I trofei di caccia dell’imperialismo inglese
Il 19 ottobre 1905, in Kenya, viene trucidato a tradimento Koitalel Samoei
di Benigno Moi
PREMESSA
La morte di Elisabetta II d’Inghilterra è stata anche l’occasione, a fronte dell’incredibile, sproporzionata e edulcorata copertura mediatica data alla morte e ai funerali della monarca, di contrastare la favola della “regina buona e amata da tutti i suoi popoli” ricordando i crimini e gli abomini del colonialismo britannico, dei quali la “Lilibet” e la sua famiglia non erano certo indenni. In mezzo alla marea di imbarazzanti necrologi che hanno fatto apparire monarchici anche parte della politica e della cultura che si credeva convintamente repubblicana (quantomeno) qualcuno è riuscito a far circolare foto e documenti che ricordavano le stragi e gli atteggiamenti apertamente razzisti del Regno Unito nei confronti delle sue colonie o ex colonie. Anche risalenti al lungo periodo di regno della stessa Elisabetta, al periodo formalmente post-coloniale.
Per le stesse ex colonie il passaggio dello scettro dalla vecchia Elisabetta all’ormai già stanco e depotenziato Carlo III, è stata l’occasione per ribadire alcune richieste di risarcimento [i], morale, simbolico ed economico, avanzate da decenni al Regno Unito, dandogli l’opportunità di rimediare almeno simbolicamente ad alcuni dei più vergognosi lasciti del colonialismo.
Pochi giorni dopo la morte di Elisabetta l’avvocato della Contea di Nandi, in Kenya, George Tarus, ha rilasciato una dichiarazione all’agenzia di stampa francese AFP [ii] in cui rilanciava la richiesta ai governanti inglesi, ed in particolare al nuovo re, Carlo III, di restituire al Kenya la testa dell’eroe della resistenza al colonialismo inglese Koitalel Arap Samoei, affinché possa essere seppellito nella sua terra con gli onori che merita. Restituendo un poco di dignità e giustizia ad una delle vittime più note delle tante e vergognose storie del colonialismo britannico.
Koitalel Arap Samoei
Koitalel Samoei era il quarto figlio di Kimnyole Arap Turukat, [iii] un orkoiyot [iv] della popolazione Nandi, nell’attuale Kenya. Kimnyole viene ricordato perché, prima ancora che gli europei mettessero piede nella regione, parlò di un “serpente di ferro” che avrebbe distrutto e divorato le loro terre, portando uno strano uomo dai capelli rossi. La profezia di Kimnyole si avverò alcuni anni dopo, quando nel 1896 l’Inghilterra iniziò la costruzione della Uganda Railway, la linea ferroviaria che doveva collegare l’Uganda e l’interno del Kenya al porto di Mombasa, sull’Oceano Indiano, per garantire meglio lo sfruttamento delle ricchezze delle regioni dei Grandi laghi.
Kimnyole morì nel 1890 e non fece in tempo a vedere avverarsi la sua profezia. Toccò invece al figlio Koitalel (che dopo una controversia coi fratelli sostituì il padre alla guida spirituale e militare della comunità Nandi) averci a che fare, e combattere per undici anni la brutalità con cui fu portato avanti il progetto di costruzione della linea ferroviaria da parte del governo coloniale britannico. Linea ferroviaria che gli stessi inglesi ribattezzarono Lunatic Express, a causa degli immensi costi, in soldi e in vite umane, che comportò la faraonica opera.[v] Solo per reprimere le proteste sono state calcolate almeno 20.000 morti.
La trappola
Il 19 ottobre del 1905, un giovedì mattina, fu organizzato un incontro fra gli inglesi, guidati dal l’ufficiale coloniale britannico Richard Henry Meinertzhagen [vi] e la resistenza Nandi, capeggiata proprio da Koitalel, per aprire una trattativa di pace. All’incontro tutti si sarebbero dovuti presentare disarmati, e così fece Koitalel, approssimandosi con la mano tesa a Meinertzhagen, che confermando la sua crescente fama di personaggio infido e crudele (aveva già dato ordine negli anni precedenti di bruciare interi villaggi senza preavviso), invece di tendere a sua volta la mano tirò fuori una pistola, con la quale sparò e uccise l’orkoiyot, mentre i suoi massacrarono il resto della delegazione Nandi venuta all’appuntamento.
La figura di Meinertzhagen, passato alla storia anche come grande ornitologo (ma anche quest’altra sua attività è sempre più frequentemente discussa, e vengono rivelati dubbi sulla reale paternità delle sue scoperte e dei suoi studi) è emblematica del reale approccio di britannici, ed occidentali in genere, alle colonie. La sicurezza e facilità con cui consideravano lecito qualsiasi crimine nel nome della loro presunta superiorità, dalla distruzione di interi territori al depredamento di qualsiasi ricchezza culturale e naturale, è la stessa con cui praticavano la caccia grossa, che lo stesso Meinertzhagen praticava “da studioso” delle specie animali.
E infatti, come a conclusione di una caccia grossa, anche l’assassinio di Koitalel si conclude con la raccolta della prova del proprio valore, portandosi a casa la testa dell’ucciso, assieme ad altri suoi oggetti simboli del suo potere. A Koitalel viene reciso il capo e questo viene portato in Inghilterra come trofeo di guerra. Trofeo che ancora oggi viene conservato a Londra nonostante le ripetute richieste da parte del Kenya di riavere indietro la testa del loro eroe nazionale, a cui in Kenya è stato dedicato un memoriale/museo, diventato luogo simbolico di eventi politici e culturali della comunità Nandi. [vii]
Intanto, oggi, le terre interessate dalla storia che raccontiamo ed espropriate, sono occupate dalla monocoltura del tè, dove i Nandi possono fare solo i braccianti. (cfr Pietro Veronese, rubrica Mama Africa su il Venerdì di Repubblica del 30.06.2022).
Risarcimenti
La richiesta dell’avvocato Tarus di riavere la testa di Koitalel, dopo che nel 2006 i kenioti sono riusciti a riavere indietro alcuni degli oggetti/simbolo appartenenti a Koitalel e trafugati assieme alla testa, riguarda anche le richieste di risarcimento materiale per gli enormi danni causati dal colonialismo, che vengono portate avanti da anni, soprattutto da parte Keniota, alcune proprio poco prima della morte di Elisabetta[viii]. La questione del risarcimento dei danni, come quella parallela della restituzione dell’immensa quantità di opere d’arte che arricchiscono le grandi collezioni pubbliche e private dell’Occidente, non riguarda ovviamente solo il Regno Unito ma tutte le potenze coloniali o ex coloniali. Anche l’Italia ha ancora diatribe aperte per quanto rubato, soprattutto nel Corno d’Africa [ix], e per quanto vergognosamente ha procurato nelle sue colonie.
Una storia “italiana” ancora aperta che ricorda quello di Koitalel, è l’esecuzione dopo un processo farsa di Omar al-Mukhtar, il leggendario capo della resistenza libica antitaliana, fatto eliminare da Rodolfo Graziani su ordine del regime fascista.
Ancora aperta al punto che in Italia è stato praticamente impossibile vedere il film Il leone del deserto, di Mustafa Akadd, del 1981, che nonostante il cast di altissimo livello anche commerciale non è mai stato distribuito, su diretta indicazione di Giulio Andreotti, e anzi ha subito varie denunce per vilipendio delle forze armate.
Poterlo vedere trasmesso dalla RAI sarebbe già un piccolissimo passo, che non ci illudiamo di poter vedere a breve.
In Bottega se ne parla qui un-leone-le-stragi-la-censura
https://it.wikipedia.org/wiki/Il_leone_del_deserto#Censura_in_Italia
L’arte ci vendicherà?
Per l’ironia della sorte, che spesso solo la cultura sa determinare, il 21 settembre scorso, proprio due giorni dopo i funerali di Elisabetta II, sempre a Londra si è aperta (ovviamente programmata da tempo) una mostra personale di pittura dell’artista keniota Michael Armitage [x], nella galleria White Cube, visitabile sino al 30 ottobre.
Fra le opere esposte c’è “Head of Koitalel”, un’opera dedicata proprio alla testa dell’indimenticato eroe della resistenza Nandi e del Kenya.
Kenya che fu, altra coincidenza, il Paese dove si trovava Elisabetta quando, il 6 febbraio del 1952, venne saper della morte del padre Giorgio VI, ed essere divenuta regina.
Alcuni link per chi volesse approfondire
https://hivisasa.com/posts/1097-the-day-koitalel-arap-samoei-met-his-death
Sulla questione dei risarcimenti vedi il sito https://www.colonialismreparation.org/en/
in cui si parla anche di Italia e Libia
https://www.colonialismreparation.org/it/risarcimenti/italia-libia.html
Note
[i] https://www.africarivista.it/kenya-avvocati-fanno-causa-alla-gran-bretagna-per-le-ingiustizie-coloniali/206101/
[ii] https://gettotext.com/after-the-death-of-elizabeth-ii-kenyans-demand-the-head-of-a-former-tribal-chief/
https://afrique.lalibre.be/72435/kenya-appels-a-restituer-la-tete-dun-ancien-chef-de-la-resistance-au-colon-britannique/
[iii] https://en.wikipedia.org/wiki/Kimnyole
[iv] “Gli Orkoiyot occupavano un ruolo sacro e speciale all’interno del popolo Nandi e Kipsigis del Kenya . Ha ricoperto il duplice ruolo di capo spirituale e capo militare e ha avuto l’autorità di prendere decisioni in materia di sicurezza, in particolare la guerra.” Da Wikipedia
[v] https://www.amusingplanet.com/2019/03/lunatic-express-train-that-gave-birth.html
[vi] https://en.wikipedia.org/wiki/Richard_Meinertzhagen
[vii] https://kenyacradle.com/koitalel-arap-samoei-museum/
https://www.youtube.com/watch?v=4SEir7QkR5Q
https://www.researchgate.net/figure/Elders-gathered-at-Koitalel-arap-Samoeis-museum-in-Nandi-Hills-on-the-occasion-of-a_fig4_290453833
[viii] https://www.lastampa.it/esteri/2022/08/23/news/kenya_duetribu_chiedono_un_risarcimento_di200_miliardi_a_londra_per_abusi_nellera_coloniale-7088947/
[ix] https://www.africarivista.it/larte-africana-e-il-dominio-coloniale/196665/
https://www.nuoveradici.world/africa-rivista/patrimonio-culturale-africano/
[x] https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/armitage-l-innovatore/140140.html
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
Caro Barbieri, sono Alberto Campedelli da Correggio, Via Massenzatico 16 t.3207958924 e mi offro per collaborare alla redazione della Bottega con articoli e commenti su quello che viene pubblicato. Dimmi cosa devo fare per partecipare. Un caro saluto Alberto
caro Alberto,
grazie dell’offerta di collaborare. Che ovviamente è ben accolta. Ne approfittiamo per fare un discorso più generale. Noi siamo molto esigenti e dunque chi collabora con noi subirà il nostro editing e qualche volta richieste di spiegazioni, di una scrittura più comprensibile… o di fonti attendibili.
Come sai ospitiamo opinioni, recensioni, vignette e pazzie ma pensiamo che il blog sarebbe ANCORA più bello se chi collabora raccontasse storie (come ha fatto qui Benigno Moi, sudando assai) o andasse per il territorio a vedere, a capire, a intervistare… Due cose che i media presunti grandi non fanno più. Noi con le nostre piccole forze certo non colmeremo il vuoto ma grazie appunto alla collaborazione di molte/io possiamo almeno mostrare alcune crepe nel muro dell’orrido pensiero unico. Abrazos y rebeldia.
LA REDAZIONE BOTTEGARDA
ps: ti risponde la piccola redazione perchè db (che tu conosci almeno un poco) sta fumando il calumet , non è il momento di riportarlo nel “mondo reale”
Articolo di grande pregio. Grazie Benigno Moi.
Viviamo una fase storica dove in maniera assolutamente prioritaria vigono gli effimeri e devianti effetti fantasmagorici, “proiettati ” giornalmente nelle tv e negli strumenti ( in gran parte) informativi.
Il resto….non conta. A partire dagli eccidi e scientifiche ruberie praticate dalle potenze coloniali….in specie dalla Gran Bretagna, ” madre patria” dell’ imperialismo e sfruttamento nei Paesi occupati militarmente.
Ci hanno sommerso di note e immagini riguardi il ” solenne funerale”…..delle “entrate” per gli scientifici furti perpetrati….nulla e’ trapelato.
La restituzione delle opere d’arte africane: mito o realtà?
https://www.pressenza.com/it/2022/12/africa-una-storia-da-riscoprire-15-la-restituzione-delle-opere-darte-africane-mito-o-realta/