Honduras: respinta Aura Minerals, per ora

All’impresa è stato vietato di costruire una miniera a cielo aperto dove c’è un cimitero indigeno; la vertenza fra la comunità Maya Chorti e la multinazionale va avanti da tempo.

di David Lifodi (*)

Ogni tanto anche alle imprese legate all’estrattivismo minerario accade di prendere qualche batosta. In Honduras, a Minerales de Occidente S. A., filiale di Aura Minerals Canada, è stato impedito di far riesumare oltre trecento cadaveri da un cimitero per far sorgere, su quello stesso terreno, una miniera d’oro a cielo aperto.

Era in corso da tempo la controversia tra la comunità indigena Maya Chorti e le organizzazioni popolari della città di Azacualpa e la multinazionale, che si era intestardita nel progetto di riesumazione dei cadaveri per poter portare a termine la costruzione della miniera. Minerales de Occidente S. A. (Minosa) si faceva forte di una concessione mineraria ricevuta dal governo honduregno nel lontano 1983 per l’estrazione dell’oro nella comunità di San Andrés, nel municipio La Unión, a Copán.

Secondo l’Asociación de Organismos no Gubernamentales (Asonog), sul cimitero degli indigeni Maya Chorti sarebbe sorta la miniera se non fosse arrivata una sentenza a bloccare l’impresa mineraria, accusata inoltre, di ripetute violazioni dei diritti umani, minacce agli attivisti ambientali e ai familiari delle vittime seppellite nel cimitero.

Lo scorso febbraio, il governo della presidenta Xiomara Castro ha dichiarato l’Honduras un territorio “libre de minería a cielo abierto” e ha ribadito la volontà di dar vita ad un processo di revisione delle concessioni minerarie. Tuttavia, il caso sembra ben lontano dall’essere risolto. Minosa ha subito chiesto e ottenuto l’appoggio del Consejo Hondureño de la Empresa Privada (Cohep) e dell’Asociación Nacional de Industriales (Andi). Inoltre, la transnazionale si è affrettata a dichiarare che lo spostamento del cimitero dove sono seppelliti gli indigeni Maya Chorti sarebbe avvenuto a seguito di una consultazione con la comunità stessa e che i veti posti dal governo alle imprese minerarie riguardano soltanto quelle che non rispettano i protocolli ambientali, come dire che non era il suo caso.

La comunità Maya Chorti però non ha abboccato alle dichiarazioni di Minosa, descrivendo l’impresa come el rostro del capitalismo salvaje que desangra montañas y desaparece comunidades en Honduras”. Difficile dar torto agli indigeni: a causa della presenza sul territorio di Minerales de Occidente S. A. sono state già tre le comunità costrette ad abbandonare il proprio territorio per andare ad accrescere il numero degli sfollati ambientali: San Miguelito, Platanares e San Andrés

Secondo il Comité de Víctimas de Minosa, grazie alla complicità dei governi, la filiale di Aura Minerals si è caratterizzata per la sua attività di depredazione del territorio, l’inquinamento dei fiumi e l’avvelenamento della flora e della fauna. Il cimitero della comunità Maya Chorti per gli indigeni ha sempre rappresentato una grande importanza dal punto di vista spirituale, religioso e culturale.

Un primo attacco contro il cimitero avvenne il 16 gennaio scorso, quando, nel corso della notte e grazie al controllo della polizia, una parte del camposanto venne distrutta.

Il cimitero della comunità, dichiarato “patrimonio culturale indigeno nel Cabildo Abierto” e collocato nel territorio ancestrale dei Maya Chorti, finora è riuscito a resistere nonostante il sostegno a Minosa del sindaco di Azacualpa, Víctor Hugo Alvarado e del giudice Rafael Rivera Tábora, che nel mese di febbraio aveva concesso alla multinazionale di poter costruire la miniera sul territorio dove adesso sorge il cimitero.

Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Aura Minerals, insieme alla sua filiale honduregna Minosa, è una transnazionale che “irrespeta olímpicamente las decisiones judiciales”.

Nel suo libro Grandes transacciones de tierra en América Latina: sus efectos sociales y ambientales (Fundapaz, Ciudad Autónoma de Buenos Aires, 2019), ripreso da https://ecor.network/, Benjamin C.Fash evidenzia che «in Honduras, il land grabbing è essenziale per attuare il modello di sviluppo nazionale, che si basa sullo sfruttamento delle risorse naturali su larga scala da parte di società private. Questo modello ha costi socio-ambientali elevati, che potrebbero aumentare in modo significativo se vengono implementati piani per espandere le attività minerarie, di generazione di elettricità e di estrazione di idrocarburi. I progetti vengono approvati in segreto in un contesto di militarizzazione e criminalizzazione della protesta».

Lo scorso 10 giugno, la presidenta honduregna Xiomara Castro ha ribadito che non concederà più spazio all’economia estrattivista, responsabile di gran parte delle violazioni dei diritti umani che avvengono nel paese. La Ley de Minería varata dal suo predecessore, Juan Orlando Hernández, aveva aumentato i benefici fiscali per le multinazionali del settore minerario, a cui erano state concesse una serie di licenze ambientali in maniera del tutto irregolare, ma che da questo momento potrebbero essere messe di nuovo in discussione.

(*) Fonte: Peacelink

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *