di accordo. In breve, sta ribadendo quello che molto probabilmente sarebbe stato un percorso per prevenire questa tragedia, anche se non possiamo saperlo, perché gli Stati Uniti si sono rifiutati di provarci.

Come si è capito da molto tempo, decenni in effetti, per l’Ucraina entrare a far parte della NATO sarebbe un po’ come se il Messico si unisse a un’alleanza militare guidata dalla Cina, ospitando manovre congiunte con l’esercito cinese e mantenendo armi puntate su Washington. Insistere sul diritto sovrano del Messico a farlo sarebbe oltremodo stolto (e, fortunatamente, nessuno solleva una tale istanza). L’insistenza di Washington sul diritto sovrano dell’Ucraina di aderire alla NATO è ancora peggiore, poiché pone una barriera insormontabile alla risoluzione pacifica di una crisi che è già un crimine sconvolgente e che presto diventerà molto peggiore se non risolta mediante negoziati a cui Washington si rifiuta di aderire.

Questo atteggiamento riguardo alla sovranità appare del tutto incoerente rispetto allo spettacolo caricaturale che dà di sé il leader mondiale del disprezzo sfacciato per questa dottrina, dileggiata in tutto il Sud del mondo, sebbene gli Stati Uniti e l’Occidente in generale, millantino la loro impressionante disciplina e si atteggino a difensori della sovranità, o almeno fingano di farlo.

Le proposte di Zelensky riducono notevolmente il divario rispetto alle richieste di Putin e offrono l’opportunità di portare avanti le iniziative diplomatiche intraprese da Francia e Germania, con un limitato sostegno cinese. I negoziati potrebbero avere successo o potrebbero fallire. L’unico modo per scoprirlo è provare. Naturalmente, i negoziati non andranno da nessuna parte se gli Stati Uniti persisteranno nel loro ostinato rifiuto di aderire, sostenuti dal commissariato virtualmente unito, e se la stampa continuerà a insistere affinché il pubblico rimanga all’oscuro rifiutandosi persino di riportare le proposte di Zelensky…

(Traduzione dall’inglese di Veronica Tarozzi. Revisione di Thomas Schmid.)

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“L’Ucraina 80 anni fa ha salvato gli ebrei.” Zelensky

L’ Olocausto in Ucraina, verificatosi tra il 1941 e il 1944, fu lo sterminio di massa di circa 1,6 milioni di ebrei che vivevano in Unione Sovietica ad opera della Germania nazista e con la FORTE partecipazione dei collaborazionisti ucraini.

Secondo il Simon Wiesenthal Center, nel gennaio 2011, “l’Ucraina, per quanto a nostra conoscenza, non ha mai condotto una singola indagine su un criminale di guerra nazista locale, e tanto meno ha perseguito un perpetratore dell’Olocausto”.

(da Giovanni Tranchida Altamira)

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La Leonardo è diventata la polizza assicurativa della terza età dei “pdini” falliti o pensionati. È uno scandalo di prima grandezza.

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scrive Luciano Canfora

“Proprio in questi giorni stavo riflettendo sulla guerra tra Sparta e Atene. Tucidide, che ha dedicato decenni a quella vicenda, ha fatto una considerazione: la responsabilità di chi è? Formalmente Sparta invase Atene ma la verità vera era la crescita allarmante della potenza economica e militare di Atene, cosa che per Sparta era inaccettabile. Quindi, concluse Tucidide, ‘la responsabilità fu di entrambi. Un altro esempio lo porta la Prima Guerra Mondiale, quando l’Inghilterra non tollerò la crescita tedesca. La verità storica soffre in una situazione come questa quando tutti gli strumenti di comunicazione sembrano aver avuto una ‘direttiva unica’ e non parlare della verità sembra strutturale alla condizione. Oggi la verità è lontana ma desiderabile. Bisogna cercarla in continuazione. Con il passare del tempo si acquistano punti di vista e domande nuove e questo sarà un passo avanti verso la verità. E’ come l’orizzonte, riusciamo sempre a prenderne soltanto una parte. Pensiamo alla Rivoluzione francese, sulla quale c’era un giudizio consolidato che poi diventò problematico. Il 1989 ha cambiato il nostro giudizio.”

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scrive Franco Cardini

…illusione degli USA come ultimo impero sul quale – a dispetto delle sue continue sconfitte militari – mai si sarebbe spento il sole. Il sole dell’Occidente hegeliano, quello della sera che splende eterno inchiodato all’orizzonte, senza tramonto.
Ebbene. Alla faccia dell’ormai dimenticato Francis Fukuyama, questo sole sta tramontando. Magari è riuscito a imbottigliare anche Putin, magari reggerà un po’ contro la Cina. Ma la sua ora è quasi sonata. Sic transit gloria mundi, specie quando non è affatto gloria. A differenza di quelli romano, bizantino, asburgico, napoleonico, britannico, zarista e sovietico, a differenza di quello millenario cinese, l’impero occidentale del profitto e della globalizzazione scomparirà nel nulla. Auguriamoci nel modo più indolore possibile per i popoli che ha massacrato e affamato. Non lo rimpiangerà nessuno.

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scrive Alessandro Robecchi

Come ogni avvenimento che colpisce nel profondo, anche la guerra sta lentamente formando il suo Lessico Nazionale Bellico, un impasto di parole, immagini, composizione formale e commento, fotogramma simbolico e didascalia. A volte pietoso, a volte porno-war, riflessivo raramente, emotivo quasi sempre. L’affresco della guerra, insomma, come si dice per dire di una rappresentazione complicata, densa, piena di dettagli che alla fine danno un quadro d’insieme. In questo marasma di segni si ritrovano vizi antichi e anche recenti. Antichi come sono quelli delle propagande incrociate, che debordano ogni tanto nel ridicolo, ma che a guardarle rivelano molto di noi. Caso di scuola: il teatro di Mariupol, usato dai civili ucraini come rifugio, bombardato dai russi. Grandi grida di strage e poi grande sollievo perché miracolosamente non ci è rimasto sotto nessuno e sono tutti vivi. Mi sembrerebbe questa la notizia: tutti salvi, meno male. Invece si è cominciato a litigare tra chi aveva dato tanto spazio alla strage, e poi niente allo scampato pericolo, e viceversa, come se rallegrarsi per una mancata strage possa considerarsi intelligenza col nemico. Premesso, ovviamente, che non si bombardano i teatri né, possibilmente, nessun’atra cosa.

Fa parte del Lessico Nazionale Bellico, a pieno titolo, appunto, la premessa salvavita che conosciamo da decenni. Chiunque voglia avanzare anche soltanto una piccola critica o distinguo, o per esempio considerare un po’ avventato l’invio di armi in zona di guerra, farà bene a munirsi delle prime due righe di ogni discorso: “Premesso che non sto con Putin…”. Già visto. Non c’era discorso nei primi anni Ottanta che non iniziasse con “Premesso che sono contro il terrorismo…”, poi venne, “Ovvio che non sto con Bin Laden…”, poi: “Lo dico da vaccinato…”; insomma, quando il gioco si fa duro è necessario chiarire…

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… La neolingua di Orwell vive il suo grande momento, il mezzo miliardo di euro (in aumento) che l’Ue spenderà per armare l’Ucraina, viene da un Fondo europeo che si chiama “Fondo per la pace”,  European Peace Facility. Così è un po’ troppo, anche come neolingua, e anche come metafora; mi chiedo: costava troppo cambiare la carta intestata?

Non arriva fino a qui la propaganda russa, questo è male, perché sarà ridicola tanto quanto, risibile nei ragionamenti binari, minacciosa e stupida. E anche lei molto esperta di neolingua, dato che proibisce alla stampa di pronunciare e scrivere la parola “guerra”, proprio mentre cominciano a tornare a casa i corpi di ragazzini di leva morti in guerra. Vertigine.

Alla fine, con il combinato disposto di titolazione shock, piccole furbizie ideologiche, aperti schieramenti, brandelli sparsi di porno-war, chiacchiere da bar e paralleli storici campati per aria, la guerra si sfuoca, là in fondo. Un po’ intrattenimento, un po’ indignazione, un po’ abitudine, un po’ bolletta del gas. La guerra vera, quella che ammazza i corpi, svapora, diventa una paura vera e una visione vaga dietro una cortina densa fatta di bugie, paura e qualche compassione. C’è un verso di Gregory Corso che lo dice molto bene: “La pietà si appoggia al suo bombardamento preferito / e perdona la bomba”. Come al solito, sono meglio i poeti.

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molti parlano di Dio in guerra, Mauro Biglino spiega chi è quel dio che è tutt’uno col dollaro

In God We Trust di Mauro Biglino

 

 

 

 

Ponzio Pilato e la spettacolarità del sangue – Vincenzo Costa
Tutta l’Europa dei valori, tutta l’Europa democratica, che cosa vuole? Poiché i pensieri complessi devono essere messi al bando, diciamolo in maniera chiara, binaria, semplice, che anche un Severgnini può capirlo: vogliono infliggere lutti ai russi, rendere sanguinosa questa guerra, danneggiare la Russia, sperando magari in un improbabile regime change.
E per farlo non importa se portaranno al macello il popolo ucraiano.
Stiamo facendo la guerra alla Russia sulla pelle degli Ucraini, e se Putin è un aggressore, noi siamo altrettanto responsabili di quei morti, come ne è responsabile Zelensky, che sta facendo un film sulla pelle del suo popolo.
Non vogliamo intervenire, ma mandiamo a morire gli ucraini sapendo che senza un intervento NATO, che ovviamente sarebbe follia, questa guerra puo solo essere una carneficina.
Siamo con voi, vi mandiamo le armi, resistete, ah Dio, come vi ammiriamo, come vi amiamo, come ci duole il cuore a vedervi morire. Ma soprattutto come ci piace mostrare che morite, perché le vostre morti sono necessarie per costruire la figura del mostro, che ci serve tanto, che è necessaria, per perseguire i nobili scopi della storia, che non vi dimenticherà.
E vi inviamo le armi, che faranno tanto male ai Russi, che si arrabbieranno, e vi massacreranno, e noi trasmetteremo tutto ciò in mondo visione, e il mondo odierà ancora di più il mostro, e amerà le stelle e le striscie. Non vi arrendete, non negoziate.
Non vorrete mica deluderci vero?
Il progresso e la democrazia globale hanno bisogno del vostro sangue. E lo spettacolo è così bello, ci ha tolto di dosso quella noia che si respirava, diamine, un po di brio, di adrelina, ma al calduccio, si intende.

 

I falchi volano sulla no fly zone – Branko Marcetic

Basta scorrere l’elenco dei sostenitori del blocco aereo per scoprire che tra di essi ci sono alcune delle persone che hanno contribuito a portarci verso questo orrore. Adesso sollecitano ancora una volta una scelta potenzialmente disastrosa

Nonostante giochi con il fuoco, la campagna per una «no-fly zone» in Ucraina sembra prendere slancio: all’inizio di questa settimana ventisette esperti di politica estera hanno sottoscritto una lettera  chiedendo all’amministrazione di Joe Biden di istituirne una limitata, per proteggere i corridoi umanitari recentemente concordati nei colloqui Russia-Ucraina. La lettera è già stata ampiamente citata dalla stampa, conferendo a questa proposta disastrosa maggiore legittimità. Quello di cui non si parla è il ruolo dietro le quinte dei produttori di armi, dei combustibili fossili e di alcuni oligarchi nel promuovere questi interessi.

Parlare di no-fly zone significa utilizzare un eufemismo subdolo e intelligente per la guerra, che contempla l’abbattimento di velivoli e la distruzione delle difese aeree russe. Non appena le forze statunitensi distruggeranno un aereo russo, uccidendone il pilota, l’invasione di Mosca muterà da guerra regionale a qualcosa di più vicino a una guerra mondiale, solo che questa volta coinvolgerebbe scorte di centinaia e migliaia di armi nucleari, che non esistevano quando Adolf Hitler invase la Polonia. Anche un falco come Marco Rubio dice una cosa del genere per contrastare questa prospettiva.

Dato questo esito, forse non sorprende che numerosi nomi sulla lettera siano intrecciati finanziariamente con l’industria della difesa o lavorino per organizzazioni da essa finanziate…

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A BRUXELLES L’EUROPA DI PACE CONTRO L’EUROPA DI GUERRA *

(*appello di Disarmisti esigenti – Energia felice  LOC – Mondo senza guerre e senza violenze – WILPF Italia)

Il 27 marzo 2022, a Bruxelles, la società civile belga, con alla testa le organizzazioni ecopacifiste e con l’obiettivo di fermare la guerra, mobilita “l’Europa per la pace” in una manifestazione cui saremo collegati dall’Italia, dalla Germania e dalla Francia, per cominciare ad incardinare una “alternativa programmatica” che vogliamo sempre più definita e concreta. Stiamo costruendo un “coordinamento antinucleare e disarmista europeo” e vorremmo presentare con i nostri amici belgi i nostri obiettivi e la nostra strategia di pace in una sede istituzionale del Parlamento europeo.  Puntiamo in esso a costruire un ponte nonviolento tra i “nemici”.

A Milano il 26 marzo dalle 14 alle 16 presidio collegato in piazzale Stazione di Porta Genova.

Le nostre parole d’ordine sono le seguenti:

FERMIAMO IL CONFLITTO MILITARE IN UCRAINA CON L’UNIONE DEI MOVIMENTI ECOPACIFISTI EUROPEI (RUSSI E UCRAINI INCLUSI)!

  • FERMIAMO LA GUERRA ECONOMICA ED ENERGETICA CHE STA MONTANDO A LIVELLO GLOBALE!
  • CHIUDIAMO IN TUTTA EUROPA I REATTORI NUCLEARI E GLI IMPIANTI NUCLEARI! ALTRO CHE TASSONOMIA PER FINANZIARLI!
  • ESIGIAMO IL DISARMO, A PARTIRE DALLE ARMI NUCLEARI GIA’ PROIBITE DA UN TRATTATO ONU!
  • LAVORIAMO INSIEME PER IL MODELLO ENERGETICO RINNOVABILE: LA PACE CON LA NATURA SARA’ LA STRADA PER CONSOLIDARE LA PACE TRA GLI ESSERI UMANI!

Domenica 27 marzo dalle 18:00 alle 20:00 incontro online al seguente link:

https://us02web.zoom.us/j/86160241758?pwd=dGxWRGxsUXZPWlhORnJJUUlyazAvZz09

 

 

 

 

 

Cosa vedremmo oggi in TV se la Nato avesse invaso l’Ucraina? – Sandro Curatolo

Cosa sarebbe successo se invece della Russia fosse stata la Nato ad invadere l’Ucraina? Quale sarebbe il tono dei mezzi di informazione? Quale sarebbe la nostra opinione?

Probabilmente la musica suonata dai Tg e dai giornali sarebbe di un tono assolutamente diverso. Sicuramente ci sarebbero servizi interminabili in cui gli “esperti” ci spiegherebbero quanto questa mossa sia stata giusta ed inevitabile e quale grande pericolo stavamo correndo.

Gli opinionisti si accalcherebbero davanti alle telecamere per farci capire che il governo ucraino è una banda criminale da sconfiggere con tutti i mezzi a disposizione e si parlerebbe del colpo di stato del 2014 come una cosa gravissima e una ferita per la democratica Europa.

Si sanzionerebbero l’Ucraina e tutti i paesi che stanno fornendo le armi al suo esercito e si parlerebbe della necessità di neutralizzarli con ogni mezzo. Si farebbe a gara per sequestrare tutti i beni degli “oligarchi” ucraini in giro per il mondo.

Vedremmo in TV lunghissimi reportage sui bambini soldato ucraini e su come il governo costringe a combattere la popolazione impedendogli di uscire dal paese.

Il presidente Zelensky sarebbe descritto come un dittatore e un pericoloso criminale di guerra e sulla sua testa penderebbe già una taglia di milioni di dollari. Probabilmente nei servizi televisivi si parlerebbe di come fin da bambino fosse violento e squilibrato e nelle manifestazioni le persone reggerebbero cartelli dove verrebbe paragonato a Hitler. Tutte le manifestazioni a suo favore sarebbero trattate come fake di regime.

Ovviamente non sarebbe mai intervistato e le notizie su di lui sarebbero sempre di seconda mano. I criminologi ci intratterrebbero con accurate descrizioni psicologiche in cui si dimostrerebbe al di la di ogni dubbio la sua pericolosità per l’intera razza umana.

Saremmo tutti scandalizzati dal fatto che i nostri eserciti non stiano facendo abbastanza per combattere questo abominio e si parlerebbe del fatto che probabilmente da un momento all’altro utilizzerà le armi chimiche. Anzi forse si direbbe che le armi chimiche le ha già usate e che non capiamo l’enorme pericolo a cui siamo sottoposti.

Si parlerebbe del fatto che ci sono delle fosse comuni dove sono stati seppelliti tutti gli oppositori del regime, probabilmente anche bambini.

L’esodo di rifugiati verrebbe trattato in un modo assai diverso e descritto come un pericolo per la stabilità del nostro continente. Si parlerebbe della necessità di contenere l’onda di immigrazione per evitare che gli estremisti ucraini se ne vadano in giro per l’Europa a fondare cellule terroristiche.

Ovviamente non si parlerebbe mai di morti civili, ma si esalterebbe l’eroismo dell’esercito che sta riportando la pace, con commoventi interviste ai genitori dei caduti per questa guerra di pace. Quelli che oggi vengono chiamati “invasori” sarebbero presentati come i liberatori e la resistenza sarebbe bollata come “fiancheggiatori del regime”-

Ovviamente chiunque esprimesse l’opinione che gli ucraini abbiano diritto di difendersi verrebbe bollato come un filo-nazista guerrafondaio che avrebbe bisogno di una rieducazione.

Per non rischiare di essere cacciati, gli intellettuali pacifisti dovrebbero iniziare obbligatoriamente i loro discorsi con una frase di rito che suonerebbe più o meno così: “Premesso che ovviamente non sono d’accordo con il regime ucraino e con i barbari mezzi che sta utilizzando…“

Insomma, che ci piaccia o no, sappiamo che le cose andrebbero in questo modo. Lo sappiamo perché è il copione delle ultime trenta guerre a cui abbiamo assistito negli ultimi anni e non dobbiamo inventare nulla.

Nelle guerre non ci sono buoni né cattivi, c’è solo un’enorme manipolazione con cui si spingono le persone ad uccidersi l’un l’altro senza alcun senso.

Cosa vuol dire essere pacifisti oggi? Vuol dire capire che non esiste una guerra giusta. È comprendere che dietro tutte le guerre ci sono motivazioni che vanno al di la di qualsiasi logica.

È rendersi conto che ogni volta che aderiamo alla guerra, per qualsiasi motivo, ci stiamo prestando al gioco del potere, accettando il sacrificio come un destino naturale.

Europa per la pace http://www.europeforpeace.eu/it/

da qui

 

scrive Andrea Masala

…è vero che Putin è un autocrate a capo di un sistema oligarchico-criminale, è vero che ha aggredito in barba al diritto internazionale, è vero che in Europa ci sono democrazie e Stati di diritto (anche se fino a ieri ci scagliavamo contro i governi sovranisti di Polonia e Ungheria), è vero che l’Ucraina sovrana ha il diritto di scegliersi l’alleanza militare e gli armamenti che vuole. Si tratta di capire però se nella geopolitica queste “verità” siano spiegazioni plausibili dei comportamenti dei diversi attori. E qui appunto serve la storia, perché se così fosse allora la democratica America avrebbe lasciato i missili a Cuba sovrana e non avrebbe mai favorito il golpe militare contro un presidente democraticamente eletto, dai cileni sovrani, come Allende.Cosa voglio dire? Che nella geopolitica i comportamenti dei grandi e piccoli attori si spiegano invece con l’analisi realistica: per la Russia gli interessi strategici in Europa, sul suo fronte occidentale, sono sempre, circa, gli stessi, sia che governino gli zar, che governi Stalin o che governi Putin (che su questo ha criticato perfino Lenin, ultimo bolscevico ad usare realismo e idealismo – per il bene superiore della pace cede il bene tattico dei territori -, da Stalin in poi resta solo il realismo). Come sono gli stessi per gli Usa, sia che governi Obama o che governi Trump (che in quattro anni di mandato non ha ascoltato nessuna richiesta di Putin, che la propaganda voleva suo amico, su Ucraina e Nato).

Se non si usa questo realismo nell’analisi poi è impossibile proporre soluzioni di giustizia, cioè la mediazione, il compromesso per il bene superiore della pace e della libertà. Se si parte da una analisi idealista (bene vs male) abbiamo poi solo la soluzione giustizialistica: la fine del dittatore e il trionfo del bene, costi quel che costi. E non è un caso che questo costo lo sopportino nella sua parte massima gli Ucraini, nella sua parte media gli altri europei e nella parte minima gli americani, cioè uno dei due grandi attori di questa vicenda.

I neoliberisti, soprattutto nella loro corrente democratica, adottano il principio filosofico-politico dell’ottimismo della ragione (idealismo del bene contro male) e pessimismo della volontà (la guerra). Dobbiamo ancora una volta opporgli il pessimismo della ragione (l’analisi scientifica della geopolitica) e l’ottimismo della volontà: LA PACE.

da qui

 

Riproduzione di guerre permanenti e rischio di guerra atomica – Salvatore Palidda

1) Gli Usa sono in declino come prima potenza economica mondiale e da tempo anche politica. Perciò puntano i piedi giocando sulla loro indiscussa supremazia militare (nel Fiscal Year 2022 si prescrive: “ensuring a strong national defense while restoring America’s place in the world” -cfr.). Ricordiamoci che la strategia delle guerre a bassa intensità e quindi delle guerre permanenti comincia dopo il Fiscal Year di Weimberger dal 1983 e mirava a rintuzzare o annullare le autonomizzazioni dei paesi dominati dagli USA in parte con la scusa di colpire il narcotraffico, le mafie ecc. … lo fecero anche a Granada). In questa strategia è emerso anche un vecchio gioco dei dominanti ossia mestare sul disordine per meglio imporre il dominio del più forte (a inizio 2002 Alain Joxe pubblicò L’Empire du chaos, in italiano x Sansoni nel 2003). Da allora le guerre permanenti imposte o provocate dagli Stati Uniti (anche le guerre locali dette etniche o tribali) si inscrivono nel registro del disordine voluto per imporre il dominio USA che ne accordano o ne subappaltano una parte ai loro alleati-subordinati cioè gli Europei ma che altri. Basta vedere la concessione statunitense a joint ventures nella produzione e commercio di armamenti, o di spazi per attività economiche in giro per il mondo in cambio del coinvolgimento europeo e di altre alleati-subordinati nelle missioni militari all’estero … È così che le imprese italiane si proteggono o mantengono i loro spazi di manovra in diversi paesi altrimenti scattano -vedi caso- sequestri di dirigenti ecc.). Questo vuol dire che gli USA sono ancora lungi dall’effettivo declino e anche quando la Cina diventerà la 1a potenza economica mondiale gli USA resteranno secondi … ma certo “vogliono vendere cara la pelle” cioè il primato economico. Le guerre permanenti e la potente pervasività delle comunicazioni per il consenso confermano che non è la guerra la continuazione della politica (come teorizzava Clausewitz) ma il contrario (come suggerisce Foucault[1]); in realtà è così quantomeno da due secoli: come osserva qualche storico, in particolare in Europa i periodi di pace sono sempre stati brevi e il premio Nobel per la pace all’Europa è una vergogna tanto quanto quello che fu dato a Kissinger perché si ignorano non solo le guerre che gli stati europei hanno continuato a praticare in particolare in Africa e poi in Medio Oriente e altrove ma le stesse guerre nei Balcani. E a ciò si aggiunge l’irretimento delle società dei paesi dominanti nella logica della guerra sino a promuoverne la continuità, per esempio fra guerre neo-coloniali e guerra per la sicurezza urbana e guerra ai migranti, ai poveri, ai marginali, come nuova tanatopolitica del capitalismo liberista (vedi Umanita a perdere. Sindemia e resistenze).

2) La guerra russa contro l’Ucraina è il tentativo di imporsi come potenza mondiale che tiene testa agli USA e alla Cina oltre che all’Europa. La scelta di Putin appare però non solo maldestra anche dal solo punto di vista militare ma disastrosa e fallimentare dal punto di vista politico anche se tantissimi paesi non hanno votato la condanna della Russia all’ONU. Comunque si tratta di un gigantesco massacro di civili e anche di soldati, la distruzione della vita di milioni di persone e la fame più grossi problemi anche per una buona parte della popolazione russa e anche di quella di altri paesi a causa delle sanzioni. Come sempre nelle guerre chi paga in vite umane e distruzioni sono i meno abbienti.

3) L’Europa s’è subito arruolata nel processo di militarizzazione con immediato beneficio di imprese quali Leonardo in Italia e simili in Francia e Germania. Ma ricordiamolo si tratta sempre di imprese alquanto subalterne a quelle statunitensi! Non c’è alcuna reale chance di ambire a diventare una UE potenza economica e militare autonoma!!! E gli stati europei si fanno concorrenza per essere i migliori alleati degli USA e quindi ricavarne più benefici. L’utopia di una unica Europa dall’Atlantico agli Urali e quella del manifesto di Ventotene restano miraggi. I dominanti europei sono sovente in competizione fra loro e spesso prediligono alleanze con loro pari statunitensi o comunque extra-UE. Sinora l’Europa finanziaria ha retto ma evitando la competizione con la finanza USA con la quale di fatto rispetta gli accordi e rimanendo lontana da ambizioni di autonomia militare e politica rispetto alla NATO. La subordinazione europea rispetto all’imperativo USA di sabotare la strategia economica cinese è stata immediata. E così pure quella alla direttiva di aumentare la spesa militare di ogni paese NATO.

4) La prima causa delle guerre permanenti che si riproducono da oltre 20 anni è il trionfo dell’intreccio della lobby militare-poliziesca, della lobby finanziaria e di quella delle nuove tecnologie -peraltro legate anche ad altre lobby e un po’ a tutte le attività economiche fra le quali le comunicazioni. La conseguenza di tutto ciò è che i leader politici di tutti i paesi potenze militari a cominciare da Biden, Putin ma anche gli europei, Israele ecc., sono di fatto delle pedine di turno di questo intreccio di lobby che impone la perpetuazione delle guerre permanenti. Questa è non solo la perfetta modalità per consumare i prodotti dell’apparato industriale militare-poliziesco ma anche la scommessa di puntare sulla supremazia militare per limitare o sabotare o annullare l’avanzata dell’egemonia economica di altre potenze fra le quali innanzitutto la Cina e la Russia. Così anche mister Draghi s’è scoperto militarista e il Parlamento italiano ha votato alla quasi unanimità l’aumento della spesa militare … e vedi caso fra i primi a guadagnarci c’è Leonardo che insieme ad altre quattro grandi imprese europee beneficerà del gigantesco budget UE per l’Ucraina …

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Ucraina-Leopoli, Benedetta Piola Caselli: fornire un’informazione veritiera direttamente dal campo

(Intervista di Olivier Turquet)

 

 

Benedetta Piola Caselli, collaboratrice di Pressenza, si trova a Leopoli come giornalista e osservatrice neutrale.

Cosa ti ha spinta a Leopoli?

È stata una decisione graduale. All’inizio il conflitto non mi aveva particolarmente interessata, ma pian piano mi sono resa conto che i media stavano raccontando i fatti in modo evidentemente falso e totalmente uniforme. Ci sono stati fatti eclatanti, come il TG2 che fa un servizio intitolato “pioggia di fuoco su Kiev” e mostra le immagini un videogioco, o la produzione di foto false, e altri più banali come i corrispondenti di guerra bardati di elmetto e giacchetto antiproiettile mentre dietro passano le vecchiette con la spesa, ma tutti sono accomunate da una cosa: il senso di legittimità nel passare una narrazione artefatta. Ho cominciato a chiedermi: “come è possibile”? Poi: “perché”? E infine: “come se ne esce”? L’unica possibilità era fornire una informazione veritiera direttamente dal campo, quindi sono partita.

Com’è la situazione delle persone?

Io posso parlare dei luoghi che ho visto, vale a dire Cernauti verso il confine rumeno e Leopoli, dove mi trovo ora. Se Cernauti è una cittadina sconosciuta agli italiani, su Leopoli si sono dette le cose più strane, cercando di dipingerla come una città in guerra. Non è così. Il conflitto ad oggi è fortemente localizzato in alcune aree specifiche; nelle altre, la mia impressione è che la vita continui senza grandi cambiamenti. Ad esempio, a Leopoli non c’è controllo militare, si accede alla città direttamente con il treno, non ci sono le “barricate” descritte da alcuni giornalisti ma dei check point sulle strade; i bambini vanno a scuola, gli adulti al lavoro, si trova di tutto in città, nei caffè si mangiano ottime torte. Certo, essendo vicina al confine con la Polonia ci sono molti profughi, ma niente neanche lontanamente paragonabile a quello che ci hanno mostrato i media. Una cosa soprattutto mi ha colpita: mentre entravo in treno dalla Polonia, ho viaggiato con famiglie ucraine – bambini ed anziani al seguito – che ritornavano a casa. Se si fossero sentiti in pericolo di vita, non credo lo avrebbero fatto.

Quale è stata la cosa che ti ha colpito di più?

Questa: io avevo capito che c’era una mobilitazione generale di tutti gli uomini dai 18 ai 59 anni, e l’avevo immaginata come accadeva da noi, con gli uomini reclutati e via via mandati verso il fronte, oppure inquadrati per la difesa delle città. Arrivata a Leopoli nessuno sembrava essere partito per la guerra. Ci ho messo un po’ a capire che la situazione è molto diversa da come ce la dipingono i media italiani: gli eserciti che si combattono sono entrambi professionali. Quello ucraino è anche affiancato dalla Legione Straniera, cioè un battaglione composto da persone di tutto il mondo che vogliono difendere il paese, oltre ai volontari. Nessuno che non voglia è stato coscritto. Questo cambia la narrazione: eppure è pieno di servizi sulle mamme straziate dal dolore per avere il figlio diciottenne al fronte.

In guerra la notizia diventa spesso propaganda, sta succedendo?

Questo conflitto è, principalmente, un conflitto di informazione. Su entrambi i lati si gioca di comunicazione; su entrambi i lati viene applicata la censura delle notizie non conformi alla linea mainstream. Che accada in Russia e in Ucraina è normale; che avvenga in Italia è inquietante. Quello che stupisce da noi è come l’opinione pubblica confonda verità e finzione, non riuscendo a sviluppare un pensiero critico neanche di fronte a smentite palesi. La storia del Teatro di Mariupol è indicativa. Dopo avere detto e ridetto che sotto le macerie c’erano centinaia di persone, non si è avuta neanche una vittima apparentemente perché le persone non erano lì. O ancora bisogna interrogarsi sul tempismo di certe notizie. Oggi tutti ribattono la storia del vecchino 96 enne sopravvissuto alla shoa e morto in un bombardamento. Ma perché? Perché è tornata virale la foto del battaglione Azov con la croce uncinata, che loro stessi hanno diffuso nel canale telegram del battaglione? È un ping-pong che riguarda le affermazioni sulla presunta de-nazificazione dell’Ucraina e la corrispondente risposta che in Ucraina i nazisti non ci sono. Nulla di strano, ma il fruitore della notizia deve saperlo.

La guerra sta radicalizzando le posizioni?

Si ed è normale, come tutti i conflitti. Quello che non è normale è il grado di pathos che si vuole artatamente sviluppare in questo caso – che peraltro non ci riguarda direttamente – e che va a sommarsi con la tendenza italiana di condannare senza contraddittorio. Vale a dire che, nel nostro paese, le coscienze agitate impediscono di avere un confronto ragionevole sugli elementi di fatto, immediatamente demonizzando l’avversario: non sei della mia idea? Allora sei il nemico e devi essere tacitato e, possibilmente, distrutto.

Perché tutta questa agitazione sull’Ucraina?

Più studio il comportamento dei media e più mi sembra un modo per preparare l’opinione pubblica ad una guerra – che non sarà questa, presumibilmente, ma che verrà presto. Il discorso bellicista sta già passando, basti pensare che, nella confusione dei proclami di solidarietà all’Ucraina, le spese militari sono passate al 2% del PIL. È un fatto gravissimo, che avrebbe dovuto far sollevare gli animi, e che invece è stato accolto nell’indifferenza generale.

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Ucraina, mini task force di avvocati e assistenza legale ai profughi

Come sempre accade per tutte le guerre, anche il conflitto che si sta svolgendo ora in Ucraina presenterà il conto più salato alle persone più fragili: i poveri, gli anziani, le donne e i bambini”. Lo sottolinea Antonio Mumolo, presidente dell’associazione “Avvocato di strada”, che racconta: “Allo scoppio della guerra in Ucraina ci siamo detti che non potevamo rimanere fermi davanti ai drammi che stavano per accadere. Ci siamo chiesti che cosa potevamo fare dal nostro punto di vista che si occupa di tutela legale di persone che vivono in strada, e dopo esserci confrontati con i nostri volontari abbiamo deciso di mettere in campo una serie di azioni”…

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Kyiv Calling, anche i Clash ingannati dai fascisti ucraini

Sono sostenitori del nazista Bandera i componenti del gruppo ucraino Beton che ha inciso una riscrittura del classico anthem punk dei Clash London Calling rinominato Kyiv Calling.
Se n’è accorto il cantautore inglese Billy Bragg che ieri sera ha cancellato il video dalla sua pagina facebook e ha pubblicato un post in cui mostra una foto dei componenti della band che indossano t-shirt che inneggia a Stepan Bandera, il collaborazionista con i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, riabilitato per legge dopo il golpe di EuroMaidan e a cui la sedicente Ucraina democratica ha dedicato dal 2018 anche una festa nazionale.
Bandera è stato responsabile di crimini contro l’umanità e del genocidio di ebrei e comunisti in Ucraina. Da antico fan dei Clash e di Joe Strummer convengo che non avrebbe mai accettato che una sua canzone fosse utilizzata da dei fascisti.
Nel clima di propaganda e disinformazione che circonda la vicenda Ucraina i membri sopravvissuti dei Clash avevano autorizzato il gruppo a reinterpretare il brano. Anche loro sono stati tratti in inganno dai fascisti ucraini.

La traduzione del post di Billy Bragg: http://www.maurizioacerbo.it/blogs/?p=6303

Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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Non solo gas, dalla Russia arriva anche un bel po’ di carbone. Vero Enel? – Antonio Tricarico

Non appena la Russia ha invaso l’Ucraina, alimentando l’emergenza delle forniture di gas e petrolio per l’Europa e l’Italia, industriali, esponenti del governo e commentatori hanno avuto una sorta di riflesso incondizionato: riapriamo e mandiamo a tutta forza le centrali a carbone. Fa nulla se si era detto di chiuderle entro il 2025. La transizione ecologica e il clima se ne faranno una ragione. Anche il presidente del Consiglio Mario Draghi non è stato da meno e ha messo subito l’opzione sul tavolo, almeno per il breve termine.

Dopo la sbornia di affermazioni dettate dall’emozione della guerra su come emanciparci dal ricatto energetico di Vladimir Putin, è emersa una realtà ancora più scomoda: la gran parte del carbone da vapore – quello metallurgico in realtà è una percentuale minore di tutto l’import – che arriva in Italia viene proprio dalla Russia! Secondo i dati del 2020 si tratta di quasi l’80 per cento, circa 3,5 milioni di tonnellate l’anno. Gran parte del carbone russo è estratto molto lontano, nella regione del Kuzbass a est del Kazakistan, e mosso col treno verso l’Europa. Ma anche nel conteso Donbass in Ucraina si estrae del carbone. Allo stesso tempo non va dimenticato che il prezzo del carbone ha avuto un’impennata di quasi il 400 per cento in un anno, raddoppiando dall’inizio del 2022…

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Guerra chiama guerra – Stefano Galieni

L’intervento di ieri alla Camera dei deputati, presenti anche senatrici e senatori, del premier ucraino Volodymyr Zelensky, in videoconferenza, va analizzato sotto diversi e contraddittori aspetti. Nonostante la grande attesa, l’immenso battage pubblicitario raramente riservato a chi oggi rappresenta un Paese sottoposto ad una feroce invasione e ad una devastazione che lascerà cicatrici profonde, sono stati almeno 350 i rappresentanti delle istituzioni, sui 945 aventi diritto, a risultare assenti. Impegni presi precedentemente; imbarazzo o dissenso, disinteresse. Alla fine dell’intervento, inevitabile la standing ovation per quello che viene presentato anche dai tanti camerati, fino a pochi giorni fa fedeli di Putin, come un difensore dei valori occidentali. L’intervento di Zelensky è apparso diverso dai precedenti effettuati in altri Parlamenti europei. Certo ci sono state le richieste d’aiuto, l’accorato appello per il destino di una città come Mariupol che ha paragonato a Genova, per le dimensioni, il suo affacciarsi sul mare e per toccare le sensibilità italiane. Ma a differenza che in passato, non ha reiterato la richiesta della No fly zone, non ha premuto l’acceleratore sulla necessità di un intervento militare esterno per fermare i russi, non è sembrato intenzionato voler continuare a puntare sull’estensione del conflitto per rafforzare la resistenza. Ha chiesto invece con forza l’aumento delle sanzioni contro Mosca, come unico strumento per aprire un reale tavolo di trattative. Molti commentatori hanno definito il suo discorso più “sentimentale” che politico. Per fortuna – sempre a detta degli adoratori della guerra da tastiera – a riportare la discussione sui binari propri dell’atlantismo più sfrenato ci ha pensato il Presidente del Consiglio Mario Draghi. In sintesi nella sua replica ha accuratamente evitato di parlare delle sanzioni ma ha garantito solidarietà ed accoglienza per i profughi (giusto) e disponibilità ulteriore ad armare l’esercito e i civili ucraini. Viva la guerra quindi, tanto si svolge a casa d’altri, ma non possiamo certo rinunciare al petrolio e al gas che si continua a comprare da Putin e dai suoi tanto vituperati oligarchi. Vogliamo forse fermare le fabbriche o ridurre di qualche grado il calore emanato dai nostri termosifoni? Già la Germania ha dichiarato tranquillamente di non voler fare a meno di queste fonti energetiche e l’Italia non è da meno, altro che la tanto decantata unità d’Europa.

Ed è sull’intervento di Draghi che si sono giustamente concentrate le reazioni dei pochi, anzi soprattutto delle poche, indisponibili a mettersi l’elmetto seppur virtuale, ed a usare un linguaggio di pace.

Esemplari, positivamente, le 4 deputate della nuova componente nel Gruppo misto denominatasi ManifestA e che rappresenta Potere al Popolo e il Partito della Rifondazione Comunista–Sinistra Europea. Le 4 (Silvia Benedetti, Yana Ehm, Doriana Sarli e Simona Suriano), prima ancora dell’inizio dell’incontro hanno dichiarato di sentirsi in un teatro, con un copione e con l’esito già noto.

«Zelensky non è un leader pacifico – hanno dichiarato –, usa metodi che non condividiamo, sia interni che esterni al suo Paese […] le sue sono Dichiarazioni pericolose, senza diritto di replica, ascoltate da settimane. Il popolo ucraino è stato mandato al macello in una guerra di interesse ben più ampio. Una guerra che, se non fermata subito, rischia di protrarsi per molti anni, e non saranno le nostre armi a difenderli. La guerra chiama guerra, le armi chiamano altre armi, solo pace chiama pace». Hanno osato affermare che «il nostro Paese deve mediare per un cessate il fuoco immediato e spingere per intraprendere vie diplomatiche. In una discussione totalmente appiattita dall’informazione che tende a polarizzare le posizioni e seguire solo il mainstream, la nostra posizione, terza, può dare adito ad attacchi e fraintendimenti. Deve essere chiaro, quindi, che condanniamo senza riserve l’invasione di Putin e una guerra che non è del popolo russo. Chiedere la pace e la diplomazia non significa essere insensibili al massacro degli ucraini cui assistiamo tutti i giorni. Siamo assolutamente certe, però, che la via intrapresa dal nostro Governo alimenta solo la guerra e non sederà in alcun modo questa escalation». Sono poi intervenute avendo ascoltato l’intervento di replica di Draghi: «Ci ha sorpreso molto negativamente il suo intervento che ha rincarato la dose con le sue accuse contro l’intera Russia e ponendo come fondamentale l’aumento del sostegno militare all’Ucraina. Come ManifestA continuiamo ad affermare che tale sostegno non rappresenti affatto uno strumento utile a realizzare l’obiettivo fondamentale per chi sta pagando l’invasione, ovvero un immediato “cessate il fuoco”. Il dovere di ogni Paese, in questo momento è certamente quello di accogliere chi fugge ma contemporaneamente di mettere al primo posto di ogni agenda, l’apertura di un reale tavolo di trattativa che porti ad una pace duratura. E le armi non saranno mai strumento di pacificazione». Altrettanto netta la senatrice del gruppo misto Paola Nugnes: «Oggi, di fronte alla furia omicida di Putin non possiamo ipotizzare cosa farà e cosa farebbe, dobbiamo pensare a tutte le possibilità e pesare tutte le opzioni sul campo, per arrivare alla Pace, essere mediatori di Pace, e sul campo abbiamo ancora una possibilità. Se le cose in questa guerra disgraziata non ci sono definitivamente sfuggite di mano, se non sono andate troppo oltre, se la follia imperialista, la brama di potere non è andata oltre ogni ipotesi di vita, se c’è ancora la possibilità di contrattare la Pace, lo dobbiamo fare. Al folle nemico sanguinario niente potremo mai perdonare, non una delle morti degli ucraini, civili, e militari, dei militari improvvisati tra i civili costretti ad armarsi per difendersi, né degli 8.000 militari russi mandati a morire, ma se la trattativa è ancora sul tavolo deve essere VALUTATA e contrattata. Ogni ritardo ci rende colpevoli, ogni morte non può vederci che corresponsabili, per NON aver agito in tempo per la Pace, per non aver lavorato per la Pace. Il Presidente Zelensky va ridimensionato e portato alla ragione, fatto scendere dai palchi del suo personale show, non va incitato ed esaltato, quello che dobbiamo celebrare è il popolo ucraino, i popoli, tutti i popoli incolpevoli sotto le bombe delle guerre che non sono mai le loro guerre ma sempre le guerre degli altri». Imbarazzante il plauso dei leader del Pd, di Leu, della Lega e di FdI, di Conte e di Di Maio, a dimostrazione di come una classe politica possa essere distante tanto dalla realtà quanto dagli interessi, non solo della pace ma anche del proprio Paese. Inascoltate le parole del Papa, considerate esempio di altro tradimento quelle degli intellettuali non allineati, silenziata la voce di Rifondazione Comunista che definisce per bocca del suo segretario, Maurizio Acerbo, Mario Draghi “guerrafondaio” e che rimpiange il passato: «In altri tempi l’Italia avrebbe assunto un’iniziativa di pace invece di mettersi l’elmetto». Ha dichiarato con malcelata nostalgia per un’altra classe dirigente. Per il resto quasi soltanto silenzio ed esaltazione del ruolo dissuasivo delle armi, tanto ad imbracciarle sono altri, spesso costretti dalla legge marziale. Una legge marziale magari anche dovuta in un Paese sotto invasione che però ha permesso di dichiarare fuori legge in Ucraina i partiti di opposizione, di imporre l’arruolamento degli uomini dai 18 ai 60 anni, di far entrare come parte dell’esercito il famigerato Battaglione Azov e altre milizie di chiaro orientamento neonazista. Azioni che giustificano Putin e la sua invasione? Che impongono una equidistanza fra due regimi la cui democraticità è da sempre a dir poco inesistente? Questo è il modo con cui si vorrebbe dipingere l’articolato popolo della pace, quello che invece si schiera dalla parte dei disertori di entrambi gli eserciti. Si sta, peraltro, in maniera scellerata utilizzando anche la questione dei profughi di guerra per imporre una falsa narrazione degli schieramenti. Le persone fuggono dalle città martoriate, si tratta soprattutto di donne e bambini che, per la prima volta, dopo l’emergenza Kosovo, non vengono respinti e tenuti alla larga. Almeno 3 milioni, soprattutto donne, bambini e anziani, che per ora si sono fermati nei paesi confinanti, Polonia, Ungheria, Romania, Moldova, Slovacchia, paesi che non sono mai stati teneri con i fuggitivi. Questa volta è diverso, gli interessi geopolitici, l’appartenenza alla Nato, i 3 mld di euro che, a detta della presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, dovrebbero essere erogati ai Paesi che accolgono, prendendoli dai fondi europei, fanno sì che per ora ci sia maggiore disponibilità nei loro confronti. Ma la Polonia ha già dichiarato di essere in emergenza e, ben presto, anche altri Paesi la seguiranno. In Italia, al 21 marzo, erano giunte circa 60 mila persone di cui oltre 30 mila donne e 24 mila bambini. Ancora non è scattato un piano reale per garantire l’accoglienza nonostante chi arriva dall’Ucraina benefici di una antica direttiva la 55 del 2001, finora mai applicata, che permette di evitare lungaggini burocratiche.

Ben venga l’accoglienza come fattore che permette di garantire salvezza e futuro ma quanto durerà? Per ora prevale la pietas per donne e bambini e risorge il mito degli “italiani brava gente”, popolo che accoglie e solidarizza ma, se come è da temere, la presenza di tante persone si prolungherà nel tempo, se ne arriveranno molti altri come probabile, basterà poco per dimenticare tanto calore.

A maggior ragione, la sola soluzione, sapendo che è complessa da raggiungere, è nell’apertura di un reale tavolo di trattative che coinvolga tutti gli attori in campo. Giungere intanto ad un immediato “cessate il fuoco” e all’elaborazione di una proposta che tenga conto di alcuni fattori. Il mondo è cambiato e l’unipolarismo atlantista fa parte di un cascame del Novecento che non ha più ragion d’essere laddove sono tanti i soggetti a non accettare più forme di dominio che sia esso economico, politico o militare. Il ventunesimo secolo in cui siamo immersi o è plurale o non avrà futuro ed un nuovo ordine va cercato partendo da tale consapevolezza che non offre spazio ad autocrazie. Chi si considera realmente di sinistra e democratico, chi in Italia intende far valere i principi della Costituzione, deve dismettere anche mentalmente, elmetto, divisa e asservimento, non può invocare soluzioni militari in un contesto che mette a rischio la sopravvivenza del pianeta stesso. Devono essere i popoli a veder garantito il proprio diritto al futuro e non i calcoli da interesse a breve termine che realizzano solo nuovi focolai di conflitto. Non si tratta di utopie ma di un percorso politico globale che oggi punta i riflettori sul conflitto in Ucraina ma contemporaneamente non dovrebbe spegnerle in nessuna delle tante aree di crisi umanitaria. Un mondo alla fin fine in cui le ragioni dei Putin, dei Biden, Draghi, Zalensky, Assad, Afawerke, dei leader talebani o sauditi e di tanti altri da elencare, vengano finalmente considerate come inconciliabili con ogni forma di vita civile e democratica.

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No alla guerra. No all’economia di guerra. Fuori l’Italia dalla guerra. 

La guerra in Ucraina non sembra trovare uno sbocco diplomatico. In poche settimane le nostre vite sono passate dalla crisi pandemica alla follia della guerra. Di fronte all’inammissibile invasione russa gli Stati dell’Unione Europea, Italia in testa, hanno accettato acriticamente la linea “interventista” dettata dall’amministrazione USA e dalla NATO rinunciando a una qualsiasi via diplomatica. Il Parlamento italiano ha votato quasi all’unanimità (tranne pochi del gruppo Misto e della componente Manifesta) per l’invio di armi, violando l’art. 11 della Costituzione. LA STESSA MAGGIORANZA TRASVERSALE HA VOTATO A FAVORE DELL’AUMENTO DELLE SPESE MILITARI AL 2% COME DA RICHIESTE USA.

Per fortuna il sentimento nel Paese sembra essere in netta contrapposizione alle scelte dei partiti che sostengono il governo Draghi. Una dimostrazione è sicuramente stata la riuscita della manifestazione contro la guerra di Sabato 5 Marzo a Roma. In piazza quel giorno sono scese circa 50.000 persone con una posizione chiara contro l’invio delle armi e per la pace senza se e senza ma. Altre mobilitazioni si diffondono nel paese.

Se oggi dobbiamo essere chiari nel condannare la guerra intrapresa dal governo russo, altrettanto chiari dobbiamo essere nel denunciare L’INCOSCIENZA E LA MALAFEDE DEI GOVERNI UE E NATO CHE OPERANO PER L’ESCALATION del conflitto.

Mentre scriviamo il prezzo del gas continua a salire, così come l’inflazione e l’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Viviamo il paradosso di aver ascoltato per anni che non c’erano soldi per la sanità, la ricerca, il lavoro e la transizione ecologica, mentre in poche ore gli stati europei hanno trovato miliardi di euro per mettere in moto la macchina della guerra, con buona pace di regole, vincoli e patti di stabilità. Creando così un’economia di guerra, a danno dei popoli, contro cui oggi bisogna con forza far sentire la propria voce.

Crediamo che sia arrivato il tempo di sforzarsi di trovare risorse per costruire pace, equità sociale e attuazione dei diritti. L’unico sostegno che può arrivare per il popolo ucraino, per chi in Russia protesta contro la guerra, è dare forza e voce al movimento pacifista.

 

NON VOGLIAMO:

  • LA GUERRA
  • L’ITALIA IN GUERRA
  • L’ECONOMIA DI GUERRA

 

VOGLIAMO:

  • LA PACE
  • UN NUOVO ORDINE INTERNAZIONALE CHE BANDISCA LA GUERRA
  • LA FINE DEL POTERE DELLE SUPERPOTENZE DI DECIDERE CHI SONO I BUONI E I CATTIVI NEL MONDO
  • LO SCIOGLIMENTO DELLA NATO E DI TUTTI  I BLOCCHI MILITARI
  • LO STOP AL RIARMO MONDIALE
  • LA MESSA AL BANDO DELLE ARMI NUCLEARI

COME DISSE SANDRO PERTINI: CHIUDIAMO GLI ARSENALI APRIAMO I GRANAI!

Deputate della componente Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

 

 

Guerra, Immagini e propaganda – Gianni Lixi

Come social utilizzo twitter e lo utilizzo solamente per tenermi informato su cosa succede nella Palestina occupata . Sono un follower di molti account di cittadine e cittadini palestinesi che mi tengono aggiornato praticamente in tempo reale su tutte le nefandezze che devono sopportare dal popolo che li occupa. Alcuni giorni non ce la faccio. Devo confessare che ogni tanto sono costretto a staccare. Troppo pesante ogni giorno assistere a persone che vengono scientemente deumanizzate, avvilite nella loro dignità perché magari ad un check point un marito implora una ragazzetto super corazzato di fare passare l’ambulanza dove dentro c’è la moglie che sta per partorire, o come quando, con la scusa di una perquisizione fanno denudare l’insegnante davanti ai suoi allievi, oppure vedere filmati dove un genitore corre con il suo bambino in braccio con un buco sulla fronte, o la distruzione di un ospedale a Gaza, di una scuola… tutte immagini che nessuna televisione di stato dei paesi occidentali ci fa vedere (in questo link alcune testimonianze). In questi giorni siamo ubriacati da immagini di atrocità inenarrabili, eppure la difficoltà che ho nel guardare quelle immagini non risiede nelle loro atrocità ma nell’uso che ne fa chi quelle immagini le dispensa. Si vede, si sente che non c’è veramente empatia, coinvolgimento. Se ne fa un uso pornografico. Si pensa allo share , si pensa alla propaganda. Abbiamo assistito ad un conduttore televisivo (spero che i giornalisti non lo considerino un loro collega) andare a condurre la sua trasmissione nei luoghi dove l’atrocità la sofferenza, la morte sono già ampiamente documentate. Nelle notifiche che ogni giorno mi arrivano dalla BBC o dal Guardian la prima cosa che ti dicono è quanti corrispondenti ci sono quel giorno della loro testata nei territori di guerra. Abbiamo 9 corrispondenti, oggi ce ne sono 12 ecc…

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Guerra, ESG e marketing. Il mercato delle cause umanitarie “à la carte” – Vittorio Di Giuseppe

La guerra in Ucraina rilancia gli investimenti nella Difesa. Pubblici e privati. Perfino di fondi che si dicono sostenibili

C’è fermento negli uffici marketing delle multinazionali. Fuori dagli open space del centro c’è una guerra farlocca, perché quella vera in Ucraina chiama al posizionamento e c’è il grosso rischio di non apparire dalla parte giusta della barricata.

È un attimo. Lo sa chiunque cerchi di avere uno sguardo pacifista, o in ogni caso non polarizzato, su quello che sta accadendo sul confine russo. In poco meno di un secondo rischi di essere messo tra i figli di Putin. E per la brand awareness questo è chiaramente un grosso guaio. Per questo è indispensabile avere persone che in pronta reazione si adoperino per scrivere un comunicato stampa, o un post sui social.

Sia chiaro che si parla di apparenza. Di avere le bandiere giuste da sventolare sulle facciate dei grattacieli, non certo di strategie di medio lungo periodo. La salesforce tower di San Francisco, per dire, è addirittura stata costruita prevedendo che di volta in volta i suoi 61 piani potessero essere colorati in base alle cause del giorno. Il municipio di San Francisco ha un calendario delle cause e dei relativi colori che ne addobbano la facciata. Perché il marketing, là, è una cosa seria.

Il cause related marketing, in particolare, è letteralmente uno strumento come gli altri per ottenere un ritorno in termini di immagine e reputazione. E va da sé che, nel momento in cui non servirà più la causa sarà abbandonata. Magari sostituita da un’altra emersa nel frattempo, oppure lasciata sfumare. Alla bisogna, e avendone il carisma, se ne potrà sempre generare anche una ad hoc, qualora niente fosse disponibile sullo scaffale…

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https://www.youtube.com/watch?v=cmeubVBZkkk&ab_channel=RadioRadioTV   Cabras

 

 

scrive F. William Engdahl

…Un mese prima dell’azione militare russa del 24 febbraio in Ucraina, la ricercatrice indipendente sulla guerra biologica, Dilyana Gaytandzhieva ( qui)  ha ottenuto documenti che descrivono in dettaglio ” esperimenti biologici del Pentagono statunitense con un esito potenzialmente letale su 4.400 soldati in Ucraina e 1.000 soldati in Georgia. Secondo i documenti trapelat tutti i decessi di volontari dovrebbero essere segnalati entro 24 ore (in Ucraina) e 48 ore (in Georgia).” Descrive in dettaglio gli esperimenti umani, che includono test per gli anticorpi contro circa 14 agenti patogeni tra cui la febbre emorragica della Crimea-Congo, le specie Borrelia (malattia di Lyme) e altri. Secondo i documenti, i laboratori in Ucraina e Georgia fanno parte di un programma di impegno biologico da 2,5 miliardi di dollari della Defense Threat Reduction Agency (DTRA) del Pentagono che include la ricerca su agenti biologici,virus e batteri resistenti agli antibiotici che componenti di armi biologiche venivano sviluppate in Ucraina, in prossimità del territorio russo. Ha osservato: “Nel corso di un’operazione militare speciale, sono stati scoperti i fatti di una pulizia di emergenza da parte del regime di Kiev delle tracce di un programma biologico militare in corso in Ucraina, finanziato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti “.

In aggiunta a questa prova del posizionamento di armi nucleari e biologiche all’interno dell’Ucraina negli ultimi anni, i paesi membri della NATO occidentale hanno versato miliardi di dollari di equipaggiamento militare, comprese armi anticarro ed esplosivi in Ucraina mentre Zelenskyy, secondo l’opposizione, si sarebbe nascosto in l’ambasciata americana a Varsavia, chiede ripetutamente una “No-Fly zone” della NATO sull’Ucraina, un atto che sarebbe un diretto casus belli di guerra tra Russia e NATO , una guerra che potrebbe rapidamente diventare nucleare o oltre.

La domanda è se questa provocazione lunga anni da parte di Washington e della NATO della sicurezza nazionale russa attraverso l’Ucraina mira a distruggere la vitalità della Russia come nazione sovrana e potenza militare. È una mossa calcolata utilizzare le sanzioni contro la Russia per causare il collasso globale e le crisi energetiche, la carenza di cibo e peggio, tutto per portare avanti l’agenda del Grande Reset di Davos 2030? Dare la colpa al “malvagio Putin” e alla Russia mentre BlackRock e le potenze finanziarie riorganizzano il mondo? È troppo presto per dirlo, ma quello che è certo è che qualunque cosa abbia spinto l’azione della Russia il 24 febbraio 2022 doveva essere molto più grave di quanto ci dicono la CNN o altri media occidentali controllati

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SABATO 19 MARZO 2022: IL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA HA BATTUTO UN COLPO

La mobilitazione che ci ha portato di fronte all’aeroporto G.Galilei di Pisa ha dato i suoi risultati, che sono andati oltre le aspettative dei promotori. 2mila persone hanno partecipato al presidio di fronte all’aeroporto civile e al corteo verso il grande hub aeronautico gestito dalla 46° brigata.

Contemporaneamente si svolgeva una manifestazione cittadina a Roma sulle seguenti parole d’ordine: – Immediato “cessate il fuoco” – Fuori l’Italia dalla guerra – Fuori la Nato dall’Europa -Via le basi dai quartieri popolari -No all’economia di guerra e all’invio di armi, sì alle spese sociali – Basta propaganda di guerra. Una manifestazione molto partecipata, che ha messo al centro la contestazione del Comando Operativo Interforze, struttura militare più importante delle forze armate del paese posizionata nel cuore del quartiere storico romano di Cinecittà.

La mobilitazione toscana, lanciata da un appello delle assemblee di Potere al Popolo!, è cresciuta progressivamente in questi giorni, trovando un momento di forte rilancio a seguito della notizia del rifiuto dei lavoratori del G.Galilei di caricare armi su un cargo civile destinato al trasporto di aiuti “umanitari” per le popolazioni civili ucraine, martoriate dai bombardamenti dell’esercito russo e dalla ferocia delle brigate naziste inquadrate nell’esercito ucraino, che sparano sui corridoi umanitari per impedire lo svuotamento delle città.

Decine realtà politiche, sindacali, associative, studentesche toscane e di altre regioni hanno sottoscritto l’appello. La piazza del 19.3 ha dimostrato che quelle firme non erano pro forma, ma incarnavano una esigenza vera di partecipazione e protagonismo, su un tema centrale dell’agenda politica mondiale. La guerra in Ucraina sta portando tutta l’umanità sul baratro di una guerra mondiale di carattere nucleare, con conseguenze che tutti conosciamo.

I sondaggi ci dicono che oltre il 70% degli italiani dissentono dalle politiche belliciste del governo Draghi. La nostra capacità dovrà essere quella di interpretare questo sentimento diffuso e trasformarlo in una mobilitazione perenne, organizzata, convergente sul comune obiettivo di fermare la macchina di morte implementata in questi anni dalla NATO, dagli USA e dall’Unione Europea, che ha innescato la reazione avventurista dell’esercito russo, governato da una borghesia feroce, che intende mantenere il suo “spazio vitale” sulla pelle del popolo ucraino, ma anche del popolo russo e di tutti gli altri popoli europei…

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Dopo Big Pharma è l’ora di Big Army, l’Italia nella sfrenata corsa al riarmo – Riccardo Gianola

La pandemia da Covid-19 ha prodotto negli ultimi due anni un balzo record dei profitti dell’industria farmaceutica mondiale, a tutti i livelli e per imprese di ogni dimensione. Non si possono fare paragoni azzardati, ma il testimone dei miliardi di spesa e di utili sta passando da Big Pharma a Big Army, dai farmaci alle armi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e le crescenti tensioni internazionali avranno un effetto ancora più ampio e prolungato nel tempo per la cosiddetta industria della Difesa, formula ipocrita con la quale ovunque nel mondo, sia nelle democrazie occidentali sia nei regimi autoritari, si indica la produzione di armamenti che vale almeno 500 miliardi di dollari a livello internazionale, mentre la spesa annuale nel mondo tocca i 2000 miliardi di dollari. Tocca all’industria degli armamenti riempire il portafoglio in nome, ovviamente, della pace e della sicurezza per tutto il pianeta…

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È di notte che arrivano i disertori: «Non voglio morire, ho diritto al futuro» – Michele Bollino

«Non voglio morire e nessuno può obbligarmi ad arruolarmi». I., 26 anni, è fuggito dalle bombe russe su Kharkiv e dal divieto di lasciare il paese imposto agli uomini dal governo di Kiev.

Sarebbe dovuto restare a combattere e ora, davanti al flusso continuo di donne, vecchi e bambini che arrivano dall’Ucraina, si sente in imbarazzo. Aspetta in disparte, la testa china. Sa che il suo posto non è quello.

A Beregsurany, Ungheria, le guardie di frontiera chiudono gli uffici della dogana alle 19 in punto. Al loro posto prendono posizione i militari. Chi è ancora in fila dal lato ucraino torna indietro. La notte è fredda, ma «è di notte che arrivano i disertori, passando per i campi o per il bosco», dice il parroco del luogo che, con la Caritas ungherese, lavora all’help center a poche centinaia di metri dal confine.

«UNA DECINA OGNI NOTTE. Arrivano stremati, fuggono da chi li dovrebbe proteggere – aggiunge il parroco – Noi li aspettiamo qui, sanno dove trovarci. Poi li portiamo alla stazione di polizia perché i loro documenti non sono in regola e noi non possiamo registrarli. Però non respingiamo nessuno, lo status di rifugiato viene dato anche agli uomini».

  1. ha i pantaloni strappati e sporchi di sangue e fango. È passato attraverso un cespuglio di rovi, un ramo gli ha ferito la coscia. Cerca un ricambio nella grande pila di vestiti che i volontari hanno messo a disposizione dei profughi.

«Ma da uomo qui non c’è niente – dice – Mi mancano i miei abiti. Quando trovai lavoro, mio padre mi regalò cinque vestiti fatti su misura e cinque camicie con le iniziali ricamate. Erano il ricordo più importante che avevo di lui, ma non sono riuscito a portarle con me».

La sua fuga è iniziata il primo giorno dell’invasione russa. «Siamo stati svegliati da un gran boato. Kharkiv è stata bombardata subito. Con la mia fidanzata abbiamo deciso di andarcene immediatamente, avevamo paura di restare in trappola come è successo a molti nostri amici. Abbiamo preso i nostri due gatti, messo in valigia due pc e qualche cambio e siamo partiti per Dnipro con la macchina»…

continua qui

 

Da Piacenza una proposta: “ La Pace sempre ”

I bambini e le bambine non scelgono di nascere. Noi adulti  li facciamo venire al mondo e poi ci preoccupiamo assai poco di quale mondo si troveranno a vivere. Certamente tutti, o quasi,  ci commuoviamo di fronte alle tragedie dei popoli (oggi per quello ucraino, ma anche per i giovani soldati russi inviati a morire senza sapere il perché) ma non siamo capaci di indignarci veramente per l’ aumento continuo delle  spese militari  dei potenti della Terra. Questi  sembra non sappiano che abbiamo più armi che riserve alimentari, più militari di medici ( questo ci dice qualcosa in tempi di pandemia?) e che le bombe nucleari possono distruggere il Pianeta svariate volte.

E’ venuto il momento di ascoltare sul serio il pensiero ed il sentire dei più piccoli. Certo loro non votano  e difficilmente riescono ad essere ascoltati dagli adulti. Ci sono sì le varie Dichiarazioni sui Diritti dell’Infanzia e  tante leggi, come quelle   sulla privacy e sulla sicurezza, che si dice siano fatte per tutelare la salute dell’infanzia. In realtà si sono create  rigidità burocratiche e legislative, che ormai assorbono gran parte delle energie delle scuole e che rendono difficile fare una didattica a misura dei bambini. A scuola diventa proibitivo fare un laboratorio di falegnameria, uscire per strada, documentare le attività facendo foto o video. Ma di fronte alle guerre ci arrendiamo e alziamo le mani. Se ascoltassimo i più giovani , le loro parole, i loro scritti, i loro desideri profondi non avremmo dubbi e ci impegneremmo per togliere di mezzo le armi a partire da quelle nucleari. Ma so perfettamente che ci sarà già qualcuno che dirà:” Queste sono ingenuità, se pensassimo a queste cose sarebbero avvantaggiati “gli altri”, che poi non si capisce mai chi sono questi altri. Ma le cose giuste le capiscono meglio gli ingenui, ossia i bambini, perché gli scaltri sono anche quelli che intorbidano  le acque chiare.

Allora proviamo ad ascoltare gli “ingenui”, cioè chi non ha ancora pregiudizi. E’ più importante ascoltare un bambino oppure regalargli il  cellulare a 7 anni  in modo da cercare di compensare l’affetto e l’attenzione che spesso non gli diamo? I bambini hanno fiducia di noi adulti e ci ascoltano pensando che noi sapremo proteggerli. Se lo chiedessimo ora a tutti quei bambini che sono morti sotto le bombe oppure che sono arrivati in fuga dall’Ucraina (ma ricordiamoci anche degli altri che magari arrivano con il barcone) che cosa ci risponderebbero?

Ci rendiamo conto dei guai che stiamo provocando anche ai bambini che non sono coinvolti direttamente dalla guerra, ma soffrono di ansia e paure?  Aspettiamo che arrivi a dircelo qualche famoso studioso e poi ci faccia sentire in colpa?

La guerra non risolve nessuna controversia

La storia dimostra che la guerra non risolve nessuna controversia internazionale e porta morte, distruzione, sofferenza, spostamenti di massa e crisi economica.
Se vogliamo che la storia abbia un futuro dobbiamo dire NO alla guerra, a qualsiasi guerra!

Certo non possiamo rimanere indifferenti ai drammi come quello che si sta consumando in Ucraina. Ma la politica e noi tutti dovremmo ricordarcene per tempo e non aspettare che si consumino tragedie per poi piangere.

Pace e convivenza sempre e comunque

Diventare cittadini consapevoli e operatori di Pace: questi sono gli obiettivi importantissimi che ogni scuola è impegnata a perseguire per i propri studenti, un compito che ogni insegnante affronta quotidianamente. Ma in periodi drammatici come questo che stiamo vivendo, in cui i bambini vengono messi di fronte a immagini e situazioni di guerra così drammatiche, crediamo che l’approccio nei confronti dell’educazione alla pace sia ancora più impegnativo e al tempo stesso urgente.

Favoriamo momenti collettivi di riflessione e di proposta

Bernard Benson, è stato uno scienziato  inglese di fama che ha contribuito alla ricerca di armamenti militari. Ad un certo punto abbandonò tutto e si dedicò alla Pace. Scrisse un bellissimo libro diventato rapidamente un best seller, “Il libro della Pace” edizioni Gruppo Abele (che consiglio vivamente di leggere insieme ai bambini), dove la passione e la tenacia di un ragazzino riescono a salvare la terra dal rischio dell’estinzione a causa delle armi nucleari. Questo non è solo un bel libro ma potrebbe  diventare realtà se ci fosse  maggiore consapevolezza da parte degli adulti e  attenzione verso il mondo infantile.

Per questo motivo suggeriamo di affiancare al prezioso lavoro che ogni giorno le scuole e gli insegnanti svolgono all’interno della classe, un momento collettivo che dia un senso corale alle riflessioni di bambini e ragazzi. Un momento che gli alunni e le alunne possano condividere con i loro coetanei, ma anche con i genitori e tutta la cittadinanza, le loro sensazioni, la disapprovazione per la guerra, ma anche la determinazione per la Pace.

Bambine e bambini, ragazzi e ragazze fatevi sentire!

Rivolgiamo quindi un invito a bambini e ragazzi:  fatevi sentire!Non assecondate chi vi vuole passivi. Pensate all’importanza di Greta Thunberg che appena sedicenne è riuscita a sconvolgere i piani dei potenti e a mobilitare milioni di ragazzi. Bambini e ragazzi liberate al mondo i vostri pensieri di Pace. Costringete i Presidenti ad ascoltarvi.

Da Piacenza il Movimento di Cooperazione Educativa propone “La Pace sempre”

Il Gruppo di Piacenza del Movimento di Cooperazione Educativa – associazione professionale di docenti, educatori e persone interessate alla scuola – aveva  proposto a tutte le scuole piacentine un evento da tenersi contemporaneamente, stesso giorno e stessa ora. Ora la nostra iniziativa è sta fatta propria dalla Segreteria Nazionale del Movimento di Cooperazione Educativa e si è concretizzata in una proposta  rivolta a tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado, ma non solo. Infatti invieremo la proposta di aderire all’ iniziativa, tramite la Fimem (Federazione Internazionale dei movimenti di scuola moderna) a tutti i gruppi di insegnanti di scuola attiva del Mondo.

4 aprile ore 11 “La Pace sempre”

L’evento si chiamerà “La Pace sempre” e si terrà   Lunedì 4 aprile alle ore 11. In quel giorno e a quell’ora in ogni Scuola, ci si troverà in uno spazio adeguato (cortile, giardino, palestra) dove i bambini e le bambine potranno condividere un flashmob /performance, realizzando un’immagine che li/le riprenda  dentro alla parola PACE tracciata sul pavimento.

Abbiamo scelto il  4 aprile poiché è la giornata Internazionale che l’Onu dedica alla lotta contro le mine antiuomo.

Troppe persone e troppi bambini continuano ad essere uccisi o mutilati da queste terribili armi

Per informazioni e adesioni  comunicare a piacenza@mce-fimem.it   cellulare 334 3156348 Roberto Lovattini

Le immagini inviate a piacenza@mce-fimem.it  saranno pubblicate in uno spazio virtuale dedicato.  http://www.mce-fimem.it/

Cosa ne dite? Ci aiutate a farla diventare una bella realtà?

Roberto Lovattini, Mce Piacenza

 

BENITO D’IPPOLITO: PREPARANDO UN ESPOSTO CONTRO IL GOVERNO ITALIANO PER VIOLAZIONE DELLA COSTITUZIONE

Chi armi invia dove una guerra e’ in corso
benzina sul fuoco gettando
vuole che altri esseri umani muoiano
servendo le armi le persone a uccidere
e’ quindi un assassino e uno stragista
complice della guerra e dei massacri
e sulla guerra e sui massacri specula
per fini sordidi di servitu’ e potere.

Il governo italiano ha gia’ commesso la follia
delle sanzioni che ci affameranno tutti
(ma non i ricchi e i potenti cui i denari
escono dalle orecchie e con le guerre
fanno golosi succulenti affari)
sapendo bene che quelle sanzioni
la guerra non avrebbero fermata
ma estesa inferocita e rafforzata.

Inviando armi ci si fa partecipi
dell’uccisione di altri esseri umani
della prosecuzione delle stragi
e degli orrori. Ci si rende complici
della guerra che continuando
l’intera umanita’ piu’ sterminare.

Non si contrasta la guerra e la barbarie
non si salvano le vite in pericolo
fornendo armi alla guerra e alla barbarie.

Non si contrasta la guerra e la barbarie
non si salvano le vite in pericolo
se non ci s’impegna per la pace
se non ci s’impegna per il disarmo immediato
se non ci s’impegna per la smilitarizzazione dei conflitti
se non ci s’impegna per la gestione nonviolenta dei conflitti
se non ci s’impegna per la difesa popolare nonviolenta.

Non si contrasta la guerra e la barbarie
non si salvano le vite in pericolo
se non inviando aiuti umanitari
se non soccorrendo accogliendo assistendo tutte le vittime
se non riconoscendo l’umanita’ di ogni essere umano.

Non si aiuta il popolo ucraino
mandando strumenti di morte
non si aiuta il “cessate il fuoco”
mandando strumenti di morte
non si aiuta il negoziato necessario a porre fine alla guerra
mandando strumenti di morte
non si salvano le vite
mandando strumenti di morte.

Non si ferma la folle scellerata guerra dal governo russo scatenata
mandando strumenti di morte
non si ottiene la fine delle stragi e delle distruzioni
mandando strumenti di morte
non si aiuta l’opposizione del popolo russo alla guerra
mandando strumenti di morte
non si salvano le vite
mandando strumenti di morte.

Ogni fucile spezzato e’ una vita salvata
Ogni arma in meno e’ una persona viva in piu’
solo facendo il bene si contrasta il male
solo la nonviolenza puo’ sconfiggere la violenza.

Chi ama il popolo ucraino
mandi pane coperte medicine
non mandi armi assassine
chi ama il popolo ucraino
apra le case a chi fugge dalla guerra
non mandi armi assassine
chi ama il popolo ucraino
e con esso l’umanita’ intera
non mandi armi assassine
ma si adoperi per il bene comune
per la fine di tutte le guerre
per salvare tutte le vite.

Ogni vittima ha il volto di Abele
solo la pace salva le vite
salvare le vite e’ il primo dovere.

Nota diffusa a cura del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo

Viterbo, 22 marzo 2022

“Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt@gmail.com

 

 

 

 

Il caso degli “ZINGARI” sfuggiti dagli orrori della guerra in Ucraina ed incappati in quello del razzismo in paesi occidentali di “alta civiltà” è stato sollevato nel Parlamento Italiano  e portato all’attenzione del Governo perché intervenga (speriamo) nelle sedi opportune.

In allegato il testo della interrogazione al Ministro degli Esteri ed al Ministro degli Interni.

Interrogazione a risposta scritta 4-11639 presentata da FASSINA Stefano

FASSINA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell’interno. —

Per sapere

– premesso che:

la cifra comunicata dall’Alto commissario ai rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr), di oltre due milioni di persone già oggi costrette a lasciare l’Ucraina per sfuggire alla guerra, rappresenta una delle drammatiche conseguenze dell’invasione da parte della Russia;

il Consiglio europeo ha adottato una decisione di esecuzione che introduce una protezione temporanea ai cittadini ucraini nonché ai cittadini di Paesi terzi o agli apolidi che beneficiano di protezione internazionale residenti in Ucraina e ai cittadini di Paesi terzi residenti in Ucraina, titolari di un permesso di soggiorno permanente, che non possono tornare in condizioni di sicurezza nel proprio Paese; gli Stati membri applicano la protezione temporanea o un’adeguata protezione ai sensi del loro diritto nazionale;

nonostante tale previsione, diverse organizzazioni internazionali hanno accertato la fondatezza delle notizie circa discriminazioni, violenze e xenofobia contro cittadini di Paesi terzi che tentano di fuggire dal conflitto in Ucraina attraversando le frontiere nei Paesi confinanti;

inoltre, l’European Roma Rights Centre (Eccr), con sede a Bruxelles, impegnata da oltre 20 anni nella tutela dalle discriminazioni e nella promozione dei diritti della comunità Rom e Sinti, denuncia un trattamento discriminante per i profughi appartenenti a queste comunità;

in Ucraina vivono ufficialmente poco più di 47 mila Rom, ma le persone appartenenti a questa comunità potrebbero essere però tra le 120 mila e le 400 mila, stando ai dati raccolti da Ong e associazioni internazionali e rilanciati dall’Eccr in un report pubblicato nel 2018, stime tanto variabili, come conseguenza di anni di discriminazioni dal punto di vista istituzionale e amministrativo e quindi di una mancanza di documenti di riconoscimento;

altre organizzazioni e media hanno denunciato la discriminazione, la selezione dei profughi in base a origine di nascita, etnia, colore di pelle sia in Slovacchia che in Polonia, che colpisce anche gli appartenenti alle comunità Rom e Sinti dell’Ucraina;

tale comportamento costituisce una violazione della decisione del Consiglio europeo di riconoscimento della protezione temporaneo e delle norme di diritto internazionale, alla quale deve essere urgentemente posto rimedio –:

quali iniziative il Governo intenda porre in essere in ambito europeo, per garantire la protezione temporanea decisa dal Consiglio europeo a tutti i cittadini e residenti in Ucraina senza che siano operate discriminazioni dei profughi in base a origine di nascita, etnia, colore della pelle, come quelle a cui sono sottoposti, secondo le denunce richiamate in premessa, i cittadini e i residenti in Ucraina appartenenti alle comunità Rom e Sinti.
(4-11639)

 

Fuori dalla Nato 

Trova le differenze

I bombardamenti “umanitari” della Nato nella Serbia sono durati 78 giorni consecutivi e hanno causato la distruzione di 82 ponti, 13 aeroporti, 20 stazioni ferroviarie e 121 fabbriche. Complessivamente, alla Serbia i bombardamenti aerei hanno causato danni per 100 miliardi di dollari oltre all’uccisione di almeno 500 civili e a migliaia di feriti.
L’esercito alleato entrò nella regione, senza combattere, solo dopo aver fatto tabula rasa delle istallazioni militari e di quelle civili.
Senza alcuna legittimità.
Ora la Nato si arroga il diritto di fare la morale ai russi.
La vera domanda, dunque, è: a oltre 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e ad oltre 30 dalla caduta del muro di Berlino ha ancora senso la Nato? Un’associazione di Paesi eterodiretti dai gringos.
Perché l’Italia deve ancora essere un deposito di armi straniere?
Cosa giustifica la colonizzazione militare del nostro Paese data la presenza delle 115 basi Usa sul nostro territorio?
Per quanto ancora dobbiamo essere una polveriera di un paese, gli Usa, distante migliaia di chilometri?
La “riconoscenza” per averci aiutato a liberare dai nazi-fascisti presuppone una perdita di sovranità a tempo indeterminato?  Non è stato, in fin dei conti, un paradossale passaggio di consegne da un secondino ad un altro?
Ciò che davvero dovrebbe far riflettere è che, tranne poche istanze, nessuno pone in discussione questo status quo: lo si dà scontato e sembra persino vietato metterlo in discussione.
M. R.

da qui

 

Ballata della guerra – Edoardo Sanguineti
dove stanno i vichinghi e gli aztechi,
e gli uomini e le donne di Cro-Magnon?
dove stanno le vecchie e nuove Atlantidi,
la Grande Porta e la Invincibile Armata,
la Legge Salica e i Libri Sibillini,
Pipino il Breve e Ivan il Terribile?
tutto è finito, lì a pezzi e a bocconi,
dentro le molli mascelle del tempo:
qui, se a una cosa non ci pensa una guerra,
un’altra guerra ci ha lì pronto il rimedio:

dove stanno le Triplici e Quadruplici,
la Belle Epoque e le Guardie di Ferro?
dove stanno Tom Mix e Tom Pouce,
il Celeste Impero, gli Zeppelin, il New Deal,
l’Orient Express, l’elettroshock, il situazionismo,
il twist, l’O.A.S., i capelli all’umberta?
tutto è finito, lì a pezzi e a bocconi,
dentro la pancia piena della storia:
qui, se a una cosa non ci pensa una guerra,
un’altra guerra ci ha lì pronto il rimedio:

oh, dove siete, guerre di porci e di rose,
guerre di secessione e successione?
oh, dove siete, guerre sante e fredde,
guerre di trenta, guerre di cento anni,
di sei giorni e di sette settimane,
voi, grandi guerre lampo senza fine?
finite siete, lì a pezzi e a bocconi,
dentro il niente del niente di ogni niente:
qui, se a una guerra non ci pensa una pace,
un’altra pace ci ha lì pronta la guerra:

principi, presidenti, eminenti militesenti potenti,
erigenti esigenti monumenti indecenti,
guerra alle guerre è una guerra da andare,
lotta di classe è la guerra da fare.

 

Peace Brigades International esprime la sua più profonda preoccupazione per le gravi violazioni dei diritti umani che si stanno verificando nel contesto della guerra in Ucraina e per l’escalation bellica del conflitto.

“Come organizzazione impegnata per la pace, la risoluzione nonviolenta dei conflitti e la smilitarizzazione, uniamo la nostra voce a quella di coloro che chiedono la fine immediata di questa guerra”.

L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) ha già registrato 1.761 vittime civili (di cui 636 mort*) in Ucraina dal 24 febbraio (inizio dell’aggressione Russa) fino al 13 marzo. L’OHCHR ha dichiarato di “ritenere che le cifre effettive siano considerevolmente più elevate”. È stato anche riferito che durante questo periodo si stima siano morti 1.300 soldati ucraini e fino a 6.000 soldati russi.

L’invio di materiale bellico, così come la legittimazione di un atteggiamento bellicista, desta in noi estrema preoccupazione.

Nonostante l’appello del segretario dell’Onu, Antonio Guterres, per «l’immediata cessazione delle ostilità e la promozione di seri negoziati basati sui principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale”, molti Paesi hanno risposto con la spedizione di materiale bellico e la promessa di aumentare le spese militari.

L’impatto di questa iniziativa ci preoccupa, poiché potrebbe portare al perpetuarsi del conflitto armato e alla sofferenza per la popolazione civile a livello mondiale. Allo stesso modo, siamo preoccupati che sotto lo slogan della “sicurezza”, vengano riconosciuti come “importanti alleati” della NATO Paesi ed eserciti contro i quali esistono denunce e sentenze per gravi violazioni dei diritti umani e crimini contro l’umanità.

“PBI invita tutte le parti, in particolare i leader politici e i media, a fare estrema attenzione al linguaggio nel contesto dei discorsi pubblici e, soprattutto, ad esplorare tutti i canali diplomatici possibili per la costruzione di uno scenario di pace”.

In uno scenario di polarizzazione internazionale, la stigmatizzazione delle posizioni pacifiste è allarmante…

continua qui

 

L’INFINITA GUERRA UCRAINA DELL’ALBRIGHT STONEBRIDGE GROUP – Comidad

Mentre la Russia sta facendo una guerra cercando di spendere il meno possibile, gli USA, pur ufficialmente non in guerra, cercano invece di spenderci il più possibile. Il presidente Biden invia 800 milioni di dollari di “aiuti” all’Ucraina e, nel frattempo, cerca di silurare i negoziati e di inasprire la situazione dando del criminale di guerra a Putin. Non è neppure certo che esista davvero la mitica resistenza ucraina di cui narrano i media, per cui la lentezza russa potrebbe essere una normale precauzione per ripulire preventivamente il terreno da eventuali cecchini e campi minati. Il vero destinatario delle armi americane ed europee dovrebbe essere perciò la Polonia; per cui a Zelensky, forse già rifugiato a Varsavia, spetta di proseguire la sceneggiata finché i contratti di fornitura militare non saranno stati firmati. (1)

L’aspetto più interessante però è capire chi si giovi effettivamente di quegli 800 milioni, e non solo di quelli. In questo periodo molti osservatori estranei al contesto della propaganda ufficiale, hanno individuato, come personaggio centrale della guerra ucraina, il sottosegretario di Stato USA Victoria Nuland, diventata famosa per due episodi, uno del 2014 ed un altro recentissimo. Nel 2014 circolò una frase icasticamente liquidatoria della Nuland sul ruolo dell’Unione Europea nella crisi Ucraina; pochi giorni fa la stessa Nuland, in un’audizione al senato statunitense, ha ammesso l’esistenza sul suolo ucraino di laboratori di bio-ricerca finanziati dagli USA, in pratica armi biologiche. Il giornalista investigativo americano Robert Parry, scomparso qualche anno fa, ha dedicato alla Nuland (ed anche a suo marito, l’ideologo neocon Robert Kagan) un documentato articolo dal titolo molto espressivo: “Un business di famiglia della guerra perpetua”, nel quale si trattava diffusamente della destabilizzazione operata dalla coppia in Ucraina. (2)

Si parla spesso, del tutto a sproposito, di “impero americano”, mentre in realtà non si riscontra alcuna strategia imperiale, dato che non ha avuto alcun senso strategico favorire l’avvicinamento di Russia, Cina ed Iran, che sarebbero invece potenze naturalmente concorrenti tra loro. Ancora più assurdo è che si stia fomentando il revanscismo polacco, poiché Russia e Germania, al di là delle partnership commerciali alla Gerhard Schroeder, rimarrebbero comunque potenze rivali, salvo convergere, da sempre, su un unico interesse politico in comune, cioè stroncare le velleità imperiali della Polonia.

In realtà la politica USA è un imperialismo meramente affaristico gestito da lobby trasversali al pubblico ed al privato. La Nuland è un caso clamoroso di porta girevole, sia tra gli schieramenti politici, sia tra il pubblico ed il privato. Ha collaborato con l’amministrazione repubblicana di Bush Jr., con l’amministrazione Obama, ed ora con Biden. La Nuland però entra ed esce da anni da una società privata di consulenza diplomatica e commerciale, l’Albright Stonebridge Group (ASG), fondato da un’altra esponente politico di spicco, Madeleine Albright, segretario di Stato durante la seconda presidenza Clinton. (3)

Nata a Praga, la Albright ha preso la cittadinanza americana adottando un nome di anglosassone ridondanza, ma ha coltivato i suoi contatti nell’Europa dell’Est, poiché ha capito che il rancore (peraltro comprensibilissimo) dei suoi conterranei nei confronti della Russia poteva essere trasformato in un grande business di guerra infinita. Se un personaggio come lei vivesse in Russia, verrebbe definita dai media una “oligarca”, ma, visto che ora è americana, le spetta sicuramente il titolo di “miliardaria filantropa”, infatti la Albright ha sempre tenuto ad informarci che lei fa “scelte morali”. All’ex cancelliere tedesco Schroeder si contesta il suo conflitto di interessi per Gazprom; ma forse il suo business viene considerato immorale solo perché non ha implicazioni guerrafondaie. Come diceva Nietzsche, le guerre non hanno bisogno di essere giuste, anzi, è la guerra a giustificare tutto.

L’Albright Stonebridge Group può essere considerato un monumento alla porta girevole ed al conflitto di interessi. Ai propri clienti l’ASG fa sapere che riserverà loro un trattamento personalizzato, come a dire: in base al vostro particolare business, vi confezioniamo una guerra ad hoc. (4)

Un saggio notevole sull’argomento del conflitto di interessi nel business bellico, è “The revolving door and the entrenchment of the permanent war economy” di Thomas K. Duncan, del dipartimento di economia della Radford University. L’analisi di Duncan illustra la gestione dei business bellici da parte di personaggi che ricoprono un doppio ruolo pubblico e privato, e ammantano i loro business di slogan idealistici che fanno appello ai “valori occidentali”, secondo uno schema collaudato dai Neocon, che ora sono transitati dall’area del Partito Repubblicano al Partito Democratico. (5)

La leggenda sui Neocon attribuisce un’origine trotzkista a molti suoi esponenti, ma in effetti era ovvio che, per impadronirsi appieno del linguaggio “idealista” e rivoluzionario da riutilizzare a scopi pubblicitari, si frequentassero anche ambienti dell’estrema sinistra antistalinista. La potenza del lobbying consiste nel suo automatismo, nell’essere una macchina affaristica e pubblicitaria che schiaccia con gli slogan e i fatti compiuti ogni elaborazione politica, che richiederebbe tempi più lunghi.

L’ASG infatti è presente, e invadente, nella crisi Ucraina praticamente da sempre, sia attraverso la Nuland, sia in forma diretta. Nel 2014 la stessa fondatrice del gruppo, Madeleine Albright, dichiarò ai media le linee di condotta da adottare per la politica estera USA nella questione ucraina, che ora sono le stesse seguite da Biden. (6)

1) https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2022/03/16/ucraina-biden-pronto-ad-annunciare-800-milioni-in-aiuti-alla-sicurezza_942fc768-76b3-47ec-a7d2-a2f539e496f6.html

2) https://consortiumnews.com/2015/03/20/a-family-business-of-perpetual-war/

3) https://www.albrightstonebridge.com/news/press-release-victoria-nuland-rejoins-asg

4) https://www.albrightstonebridge.com/

5) https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2547996

6) https://www.albrightstonebridge.com/news/asg-chair-madeleine-albright-vice-chair-jim-obriens-op-ed-washington-post-wests-obligation

da qui

 

UNA GOCCIA DI STORIA – Aldo Zanchetta

Il 24 marzo del 1999 aerei  NATO  partiti da aeroporti italiani bombardarono le città di Belgrado e Pristina. Domani, rispetto a quando scrivo, ricorrono 23 anni da quella infausta data.

Una premessa: ricordando questa data e alcuni  fatti connessi a questa guerra non intendo suggerire alcun giudizio sull’attuale conflitto russo – ucraino. La presente é solo una considerazione su come l’attuale informazione dall’alto è intrisa di menzogna e violenza psicologica. Ognuno tragga le conseguenze che vuole o che può. Come suol dirsi, ogni riferimento a vicende attuali è puramente casuale.

Torniamo alla guerra della NATO contro la Jugoslavia. <<Durante i tre mesi di bombardamenti di città e villaggi, sono stati uccisi 2.500 civili, tra i quali 89 bambini, 12.500 feriti. In queste cifre non sono comprese le morti di leucemia e di cancro causate dagli effetti delle radiazioni delle bombe ad uranio impoverito>>. Queste le parole di Boris Tadić, presidente della Serbia dal 2004 al 2012, nel decennale dei bombardamenti, davanti al Consiglio di Sicurezza della Nato, ricordando  <<i 2.300 attacchi aerei che hanno distrutto 148 edifici, 62 ponti, danneggiato 300 scuole, ospedali e istituzioni statali, così come 176 monumenti di interesse culturale e artistico.>>

Come si vede i bambini (e le donne) vengono ovviamente uccisi in tutte le guerre, anche se si usano “bombe intelligenti”. Oggi ben sappiamo che le guerre, per essere giustificate presso l’opinione pubblica, devono essere umanitarie (Irak, Afganistan, Libia, Siria …). Nel caso specifico venne tutto preparato psicologicamente in anticipo per influenzarla, secondo i nuovi canoni delle guerre umanitarie.

Jože Pirjevec, autore de Le guerre jugoslave 1991-1999 (ed Einaudi, 2001), che all’epoca era professore di Storia dei paesi slavi all’Università di Trieste, scrive nel libro:

Per rafforzare tale convinzione (cioè che in Kosovo erano in atto massacri da parte dei serbi, nota di chi scrive) nella coscienza dei telespettatori occidentali, furono mobilitati alcuni noti psicologi e manipolatori dell’opinione pubblica, fatti venire espressamente da Washington, Londra, Bonn, Parigi e Roma a Bruxelles, dove fu organizzato, dopo la prima settimana della campagna, un <<Centro Operativo Media>> (MOC) incaricato di informare i giornalisti accreditati presso la NATO nella maniera “giusta”. L’unica battaglia che avremmo potuto perdere, disse Alain Campbell, il <<Rasputin di Blair>> che lo aveva mandato a dirigere questa postazione chiave, -era quella per i cuori e le menti. Le conseguenze sarebbero state la cessazione dei bombardamenti da parte della NATO e la sconfitta in guerra. (pag.617)

Presidente del Consiglio in Italia allora era Massimo D’Alema, e Lamberto Dini era ministro degli esteri. Il primo, come ricorderete, era uomo di spicco della sinistra mentre il secondo era attribuito al centro destra. Scrive ancora Pirjevec:

In questa atmosfera di demonizzazione dei serbi (fosse comuni a iosa in Kosovo, nds), furono vani gli appelli di Dini, che, sotto pressione di buona parte dell’opinione pubblica italiana, propose più volte l’interruzione dei bombardamenti. Alla vigilia della Pasqua, che cadeva il 4 aprile, egli fece proprio l’invito del Papa affinché almeno durante le feste i raid aerei fossero sospesi. Ma Joschka Fisher (decantato leader dei verdi tedeschi, nds) – per quanto vicino agli italiani – tagliò corto: <<Che cristiano è quello che si ferma per permettere ad altri cristiani di ammazzare i musulmani?>>. I principi etici della campagna furono ribaditi anche dal segretario della NATO, che il 7 aprile tenne dinanzi alla Commissione dei Diritti dell’uomo delle Nazioni Unite un discorso in cui, oltre a sostenere che in Kosovo veniva attuato con ogni probabilità (Sic! Corsivo dello scrivente) un genocidio, affermò che stava emergendo una nuova norma internazionale contro la repressione violenta delle minoranze, la quale doveva avere la precedenza sulle preoccupazioni relative alla sovranità: nessun governo aveva il diritto di nascondersi dietro la sovranità nazionale per violare i diritti dell’uomo. (pagg. 618/619)

In altra occasione Dini aveva insistito nella proposta di interrompere i bombardamenti e fu freddato da Madelene Albright che nel clima di falsa familiarità che vige in queste riunini, lo gelò dicendo <<Proprio non ti capisco, Lamberto>>. Ricordo anche che D’Alema, nel corso di una riunione tenutasi 10 anni dopo, interrogato se avesse cambiato opinione sulle ragioni della guerra dopo che indagini di una commissione delle Nazioni Unite aveva cambiato sostanzialmente il quadro conoscitivo, affermò che la avrebbe rifatta. L’inganno delle etichette. Per inciso Madeleine Albright, segretario di stato statunitense, giocò un ruolo fondamentale per scatenare la guerra della NATO tanto che questa fu definita dallo stesso Washington Post come <<la guerra di Madeleine>>.

Sulle cifre del presunto genocidio elevate all’ennesima potenza c’è stata una danza infernale (fino a ottocentomila vittime, si disse per sollecitare l’intervento!). In Italia Walter Veltroni, sempre all’erta per non essere da meno dell’eterno rivale D’Alema di fronte all’opinione pubblica, sposò la menzogna, affermando che il Kosovo era scenario del “più terribile genocidio degli ultimi cinquant’anni dopo l’Olocausto”. L’ONU anni dopo ridimensionò i morti totali in Kosovo a meno di diecimila. Ancora tanti, certo. Tutti in carico ai serbi? No certamente, come certificò la stessa ONU. La letteratura oggi disponibile per ricostruire la verità è vasta e consolidata ma, come sappiamo, nell’opinione pubblica è la prima versione quella che resta. Serbi infami…

Nell’introduzione al libro Menzogne di guerra. Le bugie della NATO e le loro vittime nel conflitto per il Kosovo di Jürgen Elsässer, redattore del mensile tedesco Konkret (ed. La Città del Sole, 2002) Andrea Catone racconta come la Hill&Knowlton, <<ditta USA di <pubbliche relazioni>, specializzata nella creazione di immagini positive per le dittature di tutto il mondo, si fosse adoperata per diffondere l’immagine serbi=nazisti dopo che il New York Times del 23 agosto 1992 aveva pubblicato: I servizi di informazione USA hanno raddoppiato gli sforzi ma non hanno trovato alcuna prova di sistematici massacri dei prigionieri croati o musulmani nei campi serbi>>. Sempre nell’introduzione, si riporta una intervista a James Hart, direttore dell’agenzia Ruder&Finn, una delle agenzie implicate nel piano per influenzare l’opinione pubblica mondiale e dalla quale estraiamo una parte:

[…] <<La cosa è andata in maniera formidabile: l’ingresso in gioco delle organizzazioni ebraiche a fianco dei bosniaci fu uno straordinario colpo a poker. Automaticamente abbiamo potuto far coincidere, nell’opinione pubblica, serbi e nazisti. Il dossier era complesso, nessuno capiva cosa succedeva in Jugoslavia, ma in un colpo solo potevamo presentare una situazione semplice, con buoni e cattivi. Immediatamente ci fu un cambiamento molto netto nel linguaggio della stampa con l’uso di termini ad alto impatto emotivo, come “pulizia etnica”, “campi di concentramento”, ecc., il tutto evocante la Germania nazista, le camere a gas di Auschwitz. La  carica emotiva era così forte che nessuno poteva più andarvi contro che quello che dicevate era vero”, a rischio di venire accusato di revisionismo.

Domanda: << Ma tra il 2 e il 5 di agosto voi non avevate nessuna prova che quello che dicevate era vero.>>

Risposta: <<Il nostro lavoro non è verificare l’informazione. Noi non abbiamo affermato che esistevano dei campi della morte in Bosnia, noi abbiamo fatto sapere che lo affermava Newsday.

D.: <<Vi rendete conto della vostra enorme responsabilità?>>

R.: <<Noi siamo professionisti. Avevamo un lavoro da compiere e l’abbiamo fatto. Noi non siamo pagati per fare la morale>>.

Continuiamo a farci raccontare da TV e giornali la guerra ora in corso.

 

(*) il premio Nobel che canta è Bob Dylan

L’immsgine in evidenza è stata regalata alla “bottega” da Piero Brombin

 

 

Redazione
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2 commenti

  • Come si può far girare di più la vostra informazione? Come si può contribuire con un articolo?

  • Gian Marco Martignoni

    Da quando sono in pensione completo tra la domenica e il lunedì mattina la lettura de Il manifesto della settimana precedente, prima di portarli ad un compagno più anziano di me , a cui devo molto per la mia formazione politica ed anche per non buttare i giornali nella carta straccia. Pertanto, segnalo questa testimonianza raccolta da Sabato Angieri da un taxista ucraino, che si rifiuta di combattere, : ” Azov ha preso il controllo dell’Ucraina . Zelensky è solo una pedina nelle loro mani e fa tutto ciò che gli ordinano. Le persone si illudono che Azov stia combattendo per l’indipendenza ma è solo propaganda ” ( giovedì 24c.m ) Azov, è il famigerato battaglione filo-nazista da sempre schierato militarmente dal 2014 contro le regioni del Donbass.

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