«Il capitalismo spiegato a mia nipote»

db riflette sul libro di Jean Ziegler

«Credo in Occidente nessuno osi pensare il mondo com’è»: così Jean Ziegler (citando l’amico Edmond Kaiser) risponde a una domanda di sua nipote Zohra sul perchè «nessuno protesti sul serio contro i crimini commessi dai capitalisti». Siamo quasi alla fine di un bel libro dove Ziegler risponde con semplicità alle questioni più difficili. Fin dall’inizio non si finge neutrale e infatti quel secco «Il capitalismo spiegato a mia nipote» va completato con il sottotitolo «nella speranza che ne vedrà la fine». Si parte con la storia, con le ragioni (e qualche errore) di Marx, feudi, schiavismo, plusvalore, Potosì, i limiti di Robespierre, le conquiste dei grandi movimenti popolari, l’obsolescenza programmata delle merci … per arrivare al dopo 1989. Un sempre utile ripasso, tenendo conto che nelle scuole (sia svizzere che italiane) non se ne parla.

Chiarezza, impegno miltante e fiducia nella forza dell’utopia sono le qualità di “nonno” Ziegler come ricorda Vladimiro Giacchè nell’utile prefazione.

Ziegler racconta i numeri del dominio assoluto ma anche quel che ha visto in Guatemala o in Kivu (cioè nel Congo del coltan). Ricorda i protagonisti. Due nomi fra i tanti: Pascal Lamy (direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio) è un intellettuale di destra «anche se, stranamente, è legato ad ambienti politici di sinistra». E quel simpatico – «energico, allegro e schietto» – di Gustav Schroeder comprende la rabbia di chi lotta (si parla di delocalizzazioni tedesche): potrebbe opporsi ma non lo farà perchè secondo lui il destino è scritto.

«La prima cosa che fanno la mattina» i capi dei Paesi più ricchi «è consultare i dati della Borsa per rendersi conto di quale margine d’azione millimetrico dispongano». Sì, millimetrico: la sintesi di Ziegler è perfetta. Ma perfino quel “millimetro” è troppo come mostra il tentativo di Obama per «la tracciabilità di minerali estratti in condizioni disumane»: una leggina prima inapplicata e poi cancellata da Trump. Milioni di esseri umani muoiono o vivono in semi-schiavitù mentre la richezza sociale mondiale potrebbe garantire loro di vivere degnamente.

«Il neoliberismo è simile all’Aids, distrugge il sistema immunitario delle sue vittime» sintetizza Ziegler, citando Pierre Bourdieu. Spiega come il controllo dei media e dell’ istruzione sia il primo passo per convincere gli oppressi che chi succhia il loro sangue è un amico, un benefattore.

Cosa posso fare io?” è una delle domande di Zohra a quel saggio e combattivo nonno. Che prova a rispondere partendo dal quotidiano (gli abiti che indossiamo), da pesticidi e insetticidi, dal masochismo degli svizzeri che nei referendum votano contro l’estensione dei diritti. E’ riformabile il capitalismo? No, risponde il vecchio saggio alla ragazza: bisogna abbatterlo. A qualunque costo; chi sta leggendo pensa al Babeuf citato all’inizio per ricordare che la guerra di classe non è evitabile.

Forse chi legge troverà deboli le risposte di Ziegler alle domande finali – Che bisogna fare? Adesso cosa accadrà? – della nipote. Ma la confusione non è certo di Ziegler quanto dell’inesistenza di una strategia anti-capitalista. Qui ha ragione Vladimiro Giacchè che nella prefazione spiega che forse «l’insurrezione delle coscienze» e «il moltiplicarsi dei fronti di resistenza» non bastano. Servono organizzazioni «flessibili, efficaci e democratiche». Costruirle riguarda Zohra come tutte/tutti noi.

Jean Ziegler

«Il capitalismo spiegato a mia nipote»

Meltemi

124 pagine, 12 euri

(*) questa mia recensione è uscita sul nunero di maggio dell’edizione italiana di “Le monde diplomatique”

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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