Honduras: manovre del golpismo per rimanere al potere

Alle presidenziali del 26 novembre Salvador Nasralla, candidato delle sinistre, sembra essere in netto vantaggio, ma il Tribunale Supremo Elettorale non ha più dato alcuna notizia sull’esito dello scrutinio

di David Lifodi

In Honduras il sogno è divenuto realtà, o meglio, sarebbe divenuto realtà, se il regime di Juan Orlando Hernández non si fosse messo di traverso. In occasione delle elezioni presidenziali del 26 novembre, a scrutinio in corso, risultava già evidente un vantaggio del 5% di Salvador Nasralla, candidato dell’opposizione su cui avevano puntato i movimenti sociali per sconfiggere la dittatura che ha preso possesso del paese da giugno 2009, a seguito del colpo di stato contro Manuel Zelaya progettato dall’oligarchia terrateniente con il supporto della Casa Bianca.

Con il trascorrere delle ore, il Tribunale Supremo Elettorale, che aveva diffuso i primi dati non potendo fare a meno di segnalare il vantaggio di Nasralla, ha improvvisamente interrotto le comunicazioni e il paese si trova da allora in una pericolosissima situazione di stallo che potrebbe rappresentare il preludio ad altre frodi, dopo quelle che negli anni scorsi hanno portato alla presidenza del paese prima Porfirio Lobo e poi Juan Orlando Hernández. Dietro al gioco sporco per favorire una nuova presidenza di Joh e, di conseguenza, falsificare i risultati del voto, si cela una vera e propria struttura criminale che fa capo al Partido Nacional dell’attuale presidente, il quale non si è fatto scrupolo nel modificare l’articolo 239 della Costituzione, che proibisce espressamente la rielezione al presidente uscente. Per modificare la Costituzione non è stata convocata alcuna consultazione elettorale e, in ogni caso, nei paesi dove è prevista la ricandidatura dei presidenti uscenti, questi ultimi si dimettono, almeno formalmente, dall’incarico, per fare campagna elettorale, mentre in Honduras Juan Orlando Hernández ha vestito contemporaneamente i panni del mandatario nel pieno delle sue funzioni e del candidato al secondo mandato consecutivo. La cosiddetta democrazia alla honduregna si fonda su un Tribunale Supremo Elettorale composto unicamente da membri del Partido Nacional, quello di Joh, e del Partido Liberal: sono queste due formazioni politiche a spartirsi il potere e non a caso Manuel Zelaya è stato defenestrato non appena ha cambiato rotta rispetto al Partito liberale, dal quale pure proveniva.

In un paese sotto tutela permanente degli Stati uniti, dove proliferano le basi militari a stelle e strisce su tutto il territorio, spadroneggiano le maras e i cartelli del narcotraffico, gli honduregni hanno dimostrato di credere al progetto di Salvador Nasralla, che ha corso in ticket con Xiomara Castro, moglie di Manuel Zelaya, la quale aveva già partecipato alle scorse presidenziali conclusesi con la elezione farsa di Juan Orlando Hernández. Solo per far capire che aria tira in Honduras, pochi giorni prima delle elezioni è stato assassinato José Gonzalo, per tutti “Chalo”, insegnante e militante del Partido Libre (Libertad y Refundación) ucciso da un commando di uomini guarda caso non identificati dalla polizia. In questo contesto Salvador Nasralla, candidato per l’Alianza de Oposición contra la Dictadura (composta da Libre, Partido Anticorrupción e Partido Innovación y Unidad), ha promesso il suo impegno per ripristinare lo stato di diritto nel paese, garantire l’accesso gratuito e universale ai servizi sanitari (in Honduras gran parte dei bimbi con meno di cinque anni vive in uno stato di denutrizione cronica) e all’università per i giovani del paese centroamericano. Inoltre, l’Alianza de Oposición contra la Dictadura aveva incentrato la sua campagna elettorale sulla smilitarizzazione della società, sull’indipendenza dei poteri dello Stato, sul tentativo di riprendere il controllo sulle risorse naturali del paese e promesso di esigere verità e giustizia per tutti i militanti uccisi nella difesa del diritto alla terra, come dimostra l’impunità e l’omertà che ancora protegge gli assassini dell’attivista ambientalista Berta Cáceres, uccisa il 2 marzo 2016.

Il tentativo di falsificare le elezioni da parte di Juan Orlando Hernández rappresenta una manovra evidente di bloccare l’anelito del paese verso  una democrazia realmente partecipativa. Eppure, per molto meno, il contestato progetto della IV Urna, che peraltro Zelaya ha sempre giurato di non voler utilizzare per ricandidarsi, è stato sufficiente per alzare un polverone mediatico anticamera del colpo di stato che lo ha destituito, mentre Juan Orlando Hernández, fin dal 2015, ha cercato più volte di modificare l’articolo 239 della Costituzione godendo del sostegno dei membri della Suprema Corte di Giustizia, tutti uomini a lui vicini. Già da mesi prima delle elezioni del 26 novembre, sia Nasralla sia lo stesso Zelaya avevano dichiarato che non avrebbero riconosciuto il sistema di trasmissione dei voti del Supremo Tribunale Elettorale, evidenziando inoltre che Joh stava gettando le basi per un nuovo colpo di stato, quello relativo alla sua permanenza al potere.

L’Honduras è il paese dove si registra il maggior numero di omicidi ogni 100mila abitanti, il 65% dei cittadini vive sotto la soglia di povertà e il 42% in condizioni di estrema povertà. Di fronte al tentativo di modificare l’esito delle urne, l’opposizione ha annunciato che promuoverà i Comandos para la difesa de la Victoria, ma la grande incertezza che regna nel paese alimenta la tensione e il timore che la dittatura agisca con la forza come già avvenuto più volte dal colpo di stato di fine giugno 2009.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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