Il 25 aprile 1945 dei pracinhas

La Força Expedicionaria Brasileira contribuì alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo e molti dei suoi membri furono protagonisti di azioni eroiche tra l’Appennino tosco-romagnolo e la Lucchesia. Sono molti, nel nostro Paese, i monumenti, i musei e i cippi che ricordano quei 25.000 uomini giunti nel nostro paese da un altro continente per dare una mano agli Alleati e alla lotta partigiana.

di David Lifodi

Alla Liberazione contribuirono anche i brasiliani della Força Expedicionaria Brasileira (Feb), circa 25.000 uomini giunti in Italia a partire dal 2 luglio 1944.

Così scrive Wikipedia: “L’equipaggiamento era carente, la divisa di ordinanza dei soldati di fanteria non era adatta ai climi freddi e alla neve che avrebbero incontrato sugli Appennini – molti di loro non l’avevano mai vista e non avevano mai dovuto sopportare temperature di 20 gradi sotto lo zero – ed era anche troppo simile a quella dei soldati tedeschi”.

Eppure, nonostante tutto, la Feb contribuì allo sfondamento della Linea Gotica, alla liberazione di Monte Castello (nel versante settentrionale dell’Appennino che separa l’Emilia-Romagna dalla Toscana), di cui conquistarono la cima, di Iola di Montese (Appennino tosco-emiliano, in provincia di Modena) e Castel d’Aiano (provincia di Bologna) e al soccorso dei paesani feriti.

La Feb spesso agì seguendo le indicazioni dei militari Usa (oltre a rappresentare comunque un valido aiuto per i partigiani) poiché, come aveva dichiarato pubblicamente l’allora presidente Getulio Vargas in più di una circostanza, gli Stati uniti erano “tradizionalmente amici del Brasile”. Fu principalmente per questo motivo che il Brasile, dichiaratosi neutrale allo scoppio della II guerra mondiale a seguito dell’ambigua politica getulista, scelse di entrare in guerra contro la Germania nazista. A far propendere dalla parte degli Alleati Getulio Vargas, di certo non progressista, tanto da abolire la Costituzione del 1934 e promuovere un regime autoritario, fu comunque l’incontro con il presidente statunitense Roosevelt che ebbe luogo il 27 novembre 1936 a Itamaraty.

Inoltre, tra le motivazioni che spinsero Vargas a inviare in guerra i soldati brasiliani incisero non poco quelle di natura economica, a partire dal prestito, garantito dagli Stati uniti al Brasile, in merito alla creazione della Companhia Siderúrgica Nacional e della Companhia Vale do Rio Doce.

La svolta di Vargas, fondatore di quell’Estado Novo che guardava inizialmente con favore alla Germania nazista, al Giappone e all’Italia fascista, fu in ogni caso sorprendente. Si narra che fu un giornalista di Rio de Janeiro a coniare la famosa espressione “sarà più facile trovare un cobra che fuma piuttosto che assistere all’ingresso in guerra del Brasile contro il nazifascismo”, e proprio il cobra fumante divenne il simbolo della Feb. Il casus belli definitivo arrivò nel 1942, quando nell’Oceano Atlantico avvenne l’affondamento di 35 navi mercantili brasiliane da parte della Germania. Fu allora che i cosiddetti pracinhas, così denominati perché si trattava dei veterani dell’esercito brasiliano ad essere chiamati per far parte della Força Expedicionaria Brasileira, arrivarono in Italia per combattere contro le forze dell’Asse.

Nonostante le basse temperature e la neve, alla quale gli uomini della Feb non erano abituati, superata la prima fase di diffidenza da parte della popolazione locale (a Napoli furono presi a sassate dalla popolazione per via delle loro uniformi, simili a quelle dei tedeschi), a renderli benvoluti vi fu la vittoria di Monte Castello, definito il “monte maledetto” e conquistato nel febbraio 1945 dopo 3 mesi di battaglia, oltre all’aiuto fornito agli Alleati nella strada per raggiungere Bologna.

Nel corso della sua permanenza in Italia, la Força Expedicionaria Brasileira costrinse alla resa una divisione nazista, fece oltre 15.000 prigionieri, giocò un ruolo di primo piano nella liberazione di Torino e fu protagonista nei paesi di Montese, Zocca (Modena), Fornovo di Taro (Parma) Barga, Massarosa e Camaiore (Lucca), dove sconfisse I tedeschi. Presto i militari brasiliani si guadagnarono la simpatia della popolazione italiana, che li considerò come liberatori al pari degli Alleati e dei partigiani.

Quel poco che gli uomini della Feb avevano da mangiare lo condividevano con gli abitanti dei paesi dell’Appennino tosco-romagnolo e della Lucchesia travolti dalla furia dei nazifascisti e, ancora oggi, sono presenti alcuni monumenti dedicati alle truppe brasiliane che avevano contribuito a rendere l’Italia un paese libero.

In particolare, a Montese, tre soldati brasiliani usciti in perlustrazione, Geraldo Rodrigues de Souza, Arlindo Lúcio da Silva e Geraldo Baeta da Cruz, si imbatterono in una divisione tedesca: avrebbero potuto arrendersi, ma non lo fecero e morirono combattendo, conquistando, una volta di più, il rispetto e la gratitudine degli abitanti del luogo.

Durante la permanenza della Feb in Italia furono circa 450 i militari brasiliani caduti : gran parte di loro furono sepolti a Pistoia e trasferiti in Brasile nel 1960 nel monumento che si trova nell’Aterro do Flamengo, zona sud di Rio de Janeiro, in onore e ricordo del loro sacrificio. Nel 1965, sempre a Pistoia, fu costruito un Monumento votivo militare brasiliano.

A Montese, oltre a un monumento, venne dedicata alla Feb una sezione specifica del locale museo storico e nel 2014, a Sassuolo, fu inaugurato un cippo dedicato ai militari brasiliani caduti per combattere quel fascismo che, a distanza di tanti anni, oggi è arrivato nel loro paese e si è insediato al Planalto.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Un commento

  • E’ vero che le truppe brasiliane si unirono ai partigiani, fornirono armi e plurimi pacchi americani inviati dal cielo. Zocca, montese, e castel d’aiano, e pavullo erano postazioni da sempre problematiche per i fascisti prima e per i nazifacisti poi. Fu’ l’epigono di una battaglia antica per una popolazione mai doma. E diffidente sulle invasioni interne ed esterne. Faceva riferimento e parte della repubblica di Montefiorino. Con particolare orientamento ostativo per i tedeschi che avevano già sconfitto(complice la neve) nel 1030 nella battaglia di Monteveglio sotto le insegne di Matilde di Canossa, antesignana costruttrice dei sistemi di welfare di Comunità, degli usi civici, enfiteusi , beni comuni, interrelazione cooperativa capaci di produzione e difesa. I guerrieri/contadini del nostro Appennino combatterono sotto le insegne del capitano di Montecuccoli anche a Vienna per spezzare l’assedio dei turchi. Non combatterono per i nazifascisti disertando l’arruolamento Come fece il papà di Vasco Rossi che nel 43 fù deportato in campo di concentramento in Germania per il rifiuto a combattere con i nazifascisti. E ci ha regalato la colonna sonora della disperata libertà. Come il veneziano franco Basaglia, anche lui in carcere per il rifiuto al complice arruolamento con i nazifascisti, che ha inventato la più grande utopia ancora vivente sulla dignità concreta di ogni essere umano e sulla verità della nostra esistenza depositata nei deboli, negli scartati, nei folli. I punti zero della ragione che strumentalmente intesi ci permettono l’illegittimo, nascosto e microfisico privilegio della forza. Zocca fu’ a quel tempo luogo di accoglienza degli ebrei e in seguito, finita la guerra, solerte ricostruttrice del paese e dei borghi distrutti. I capi partigiani rossi operativi, dopo l’amnistia ai fascisti, furono emarginati, quelli bianchi che avevano combattuto dalle sagrestie in attesa di chi vinceva pronti a divenire clericofascisti, sono ancora qui, dipinti di verde lega o nascosti nei tricolori mediatici.Lo stemma del Comune è, comunque l’Araba Fenice e il motto “post fata resurgo” accompagna ancora oggi il futuro del presente. Per chi è divenuto padre e nonno nei nostri paesi sà di dovere tutto alla forza orgogliosa diffidente , ironica e libera di chi ci ha preceduto. Personalmente ritengo Matilde di Canossa, del vicino appenino Reggiano la più grande e moderna amministratrice. E i partigiani della repubblica di Montefiorino gli auspicabili vincitori della rivoluzione d’ottobre mensevico socialista.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *