Harness, McDonald e l’estate Urania
Un altro martedì con Bb&ua (bloggheria barbieri e umanoidi associati)
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Dell’estate di Urania alcune cose mi sembrano consigliabili: l’Harness e il McDonald dei quali dirò qui sotto; un trittico di Michael Moorcock; il mio amato, quasi adooooooorato Robert Sawyer («Apocalisse su Argo» mi era sfuggito). Tutti in uscita ad agosto, salvo uno già in edicola; e tutti più o meno “vecchi”. Il resto, come ho già scritto, in partenza mi entusiasma poco lascia ma se leggendo cambio idea vi faccio un fiiiiiiiischio.
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«L’odissea del superuomo» di Charles Harness viene lanciato da Urania come «un romanzo che sarebbe piaciuto a Einstein»: bum. Mentre i due racconti che lo accompagnano vengono presentati come particolarmente affascinanti per musicisti e giocatori di scacchi; qui concordo e aggiungo che anche artisti vari, fisici, «ontologi» (se ne esistono), «edenisti» (cioè studiosi dell’Eden) e fans dei topi trarranno mooooolte soddisfazioni dalle 2 storie brevi. Per quel pochino che lo conosco (e poco ne è stato tradotto in effetti) Harness è un geniale “casinaro”: ricco di idee che non sempre sono sorrette da una scrittura adeguata (ma sospetto anche che qualche traduzione italiana non sia curata). A me piaciucchiò «Sogni pericolosi» (divertente ma poco fs e tirato per le lunghe); non mi aggradò per un piffero «Astronave senza tempo»); e infine trovai confuso, un po’ sadico ma interessantissimo (specie finale e post-finale) «Paradosso cosmico»: la nonviolenza dei neandherthaliani deve essere apparsa così sconvolgente dalle parti di Urania che lo pubblicarono con 32 anni di ritardo. Nel caso di questo «The Rose» del 1953 io l’ho ri-letto nella vecchia edizione Galassia del 1970; per ora ignoro se Urania lo abbia ritradotto. Mi piacciono le storie che provano a immaginare «l’oltre Sapiens» e qui c’è da godere sui concetti, con qualche dubbio sul lieto fine e su qualche passaggio narrativo. Qualche punto saliente: arte e scienza si scontrano sino alla fine; il vecchio Oscar Wilde spunta sempre fuori; paradossi (tipo «La sicurezza è pericolosa») a go-go; l’analisi Zipf delle parole; geniale il «paragrafo 6 nel Manuale dell’umorismo militare»; «dove vanno i nostri pensieri dopo che li abbiamo pensati?»; occhio alla ghiandola pineale; nel capitolo 14 incalzanti «gli schemi ritmici»; e nel 16° i colori della pittura e i trucchi dei levo-destri sono esposti al meglio. Il breve racconto «I giocatori di scacchi» è assai bellino mentre il più lungo «La nuova realtà» richiederebbe un esame attento… ma qui vige la regola (quasi inderogabile) di non rivelare le trame. Però sono certo che alcune/ di voi si faranno prendere nella rete della «Conformazione involontaria degli stimoli subentrati alla massa di percezione», individuata da un certo studentello che poi scompare… Stra-bello il trucco della moneta (posso confermare che funziona; rileggendo mi sono ricordato che, anni fa, io e Riccardo Mancini lo “provammo”). Sugli errori degli “antichi” nelle scienze il protagonista di Harness ha più torto che ragione, secondo me. Quanto alla «insaziabile fame dell’essere umano per i mutamenti»… cosa credete che stiamo qui a fare? Attenti al finale sospeso e a due vocali che diventano nomi completi, per un “nuovo inizio”.
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L’Urania già in edicola (138 della Collezione: 192 pagine per 5.90 euri, traduzione di Antonio Caronia; era già uscito da Einaudi nel 1997) è «Forbici vince carta vince pietra» – splendido titolo – del 1994 di Ian McDonald, romanzo breve accompagnato da tre racconti che proprio non definirei “di contorno. E anzi «Angelo registratore» da solo vale la spesa: un inizio splendido, grande amore per l’Africa “aliena” e una catastrofe (o una xenoformazione?) in versione «no», cioè una delle forme del teatro classico giapponese. Invece il secondo e il terzo racconto – «La ruota di santa Caterina» e «Viene l’uomo della pioggia» – per i miei gusti sono discreti e basta: belle atmosfere, ben scritti ma poco fs, sconclusionati e non abbastanza “tramosi”. Una critica simile si potrebbe fare – a esser cattivelli – a questo romanzo e ad altra produzione di McDonald, penso per esempio a «Il circo dei gatti di Vishnu» (piacevole romanzo breve, già recensito qui in blog). «Forbici vince carta vince pietra» si legge con piacere, specie se non siete occidental-centrici e se vi interessa anche una ricerca spirituale. Alcune definizioni e battute sono quelle che finiscono nel «Fscmrapo», il vocabolario personale dove chiunque (o quasi) scriva si ritrova ad annotre appunto «frasi splendide che mi rivendo alla prima occasione». Un paio di esempi? «Ogni eden ha il suo serpente» oppure «L’umanità non riesce a sopportare una dose troppo alta di divino» o una citazione di Bertrand Russell («Com’è desiderabile conoscere») in mezzo alla quale poi qualcuno aggiungerà un «non». Stati alterati di coscienza; un «nuovo ordine sociale formato dalle colonie di donne singole»; la distanza fra amore e violenza (così simili a volte)… Ricco di idee e di scrittura ma io l’ho letto più come un taccuino di appunti che come un romanzo.
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La settimana prossima vi illustro il nuovo «F&Fs»…. se non mi precede Mauro Antonio Miglieruolo. By-bit.
Non ti precedo. Quasi mai ti precedo. Sei un fulmine nelle recensioni.
Riprenderò a commentare F&FS in autunno, i numeri dal 5 in poi mi sono appena arrivati.