Hasta la paz – II parte

Viaggio nella Comunità di Pace di San Josè de Apartadò

di Nelly Bocchi

23 dicembre (Mulatos)

Ci alziamo dall’amaca abbastanza presto, verso le 6.30, svegliati, come è consuetudine qui, dal  canto del gallo, e dai rumori delle persone che hanno già iniziato qualche attività! Ed in effetti la  cucina è già in fermento, visto che un gruppo di “volontari” si è reso disponibile per preparare la  colazione a tutti quanti e già dalle 4 di mattina erano al lavoro. Per prima cosa si beve un tinto e poi, dopo un po’ di tempo, la colazione vera e propria con riso,verdura e carne! Perché servono energie per la giornata! Scopriamo che questi giorni a Mulatos servono alla comunità per riunirsi in seduta “plenaria”: uomini, donne, anziani e bambini. Tutti quanti assieme per discutere di “come sta” la comunità, di problemi aperti e per prendere decisioni. Noi internazionali veniamo invitati a partecipare al momento iniziale: un momento di analisi della  situazione nazionale colombiana, ed in particolare dei colloqui di pace attualmente in corso all’Havana. Perché nella comunità di pace si discute di problemi locali ma lo sguardo è sempre rivolto anche alle questioni nazionali ed internazionali: occorre saper vedere lontano anche per prendere decisioni sull’immediato e su ciò che è vicino! E’ padre Javier che parla! Infatti il padre è integrante della Commissione Storica del Conflitto e delle Vittime. La Commissione è formata da 12 esperti (6 integranti scelti dal governo e 6 integranti indipendenti) con due relatori finali che avranno il compito di stilare un documento sull’origine, le cause del conflitto, i fattori, le condizioni per i quali la guerra si mantiene e l’impatto che ha avuto il conflitto armato nella società colombiana (per il discorso di padre Javier Giraldo vedere il contributo in allegato di Operazione Colomba). Dopo questo intervento noi internazionali ci allontaniamo per consentire ai membri della comunità di discutere in piena autonomia! Visto che il caldo è già diventato soffocante, anche se siamo a metà mattina, io ne approfitto per lavarmi al fiume. Quando torno è ormai ora di pranzo ed infatti appena inizia la pausa dalla riunione plenaria ecco che tutti si affrettano verso la cucina per ritirare il pranzo. Ognuno porta il proprio piatto ed il proprio bicchiere e poi ci si siede qua e là a mangiare! Anche questo è un momento per fare conversazione. Cominciamo a conoscere le persone, a riconoscerle e chiamarle per nome! Cominciamo ad ambientarci. Quando riprende la riunione noi internazionali rimaniamo disoccupati e quindi passiamo “pigramente” il pomeriggio giocando con i bambini più piccoli e chiacchierando! Ci dedichiamo anche a preparare un cartellone sul quale i membri della comunità dovranno attaccare dei post-it per creare una “mappa” della Comunità di Pace dove saranno indicate le veredas, i campi comunitari, i luoghi dei massacri, i luoghi destinati al gioco. Poi arriva la sera….ceniamo e poi rimaniamo ad ascoltare un gruppetto che suona e canta canzoni popolari. Mentre appena a fianco su un tavolo illuminato dalla luce di una torcia inizia una interminabile partita di domino. Siamo stanchi…possiamo andare a dormire!

24 Dicembre (Mulatos)

E’ la vigilia di Natale, ma la giornata inizia come quella precedente. Prima colazione e poi riunione
plenaria dei membri della comunità al chiosco. Queste riunioni così lunghe mi impressionano perché si tratta davvero di vivere la democrazia fino in fondo. Tutte le decisioni vengono prese
insieme dopo un’attenta discussione dalla quale nessuno è escluso, neppure i ragazzini. E in questo  modo le decisioni sono davvero condivise e i giovani possono imparare come ci si organizza nella comunità. L’organizzazione, infatti, mi sembra un grande punto di forza della comunità! E parlando di organizzazione, un gruppo di persone non è al chiosco con gli altri ma dopo la colazione è rimasta in cucina per preparare il cibo della vigilia! Anche per noi c’è del lavoro da fare: il dolce tipico del Natale si chiama “Natilla” e si prepara con mais e formaggio. Occorre prima di tutto macinare il mais, poi aggiungere acqua e formaggio a pezzettini, quindi bollire il tutto fino a che non raggiunge la consistenza di una crema. Il lavoro più duro è ”molire” il mais: ne abbiamo addirittura 18 chili da macinare con tre piccole macine manuali. Per non farci mancare niente il posto prescelto per questo lavoro è accanto al fuoco dove si sta cucinando la carne, quindi con un caldo “bestiale”. Ci diamo il cambio tutti noi internazionali assieme ad alcune donne della comunità. In particolare la “capo cuoca” è Marina, una signora proprio di qui, di Mulatos, che ci indica le cose da fare. Dopo tre ore di duro lavoro (perché il mais va macinato due volte!) abbiamo finito e Marina si mette a badare al pentolone sul fuoco contente la Natilla. C’è la pausa pranzo, facciamo il bagno nel fiume per rinfrescarci, ed ecco che finalmente termina la riunione. Non passano neanche 5 minuti che già nel campo da calcio accanto alle case inizia la sfida Holandita -“Resto del mondo”. In realtà nessuno di noi internazionali va in campo perché già sappiamo che il gioco sarebbe troppo duro per noi. Quindi nella squadra “Resto del mondo” giocano tutti quelli che abitano nelle veredas più lontane. C’è chi ha le scarpe da calcio, chi gioca scalzo e chi invece indossa gli stivali di gomma. Le porte sono 3 pali di legno ed il campo è pieno di buche…ma la partita è sentitissima e non mancano gli interventi un po’ ruvidi. Io vengo distratto dal richiamo della Natilla, perché appena è pronta viene presa d’assalto e termina in un baleno. Il risultato della partita? C’è chi dice che abbia vinto la Holandita, ma non ne sono sicuro! Quando arrivano le 19:30 ci riuniamo tutti quanti nella cappellina che ricorda il massacro del 2005. E’ stata costruita sul luogo dove sono stati trovati i resti dei corpi di Luis Eduardo Guerra e delle altre persone ammazzate qui: non è ancora terminata, manca il tetto, ma dovrebbe essere solo questione di qualche mese. Padre Javier ha preparato un altare fatto con un grande tronco di legno e ci sono alcune panche sotto il portichetto appena davanti alla cappella. Ormai è buio quando inizia la messa. Siamo tutti molto emozionati e a me sembra davvero di essere nel luogo della natività. Per  Giuseppe e Maria non c’era posto in un albergo, quindi Gesù è nato in una mangiatoia: in un luogo di poveri, di pastori e contadini. Qui è lo stesso, ci sono anche gli asini e le mucche come allora e di sicuro la povertà non manca. Padre Javier ci ricorda che quella mangiatoia è simbolo di esclusione e di ingiustizia. 2000 anni fa Gesù è nato in un mondo che ha tentato da subito di escluderlo e qui è lo stesso: il mondo vuole escludere la comunità di Pace, vuole metterla da parte e trattarla come un “avanzo” che non serve a niente e che è meglio eliminare. E dov’è la giustizia? Non ci sono colpevoli per i massacri subiti dalla comunità e ancora oggi assistiamo quotidianamente a violenze e minacce. Ma il Natale è anche speranza, perché in un mondo così escludente Gesù è arrivato per includere e per portare giustizia. Questo messaggio è valido qui ed ora….e la comunità di Pace ne rappresenta il segno tangibile: in carne ed ossa. Dopo la messa inizia una grande agitazione perché bisogna fare festa….e qui fare festa significa…ballare! Nel chiosco viene allestita una pista da ballo con luce stroboscopica, musica e amplificazione. Adulti e bambini si avvicinano: chi sta dentro al chiosco e chi sta fuori. C’è un po’ di attesa, ma poi le prime coppie cominciano a ballare….e da lì in poi è ballo senza sosta: bachata, cumbia e salsa a più non posso! Solo qualcuno non ama ballare, ma si diverte comunque a giocare a domino nei pressi della cucina ormai poco illuminata. E così questa è la festa della vigilia di Natale. Quando ormai è mezzanotte noi andiamo a dormire nelle amache … ma la musica  continuerà fino a mattina!

25 Dicembre (Mulatos)

E’ Natale ma per noi è il giorno del ritorno. Ci alziamo presto, smontiamo le amache e prepariamo  gli zaini. Poi ci mettiamo ad aspettare. Perché qui l’attesa paziente è una delle cose che bisogna imparare in fretta. German si mette a ferrare alcune mule mentre il Negro è alla ricerca disperata di panela per preparare il caffè. La panela non è altro che zucchero di canna non raffinato che ha l’aspetto di una melassa solida che si scioglie facilmente. Qui nella comunità, ma anche in tutta la Colombia, si utilizza ovunque al posto dello zucchero. Quando da uno zaino spunta un pezzetto di panela allora si può iniziare a preparare il caffè che servirà ad accompagnare un bel piatto di riso e carne per affrontare il viaggio! Ci siamo svegliati verso le sei e alle dieci siamo pronti a partire. Questa volta siamo una vera e propria carovana: bambini, uomini e donne, mule cariche di cacao. Per fortuna la salita è molto più lieve rispetto all’andata e quindi abbiamo tempo per guardarci intorno e fare tante foto. Arrivati in vetta facciamo una breve sosta e poi affrontiamo la discesa. C’è un bel clima…si chiacchiera e si ride e ognuno ci racconta un aneddoto sul camino verso Mulatos: quella volta che lo abbiamo fatto in tre ore, o quell’altra in cui c’era un fango da non credere! Finalmente verso metà pomeriggio arriviamo alla Holandita, stanchi ma molto soddisfatti. E qui il nostro racconto si ricongiunge a quello di Nelly.
26 dicembre

Da oggi siamo nella casa amarilla, quella degli internazionali, proprio di fronte a quella di Operazione Colomba, insieme a Gwen, una ragazza inglese, che per 2 anni ha fatto
l’accompagnamento della comunità per PBI ed ora sta facendo una maestrìa all’università di Bogotà sul cacao della Comunità di pace. Non facciamo a tempo ad aprire la porta di casa, verso le 7, che subito arrivano Jesus Emilio, Arley, German per un tinto (caffè) . Con loro chiacchieriamo per tutta la mattina , toccando diversi temi che stanno a cuore alla Comunità. Jesus Emilio inizia a parlarci dei colloqui di pace dell’Habana, è pessimista, sono solo accordi di facciata, per gli investitori internazionali , non c’è spazio per le vittime a cui viene dato solo un risarcimento in denaro, come se si potesse dare un costo alla vita, inoltre chi è risarcito deve firmare un accordo col quale non chiederà più nulla , nemmeno giustizia, soprattutto se i carnefici sono stati militari e paramilitari. Il governo dice che la strada della pace è già segnata, infatti nel 2013 ci sono state 16000 vittime, nel
2014 solo(!!) 8000, ma secondo El Negro ed anche secondo noi, non è così. L’altra faccia della guerra è l’enorme debito esterno, la persecuzione dei sindacalisti, dei difensori dei DU, lo
sfollamento forzato, l’aumento della povertà, che favorisce il paramilitarismo e la guerriglia, infatti i giovani senza soldi, lavoro e prospettive , scelgono l’una o l’altra parte armata. I media sono prezzolati dal governo , come nel caso della diffamazione della Comunità, ad opera del colonnello Rojas. Non ci sarà mai pace , senza giustizia sociale. El Negro parla ininterrottamente, tra un tinto e l’altro , con quella energia , forza e determinazione che seppur conosciamo , ci lascia sempre incantati. Davvero è una persona speciale e il leader della Comunità. E’ sempre il primo ad impegnarsi, a lavorare, lui c’è sempre per chiunque , davvero è un maestro di vita. German, l’attuale rappresentante legale è giovane, anche lui impegnato per la causa della Comunità. Ha un sorriso dolce , che cela i tanti lutti che ha subito nella sua giovane vita: 13 familiari ammazzati, tra cui suo
padre, zii, cugini e cugine. Per questo è andato a testimoniare a la Habana come vittima del conflitto. Ed anche lui vede questi colloqui come qualcosa che non porterà a nulla, se non ad altri espropri e sfollamenti per far insediare in modo ancor più saldo le multinazionali. Un altro punto importante è quello degli accompagnanti, (Operazione Colomba, PBI e FOR ) , questi ragazzi e ragazze accompagnano fuori della comunità i leaders,per qualsiaisi motivo, in modo che siano sempre protetti e tutelati. Qualora procedessero in senso positivo i colloqui di pace, lo stato sosterrebbe che non ce ne sarebbe più bisogno, per cui el Negro, German, Arley e tutti gli altri e altre sarebbero in balia dei loro carnefici e sarebbe molto facile eliminarli. Questi eroi ed eroine sono una spina nel fianco del governo, ma la loro resistenza è viva più che mai, tanto viva che, riprende el Negro, pensano di comprare altra terra comunitaria per allargare la coltivazione di cacao. Ogni tanto i nostri amici fanno degli intermezzi di vita vissuta, come quando, ci racconta El Negro, si è dovuto mettere la cravatta, prima volta nella sua vita, per entrare nel parlamento italiano, ci dice che si vergognava, perché aveva l ‘impressione di rinnegare il suo essere campesino; ci chiede anche se quando verrà a Fidenza dovrà rimettersi la cravatta, gli rispondiamo che potrà venire col suo cappello, se vorrà anche con gli stivali e il machete. Arley ci parla del problema della salute: in Urabà i campesinos sono considerati meno di zero, anche se hanno patologie importanti vengono curati solo con un po’ di paracetamolo e rispediti a casa. All’interno della Comunità si è provato a far studiare 5 giovani come promotores de salud, ma alla fine tutti e 5 si sono ritirati. Per le malattie più semplici, tipo tosse, febbre, ferite ecc si usano i rimedi naturali, per patologie gravi si deve ricorre a un medico o all’ospedale dove si paga per qualsiasi tipo di cura e si è particolarmente discriminati Anche l’istruzione è autonoma, una suora e 2 mamme sono le promodoras de educacion per i tanti bambini e bambine, che possono frequentare solo la scuola primaria. Una volta alla settimana , prima delle lezioni, gli alunni e alunne coltivano un piccolo orto comunitario, poi rientrano a scuola per continuare le lezioni di spagnolo, matematica, storia della comunità ecc… A pomeriggio inoltrato muore Don Miguel, uno dei fondatori della Comunità, già anziano e da tempo gravemente malato. La comunità intera e noi con loro, ci riuniamo tutti nel Chiosco, per vegliarlo e pregare per lui. La veglia durerà tutta la notte.
27 dicembre

Con Jesus Emilio e suo figlio Alberto, andiamo in una vereda abbastanza vicina, 2 ore di cammino, ad Arenas,per vedere la cacautera (campi di cacao). Io sulla mula, gli altri a piedi. Il paesaggio è mozzafiato, la selva rigogliosa, piena di alberi esotici, di ruscelli,di fiori, dopo ore di salite e discese, finalmente arriviamo a las Arenas, una vereda, ossia un minuscolo villaggio nel mezzo della foresta. Prima qui vivevano varie famiglie della Comunità, ora solo una persona, perché questa è zona di scontri fra guerriglia ed esercito e paramilitari, per cui le persone sono state costrette a fuggire, infatti varie volte si sono trovate nel mezzo dei combattimenti. Qui, come ci ha detto Arley ieri, la vita dei campesinos e soprattutto quelli della Comunità di Pace, vale meno di zero. El Negro e Alberto hanno deciso di non permettere che la violenza e l’abbandono delle terre abbiano la meglio, loro vengono alcuni giorni alla settimana qui a lavorare la terra e sperano che, col loro esempio, anche altre famiglie facciano ritorno, questa è la vera resistenza!. Mentre El Negro e Gwen ci preparano la cena, con Alberto andiamo a vedere la cacautera e a farci spiegare dal vivo come si coltiva il cacao. Le piante di cacao sono mescolate ad altre piante. Prima della  semina si pulisce il terreno col machete. Si fa un buco per terra e vi si pongono 2 semi , si ricopre di terra e si mette un palo per riconoscere il posto. Si “limpia” la cacautera ogni 3 mesi sempre usando il machete. Si riconoscono le malattie delle piante, ad esempio la “peste” e quindi si tagliano i rami infetti. La raccolta si fa principalmente 2 volte all’anno, ma, poiché, i frutti non maturano insieme, ma poco alla volta, si può dire che la raccolta è continua. Quando si raccolgono i frutti li si rompe col machete e si sgrana conservando la polpa. Si mette tutto quanto in un costal e poi quando si torna a casa si mette a fermentare. Ci sono casse di legno per la fermentazione, ma più spesso si mettono in un tino. Si lascia fermentare per 3-4 giorni e poi si mette a seccare, in genere nei tetti semovibili o in una secadora. L’essiccazione dipende dal clima, se c’è sole 3 o 4 giorni Alcuni  produttori essiccano da soli , altri mettono il cacao insieme. La fermentazione avviene, di norma, dentro la cacautera o nelle immediate vicinanze. Alberto, al nostro ritorno, ci prepara piatti, ricavati dai frutti del tutumo e bicchieri di bambù. Fino a tarda notte ( qui non c’è la luce elettrica) chiacchieriamo, dondolandoci sulle amache e facendoci morsicare da qualsiasi tipo di insetto, sull’importanza e il rispetto della Madre Tierra, Rimaniamo incantati dal grande rispetto e amore che sia Jesus che Alberto hanno per la loro terra, portiamo con noi bicchieri e piatti , che terremo come prezioso ricordo di questi giorni meravigliosi.
28 dicembre

Ritornati a S.Josecito , dopo una doccia rinfrescante, siamo invitati ad andare al chiosco, luogo di incontro della comunità e di riunioni, perché invitati dal Consejo Interno. Entriamo portando con noi la copia della cittadinanza onoraria per Jesus Emilio, la lettera del sindaco di Fidenza, i libretti frutto della corrispondenza fra alcune classi della scuola media Zani e gli alunni e alunne di qui e una serie di domande sul cacao, per cercare di iniziare la commercializzazione attraverso il canale del commercio equo . Per prima cosa, un po’ commossi, ringraziamo per l’accoglienza così affettuosa che ci hanno riservato, ci presentiamo e chiacchieriamo come vecchi amici. Per noi è un onore essere in questo posto fantastico e poter parlare con questi uomini e donne così fieri e decisi nella loro scelta, seppur molto difficile e pericolosa. Ognuno di loro, come ogni famiglia della
comunità, ha avuto molti congiunti barbaramente assassinati, ma non odiano, l’ho chiesto più volte, solo chiedono giustizia, che forse e purtroppo, non avranno mai. Jesus sottolinea come sia importante la solidarietà internazionale e ciò che Amnistia fa per loro. Sfogliano con interesse i librini, che abbiamo portato e decidono di inviarne qualche copia in ogni veredas. Ci fa molto piacere. Verso sera Padre Javier, anima e voce della comunità , più volte minacciato di morte, celebra una Messa a suffragio di don Miguel, è una messa toccante , in cui si ricorda il lungo e doloroso cammino della Comunità che ha scelto la nonviolenza in un luogo di guerra. Alla fine mostriamo alla Comunità riunita la cittadinanza onoraria, traduciamo la lettera del sindaco di Fidenza e regaliamo i librini ai bimbi, la foto ricordo, poi, è d’obbligo coi ringraziamenti del Consejo e di tutti i presenti. Dopo cena passa da casa nostra Gildardo, per prendere un po’ di librini ed un pallone che abbiamo portato per i bimbi di Mulatos. Prima abitava a la Union, 2 ore di cammino da S.Josecito, ma dopo il massacro del 2005 voluto da Uribe, e dopo aver visto la distruzione di Mulatos, chiese al Consejo Interno di stabilirsi proprio a Mulatos, per ricostruire quel luogo simbolo della resistenza nonviolenta della Comunità. Con la protezione degli accompagnanti internazionali nel 2008 iniziò il suo lavoro, poco a poco le prime famiglie ritornarono e così  rinacque la vereda. Dice una frase che mi rimarrà sempre nel cuore” Mi sono innamorato di Mulatos quando sono andato a recuperare i corpi degli assassinati e squartati del 2005, così ho deciso di andarci a vivere” Gildardo è giovane, 35 anni circa, un viso dolce e allegro,continua a parlarci della situazione delle veredas più lontane. In Tierra alta, ci sono molti problemi, perché c’è una guerra in corso tra i narcos. A partire dal 2005 sono proliferate le coltivazioni di coca e per i campesinos che vi abitano è difficile scegliere di non coltivarla, a causa delle minacce di morte da parte delle Farc o dei paramilitari. Ciò nonostante, diverse famiglie di campesinos hanno scelto di abbandonare questa pericolosa coltivazione ed entrare a far parte della Comunità di pace. Prima di ripartire per Mulatos, anche lui sottolinea come siano importanti i riconoscimenti internazionali, perché sono l’unico modo per farli vivere e vivere in pace. Non poca cosa!

29 dicembre

Oggi è giorno di riposo e chiacchiere, nella nostra casa amarilla tutti coloro che ci passano davanti, si fermano , per un tinto o per una limonata ( coi bellissimi e buonissimi limoni che ci ha regalato Alberto). Il primo ad arrivare è don Annnibal, come ogni giorno: lui è il custode delle case degli  internazionali ed il più accanito giocatore di domino di tutta la Comunità. Anche se non dovrebbe bere il tinto , per problemi di cuore, sapendo che gli piace molto, glielo allunghiamo con tanta acqua. E’ anziano, don Annibal, è rimasto solo, i figli uccisi dai paramilitari, ma è sempre allegro. Non capiamo bene tutti i suoi discorsi, perché parla in modo molto stretto, comunque il senso, quello si , lo comprendiamo e con lui facciamo lunghe chiacchierate. Sta con noi un po’, bada che i due gatti che abbiamo, Maradona e un altro più piccolo senza nome, abbiano mangiato, poi
attraversa la strada e va da Operazione Colomba, las Palomas, come li chiamano qui. Ritorna, poi, da noi, e così via, fino a sera. Nel pomeriggio arriva Giorgia de las palomas, ,insieme a tanti
bambini e bambine, per fare a Marco una richiesta: fare un’anteprima dello spettacolo di magia, che, ovviamente , viene subito accettata. I bimbi, ma anche gli adulti, si siedono per terra davanti casa e lo spettacolo, ridotto, inizia. La parola magica “ Et voilà” , che serve per realizzare le magie, è urlata da tutte e tutti, tanto forte, che forse si sente fino a Bogotà! anche gli applausi sono tanti e fragorosi.

30dicembre

Anche oggi è giornata di riposo e chiacchiere, mentre rassettiamo un po’ la casa e prepariamo da mangiare , con Gwen, parliamo della comunità, dal punto di vista di una estranea ad essa, ma che ne condivide , anche con la sua presenza, la lotta e la resistenza. Ogni famiglia della Comunità
possiede, con titolo di proprietà, un pezzo di terra, poi ne hanno altra, comunitaria, che coltivano insieme e la vendita dei prodotti, serve per aiutare chi è in difficoltà o affrontare le necessità che via, via si presentano. Un giorno alla settimana, il giovedì, tutta la Comunità , lo dedica ai lavori comunitari. Tutte le decisioni vengono prese comunitariamente, ognuno porta i suoi problemi o perplessità e si trova , poi, una soluzione condivisa. Padre Javier, che viene frequentemente, pur abitando a Bogotà, aiuta, da consigli e scrive le petizioni indirizzate al governo, quando questo compie violazioni dei diritti nei confronti della Comunità. Ritorniamo poi, ai colloqui di pace. Gwen sottolinea che una cosa positiva c’è: all’interno dei corpi militari, dato che c’è molta corruzione interna e connivenza coi paramilitari, ora si sta facendo un’operazione di pulizia, anche con l’uso di spie, che facilitano l’arresto di militari collusi coi paramilitari. Con Uribe non sarebbe mai successo! Infatti Uribe è l’esponente, anche ora, dell’estrema destra, chiusa, costituita dai terratenientes, collusi col paramilitarismo. Santos, invece, rappresenta i conservatori colti ed aristocratici, meno collusi e , forse, per questo, potrebbe esserci una flebile speranza. Per la brigata militare XVII , invece, le cose sono un po’ diverse, perchè è molto vicina ad Uribe (ex governatore di Antioquia) e praticamente fuori controllo. Sarà molto difficile renderla meno violenta e più presentabile, visto anche chi è il colonnello che la comanda: Rojas.

31 dicembre

Dal primo mattino il barbiere, fratello di Blacho, un allegro ragazzo di Mulatos, spesso nostro ospite, è al lavoro, per tagliare i capelli ed acconciarli “ alla moda”, ovvero, cresta centrale e ai lati, con una lametta disegna stelle e onde. Le ragazzine, invece, tra di loro o con l’aiuto delle mamme, si
fanno trecce bellissime e particolari. Nella cucina comunitaria fervono i lavori per la cena , sancocho de cerdo, natilla, il dolce natalizio per eccellenza e bun-uelos. Dal primo mattino, dal
Chiosco arriva la musica a tutto volume e le notizie per la giornata di Blacho. Alle 17, urla Blacho dall’altoparlante, si inizieranno i festeggiamenti per il nuovo anno con lo spettacolo di magia, poi la cena e a mezzanotte si brucerà un fantoccio, che abbiamo sempre avuto davanti casa e che rappresenta l’anno vecchio, tra le immancabili danze. Ovviamente lo spettacolo di magia è un successone, soprattutto l’ultimo numero: Marco chiede ad alcuni bambini di mettere in una sacca alcuni fazzoletti colorati, uno nero, uno verde, uno azzurro, poi, con la solita parola magica, urlata più e più volte, nell’allegria generale, il mago estrae dalla stessa sacca una bandiera col logo della Comunità: la gioia è al massimo! Ceniamo insieme a tutta la comunità poi tutti a ballare. Brigida  apre le danze, insieme ad Alberto, 2 ottimi ballerini. la musica , assordante continua per tutta la notte, fino alla mattina successiva. Le danze continuano, mentre Noelia, che da la Cristallina è venuta a S. Josecito per passare un po’ di tempo con sua figlia Erika, moglie di Arley, ci invita per il giorno dopo a casa sua. Senza pensarci accettiamo, perché ci dicono che la vereda la Cristallina è bellissima e poco lontana (2 ore di cammino). A mezzanotte, dopo aver essere stati abbracciati a baciati dall’intera comunità, mentre il pupazzo del vecchio anno ancora brucia, ce ne andiamo a casa a preparare lo zaino per domani.

1 gennaio

Noelia arriva presto per portarci a casa sua, monto sulla sua mula, lei sul cavallo, Marco e Sara a piedi, ci avviamo. Il paesaggio è bellissimo, attraversiamo diverse volte i corsi d’acqua in mezzo a una vegetazione splendida. La selva , ogni tanto, lascia il posto a campi coltivati a cacao e riso. Incontriamo diversi pezzi di terra disboscati, appartenevano a campesinos, non della Comunità, che, attirati dalla sostanziosa offerta in denaro del governo, glielo hanno ceduto e così, dopo aver finito i
soldi, andranno ad aumentare il numero degli emarginati nelle periferie delle città, mentre il governo poco a poco si annetterà le terre ricche e fertili, minacciando ancor di più la Comunità.
Dopo 2 ore circa arriviamo a casa di Noelia, sul cucuzzolo di un monte, da cui si vede anche l’oceano. E’ davvero un luogo splendido, contornato da montagne ricche di alberi e di vita. E’ terra di paramilitari, per questo diverse famiglie hanno lasciato questo piccolo paradiso, ma lei no. E’ una donna coraggiosa, Noelia, nonostante i grandi dolori che hanno caratterizzato la sua vita, il più terribile nel 2003, quando i militari uccisero a colpi di machete sua figlia di 3 anni, che visse ancora per 2 ore tra le sue braccia. Un dolore immenso, ma lei non odia, non ha mai odiato i carnefici di sua figlia, solo vuole giustizia, cosa che non ha ancora avuto. Noelia, all’interno della Comunità, è una figura importante, anche lei mantiene viva la memoria, è stata varie volte in Europa, anche da noi, è molto attiva per ciò che concerne l’educazione autonoma e il percorso di uguaglianza delle donne. La sera durante la cena, parliamo ancora dei problemi della Comunità, quello più serio è che molti giovani stanno abbandonando S.Josecito o le varie veredas, perché non vogliono fare i campesinos, vogliono cercare di far fortuna in città. Senza le giovani generazioni, che continuano a mantenere viva la memoria e a lottare per la pace, ci saranno molti problemi.

2 gennaio

Dopo aver ammirato per un’ultima volta il paesaggio mozzafiato de la Cristallina, torniamo a la casa amarilla, dove, nel pomeriggio ci vengono a salutare ed augurare buon ritorno El Negro, Arley, Padre Javier e tante persone che abbiamo conosciuto.Siamo molto grati a tutta la Comunità per averci accolto come amici, per averci riservato tanto affetto, per averci considerati davvero come facenti parte, anche noi, di questa splendida e coraggiosissima Comunità. Da loro abbiamo imparato l’amicizia, l’amore per la vita , l’allegria, la solidarietà, ma soprattutto la resistenza contro le ingiustizie. Porteremo sempre nel nostro cuore e nei nostro occhi ciò che abbiamo appreso, i visi e i sorrisi di ciascuno di loro, la loro dolcezza insieme alla loro enorme forza interiore.

Per noi è stata un’esperienza intensa e splendida e faremo del nostro meglio per lottare insieme a loro con più determinazione insieme a tutte e tutti coloro che condividono con noi la scelta della Comunità di Pace.
Marco, Sara e Nelly
Gruppo 208 Amnesty International

Padre Javier sui colloqui di pace in corso all’Habana

Durante l’ultima assemblea generale della Comunità di Pace di San Josè de Apartadò, svoltasi nel villaggio di Mulatos nei giorni 23 e 24 dicembre, con i compagni di Operazione Colomba e assieme agli altri gruppi di accompagnanti internazionali, ho assistito all’analisi del primo punto in programma nella riunione riguardante la situazione attuale degli accordi di pace in corso a Cuba.Abbiamo ritenuto importante poter rendere pubblico questo prezioso contributo datoci da padre Javier, gesuita da molti anni accompagnante della Comunità di Pace di San Jose di Apartadò, su quanto sta realmente avvenendo a Cuba.Padre Javier, dopo le fatiche del cammino che ci ha visti impegnati con lui il giorno precedente per raggiungere l’Aldea di Pace, ha saputo illustrare in modo semplice e altrettanto chiaro qual è il quadro finora dipinto dal dialogo tra le FARC e l’Esercito.Un quadro che, se all’apparenza e secondo la stampa nazionale e internazionale, può sembrare nitido, porta purtroppo invece con sé moltissime ombre. Padre Javier Giraldo è integrante della Commissione Storica del Conflitto e delle Vittime. La Commissione è formata da 12 esperti (6 integranti scelti dal governo e 6 integranti indipendenti) con due relatori finali che avranno il compito di stilare un documento sull’origine, le cause del conflitto, i fattori, le condizioni per i quali la guerra si mantiene e l’impatto che ha avuto il conflitto armato nella società colombiana. Questa Commissione è nata dalla richiesta delle FARC di avere al tavolo delle trattative un gruppo di intellettuali che potessero rispondere alla domanda sul perché ancora esiste il conflitto e sulle cause della sua nascita.Il compromesso tra le parti in dialogo è stato quello di rendere pubblico il documento finale che risulterà essere un riassunto dei singoli documenti stilati dai 12 integranti. Padre Javier spiegava che tra i 12 integranti, i punti di convergenza riguardano la causa del conflitto, nella quale tutti concordano che è stata e continua ad essere la Terra e il controllo su di essa, la cagione della nascita dello scontro armato; inoltre, c’è concordanza nel ritenere lo Stato colombiano patrocinante  dell’apparizione e formazione del paramilitarismo e responsabile della distruzione dei movimenti politici di opposizione (vedi sterminio dei membri dell’Union Patriotica). Il prolungarsi della guerra civile colombiana ha come causa il violento e crudele regime di dominazione, estrazione, ed esclusione sociale, economica, politica, culturale specialmente degli ultimi 60 anni. Il prodotto del modello agrario, del latifondismo, della dipendenza dall’aberrante capitalismo, il sistema di repressione e terrore politico auspicato dagli Stati Uniti e dalle sue dottrine militari e messo in pratica dal governo colombiano e la negazione di una reale democrazia si è tradotto in fame, disuguaglianza, profonde ingiustizie sociali di ogni genere, abuso di potere, torture, paramilitarismo, narcotraffico, assassini, “falsos positivos”, crudeli e massive azioni di sottrazione delle terre, sfollamento forzato di massa. Secondo Padre Javier, l’insurrezione armata è stata il prodotto del modello economico neo-liberale instauratosi nel Paese. Nell’analisi della situazione attuale degli accordi, dei 6 punti in agenda, Terra, Partecipazione Politica, Narcotraffico, Fine del Conflitto, Vittime e Applicazione degli Accordi, attualmente sono 3 i pre-accordi (Terra, Partecipazione Politica e Narcotraffico) ai quali sono giunti i delegati del governo e delle FARC. Ma nonostante ciò, soprattutto nel primo punto riguardante la Terra, sono ancora molti i punti in disaccordo individuati dalle FARC in un documento, ritenuti indispensabili per la giustizia nel Paese, ma sui quali il Governo non ha voluto ancora discutere. Lo stesso vale per il secondo punto dove le FARC hanno anche qui lasciato un documento sui disaccordi tra le parti non ancora discussi. Il terzo punto invece è quello in cui si è raggiunto un maggior accordo tra le FARC e il Governo. Padre Javier lo interpreta relazionato al momento storico di discussione, momento storico che vedeva Santos impegnato nella campagna per le elezioni presidenziali. C’è però un punto critico sul tema del narcotraffico nonostante i compromessi raggiunti. Il Governo infatti ha proposto come metodo per l’eliminazione delle coltivazioni illecite la fumigazione delle piante di coca. Le FARC, in pieno disaccordo, hanno indicato che si deve lavorare per un accordo con la popolazione che coltiva la coca (e non semplicemente denunciarla come suggerito dal Governo) e procedere con lo sradicamento manuale dopo aver dato voce alle varie Comunità le quali dovranno iniziare a coltivare i prodotti per la loro alimentazione base per poter vivere. In ogni caso resta il punto più concreto finora raggiunto nelle discussioni in quanto dice cosa, dove, quando, chi e come si andranno a mettere in atto gli accordi intrapresi. Attualmente in discussione è il quinto punto riguardante le Vittime. Il MOVICE (movimento delle vittime per i crimini dello Stato) esige che vengano a compimento i seguenti punti: verità, giustizia, risarcimento alle vittime e non ripetizione dei fatti. C’è un altro punto di forte disaccordo alla base della discussione dato dal fatto che secondo le FARC e la Cidh (Corte Interamericana per i Diritti Umani) le violazioni dei Diritti Umani da parte dello Stato corrisponderebbero all’80% dei crimini commessi, mentre il 20% sarebbero imputati alla guerriglia. Un altro tema di forte disaccordo riguarda chi considerare come vittima del conflitto  armato o, secondo quanto stabilito dal Diritto Internazionale Umanitario, prigioniero di guerra. L’altro tema del quinto punto, il più importante e sicuramente quello con un cammino più difficile  per giungere ad un accordo, fa riferimento a come mettere in pratica la cosiddetta Giustizia Transizionale, intesa come un insieme di strumenti giudiziali e misure extragiudiziali che in diversi modi e con differenti approcci sono stati approntati e applicati per riparare alle conseguenze di violazioni dei Diritti Umani su larga scala. Processi, quindi, che hanno interessato ed interessano diversi Paesi, dove sono avvenute violazioni particolarmente gravi e prolungate dei Diritti Umani in  conseguenza di conflitti e guerre civili, e dove la semplice applicazione di una giustizia individuale, caso per caso, non sarebbe sufficiente. Gli strumenti tipici includono il processo penale, le commissioni di verità e giustizia, i programmi di risarcimento e diverse forme di riforme istituzionali. Saprà questa giustizia andare contro l’impunità delle gravissime violazioni dei Diritti Umani, dei crimini di guerra, dei genocidi, delle torture, delle esecuzioni extragiudiziali e degli sfollamenti forzati che il popolo colombiano ha sofferto e continua a soffrire? Il discorso che Santos ha tenuto nell’ultimo suo viaggio in Europa è stato incentrato nel presentare la Pace come necessità per l’ingresso in Colombia di imprese multinazionali, e quindi necessità per gli investimenti stranieri, senza più l’ostacolo della guerra civile. Ma questa non è la Pace che il popolo colombiano vuole. Il popolo colombiano vuole la Pace basata sulla giustizia sociale. Il conflitto armato si è generato come conseguenza di un conflitto sociale dalle radici molto profonde che ha visto come oggetto contenzioso la Terra. Lo sviluppo economico si coniuga con la giustizia sociale, la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche in un Paese in cui, al contrario, il governo lascia campo libero alle multinazionali poste nella situazione ideale per accaparrarsi oro, carbone, acqua e imporre i loro interessi, tutelate peraltro dal trattato di libero commercio con gli Stati Uniti. Sono forti le pressioni affinché si possa arrivare a firmare l’accordo entro il mese di ottobre 2015. In tale data infatti avranno luogo in varie regioni del Paese le elezioni amministrative. Lo slittamento o il fallimento delle negoziazioni metterà in difficoltà Santos e la sua credibilità di fronte a milioni di elettori che lo hanno votato nella speranza che quel voto avrebbe contribuito a mantenere vive le speranze di pace. Molte, secondo padre Javier, sono le profonde contraddizioni alle quali si sta assistendo. La terrificante conseguenza del venir meno ad un accordo del processo di Pace sarà un’intensificazione dello scontro armato il quale vede in Alvaro Uribe, ex-presidente e attuale senatore, il principale sostenitore nonché oppositore ai negoziati di Cuba. Con lui, una consistente parte della forza  pubblica colombiana che si vedrebbe, ad accordi raggiunti, togliere i privilegi economici quali ad esempio il fondo pensionistico.Usciamo dall’assemblea, raggiungiamo la cucina comunitaria per “tomar un tinto”… molte domande affiorano alla mente… Se si dovesse raggiungere un accordo tra Farc ed esercito ma non verranno garantite le necessità basilari delle persone quali cibo, un’educazione pubblica adeguata, una casa e salute pubblica, come si potrà parlare o pensare ad una vera Pace? Se non verrà garantita la giustizia per i crimini commessi nel Paese (attualmente il 98% di essi sono impuniti!) come si potrà parlare o pensare ad una vera Pace? Se non verranno garantiti i diritti di contadini, indigeni, afrocolombiani, se non verrà ascoltata la loro voce ma solamente, come sta avvenendo leggendo i giornali, ascoltando la radio e le notizie della televisione, la versione della classe ricca, come si potrà parlare o pensare ad una vera Pace nel Paese?

Se per il governo Santos la principale via di sviluppo socio-economico del Paese è incentrata sulla “locomotiva mineraria”, capace di distruggere, sfollare e ridurre in miseria la popolazione locale,  come si potrà parlare o pensare ad una vera Pace in Colombia?

Redazione
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