Honduras: la stampa nel mirino di Juan Orlando Hernández

Sicari e picchiatori inviati dal regime vogliono mettere a tacere l’informazione indipendente del paese centroamericano, come dimostrano le decine di querele contro programmi tv, quotidiani e comunicatori sociali che denunciano la corruzione e la censura di stato. Il programma tv El Perro Amarillo e il giornale El Libertador hanno subito anche minacce e attentati.

di David Lifodi

All’inizio di luglio due giornalisti honduregni sono stati uccisi in poco meno di 48 ore. Il direttore del programma tv indipendente El Perro Amarillo, Milton Benítez, aveva denunciato un attacco alla sede a seguito delle inchieste che avevano svelato molteplici episodi di corruzione nel paese.

L’irruzione nello studio, da parte di uomini che la redazione ha ragione di ritenere molto vicini al presidente dell’Honduras Juan Orlando Hernández, ha provocato numerosi danni alle apparecchiature e agli strumenti di lavoro. Il direttore ha accusato le forze di polizia per non essere intervenute nel bloccare questo atto di evidente rappresaglia contro El Perro Amarillo, il Comisionado Nacional de los Derechos Humanos (CONADEH) e il Mecanismo de Protección a defensores de derechos humanos y periodistas, che non hanno fatto niente per prevenire l’attacco.

Nel corso del programma televisivo, Milton Benítez ha mostrato l’assalto allo studio televisivo ripreso dalle telecamere di sicurezza, ricordando i preoccupanti dati del Comité por la Libre Expresión (C-Libre): in Honduras, dal 2003 ad oggi, sono almeno 80 i giornalisti assassinati. Gran parte degli omicidi sono rimasti senza un colpevole e sono avvenuti soprattutto a seguito del colpo di stato del 2009 contro Manuel Zelaya.

Episodi di questo tipo in Honduras non rappresentano una novità. Nel 2016 gli uffici del quotidiano El Libertador di Tegucigalpa furono saccheggiati e l’anno successivo il direttore e fondatore Jhonny Lagos rimase vittima di un attentato insieme a sua moglie, Lurbin Cerrato, anch’essa giornalista. Il 24 agosto 2017 dei sicari spararono contro l’auto di Lagos e Cerrato e un mese dopo degli sconosciuti scrissero di fronte alla redazione del giornale il lugubre messaggio RIP (“Riposa in pace”) accompagnato da un disegno che ritraeva una scena dell’attentato.

Lo scorso 2 giugno, una fonte legata al potere economico e politico honduregno ha avvisato Jhonny Lagos, suggerendogli di prestare attenzione alla propria sicurezza poiché sarebbe partito l’ordine di eliminarlo da parte dei vertici dello Stato. Da tempo El Libertador figura nella lista nera del regime honduregno. Nel corso dei 17 anni di vita del giornale la redazione ha svelato la corruzione dello Stato e le manovre oscure del potere economico del paese, finendo nel mirino della dittatura, come avvenne nel 2009 quando il giudice Jorge Zelaya Saldaña gli intimò di non pubblicare notizie sulla cosiddetta Quarta Urna, una consultazione non vincolante che il presidente Manuel Zelaya intendeva organizzare per offrire alla popolazione la possibilità di esprimersi sull’opportunità o meno di inserire una quarta scheda (la quarta urna, appunto) in occasione delle elezioni del novembre 2009, in cui chiedere il parere sulla possibilità di promuovere riforme costituzionali.

Nonostante le minacce, El Libertador continua ad essere un quotidiano molto seguito dalla popolazione honduregna. Il sito web raggiunse nel 2017 oltre due milioni di visite all’epoca della denuncia dell’evidente frode che condusse Juan Orlando Hernández alla presidenza del paese.

Il disprezzo di Juan Orlando Hernández per i giornalisti è testimoniato dalle 15 querele e dalle 5 minacce di querela presentate dal presidente durante i suoi 5 anni di presidenza alla guida del paese. A farne le spese, tra gli altri, il direttore di Radio Globo David Romero, condannato a 10 anni e 8 mesi di reclusione dal 28 marzo 2019, lo stesso Milton Benítez, accusato di diffamazione ed Héctor Amador.

In Honduras il diritto penale è utilizzato come clava per osteggiare il giornalismo libero e indipendente, ma le preoccupazioni espresse dalla Commissione interamericana per i diritti umani non sembrano turbare il regime honduregno, che gode dell’appoggio dell’oligarchia economica e finanziaria del paese.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

2 commenti

  • Gianni Hochkofler

    Ciao Davide,
    grazie per questa messa in evidenza.
    Nel nostro Occidente Globale, per la libera stampa [Corrierone, Stampubblica, Fatto…] Juan Orlando Hernández è un presdiente liberamente e democraticamente eletto.
    Non è Maduro né Evo, né Putin, né Lukashenko.
    L’Honduras, diamine, non è Venezuela né Cuba.

  • Molto grave la persecuzione della stampa indipendente in Honduras. Se siete interessati a denunciare questi eventi ovunque si presentino, date un’occhiata anche al Nicaragua di Ortega e Murillo, pochi chilometri da Tegucigalpa: quanto a picchiatori, sicari, censura e galere ne avete per parecchi articoli. O almeno per uno, una volta tanto.

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