Schiavitù e genocidio: il Caribe chiede riparazioni

di David Lifodi

Chiederanno riparazioni all’Europa per schiavitù e genocidio gli stati della Comunità del Caribe (Caricom) che, in un incontro svoltosi a Trinidad e Tobago poco più di un mese fa, hanno deciso di mettere con le spalle al muro il vecchio continente: se organizzata insieme ai movimenti popolari, questa battaglia potrebbe ottenere un risultato dalla portata storica.

La Caricom (composta da Antigua e Barbuda, Barbados, Belize, Grenada, Guayana, Repubblica Dominicana, Haiti, Giamaica, Santa Lucía, St. Kitts e Nevis, San Vincente e le Granadinas, Suriname e Trinidad e Tobago) fa sul serio e richiede un indennizzo economico per la schiavitù imposta ai popoli nativi. A tremare sono soprattutto tre paesi: la Francia, che ha enormi responsabilità per quanto riguarda Haiti, i Paesi Bassi per il Suriname e l’Inghilterra per i paesi anglosassoni. Ralph Gonsalves, portavoce di Caricom e primo ministro di San Vincente e le Granadinas, sottolinea che un semplice pentimento non sarà sufficiente; ci vogliono scuse formali. Inoltre, è già allo studio la creazione di una Commissione per le Riparazioni: “La principale ragione del sottosviluppo nel Caribe e in America Latina”, sostiene Gonsalves,  “è eredità del genocidio dei nativi e della schiavitù africana”. Per adesso Caricom non ha specificato l’ammontare dell’indennizzo economico, ma è molto probabile che si aprirà una durissima battaglia legale con i governi di Inghilterra, Paesi Bassi e Francia. La campagna per le riparazioni, che potrebbe creare un precedente significativo e coinvolgere di conseguenza anche Spagna e Portogallo per il loro dominio coloniale in America Latina, è stata lanciata il 31 luglio, alla vigilia del Día de la Emancipación ed ha riscosso immediatamente un consenso unanime tra i Comitati nazionali per la riparazione, soprattutto quelli di Trinidad e Tobago e Suriname: quest’ultimo paese aveva già rivolto una richiesta di indennizzo al governo olandese autonomamente. La Coalizione per le Riparazioni Panafricane in Europa (Parcoe), che pure lotta per lo stesso obiettivo, ha inviato una lettera aperta a Caricom in cui sollecita i leader politici del Caribe a coinvolgere la società civile in questo processo, sottolineando che sarebbe un’occasione persa se la campagna per le riparazioni fosse caratterizzata in senso verticistico e non orizzontale. La richiesta delle riparazioni deve avvenire “dal basso”, scrive la Parcoe, e non può essere effettuata da quei gruppi di potere che hanno mantenuto finora lo status quo a livello sociale, legale ed economico. Del resto, l’avvio di questa campagna nel 2013 non è casuale. Proprio quest’anno è stato reso omaggio all’emancipazione degli schiavi: sterminati gli indigeni in epoca coloniale per mano spagnola, fu la volta della deportazione dei neri africani. Gli schiavi erano obbligati a lavorare oltre 40 ore alla settimana in condizioni subumane e, anche in seguito all’abolizione della schiavitù (nelle colonie del Regno Unito avvenne il 1 agosto 1833), la condizione di vassallaggio non dichiata sarebbe rimasta per molti anni ancora. Gli schiavi venivano impiegati nelle piantagioni della canna da zucchero (Giamaica, Cuba, Bahamas), caffè (Haiti), noce moscata o cannella (fu il caso di Grenada, chiamata anche Isola delle Spezie): nonostante i maltrattamenti e le durissime condizioni d’impiego, si trasformarono nella principale forza lavoro in agricoltura. Si calcola che almeno due milioni di uomini, donne e bambini furono deportati dall’Africa verso le Americhe e il Caribe per essere venduti ai padroni delle piantagioni. E’ per questi motivi che, in previsione di una battaglia legale senza esclusione di colpi, Caricom ha contattato lo studio legale britannico Leigh Day specializzato in diritti umani e che in passato è riuscito a far ottenere l’indennizzo a centinaia di keniani torturati dal governo coloniale inglese durante la lotta di liberazione nelle file dei Mau Mau tra il 1950 e il 1960. Martyn Day, uno degli avvocati più esperti di Leigh Day, ha fatto sapere che cercherà di trovare una via d’uscita negoziata con i governi di Francia, Inghilterra e Olanda che, sull’esempio sentenza kenyota, imponga agli stati europei una dichiarazione di scuse formali per ottenere un compenso sui venti milioni di dollari. Va inoltre ricordato come gli haitiani abbiano dato vita ad una delle più grandi rivoluzioni sociali del Caribe e di tutta l’America Latina quando nel 1804 si ribellarono ai colonizzatori francesi che li avevano ridotti in schiavitù, prima di essere invasi dagli Stati Uniti, che occuparono militarmente l’isola dal 1905 al 1945. Il mondo occidentale ha responsabilità enormi nel disastro di Haiti, nelle turbolenze politiche che hanno attraversato l’isola fino ai giorni nostri, compresa l’ambigua Minustah, la missione Onu per la stabilizzazione del paese tramutatasi in una vera e propria occupazione militare a cui si sono prestati anche i paesi latinoamericani, soprattutto Brasile e Uruguay, i cui soldati si sono resi protagonisti a loro volta di abusi e violazioni di ogni tipo. Se ad Haiti adesso non ci fosse un governo fantoccio guidato da Washington e un Parlamento rinnovato (quello attuale avrebbe dovuto esaurire il suo mandato almeno otto mesi fa), il popolo di Haiti avrebbe dovuto chiedere il conto anche di questo, o perlomeno sollecitare altri sistemi affinché possa giovare davvero di un aiuto: ad esempio i soldati di Ecuador e Venezuela si sono recati sull’isola disarmati per costruire case, strade e magazzini, al pari delle brigate di solidarietà inviate nel corso degli anni da Via Campesina.

Al giorno d’oggi la situazione dei paesi dell’area caribeña non è troppo cambiata dall’epoca delle colonie. Le stesse Nazioni Unite parlano di situazione allarmante quando si riferiscono a paesi quali Haiti, Repubblica Dominicana, Guyana, Trinidad e Tobago: non si tratta solo di una questione di estrema povertà, ma anche di una forma moderna di schiavitù che prosegue tramite una dipendenza economica non dichiarata e di fatto mai interrotta.

Redazione
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Un commento

  • Ottimo articolo, che parla delle origini di un presente difficile nella regione dei caraibi: genocidio e schiavitù. Parla inoltre delle contraddizioni attuali, Haiti per esempio. Va diffuso sto inviando il link a dei contatti.

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