I mostri di Riace

Nella puntata 136 di «Ci manca(va) un Venerdì» Fabrizio Melodia si spoglia dei panni abituali di “astrofilosofo” per aggirarsi nell’attualità

«Göbbels diceva nei suoi diari che le masse sono molto più primitive di quanto possiamo immaginare. La propaganda quindi dev’essere essenzialmente semplice, basata sulla tecnica della ripetizione, tecnica peraltro modernissima, mandata avanti dalle grandi agenzie pubblicitarie americane. Unique selling proposition – unica proposta di vendita»: è quanto afferma Giancarlo Bizanti, personaggio di un riuscito film del regista Marco Bellocchio – per la sceneggiatura di Sergio Donati e Goffredo Fofi, con una stupenda interpretazione di Gian Maria Volontè – dall’emblematico titolo «Sbatti il mostro in prima pagina».

Nell’attuale bombardamento mediatico (che, al solito, prescinde quasi sempre dai fatti, dalla cronologia e dal buon senso) su Riace e sull’arresto del sindaco Mimmo Lucano – accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – .il ministro degli Interni (ma db su codesta “bottega” lo ha chiamato «ministro degli Inferni») tuona cinguettando: «chissà cosa diranno adesso Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l’Italia di immigrati!», in diretta Twitter, seguito a ruota da grillini e altri.

Roberto Saviano gli replica pacato ma deciso: «Questo governo, attraverso questa inchiesta giudiziaria, da cui Mimmo saprà difendersi in ogni sua parte, compie il primo atto verso la trasformazione definitiva dell’Italia da democrazia a Stato autoritario. Con il placet di tutte le forze politiche, nelle azioni di Mimmo Lucano non c’è mai finalità di lucro, ma disobbedienza civile».

Disobbedienza civile sia. E molte/i si dichiarano pubblicamente e fieramente a favore della bella Italia dell’accoglienza dunque contro lo Stato Totalitario e Oscurantista che il giornalettismo di questi giorni va propagandando “per far piacere” ai Verdi della Grana Padana e agli Incolori.

Che differenza corre allora fra propaganda e informazione? Quando un giornalista (o meglio una redazione intera) perde la testa e si vende? 

«Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda. Il suo compito è additare ciò che è nascosto, dare testimonianza e, pertanto, essere molesto» scriveva l’argentino Horacio Verbitsky, spina nel fianco per i militari assassini ma anche per Francesco I, all’epoca monsignor Bergoglio.

Spina nel fianco perchè? Verbitsky scriveva: «L’attuale arcivescovo di Buenos Aires e presidente della Conferenza episcopale argentina, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, descriveva altri sacerdoti come “sovversivi” – ho trovato un documento che lo prova negli archivi del Ministero degli Esteri – negli anni della dittatura, quando una simile etichetta poteva costare la vita a chiunque. E non a caso, in seguito si è battuto strenuamente contro la politica di verità, memoria e giustizia intrapresa dai governi democratici del Paese».

Tornando alla questione più generale, chi fa giornalismo deve essere dunque la perenne spina nel fianco nel marciume della realtà? Tiziano Terzani non aveva dubbi: «Ho fatto questo mio mestiere proprio come una missione religiosa, se vuoi, non cedendo a trappole facili. La più facile, te ne volevo parlare da tempo, è il Potere. Perché il potere corrompe, il potere ti fagocita, il potere ti tira dentro di sé! Capisci? Se ti metti accanto a un candidato alla presidenza in una campagna elettorale, se vai a cena con lui e parli con lui diventi un suo scagnozzo, no? Un suo operatore. Non mi è mai piaciuto. Il mio istinto è sempre stato di starne lontano. Proprio starne lontano, mentre oggi vedo tanti giovani che godono, che fioriscono all’idea di essere vicini al Potere, di dare del “tu” al Potere, di andarci a letto col Potere, di andarci a cena col Potere, per trarne lustro, gloria, informazioni magari. Io questo non lo ho mai fatto. Lo puoi chiamare anche una forma di moralità. Ho sempre avuto questo senso di orgoglio che io al potere gli stavo di faccia, lo guardavo, e lo mandavo a fanculo. Aprivo la porta, ci mettevo il piede, entravo dentro, ma quando ero nella sua stanza, invece di compiacerlo controllavo che cosa non andava, facevo le domande. Questo è il giornalismo».

Quello che abbiamo oggi segue purtroppo ben altro binario: «I maggiori trionfi della propaganda sono stati compiuti non facendo qualcosa, ma astenendosi dal farlo. Importante è la verità, ma ancor più importante, da un punto di vista pratico, è il silenzio sulla verità». Così denunciava il filosofo e scrittore Aldous Huxley, una considerazione che trova pienamente conferma proprio in ciò che in questi giorni si sta facendo con particolare martellamento, ovvero tacere su qualcosa (molto e grave) per mettere in luce altro che quasi sempre è solo chiacchericcio senza sostanza.

Sono troppo abrasivo ed apodittico? Mi appello al quinto emendamento e chiamo in mia difesa lo scrittore e pedagogista russo Sergej Hessen, il quale affermava: «La differenza tra la propaganda e l’istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare».

Lascio rispondere al direttore di giornale Bizanti (del film di Bellocchio) il quale, non essendo un Umberto Eco, risponde così a Roveda – il suo giornalista – che propone un modo diverso di indagare e scrivere: «Chi è il nostro lettore? È un uomo tranquillo, onesto, amante dell’ordine, che lavora, produce, crea reddito. Ma è anche un uomo stanco, Roveda, scoglionato. I suoi figli invece di andare a scuola fanno la guerriglia per le strade di Milano. I suoi operai sono sempre più prepotenti, il Governo non c’è, il Paese è nel caos. Apre il giornale per trovare una parola serena, equilibrata, e che cosa ci trova? Il tuo pezzo, Roveda. Ho copiato parola per parola il tuo occhiello e il tuo titolo: “Disperato gesto di un disoccupato. Si brucia vivo padre di cinque figli”. Ora, io non sono Umberto Eco e non voglio farti una lezione di semantica applicata all’informazione, ma mi pare evidente che la parola “disperato” è gonfia di valori polemici. Se poi me lo unisce alla parola “disoccupato”… con “disperato disoccupato” ci troviamo di fronte a una vera e propria provocazione».

L’IMMAGINE è un fotogramma del film «Sbatti il mostro in prima pagina» (1972) diretto da Marco Bellocchio: denuncia l’ingerenza criminale di un giornale che aiuta a far condannare un militante di sinistra tacendo sul reale assassino per le convenienze del potere.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *