Honduras: giornalisti sulla linea del fuoco

di David Lifodi

“In Honduras ci troviamo di fronte a un costante degrado del rispetto al diritto di libertà d’espressione”: la denuncia di Ana Ortega, presidente di di C-Libre, il Comitato per la libertà di espressione, rispecchia bene la difficile situazione che vivono i giornalisti honduregni, quotidianamente sotto tiro. Negli ultimi mesi le richieste di supporto legale da parte di operatori dell’informazione, ma anche attivisti sociali, sono cresciute poiché non è semplice trovare avvocati disposti a tutelarli, sintomo del terrore che regna ne paese centroamericano sotto la presidenza di Juan Orlando Hernández.

In Honduras gran parte dei principali mezzi di comunicazione sono al servizio del regime installatosi nel paese a seguito del golpe del 2009. Il Colegio de periodistas de Honduras, che in teoria dovrebbe tutelare i giornalisti, non lo fa e si preoccupa soltanto di allinearsi al presidente di turno per ottenere benefici economici. Sui 58 giornalisti uccisi tra il 2003 e il 2015 il Colegio non ha mai speso una parola né ha deciso di uscire allo scoperto con dei comunicati stampa: il suo presidente Eduin Romero è uno degli uomini con la maggior influenza sui media honduregni, peraltro tutti nelle mani di imprenditori vicini al governo. Per i mezzi di informazione indipendenti la vita non è facile. Gabriel Romero Ellner, direttore di Radio Globo e Globo Tv, tra le poche a raccontare davvero la deposizione di Manuel Zelaya che portò al golpe del 28 giugno 2009, più volte ha denunciato la corruzione del regime, evidenziando come la campagna presidenziale di Juan Orlando Hernández sia stata pagata con i soldi destinati ai pensionati honduregni. Nonostante Romero Ellner sia pedinato quasi quotidianamente e abbia scampato per miracolo ad un attentato, rischia di finire in carcere per diffamazione perché ha accusato di corruzione la moglie del procuratore generale. Del resto Radio Globo, ma anche Cholusat Sur, non sono nuove alle intimidazioni: già nel 2009 fu chiusa dall’allora presidente Roberto Micheletti, definito con disprezzo dai movimenti “Gorilletti” o “Pinochetti”. Buona parte dei giornalisti indipendenti, nel migliore dei casi, ha i telefoni sotto controllo e il regime conosce tutti i loro spostamenti.  È stato così che, negli ultimi anni, sono stati assassinati Alfredo Villoro, direttore di Radio Nacional de Honduras, ucciso dai militari nel 2012 perché anche lui aveva stava indagando sulla corruzione dilagante all’interno del governo, Aníbal Barrow, eliminato nel 2013 ed Erick Martínez. Quest’ultimo, che lavorava come giornalista per il Colectivo Violeta, impegnato a difendere i diritti delle comunità lgbt ed esponente del Frente Nacional de Resistencia, fu ritrovato strangolato alla periferia di Tegucigalpa. Per tutti i questi casi non è stata svolta alcuna indagine, escluso per Martínez, il cui assassinio è stato liquidato come una morte dovuta a “questioni sentimentali”.L’Honduras è caratterizzato da un vero e proprio oligopolio mediatico gestito da un numero ristretto di imprenditori. Tiempo, chiuso a fine ottobre per guai giudiziari, era nelle mani di Jaime Rosenthal (sotto accusa negli Usa per riciclaggio e narcotraffico), uno dei personaggi più controversi, e più ricchi, di tutto il Centroamerica, mentre La Prensa e El Heraldo sono nelle mani di Jorge Canauathi Larach. Entrambi possiedono anche emittenti televisive e radiofoniche, oltre ad agenzie pubblicitarie, di notizie e riviste. Larach e Rosenthal sono competitors solo sulla carta, perché in realtà entrambi fanno da grancassa al governo e lo stesso fa l’ex presidente del paese Carlos Flores con il quotidiano La Tribuna. I mezzi di comunicazione alternativi si contano sulle dita di una mano poiché non appena ne sorge uno nuovo la polizia e la magistratura provvedono a farlo chiudere. Sono molti i giornalisti che scelgono la strada dell’autocensura, determinata dal terrore in cui vive l’Honduras: i giornalisti che non si allineano, invece, stanno continuamente sulla linea del fuoco ed ogni giorno sono costretti a riscrivere una storia diversa dalle bugie governative di Joh (Juan Orlando Hernández), ma anche a scansare i narcos più o meno legati alle istituzioni. Tuttavia, nonostante sia risaputo che un buon numero di funzionari di stato sia legato al narcotraffico, l’impunità è tale che le principali televisioni spesso mandano in onda le cosiddette narco-novelas, cioè storie che riguardano la vita dei narcotrafficanti, nell’orario televisivo di massima audience. Tutto questo, ovviamente, a discapito di una vera informazione.

“Esistono due Honduras”, dicono da C-Libre, “il primo è quello che si proietta all’esterno e l’altro è quello in cui viviamo tutti i giorni”: nel solo 2015 il Comitato per la libertà di espressione ha già emesso il triplo degli avvisi per casi di aggressione rispetto all’anno precedente.

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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