«I poveri e i più poveri»
Una recensione – in lieve ritardo – a «Titoli di coda» di Petros Markaris (*)
Nella mia dieta cartivora c’è una percentuale moderata di noir. Ogni tanto mi faccio convincere da persone di fiducia ad aggiungerne un pizzico. Così anche quest’estate ho fatto i conti con il commissario Kostas Charitos dei romanzi di Petros Markaris. Come i precedenti, «Titoli di coda» (Bompiani, traduzione di Andrea Di Gregorio; 312 pagine per 18,50 euri oppure in e-book per 6,99) è ben scritto, capace di muoversi fra l’attualità della crisi greca e un “passato che non passa”.
Piacevole lettura dunque, pur se «Titoli di coda» mi è sembrato poco realistico nella soluzione dell’enigma e con un finale sciattissimo: dal punto di vista degli intrighi meglio il precedente «L’esattore». Anche in questo ci sono però molte perle. Eccone due al volo.
Un vecchio insegnante spiega che «Ogni istituto privato è una coltellata alla schiena dell’istruzione superiore».
Piccola lezione di economia e storia di un immigrato a Charitos: «Nei Balcani non ci sono poveri e ricchi, signor commissario. Ci sono i poveri e i più poveri. Noi albanesi siamo più poveri e invidiamo voi greci che siete poveri».
(*) Questa sorta di recensione va a collocarsi nella rubrica «Chiedo venia», nel senso che mi è capitato, mi capita e probabilmente continuerà a capitarmi di non parlare tempestivamente in blog di alcuni bei libri pur letti e apprezzati. Perché accade? A volte nei giorni successivi alle letture sono stato travolto (da qualcosa, qualcuna/o, da misteriosi e-venti, dal destino cinico e baro, dalla stanchezza, dal super-lavoro, dai banali impicci del quotidiano +1, +2 e +3… o da chi si ricorda più); altre volte mi è accaduto di concordare con qualche collega una recensione che poi rimaneva sospesa per molti mesi fino a “morire di vecchiaia”. Ogni tanto rimedio in blog a questi buchi, appunto chiedendo venia. Però, visto che fra luglio e agosto ho deciso di recuperare un bel po’ di queste letture e di aggiungerne altre, mi sa che alla fine queste recensioni recuperate e fresche terranno un ritmo “agostano” quasi quotidiano, così da aggiornare in “un libro al giorno toglie db di torno” quel vecchio detto paramedico sulle mele. D’altronde quando ero piccino-picciò e ancora non sapevo usare bene le parole alla domanda «che farai da grande?» rispondevo «forse l’austriaco (intendevo dire “astronauta” ma spesso sbagliavo la parola) oppure «quello che gli mandano a casa i libri, lui li legge e dice se van bene, se son belli». Non sono riuscito a volare oltre i cieli, se non con la fantasia; però ogni tanto mi mandano i libri … e se no li compro o li vado a prendere in biblioteca, visto che alcuni costano troppo per le mie attuali tasche. «Allora fai il recensore?» mi domandano qualche volta. «Re e censore mi sembrano due parolacce» spiego: «quel che faccio è leggere, commentare, cercare connessioni, accennare alle trame (svelare troppo no-no-no, non si fa), tentare di vedere perché storia, personaggi e stile mi hanno catturato». Altra domanda: «e se un libro non ti piace, ne scrivi lo stesso?». Meditando-meditonto rispondo: «In linea di massima ne taccio, ci sono taaaaanti bei libri di cui parlare perché perder tempo a sparlare dei brutti?». (db)