Il caffè di Gaspare Pisciotta

Lella Di Marco riflette sulla stricnina di Stato. A seguire l’elenco di tutti i morti ammmazzati (dal 1945) in Sicilia

Come aveva già capito Goethe, senza la Sicilia l’Italia non avrebbe formato un quadro nell’anima; «qui soltanto è la chiave per capire tutto» scriveva il poeta tedesco nel suo viaggio in Sicilia.

Sono convinta che in Sicilia c’è la chiave per capire tutto

ma il nostro è un Paese che non ascolta, non vuole comprendere e non cambia.

Stragi e delitti (quasi perfetti), sommosse, brigantaggio, mafia, evidenti collusioni fra Stato e grandi organizzazioni criminali, depistaggi, colpevoli senza mandanti né motivazioni … tutto azzerato e si torna come prima.

Giusto non dimenticare Gaspare Pisciotta ma abbiamo documenti da verificare, fonti sicure? O possiamo fare solo sensate supposizioni?

Io siciliana non riesco a tacere. Cresciuta a pane e cronache di brigantaggio con «brillanti operazioni di polizia» per sgominarlo. Mi ha educata una nonna che si nutriva delle cronache sulle imprese del bandito Giuliano il quale all’inizio della sua “carriera” viene presentato come un romantico avversario del regime che affama il popolo. Bello e giovane «Turiddu» da Montelepre debutta rubando sacchi di farina per distribuirli ai concittadini affamati. Poi diventerà una “star” manovrabile. Per alimentare il suo mito si permetterà di rilasciare interviste a testate internazioni spiegano che «vive libero sotto le stelle, facendo l’amore con attrici, miss e zitelle» e che «punta in alto molto lontano scrivendo e firmando sempre Giuliano».

Può sembrare folclore ma è politica: di Stato e a livello internazionale. La posta in gioco sembra alta, ma trovare la chiave di lettura politica non è facile. Poteva darla Gaspare Pisciotta e per questo lo hanno ucciso? Senza dubbio indagare meglio e capire da dove veniamo ci aiuterebbe per il presente.

 

QUANDO: 9 febbraio 1954.

DOVE: a Palermo, nel carcere dell’ Ucciardone.

CHI: Gaspare Pisciotta, 30 anni, di Montelepre muore in cella, avvelenato da un caffè alla stricnina.

COSA: Pisciotta è cugino e luogotenente del bandito Salvatore Giuliano; è ritenuto anche il suo assassino. Assieme hanno organizzano la strage del 1947 a Portella delle Ginestre. Per quell’eccidio, in cui perdono la vita 11 persone, Pisciotta viene processato con il padre, i due fratelli e altri 6 componenti della banda. Il 3 maggio 1952 è condannato all’ergastolo dalla corte di assise di Viterbo.

PERCHE’: prima della sentenza, Pisciotta dichiara: «Noialtri siamo un corpo solo: polizia, banditi e mafia. Come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo». E minaccia di rivelare i nomi dei mandanti di Portella.

La stricnica gli impedisce di fare il vero nome del “Padre” o del “Figlio”.  Non è stata raggiunta alcuna certezza processuale sulla morte di Pisciotta. Le inchieste realizzate nel corso degli anni non sono riuscite – sembra incredibile – ad appurare neanche se la dose di veleno che lo ha ucciso gli sia stata versata nel caffè (come subito si disse) o nel Vidalin, lo sciroppo per la tubercolosi che riceveva ogni giorno dall’infermeria.

Parla di un «traditore tradito» Marco Travaglio (su «L’Europeo» numero 4 del 2006). «Cominciamo dal fondo, perché il finale è l’unica cosa certa di tutto il giallo. Carcere dell’Ucciardone, Palermo, 9 febbraio 1954, ore 7 del mattino. Gaspare Pisciotta detto “Asparu”, 50 anni da compiere, condannato all’ergastolo e detenuto da un anno insieme al padre Salvatore per la strage di Portella della Ginestra e l’omicidio del bandito Salvatore “Turiddu” Giuliano suo cugino, si prepara – come ogni giorno – il caffè con il fornelletto ad alcol e la macchinetta “nepoletana”. Ne versa un po’ nella sua tazzina e un po’ in quella del padre, dopo aver messo un cucchiaino di zucchero in ciascuna. Beve d’un fiato. Pochi istanti dopo impallidisce e comincia a urlare: Patri, m’ammazzaru!. Corre al fiasco dell’olio, tentando di vomitare il liquido appena ingurgitato. Ma non ci riesce. Lo trasportano d’urgenza in infermeria, dove muore alle 8,10. L’autopsia dirà che aveva capito tutto: nel suo corpo vengono rinvenuti 20 grammi di stricnina, un veleno letale molto diffuso nelle campagne della zona, dove i contadini lo usano per preparare i bocconi per uccidere le volpi. Gaspare Pisciotta si porta nella tomba i segreti sulla strage di Portella e sui mandanti politico-istituzionali dell’eccidio, più volte evocati nell’aula del processo che lo vedeva imputato insieme a una cinquantina di presunti complici della banda Giuliano. Chi abbia portato materialmente il veleno nella cella, forse mescolato allo zucchero, non si saprà mai. Si sa però che Pisciotta temeva di finire avvelenato …».

E’ opportuna qualche precisazione sulla ricostruzione di Travaglio.

1— Pisciotta faceva il bandito con Giuliano ma il brigantaggio non è la mafia, piuttosto una forma di protesta nei confronti del potere organizzato (quindi visto con benevolenza da parte del popolo)

2 – In Sicilia una persona alla quale sei legato da amicizia e interessi comuni viene chiamata cuggino, quindi non ha senso porsi il problema se i due fossero legati da vincoli di parentela; per capire quella relazione bisogna entrare nell’analisi semantica del gergo locale. La parola, in quel contesto, non è soltanto mezzo di comunicazione, spesso contiene nascosti avvertimenti e ordini decifrabili da chi conosce quel lessico

Tutti sapevano che fine avrebbe fatto Pisciotta dopo aver annunciato in tribunale che avrebbe fatto i nomi di “uomini potenti”. I ragazzini dei vicoli di Palermo giocando canticchiavano: a tabbutu ti finisci ovvero «finirai nella cassa da morto»,

A un certo punto della sua vita Pisciotta deve aver avuto la percezione che i destini fra lui e Giuliano si erano divisi. Infatti il cuggino era diventato fautore dell’indipendentismo siciliano, voluto da famiglie aristocratiche, da potenti locali e dagli Usa. Per quello non fece suo il classico lasciapassare negli interrogatori ovvero: «NENTI SACCIU, NENTI CANUSCIO, NENTI VOGGHIU SAPIRI»…

Cosa ho da aggiungere? Posso andare un passo oltre il mito, la leggenda e il depistaggio?

All’epoca ero una ragazzina di 14 anni invaghita del romantico brigante Giuliano; vivevo in una di quelle famiglie patriarcali in cui si parlava di tutto davanti ai bambini, come se nulla potessero capire. Mio zio Giuseppe Fodale allora dirigeva la squadra mobile di Trapani. Ricordo benissimo le sue parole quando, finita la brillante operazione di polizia per catturare Giuliano, amareggiato e sentendosi sconfitto raccontava che al loro arrivo Giuliano era stato già ammazzato: per simulare la cattura avevano dovuto sparare a vuoto e andare via in trionfo con il cadavere del «re di Montelepre».

Se come tutti pensano Pisciotta c’entrava con l’assassinio perchè richiuderlo all’Ucciardone? Quel carcere era notoriamente gestito dalla mafia e dai briganti, che lo vivevano come il loro quartier generale garantendo ordine e ubbidienza. Infatti nulla di “sovversivo” è mai uscito da quel luogo (di pena?). La stricnina nel caffè non è difficile da fare arrivare in carcere. Responsabile dell’accaduto potrebbe essere lo stesso padre di Pisciotta che ogni mattina si recava in cella dal figlio per prendere assieme il caffè.

D’altro canto nella storia d’Italia non solo all’Ucciardone si può bere un caffè avvelenato. Il 22 marzo 1986 un caffè al cianuro di potassio uccide Michele Sindona: banchiere e criminale italo-americano, membro della loggia P2, legato a Cosa nostra in Italia e alla famiglia Gambino negli Stati Uniti, coinvolto nell’«affare Calvi» e mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli … nel supercarcere di Voghera. Anche in questo caso fu “impossibile” trovare l’avvelenatore.

Tutto torna? Morti eccellenti ma nessuna spiegazione, indagini subito chiuse e processi farsa. Nessuna protesta nelle città siciliane; forse la gente si sente più tranquilla e non può prevedere l’inizio di una lunga stagione di veleni, non ancora terminata, costellata da delitti di Stato.

La Sicilia non è soltanto questo ma io continuo a credere – come Goethe – che in quella terra ci sia la chiave per capire anche l’Italia.

Sicilia: la strage infinita. Pubblichiamo l’elenco di tutti i morti ammazzati dal 1945 dal sistema mafioso protetto dai potenti (*)

UCCISI dal potere mafioso e dalla complicità di apparati deviati dello Stato

E’ un lungo elenco straziante di vittime. Molti omicidi sono rimasti impuniti

Sono rimasti colpiti dal fuoco mafio-politico molti servitori dello Stato, sindacalisti, giornalisti e boss

Perchè è avvenuto tutto questo? Perchè molti processi finivano senza colpevoli per insufficienza di prove?

pubblichiamo l’elenco riportato dal blog “Malcoda”

Un ottimo vaccino per combattere la mafia e chi davvero l’ha sostenuta è la conoscenza storica dei fatti avvenuti

La consapevolezza dei fatti è un arma forte contro tutte le mafie e il potere deviato

DAL 1945 AL 2010

Anni 1945 − 50

  • Antonio Mancino (2 settembre 1943), carabiniere
  • Santi Milisenna (27 maggio 1944), segretario della federazione comunista di Enna
  • Andrea Raia (6 agosto 1944), organizzatore comunista
  • Calogero Comajanni (28 marzo 1945), guardia giurata, viene ucciso una mattina a Corleone (PA). La sua colpa era stata quella di arrestare un boss in erba del calibro di Luciano Liggio.
  • Filippo Scimone (1945), maresciallo dei carabinieri, viene ucciso nel 1945 a San Cipirello (PA).
  • Nunzio Passafiume (7 giugno 1945), sindacalista
  • Agostino D’Alessandro (11 settembre 1945), segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi
  • Liborio Ansalone (13 settembre 1945), Comandante dei Vigili Urbani ucciso per aver partecipato alla retata del 1926 insieme al Prefetto Cesare Mori.
  • Calogero Cicero, carabiniere semplice, viene ucciso a Favara (AG), in un conflitto a fuoco con dei banditi di Palma di Montechiaro, il 14 settembre 1945.
  • Fedele De Francisca, carabiniere semplice, viene ucciso anch’egli a Favara (AG), in un conflitto a fuoco con dei banditi di Palma di Montechiaro, il 14 settembre 1945.
  • Giuseppe Scalia (25 novembre 1945), segretario della Camera del Lavoro
  • Giuseppe Puntarello (4 dicembre 1945), segretario della sezione di Ventimiglia di Sicilia (PA) del Partito Comunista
  • Gaetano Guarino (16 maggio 1946), sindaco socialista di Favara (AG)
  • Tommasa Perricone, in Spinelli, detta Masina, viene uccisa il 16 maggio 1946 a Burgio, durante l’attentato mafioso contro il candidato sindaco di Burgio, Antonio Guarisco.
  • Pino Camilleri (28 giugno 1946), sindaco socialista di Naro (AG)
  • Nicolò Azoti, segretario Camera del lavoro di Baucina
  • Accursio Miraglia (4 gennaio 1947), sindacalista, segretario della Camera confederale circondariale di Sciacca
    • Strage di Portella della Ginestra: 11 morti e 56 feriti (1º maggio 1947), contadini celebranti la festa del lavoro. Dell’eccidio venne accusato il bandito Salvatore Giuliano ma in realtà i mandanti erano alti esponenti della Democrazia Cristiana e i grandi mafiosi latifondisti.
    • Strage di Partinico (22 giugno 1947): sono uccisi Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Iacono dirigenti della locale Camera del Lavoro.
    • Strage di Canicattì (21 dicembre 1947): 4 morti e circa 20 feriti.
    • Epifanio Li Puma (2 marzo 1948), sindacalista ed esponente del Partito Socialista Italiano, capolega della Federterra
    • Placido Rizzotto (10 marzo 1948), ex-partigiano, dirigente del Partito Socialista Italiano e segretario della Camera del Lavoro di Corleone. Al suo omicidio assistette il pastorello Giuseppe Letizia, che fu ucciso dal mandante del delitto Rizzotto, il medico Michele Navarra, con un’iniezione letale.
    • Calogero Cangelosi (2 aprile 1948), esponente del Partito Socialista Italiano e sindacalista, segretario della Camera del Lavoro di Camporeale
    • Giuseppe Biondo (22 ottobre 1948)

Anni 1950

Filippo Intili (7 agosto 1952), sindacalista [3], segretario della Camera del Lavoro di Caccamo (PA).

    • Claudio Splendido (6 febbraio 1955), sorvegliante di un deposito stradale vicino Corleone. Venne assassinato perché aveva confessato alla polizia di aver visto il latitante Luciano Liggio riunirsi con dei suoi collaboratori.
    • Salvatore Carnevale (16 maggio 1955), sindacalista e militante del Partito Socialista Italiano di Sciara, in provincia di Palermo.
    • Giuseppe Spagnolo (13 agosto 1955), sindacalista e dirigente politico.
    • Pasquale Almerico (25 marzo 1957), maestro elementare, sindaco di Camporeale e segretario della sezione locale della Democrazia Cristiana.
    • Michele Navarra (2 agosto 1958), medico e criminale di Corleone.
    • Vincenzo Di Salvo (18 marzo 1958), sindacalista di Licata.

Anni 1960

    • Cataldo Tandoy (30 marzo 1960), ex capo della squadra mobile di Agrigento.
    • Cosimo Cristina (5 maggio 1960), giornalista.
    • Paolo Bongiorno (27 settembre 1960), sindacalista.
    • Strage di Ciaculli (30 giugno 1963): il tenente dei carabinieri Mario Malausa, i marescialli Silvio Corrao e Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Mario Farbelli, il maresciallo dell’esercito Pasquale Nuccio e il soldato Giorgio Ciacci, uccisi dallo scoppio di un’autobomba abbandonata dai mafiosi in campagna.
    • Carmelo Battaglia (24 marzo 1966), sindacalista e dirigente politico del Partito Socialista Italiano di Tusa, in provincia di Messina.
    • Giuseppe Piani (29 dicembre 1967), nato a Santa Teresa di Riva nel 1929, appuntato dei carabinieri ucciso durante una scontro a fuoco con un latitante.

Anni 1970

    • Mauro De Mauro (16 settembre 1970), giornalista.
    • Pietro Scaglione (5 maggio 1971), procuratore capo di Palermo.
    • Antonino Lo Russo (5 maggio 1971), autista di Pietro Scaglione.
    • Giovanni Spampinato (27 ottobre 1972), giornalista de “L’Ora” e de “L’Unità”.
    • Gaetano Cappiello (2 luglio 1975), agente di pubblica sicurezza.
    • Giuseppe Russo (20 agosto 1977), tenente colonnello dei carabinieri. Insieme a lui viene ucciso l’insegnante Filippo Costa, 57 anni, che stava passeggiando con lui.
    • Ugo Triolo (26 gennaio 1978), Vice-pretore onorario di Prizzi, assassinato su mandato di Bernardo Provenzano.
    • Peppino Impastato (9 maggio 1978), giovane attivista politico e speaker radiofonico di Cinisi, in provincia di Palermo.
    • Antonio Esposito Ferraioli (30 agosto 1978), cuoco.
    • Salvatore Castelbuono (26 settembre 1978), Vigile Urbano Comune di Bolognetta (PA).
    • Carmelo Di Giorgio (5 gennaio 1979), operaio.
    • Filadelfio Aparo (11 gennaio 1979), vice Brigadiere della squadra mobile di Palermo.
    • Mario Francese (26 gennaio 1979), giornalista.
    • Michele Reina (9 marzo 1979), segretario provinciale della Democrazia Cristiana.
    • Carmine Pecorelli (20 marzo 1979), giornalista.
    • Giorgio Ambrosoli (12 luglio 1979), avvocato milanese liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona.
    • Boris Giuliano (21 luglio 1979), capo della squadra mobile di Palermo.
    • Calogero Di Bona (28 agosto 1979), maresciallo ordinario in servizio presso il Carcere dell’Ucciardone di Palermo
    • Cesare Terranova (25 settembre 1979), magistrato.
    • Lenin Mancuso (25 settembre 1979), maresciallo morto insieme a Cesare Terranova.
    • agguato a San Gregorio (CT) (10 novembre 1979), carabinieri Giovanni Bellissima, Salvatore Bologna e Domenico Marrara.

Anni 1980

    • Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), presidente della Regione Siciliana.
    • Emanuele Basile (4 maggio 1980), capitano dei Carabinieri.
    • Gaetano Costa (6 agosto 1980), procuratore capo di Palermo.
    • Vito Lipari (13 agosto 1980), sindaco DC di Castelvetrano (TP).
    • Giuseppe Inzerillo (12 giugno 1981), figlio diciassettenne del boss Salvatore Inzerillo mutilato e ucciso.
    • Vito Jevolella (10 ottobre 1981), maresciallo dei carabinieri di Palermo
    • Sebastiano Bosio (6 novembre 1981), medico, docente universitario.
    • Alfredo Agosta (18 marzo 1982, maresciallo dei carabinieri di Catania del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri del Tribunale di Catania. Molto noto nella città dove operava per essere un investigatore scrupoloso e preparato.
    • Pio La Torre (30 aprile 1982), segretario del PCI siciliano.
    • Rosario Di Salvo (30 aprile 1982), autista e uomo di fiducia di Pio La Torre.
    • Gennaro Musella (3 maggio 1982), imprenditore.
    • Antonino Burrafato (29 giugno 1982), Vice Brigadiere di Polizia, si stava apprestando ad andare a lavoro. Giunto a piazza Sant’Antonio alle ore 15.30 a poche decine di metri dal carcere, un commando di quattro uomini lo uccise usando esclusivamente armi corte.
    • Paolo Giaccone (11 agosto 1982), medico legale.
    • Strage di via Carini (3 settembre 1982): Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale dei Carabinieri e prefetto del capoluogo siciliano; Emanuela Setti Carraro, moglie di Carlo Alberto Dalla Chiesa, e Domenico Russo, agente di polizia, uccisi brutalmente mentre andavano a cena a Mondello.
    • Benedetto Buscetta e Antonio Buscetta (11 settembre 1982), i due figli del pentito Tommaso Buscetta di 34 e 32 anni vittime di “lupara bianca”.
    • Calogero Zucchetto (14 novembre 1982), agente di polizia della squadra mobile di Palermo.
    • Giuseppe Genova e Orazio D’Amico (26 dicembre 1982), cognato e nipote di Buscetta.
    • Vincenzo Buscetta (29 dicembre 1982), fratello del pentito Tommaso.
    • Giangiacomo Ciaccio Montalto (26 gennaio 1983), magistrato di punta di Trapani.
    • Mario D’Aleo (13 giugno 1983), capitano dei carabinieri.
    • Pietro Morici (13 giugno 1983), carabiniere.
    • Giuseppe Bommarito (13 giugno 1983), carabiniere.
    • Strage di via Pipitone Federico (29 luglio 1983): Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, Mario Trapassi, maresciallo dei carabinieri; Salvatore Bartolotta, carabiniere; Stefano Li Sacchi, portinaio di casa Chinnici, uccisi dallo scoppio di un’autobomba, che provocò anche gravi danni alla facciata del palazzo adiacente.
    • Salvatore Zangara (8 ottobre 1983), analista.
    • Giuseppe Fava, (5 gennaio 1984), giornalista.
    • Mario Coniglio, (14 novembre 1984), macellaio, Coniglio aveva 55 anni quando fu massacrato dentro la sua bottega di via degli Emiri alla Zisa, a sparare contro l’ambulante furono due sicari con il volto coperto, a bordo di un vespone. Testimone uno dei figli che si trovava accanto a lui mentre veniva ucciso. La sentenza ha riconosciuto la colpevolezza del padre di Ganci, Raffaele, boss del quartiere della Noce, e di Domenico Guglielmini, entrambi condannati a 30 anni di reclusione; confermata anche la condanna a 10 anni per il pentito Antonio Galliano, che aveva sempre negato il proprio coinvolgimento.
    • Pietro Busetta (7 dicembre 1984), imprenditore e maestro decoratore, vittima innocente. Ucciso solo per essere cognato di Buscetta. Il cognome simile è solo un gioco del destino.
    • Roberto Parisi (23 febbraio 1985), imprenditore e presidente del Palermo calcio, assieme al suo autista Giuseppe Mangano.
    • Piero Patti (28 febbraio 1985), imprenditore. Rimane ferita anche la figlia Gaia di nove anni.
    • Giuseppe Spada (14 giugno 1985), imprenditore.
    • Strage di Pizzolungo (2 aprile 1985): Barbara Rizzo in Asta, signora morta nell’attentato con autobomba contro il sostituto procuratore Carlo Palermo, salvatosi miracolosamente; morti anche Giuseppe e Salvatore Asta, i due figli gemelli di 6 anni della donna.
    • Giuseppe Montana (28 luglio 1985), funzionario della squadra mobile, dirigente della sezione contro i latitanti mafiosi.
    • Ninni Cassarà (6 agosto 1985), dirigente della squadra mobile di Palermo, e il suo collega Roberto Antiochia, agente di polizia.
    • Graziella Campagna (12 dicembre 1985), diciassettenne di Saponara (ME) che aveva riconosciuto due latitanti.
    • Giuseppe Insalaco (12 gennaio 1988), ex sindaco di Palermo.
    • Natale Mondo, (14 gennaio 1988), agente di polizia scampato all’attentato in cui persero la vita Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, venne ucciso perché si era infiltrato nelle cosche mafiose.
    • Alberto Giacomelli (14 settembre 1988), ex magistrato in pensione.
    • Antonino Saetta (25 settembre 1988), giudice ucciso con il figlio Stefano Saetta.
    • Mauro Rostagno (26 settembre 1988), leader della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti e giornalista, dai microfoni di una televisione locale faceva i nomi di capi mafia e di politici corrotti. Venne assassinato a Valderice (TP).
    • Giuseppe Montalbano (18 novembre 1988) medico, Camporeale, provincia di Palermo; ucciso perché il suo comportamento corretto dava “fastidio” ad un gregario di Giovanni Brusca che lavorava presso il comune di Camporeale
    • Pietro Polara (27 febbraio 1989), commerciante di macchine agricole. Venne assassinato a Gela (CL).
    • Antonino Agostino (5 agosto 1989), agente di polizia, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di due mesi

Anni 1990

    • Vincenzo Miceli (23 gennaio 1990), geometra e imprenditore di Monreale, ucciso per non aver voluto pagare il pizzo.
    • Giovanni Trecroci (7 febbraio 1990), vicesindaco di Villa San Giovanni.
    • Emanuele Piazza (16 marzo 1990), agente di polizia strangolato e sciolto nell’acido.
    • Giuseppe Miano (18 marzo 1990), mafioso pentito.
    • Nicola Gioitta (21 marzo 1990), gioielliere.
    • Gaetano Genova (30 marzo 1990), vigile del fuoco sequestrato e ucciso perché ritenuto un confidente della polizia. Il suo corpo verrà ritrovato 8 anni dopo in seguito alle dichiarazioni del pentito Enzo Salvatore Brusca.
    • Giovanni Bonsignore, (9 maggio 1990), funzionario della Regione Siciliana.
    • Rosario Livatino (21 settembre 1990), giudice di Canicattì (AG).
    • Giovanni Salamone (12 gennaio 1991), geometra, imprenditore edile e consigliere comunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
    • Nicolò Di Marco (21 febbraio 1991), geometra del comune di Misterbianco (CT).
    • Sergio Compagnini (5 marzo 1991), imprenditore.
    • Antonino Scopelliti (9 agosto 1991), giudice.
    • Libero Grassi (29 agosto 1991), imprenditore attivo nella lotta contro le tangenti alle cosche e il racket.
    • Serafino Ogliastro (12 ottobre 1991), ex agente della polizia di Stato. Ucciso a Palermo da Salvatore Grigoli con il metodo della lupara bianca perché i mafiosi di Brancaccio sospettavano fosse a conoscenza degli autori dell’omicidio di un mafioso, Filippo Quartararo. Al processo, Grigoli si autoaccusava dell’omicidio indicando altri 7 complici.
    • Salvo Lima (12 marzo 1992), uomo politico democristiano, eurodeputato ed ex sindaco di Palermo strettamente legato alla mafia, sebbene non direttamente affiliato a nessuna famiglia, costituisce il trait-d-union tra Cosa Nostra e i livelli alti dello Stato, quali, tra gli altri, Giulio Andreotti.
    • Salvatore Colletta e Mariano Farina (31 marzo 1992), due ragazzi di 15 e 12 anni scomparsi che si ritiene siano stati vittime di “lupara bianca”.
    • Giuliano Guazzelli (4 aprile 1992), maresciallo dei carabinieri.
    • Paolo Borsellino (21 aprile 1992), imprenditore ed omonimo del giudice Paolo Borsellino.
    • Strage di Capaci (23 maggio 1992): Giovanni Falcone, magistrato; Francesca Morvillo, magistrato, moglie di Giovanni Falcone; Antonio Montinaro, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Rocco Dicillo, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Vito Schifani, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone. Il mafioso pentito Giovanni Brusca si autoaccusò di aver guidato il commando malavitoso che sistemò l’esplosivo in un tunnel scavato sotto un tratto dell’autostrada A29 all’altezza di Capaci e fu lui a premere il pulsante del radiocomando che causò l’esplosione, proprio nel momento in cui passavano le auto di scorta del giudice Falcone.
    • Vincenzo Napolitano (23 maggio 1992), uomo politico democristiano, sindaco di Riesi.
    • Strage di via d’Amelio (19 luglio 1992): Paolo Borsellino, magistrato; Emanuela Loi, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino (prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio[senza fonte]); Walter Cosina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Vincenzo Li Muli, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Claudio Traina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Agostino Catalano, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino. Dalle recenti indagini si è scoperto che i mandanti dell’attentato, messo in atto con un’autobomba parcheggiata sotto casa della madre del giudice Borsellino, vanno ricercati non solo all’interno di Cosa nostra ma anche negli ambienti della politica e dei servizi segreti deviati.
    • Rita Atria (27 luglio 1992), figlia di un mafioso, muore suicida dopo la morte di Paolo Borsellino, con il quale aveva iniziato a collaborare.
    • Giovanni Lizzio (27 luglio 1992), ispettore della squadra mobile.
    • Ignazio Salvo (17 settembre 1992), esattore, condannato per associazione mafiosa e ucciso su ordine di Totò Riina per non aver saputo modificare in Cassazione la sentenza del maxiprocesso che condannò Riina all’ergastolo.
    • Paolo Ficalora (28 settembre 1992), proprietario di un villaggio turistico.
    • Gaetano Giordano (10 dicembre 1992), commerciante.
    • Giuseppe Borsellino (17 dicembre 1992), imprenditore, padre dell’imprenditore Paolo Borsellino ucciso otto mesi prima, quest’ultimo omonimo del giudice Paolo Borsellino.
    • Beppe Alfano (8 gennaio 1993), giornalista.
    • Strage di via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993): Caterina Nencioni, bambina di 50 giorni; Nadia Nencioni, bambina di 9 anni; Angela Fiume, custode dell’Accademia dei Georgofili, 36 anni; Fabrizio Nencioni, 39 anni; Dario Capolicchio, studente di architettura, 22 anni.
    • Strage di via Palestro a Milano (27 luglio 1993): Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno (vigili del fuoco); Alessandro Ferrari (agente di polizia municipale); Moussafir Driss (extracomunitario).
    • Pino Puglisi (15 settembre 1993), sacerdote, impegnato nel recupero dei giovani reclutati da Cosa Nostra nel quartiere Brancaccio a Palermo, controllato dalla famiglia Graviano. Viene beatificato il 25 maggio 2013.
    • Cosimo Fabio Mazzola (5 aprile 1994), ucciso perché ex fidanzato della moglie del mafioso Giuseppe Monticciolo; la donna figlia del capomafia Giuseppe Agrigento, accettò di non sposare Mazzola perché non appartenente al suo ambiente.
    • Liliana Caruso (10 luglio 1994), moglie di Riccardo Messina, pentito.
    • Agata Zucchero (10 luglio 1994), suocera di Riccardo Messina, pentito.
    • Calogero Panepinto (19 settembre 1994), fratello di Ignazio Panepinto, assassinato il 30 maggio dello stesso anno.
    • Pietro Sanua (Corsico, 4 Febbraio 1995)
    • Domenico Buscetta (6 marzo 1995), nipote del pentito Tommaso Buscetta, ucciso da Leoluca Bagarella.
    • Carmela Minniti (1º settembre 1995), moglie di Benedetto Santapaola, detto Nitto, boss catanese.
    • Pierantonio Sandri (3 settembre 1995), giovane di Niscemi, sequestrato e ucciso perché testimone di atti intimidatori, il corpo occultato è stato recuperato 14 anni dopo, in seguito alle rivelazioni di un pentito.
    • Paolo De Montis (21 settembre 1995), Finanziere Mare, originario di Santa Giusta (OR), venne ucciso e il suo corpo abbandonato presso la discarica di Bellolampo, poco fuori Palermo.
    • Serafino Famà (9 novembre 1995), avvocato penalista catanese, ucciso a pochi passi dal suo studio perché era un esempio di onestà intellettuale e professionale.
    • Giuseppe Montalto (23 dicembre 1995), agente di custodia dell’Ucciardone, ucciso per ordine del boss Vincenzo Virga.
    • Giuseppe Di Matteo (11 gennaio 1996), figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, ucciso e disciolto in una vasca di acido nitrico.
    • Luigi Ilardo (10 maggio 1996), cugino del boss Giuseppe Madonia, ucciso poco prima di divenire un collaboratore di giustizia.
    • Santa Puglisi (27 agosto 1996), giovane vedova ventiduenne di un affiliato a un clan mafioso, picchiata e uccisa nel cimitero di Catania insieme al nipote Salvatore Botta di 14 anni.
    • Antonio Barbera (7 settembre 1996), giovane di Biancavilla (CT), massacrato a diciotto anni con una decina di colpi di pistola in testa, in un agguato in “contrada Sgarro” (Catania). Gli omicidi non hanno ricevuto alcuna condanna dal processo, celebrato nell’aula bunker del carcere “Bicocca” di Catania; il processo è stato celebrato anche in Corte d’appello e in Cassazione, senza che la famiglia del ragazzo venisse informata.
    • Antonino Polifroni (30 settembre 1996), imprenditore di Varapodio (RC), assassinato perché non aveva ceduto ai ricatti e alle estorsioni mafiose.
    • Giuseppe La Franca (4 gennaio 1997), avvocato, assassinato perché non voleva cedere le sue terre ai fratelli Vitale.
    • Giulio Giuseppe Castellino (25 febbraio 1997), Ferito gravemente alla testa con colpi di arma da fuoco il dott. Giulio Giuseppe Castellino, dirigente del Servizio d’igiene pubblica presso la Usl di Agrigento. Castellino è stato per oltre un decennio ufficiale sanitario a Palma di Montechiaro (AG), dove abitava. Consigliere Comunale ed Assessore nel Comune di Palma di Montechiaro per diverse volte. Nel novembre 1997 furono sparati colpi di lupara contro il portone della sua abitazione. Castellino spirerà il 25 febbraio.[4]
    • Gaspare Stellino (12 settembre 1997), commerciante, morto suicida per non deporre contro i suoi estorsori
    • Giuseppe Lo Nigro[5] (1º dicembre 1997), imprenditore edile, scomparso da Altofonte, in provincia di Palermo ancor’oggi di lui nessuna traccia.
    • Domenico Geraci (8 ottobre 1998), sindacalista di Caccamo, in provincia di Palermo, la cui morte è, ancor’oggi, ignota.
    • Stefano Pompeo (22 aprile 1999), ragazzo ucciso per errore al posto di un potente boss locale.
    • Filippo Basile (5 luglio 1999), funzionario della Regione Siciliana.
    • Sultano Salvatore Antonio (21 luglio 1999), ragazzo ucciso per sbaglio dentro una sala da barba nel quartiere San Giacomo a Gela in provincia di Caltanissetta.
    • Hiso Telaray (8 settembre 1999), stagionale nelle terre di Cerignola proveniente dall’Albania, ucciso per ribellione dai caporali di Capitanata, in provincia di Foggia.[6][7] Realizzato cortometraggio il 15 settembre 2014[8]
    • Vincenzo Vaccaro Notte[9] (3 novembre 1999), imprenditore di Sant’Angelo Muxaro (AG), assassinato perché non accettava i condizionamenti mafiosi.

XXI secolo

Anni 2000

    • Salvatore Vaccaro Notte (5 febbraio 2000), caposquadra forestale e fratello di Vincenzo, ucciso per non essersi piegato ai condizionamenti di una cosca locale meglio conosciuta come “Cosca dei Pidocchi”.
    • Attilio Manca (11 febbraio 2004), medico urologo, fu trovato morto nella sua casa di Viterbo. Dall’autopsia si riscontrò la presenza di sostanze stupefacenti nel suo corpo ed inizialmente si pensò che il suo fosse un caso di overdose. In realtà fu ucciso forse per coprire un intervento avuto dal boss Bernardo Provenzano a Marsiglia.
    • Giuseppe D’Angelo (22 agosto 2006), pensionato, ucciso per sbaglio davanti a un fruttivendolo del quartiere Sferracavallo di Palermo perché scambiato per il boss Bartolomeo Spatola.
    • Enzo Fragalà (26 febbraio 2010), avvocato e politico, ucciso perché indirizzava i suoi clienti all’apertura verso la magistratura.

(*) ripreso da ilcircolaccio.it

 

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Un commento

  • domenico stimolo

    In riferimento ai morti ammazzati dalla mafia…..e dai poteri “occulti” – Anni 1980 ( nella cronologia inserita nell’articolo da Llla di Marco) , oggi anniversario della
    ” Strage di via Carini (3 settembre 1982): Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale dei Carabinieri e prefetto del capoluogo siciliano; Emanuela Setti Carraro, moglie di Carlo Alberto Dalla Chiesa, e Domenico Russo, agente di polizia, uccisi brutalmente mentre andavano a cena a Mondello”,
    INSERISCO IL LINK di un articolo pubblicato oggi dal sito ” I Siciliani Giovani – eredi del giornalista catanese ucciso Pippo Fava -, del direttore Riccardo Orioles, con il titolo:
    1982-2022 PALERMO NON E’ MORTA LA SPERANZA

    https://www.isiciliani.it/settembre-palermitano/

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