I soldi di (Pierino) Isoldi / prima puntata

Fallimento del gruppo immobiliare: tante anomalie, diverse vicende da chiarire

di Davide Fabbri (*)

Parte oggi una mia inchiesta a puntate che analizza criticamente le vicende del crollo dell’impero economico dell’imprenditore romagnolo Pierino Isoldi (nella foto), le vicende del fallimento dell’ingente patrimonio immobiliare del Gruppo Isoldi, stimato nel 2010 in circa 500 milioni di euro.

Una vicenda che merita attenti approfondimenti poiché sono tanti i fatti controversi, oscuri, mai troppo analizzati e raccontati. Troppe le anomalie nella conduzione delle procedure fallimentari, giudiziarie e amministrative, soprattutto a causa di una incongrua valutazione del patrimonio fallimentare, una stima di gran lunga inferiore rispetto al valore di mercato dei beni sottoposti a liquidazione.

Ricapitoliamo per punti salienti alcuni fatti eloquenti.

Con sentenza numero 54 del 22 giugno 2015 il Tribunale civile di Forlì, su istanza del Procuratore della repubblica Sergio Sottani, ha decretato il fallimento della Isoldi Holding spa, nominando al contempo un collegio di tre curatori.

In pendenza dell’istanza di fallimento le società Isoldi spa e Isoldi Holding spa hanno proposto domanda di concordato preventivo.

La proposta di concordato ha previsto, quale atto esecutivo dell’accordo concorsuale, la fusione delle due società, mediante incorporazione della Isoldi spa nella Isoldi Holding spa, nel caso in cui il concordato preventivo fosse stato omologato. Il concordato aveva la funzione di evitare il fallimento.

La proposta di concordato non aveva trovato il consenso dalla maggioranza dei creditori, con voto cui ha partecipato anche Banca Intesa spa. Tuttavia, a seguito di specifica istanza, il voto di tale istituto bancario non è stato ammesso per vizi formali, così da determinare la formazione di una maggioranza dei creditori sull’approvazione della proposta concordataria e la conseguente omologazione, in data 22 dicembre 2014, del concordato sia della Isoldi spa che della Isoldi Holding spa.

In attuazione dell’omologa, le società hanno redatto l’atto di fusione, così come previsto nella proposta accettata dai creditori, in data 5 marzo 2015.

Tuttavia, in accoglimento del reclamo proposto da Banca Intesa spa, la Corte d’Appello di Bologna ha annullato il decreto di omologazione della Isoldi Holding spa (si badi bene: solo della Isoldi Holding) in virtù della qualificazione del voto di tale banca quale voto validamente espresso, rimettendo la controversia al Tribunale di Forlì.

Introdotto tale ultimo giudizio, il Tribunale di Forlì ha dichiarato in data 22 giugno 2015 il fallimento della Isoldi Holding spa.

A seguito di tale sentenza di fallimento l’attività di liquidazione dell’intero e ingente patrimonio della società fallita pare sia stata condotta con modalità non idonee a garantire la piena tutela degli interessi dell’intero ceto creditorio.

Il patrimonio della Isoldi Holding spa era costituito da compendi immobiliari.

Il complessivo patrimonio immobiliare della società è stato valutato, nel corso del tempo, con diverse perizie estimative, le quali hanno condotto a differenti risultati:

500 milioni di euro nel 2010;

280 milioni di euro nel 2011;

174 milioni di euro nel 2013;

130 milioni di euro nella stima effettuata da un consulente nominato dal Commissario Giudiziale in sede concordataria nel 2014;

98 milioni di euro nella stima effettuata dallo stesso consulente nominato nella procedura fallimentare del 2015.

Su questi semplici dati numerici occorre soffermarsi e riflettere. Gli stessi beni che nel 2010 valevano 500 milioni di euro finiscono per valere 98 milioni di euro alla data del fallimento del 2015.

Sono passati solo 5 anni. Tutto questo non è spiegabile alla luce delle svalutazioni del mercato legate alla crisi economica del settore immobiliare. Occorre un serio approfondimento sulle autentiche ragioni di questo crollo verticale dei valori degli immobili.

Sta di fatto che l’intero compendio immobiliare costituente il patrimonio fallimentare è stato valutato con attribuzione ai singoli cespiti di valori di gran lunga inferiori a quelli di mercato, ponendo a base d’asta una somma irrisoria rispetto al valore reale.

L’intero patrimonio immobiliare (suddiviso in 219 lotti) è stato messo all’asta, in vendita tramite incanti pubblici / aste online.

Nella prossima puntata analizzeremo nel dettaglio tali vicende.

Cesena, 15 ottobre 2019

(*) Davide Fabbri è blogger indipendente

Davide Fabbri

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