Ancora su Tarrant («the Ghost Runner») e…
… la questione di ChatGPT, l’applicativo di OpenAi nel rapporto uomo-macchina.
di Gianluca Cicinelli
Qualche giorno fa può darsi che abbiate letto in “bottega” la storia – una “scordata” – di John Tarrant raccontata da Gianluca Cicinelli. Eccone un’altra versione dello stesso autore: la “bottega” vi consiglia di leggere sino… all’ultimo colpo di scena.
La vera storia di «The Ghost Runner»
di Gianluca Cicinelli
John Tarrant, «The Ghost Runner», il corridore fantasma, era più di un semplice atleta di talento: era un ribelle, un combattente per la giustizia e un uomo in anticipo sui tempi. In quanto uomo di sinistra, Tarrant era profondamente preoccupato per le questioni di uguaglianza ed equità, e questo è evidente sia nella sua carriera personale che in quella sportiva.
I primi anni di vita di Tarrant furono segnati dalla povertà e dalle difficoltà. Lui e suo fratello minore Victor sono cresciuti in una casa per bambini nel Kent durante la seconda guerra mondiale, dopo che la madre morì di tubercolosi e il padre fu chiamato a prestare servizio nelle batterie antiaeree di Londra. Nel 1947, il padre si risposò e si trasferì con la famiglia a Buxton nel Peak District del Derbyshire. Fu qui che Tarrant sviluppò il suo amore per la corsa e la sua feroce determinazione ad avere successo.
Nonostante il suo talento per la corsa a lunga distanza, la carriera di Tarrant è stata irta di ostacoli. Quando fece domanda per unirsi ai Salford Harrier e registrarsi alla Amateur Athletic Association of England nel 1952, fu bandito dalle competizioni a vita dopo aver rivelato il suo breve periodo come pugile. Ciò era dovuto al rigido codice amatoriale in vigore all’epoca, che colpiva in modo sproporzionato i poveri ed era spesso utilizzato come strumento di esclusione. Tarrant, tuttavia, ha ritenuto giusto rivelare i suoi guadagni e di conseguenza è stato bandito.
Imperterrito, Tarrant ha continuato ad allenarsi e ha iniziato a partecipare a gare a cui gli è stato negato l’accesso, spesso superando i campioni riconosciuti dell’epoca. La sua popolarità alla fine portò a un allentamento del divieto contro di lui e, dal 1958, gli fu permesso di competere a livello nazionale. Tuttavia, è rimasto non idoneo per essere selezionato per il suo Paese e gli è stata negata l’opportunità di competere ai Giochi Olimpici.
Il rifiuto di Tarrant di lasciarsi trattenere dalle regole e dalle restrizioni della Amateur Athletic Association è stato un gesto politico importante, una ribellione contro un sistema che considerava ingiusto ed esclusivo. Era determinato a dimostrare di essere capace e meritevole di successo quanto qualsiasi atleta “legittimo”, e le sue prestazioni come «Ghost Runner» hanno dimostrato che era più che capace di raggiungere questo obiettivo.
Negli anni ’60, Tarrant si dedicò alle ultra-maratone e stabilì record mondiali per le distanze di 40 miglia e 100 miglia. Nel 1967, è diventato il primo uomo a vincere il Grande Slam nelle quattro principali ultra-maratone britanniche (Londra-Brighton, Isola di Man, Exeter-Plymouth e Liverpool-Blackpool).
Durante la Comrades Marathon in Sud Africa nel 1968, Tarrant venne a conoscenza delle condizioni di apartheid nel paese e, da uomo bianco, iniziò a partecipare alle prime gare “multirazziali” come forma di protesta. Ha vinto in particolare la corsa di 80 km Goldtop Stanger-to-Durban nel 1970. Questo atto di solidarietà con la popolazione nera oppressa del Sud Africa dimostra le forti convinzioni di sinistra di Tarrant e la sua volontà di usare la sua piattaforma e i suoi talenti per combattere per ciò in cui credeva. .
Nel corso della sua carriera, Tarrant ha vinto numerose gare e stabilito numerosi record sul percorso. Nella sua vita personale, era sposato con un figlio e svolgeva vari lavori partecipando anche all’attivismo politico, in particolare a sostegno del movimento anti-apartheid in Sud Africa. Tarrant è morto nel 2007 all’età di 74 anni.
Nonostante le sfide e le battute d’arresto che ha dovuto affrontare, Tarrant rimane una figura amata e rispettata nel mondo dell’atletica. La sua determinazione, resilienza e rifiuto di essere trattenuto dai limiti che gli sono stati imposti lo rendono una vera fonte d’ispirazione per corridori e atleti di tutto il mondo. La sua eredità come «Ghost Runner» e come outsider dalla mentalità politica non sarà dimenticata.
Ma l’articolo qui sopra è davvero di Cicinelli? La risposta giusta oscilla fra «sì» e «no» – insomma «ni» – e lo spiega qui sotto lui stesso.
Il giornalismo artificiale ovvero Gianluca Cicinelli torna sul caso Tarrant (e sul sistema OpenAI)
Pochi giorni fa il mio spacciatore di tecnologia di fiducia mi ha fatto conoscere un progetto molto particolare. Un’intelligenza artificiale, OpenAI, al momento la più evoluta tra quelle in sperimentazione. Dopo un giorno passato a studiare il funzionamento di ChatGPT, l’applicativo di OpenAi nel rapporto uomo-macchina, con un manuale d’uso scritto da OpenAI stessa, ho deciso di iniziare questo nuovo viaggio che diventerà molto utile davvero a breve. OpenAI non è collegata a internet. Si basa su milioni di terabyte di database inseriti dai programmatori, in prevalenza dati scientifici, ma ancora non attinge alle possibilità di ricerca di motori come Google. Quando accadrà saranno problemi seri, anche etici per alcuni aspetti che vedremo tra poco.
Per provarla e usarla basta registrarsi al sito https://chat.openai.com/auth/login. Di solito viene utilizzata per scopi scientifici, lettura ed elaborazione di grossi quantitativi di dati, ma io ho voluto invece fare un esperimento più vicino al mio campo, quello dell’informazione. Siccome da qualche giorno sono alle prese con una storia poco o per niente conosciuta in Italia, gli ho chiesto di aiutarmi a fare un articolo. Mi ha detto che non conosceva la persona di cui parlavo.
Allora ho inserito la pagina wikipedia che ne parlava; non il link proprio il testo. A quel punto gli ho chiesto di scrivere un articolo senza copiare wikipedia. Ne ha sfornato dieci righe. Troppo corto gli ho detto. Allora ne ha fatto un altro di venti righe. Non mi andava ancora bene.
La persona di cui dovevo parlare era di sinistra, così gli ho detto che doveva dare risalto a questo elemento. Lo ha fatto tornando però a un testo di dieci righe. Gli ho quindi detto che dall’articolo doveva essere evidente che chi lo scriveva era di sinistra come la persona oggetto dell’articolo. Altro articolo di venti righe. A quel punto ho “inserito” un articolo della Bbc sull’argomento. Ho chiesto quindi a OpenAI di rendere più ricco il suo articolo, ovviamente lo ha fatto. Poi gli ho chiesto di renderlo più brillante. «In che senso?» mi ha chiesto la macchina. Inserendo due aneddoti, gli ho suggerito.
Alla fine sono uscite quaranta righe di testo che io consideravo assolutamente pubblicabili. Non fidandomi del mio giudizio ho inviato l’articolo – senza dire come era stato scritto e da chi – a una decina di colleghi fidati, con i quali formo un gruppo con tale intelligenza naturale che quando arriva il conto al ristorante impiega tra i trenta e i cinquanta minuti a fare la divisione per capire quanto viene a testa. Anche loro lo hanno trovato assolutamente pubblicabile. Mi sono sentito per un attimo come si presume stesse Ettore Majorana quando ha capito le conseguenze nefaste per gli esseri umani degli studi sull’atomo che stava conducendo. Lui è scappato ma noi resteremo e dovremo avere a che fare con questa nuova realtà. Non parliamo del futuro ma del presente.
OpenAI ancora non funziona bene, bisogna specificare. Nonostante gli fosse stata fornita correttamente ha sbagliato serialmente la data della morte del personaggio: quella vera è 18 gennaio 1975. Va detto che, tra un input e un altro fornito, avrei impiegato molto meno tempo a scriver direttamente io l’articolo. Ha poi confuso clamorosamente e più volte “famous”, famoso, con “infamous”, infame (non sto scherzando stavolta). Confida acriticamente nell’esattezza dei dati che gli vengono forniti. Può scrivere delle grandi sciocchezze in una forma assolutamente credibile e va sempre rivisto. Infine, a voler essere complottisti, è un progetto finanziato tra gli altri dal solito Elon Musk e da Amazon web service. D’altronde però per portare avanti un progetto del genere occorrono miliardi ed è naturale che i promotori siano quelli che ce li hanno.
Uno dei problemi etici a cui accennavo prima è che se gli chiedi come si fa una bomba usando elementi che hai in casa lo fa senza porsi problemi. Ma già è così anche per molte informazioni in rete senza necessariamente avventurarsi nel dark web. Per questo nel momento in cui il database di OpenAi avrà accesso alla rete si porranno problemi sociali molto seri. Fermiamoci però a riflettere su ciò che già fa adesso anche in un campo, quello umanistico della scrittura di testi.
«Tra poco saremo tutti disoccupati» ha osservato uno dei colleghi a cui ho sottoposto l’articolo dopo che gli ho rivelato come era stato scritto. Essendo già disoccupato, o meglio non pagato per quello che scrivo, potrei disinteressarmi del problema, ma immaginate i grandi gruppi editoriali dinanzi a uno strumento del genere come lo useranno contro i giornalisti. E con quali conseguenze editoriali. Se oggi il social media manager ha preso l’avvento nel mondo dell’informazione rendendo quasi marginale il giornalista, domani sarà lo sviluppatore il motore da cui parte il processo informativo, che con l’informatica condivide il suffisso. Senza essere catastrofisti, perchè già oggi interi testi vengono prodotti dalle intelligenze artificiali, libri o intrecci narrativi. Quindi è il caso di approfondire l’argomento da subito.
Per quanto riguarda infine le sue possibilità tecniche e un primo approfondimento, vi rimando a questo articolo di Federico Nejrotti https://www.guerredirete.it/chatgpt-cosa-puo-fare-e-non-puo-fare/
E adesso se volete ri-leggere il VERO articolo di Cicinelli del 17 gennaio ecco il link: John Tarrant, il fondista fantasma che…
LE IMMAGINI SONO RIPRESE DALLA RETE
Penso a quanto fosse stato profetico Kubrick con “2001…..”
Nel mondo virtuale che riempie la nostra vita noi osserviamo la realtà come l’ultimo componente di una matrioska: siamo in una stanza che (a sua volta) è contenuta in un’altra che si trova all’interno di un’altra ancora.
Scrive magistralmente Heinrich Böll:“Quelli che credono che l’attuale sia il reale sono spesso molto lontani dalla conoscenza del reale. Un uomo lontanissimo dal reale, un qualsiasi uomo miope e distratto, uno che potrebbe essere la caricatura di un professore, può essere più vicino alla realtà di chi rincorre trafelato l’attualità scambiandola per la realtà. […] Seduti sulla lancetta dei secondi che ci tiene sempre fra passato e futuro, possiamo credere che il palloncino sia immortale, che il lecca lecca variopinto sia eterno; e questo è consentito ai nostri figli, ma noi sappiamo, purtroppo, che non è possibile marinare per sempre la scuola, che noi dobbiamo sempre colpire quell’uccello, che possiamo compiere la nostra vita solo nella realtà: è una questione di vita o di morte”.
Sono Alessio, di mestiere sono un programmatore (diciamo progettista) software da più di 30. Oltre a questo sono l’autore del blog “noi non abbiamo patria”. La cosiddetta AI non mi sorprende affatto, benché la definizione é errata. Non vi é nulla di intelligente, trattasi solo dell’automazione del minimo comune multiplo su insiemi di dati, potremmo riferirci ad essa tecnicamente come una intersect o una union SQL. La fonte sono gli head e la tassonomia predefinita nelle strutture dei website che consentono ai motori di ricerca di indicizzarne i contenuti per categorie, per stringhe di ricerca, argomenti ecc. Perchè esiste questa roba, che da un punto di vista dell’ingegneria del software non avrebbe alcunché di speciale? Perchè l’uomo capitalistico si illude di possedere un libero arbitrio che eredita da quando pensó l’uomo produttivo ai suoi albori di poter dominare la natura usandola come forza produttiva e strumento della produzione. Viceversa è la relazione che la attività produttiva dell’uomo con la natura ed i mezzi della produzione che continuano a determinarlo. Oggi si arriva a questa verità che non si vuole ammettere (benchè la fisica già lo sa): il libero arbitrio dell’individuo non esiste. Chiarito questo la società attuale ha determinato sempre più nella divisione generale del lavoro – funzionale a accumulare valore realizzandolo attraverso lo scambio delle merci sul mercato – una atomizzazione delle singole attività e funzioni a questo generale processo necessarie. In sostanza anche il cosiddetto lavoro cognitivo dell’uomo – che si riteneva superiore a quello manuale – perde di sostanza. Allora la cosiddetta AI serve appunto a appiattire quel tipo di lavoro oramai superfluo. A che serve un insegnante umano per formare una massa di giovani cui viene dispensato loro solo una istruzione nozionistica? Basta un Chat BOT. La stessa cosa si puó applicare a un ragioniere, a un commercialista, a un giudice del tribunale civile, ad un cronista, ecc. ed ecco che l’algoritmo acquisisce la qualità dell’intelligenza perché a quelle funzioni sociali, specializzate e atomizzate, è un superfluo inutile l’intelligenza stessa alla funzione cognitiva nel processo della produzione del valore. A chi fa paura? A chi ha campato nella posizione di vantaggio sociale nei confronti dei produttori alienati dai mezzi della produzione e del loro prodotto. Ciao Alessio