Penitenziari militari in Honduras

di David Lifodi

Secondo i dati in possesso dell’Onu, l’Honduras è il paese con il più alto tasso di omicidi nel mondo, ma questo non giustifica la costruzione di tre penitenziari all’interno delle caserme militari come intende fare il presidente del paese Juan Orlando Hernández.

La militarizzazione di tutti gli spazi pubblici, e adesso anche delle carceri, rappresenta un nuovo caso di violazione dei diritti umani in un paese che, con l’edificazione dei penitenziari militari, compie definitivamente un passo indietro senza ritorno all’epoca degli anni ’80, quando le forze armate torturavano e facevano sparire gli oppositori politici e l’Honduras era la principale base della contra antisandinista. Dal colpo di stato che a fine giugno 2009 ha spodestato Manuel Zelaya, la situazione dei diritti umani, civili e politici è quotidianamente peggiorata. Secondo il Comité de Familiares de Detenidos/Desaparecidos en Honduras (Cofadeh), i penitenziari militari serviranno per sbattervi i prigionieri politici e ciò significa consegnare una delega in bianco ai militari affinché gestiscano il paese. Il governo sostiene che i penitenziari militari sono stati pensati per tutelare la sicurezza dei prigionieri politici rispetto agli istituti di reclusione tradizionali, ma è evidente che si tratta di una scusa a cui nessuno crede. Attualmente in Honduras esistono 24 centri di reclusione: diventerebbero 27 con i tre penitenziari militari approvati tramite modifiche effettuate alla Ley de Rehabilitación del Delincuente. Ad oggi gli istituti di reclusione del paese ospitano 14.500 carcerati, in attesa di essere giudicati o già condannati, a fronte di una capacità di circa 8.000 persone. Secondo Francisco Morazán, membro del Comité Nacional de Prevención contra la Tortura, i penitenziari honduregni non hanno le condizioni minime per ospitare decorosamente i detenuti. L’ubicazione dei tre nuovi penitenziari, che sarebbero ospitati all’interno delle strutture dell’Escuadrón Cobras, un nome che è tutto un programma, favorirebbero le già conosciute situazioni di restrizione del diritto alla ricreazione dei carcerati e contribuirebbero ad una gestione dei detenuti in condizioni di illegalità diffusa: i maltrattamenti delle forze armate e le denunce a loro carico non promettono nulla di buono. Il governo cerca di cavalcare anche l’onda del sovraffollamento delle carceri, un problema reale, ma ampliato dallo stesso esecutivo che, con la Ley Antimaras, ha provocato l’arresto di centinaia di giovani appartenenti alle associazioni criminali del paese, con l’evidente finalità di compiere una vera e propria operazione di pulizia sociale a scopo puramente repressivo. I penitenziari militari, di fatto, si trasformano in ulteriore strumento della violenza di stato, divenuta ormai quotidiana a seguito del colpo di stato: ratificati ufficialmente dal governo, serviranno per imporre la presenza incombente delle forze di polizia sulla popolazione. Inoltre, già tuttora, i prigionieri politici reclusi in carcere si trovano ad affrontare condizioni di vita durissime, in celle senza luce e acqua per gran parte del giorno. I penitenziari militari si inseriscono in un contesto in cui è evidente il tentativo del governo di appaltare totalmente la gestione delle carceri alle forze armate e del resto è la stessa repressione poliziesca a divenire ogni giorno più asfissiante. Negli ultimi mesi del 2014 le proteste degli studenti universitari contro le riforme nel campo dell’istruzione, di orientamento puramente neoliberista, sono state caratterizzate da detenzioni arbitrarie e violenze commesse dalla polizia nei confronti dei giovani. Julieta Castellanos, rettrice dell’Universidad Autónoma de Honduras del Valle del Sula, vicina all’estabilishment, ha avallato una vera e propria persecuzione contro gli studenti. A farne le spese, tra gli altri, Rommel Darío Morán, uno dei leader della protesta che, dopo esser stato picchiato dalla polizia, è stato condotto direttamente alla Penitenciaría Nacional, da cui è uscito con l’obbligo di presentarsi a firmare ogni settimana e durante le manifestazioni di piazza. Da tempo Morán sostiene di essere seguito da auto sospette e che teme per la sua incolumità. Il clima di terrore serve per giustificare la costruzione delle nuove carceri. A finire tra i “sovversivi” non ci vuole molto. La docente dell’ Universidad Autónoma de Honduras Lety Elvir, ha denunciato di essere stata assalita da sconosciuti presentatisi come addetti alla sicurezza degli edifici universitari ricevendo minacce di morte, con l’autorizzazione della rettrice Julieta Castellaneta, secondo la quale ci sono docenti del corso di Derecho y Periodismo che appoggiano la protesta studentesca. In Honduras si teme che le persecuzioni contro il movimento universitario sfocino in fatti come quelli che, nel vicino Messico, hanno caratterizzato la strage dei normalistas di Ayotzinapa.

Le detenzioni illegali nei confronti di studenti e docenti, unite alla costruzione dei penitenziari militari, fanno dell’Honduras un paese dove la libertà di espressione non esiste e il dissenso è punito: chi sarà inghiottito nelle carceri all’interno delle strutture militari, temono in molti, difficilmente tornerà libero.

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