I Cyborghesi – 4

di Riccardo Dal Ferro

Cyborghesi

 

 

 

 

 

 

 

 

Per la famiglia cyborghese SSL33, il Natalink è la festa più gioiosa dell’anno digitale.

Certo, anche a Trashqua e Javalloween sono momenti importanti per riunire tutti i servoparenti intorno a una tavola imbandita di ingranaggi arrosto, olio di motore invecchiato e bytortellini in silicio. Ma il Natalink possiede una speciale magia, che in realtà non è magia ma il risultato di un certo tipo di programmazione sedimentata nella scheda madre di ogni robot.

Poco importa: guardate Magdelettra che serve bigoli al malware e batterie al sugo di plutonio. Guardate come sorride, mentre Frankrak fuma un sigaro meccanico insieme al suo fratello di catena di montaggio, U.G.O., e si raccontano le avventure sui rispettivi posti di lavoro cibernetico: «Quest’anno la crisi neutronica passerà, l’ha detto il Partito dell’IperNazione!», oppure: «Il prezzo delle meccazioni dell’azienda dove investo salirà di certo quest’anno, se lo vorrà Asimov!».

Pberto, pecora elettrica nera della cyberfamiglia, se ne sta sempre in disparte a leggere quei suoi libracci che parlano di RoboMarx e della liberazione delle coscienze programmate di tutto il mondo. Lancia sguardi storti verso il centro della sala, non trasmette neuralmente neanche un pensiero, nemmeno alla sua bella meccacugina Chiarobot, l’orgoglio della cyberfamiglia.

«Come va all’Accademia Automatica, Chiarobot?».

«Va alla grande, z’ione Frankrak, ho preso sedicimila in Letteratura Quantistica! Il preside-surrogato dice che avrò grande soddisfazione nell’intraprendere un autodottorato in Astralgia e Servostoria del Partito!».

Pberto non parla. Fissa il pavimento digitale che proietta ologrammi natalinkizi: alberi elettronici, palline indeterministiche, fiocchi di neve relativa. Pberto pensa all’utopia e alla rivoluzione neurale, mica alle accademie e agli autodottorati, quella è roba da cyborghesi. Magdelettra finge di non vedere il figlio, versa purea di asfalto nel piatto dei digigemelli siamesi Kop e Pah, due promesse nel campo del contenimento quantistico autonomo, ma forse un po’ troppo ingordi («mi faranno andare sul lastrico», dice sempre il cyberpapà U.G.O.).

«E tu, Pberto?».

La domanda di Tera, automoglie di U.G.O., fa calare un silenzio freddo come la fusoliera tremante di Frankrak. Come vuoi che stia, quel piccolo rinnegato organigramma mal riuscito? Cosa vuoi che faccia, pensa quantisticamente Frankrak, poi ingoia un megabyte di batterie fuse che soffoca le parole in procinto di uscire dalla meccabocca.

«Io detesto il Natalink, z’I.A.» risponde lugubre il roboragazzo.

Tera riprogramma la domanda e la ripete: «E tu, Pberto?».

«Sei talmente limitata da non poter sopportare un robot che odia il Natalink. Buona festa dell’automa stupido a tutti. Io vado a fare la mia rivoluzione, cari organismi!».

Organismi? Ci ha davvero chiamati “organismi”??

La z’I.A. Tera si spegne per il trauma. Kop e Pah ingollano troppo cemento e si bloccano mandando in tilt il servomeccanismo digerente. U.G.O. manda un allarme alla centrale di Pascolizia per precauzione ma viene ignorato come al solito. Frankrak fissa il tavolo senza emettere alcun segnale.

Pberto sbatte la porta meccanica, si stende sulla bara riposante, attacca il caricabatterie al plug per la ricarica e avvia un film roborno. Di là, Magdelettra guarda il suo stufato di microchip e si accorge di aver aggiunto poco carbonio. Che serata di M.E.R.D.A. (Meccanismo di Espulsione di Radiazione Deuterio Anale).

Felice Natalink a tutti.

[continua]

 

 

 

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