Il caso del Floyd brasiliano

Il 27 maggio scorso Genivaldo de Jesus Santos è stato asfissiato da gas lacrimogeni e spray al peperoncino nel portabagagli di un’auto della Polizia stradale federale (Prf) a Umbaúba, nello stato di Sergipe, dopo esser stato fermato perché guidava una moto senza casco.

L’opinione del docente universitario Alessandro Peregalli e l’articolo di Glória Paiva sul quotidiano Il Manifesto.

Mentre in Brasile i candidati si preparano per partire con la campagna elettorale per le presidenziali, il caso di Genivaldo de Jesus Santo, assassinato dalla polizia per asfissia nel baule di una macchina, viene considerato come il “Floyd brasiliano” e ricorda la violenza esagerata delle forze dell’ordine.

Ne para il ricercatore e docente universitario Alessandro Peregalli, della redazione di lamericalatina.net

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di Glória Paiva

Il Manifesto, 11 giugno 2022

La commissione Arns sui “guerrieri” del presidente brasiliano. “Violenza razzista e classista”. Parla Paulo S. Pinheiro, uno degli autori del documento. La violenza della polizia in Brasile ha nuovamente ricevuto l’attenzione internazionale nelle ultime settimane, dopo il massacro di almeno 23 persone in un’operazione della polizia contro l’organizzazione criminale Comando Vermelho a Vila Cruzeiro, zona nord di Rio de Janeiro. E dopo la morte di Genivaldo de Jesus Santos, asfissiato da gas lacrimogeni e spray al peperoncino nel portabagagli di un’auto della Polizia stradale federale (Prf) a Umbaúba, nello stato di Sergipe.

Genivaldo era stato fermato perché guidava una moto senza casco. In quella invece che è stata la seconda operazione di polizia più letale della città, a Vila Cruzeiro, tra i 23 uccisi 16 non erano neanche indagati e uno era minorenne.

Nonostante la brutalità, l’episodio non rappresenta una novità: in sei anni il numero dei massacri nella città di Rio è sestuplicato. Secondo un’indagine dell’Istituto Fogo Cruzado, fino a maggio di quest’anno – cioè, prima della strage di Vila Cruzeiro – nel solo stato di Rio de Janeiro si sono verificate 1.162 sparatorie con 322 civili e 18 agenti di polizia morti. I dettagli di questi due recenti casi di violazione dei diritti umani e altri dati che documentano l’escalation della violenza di polizia dal 2018 sono stati raccolti in un dossier dalla Commissione Arns, composta da alcuni dei maggiori esperti di diritti umani in Brasile. Il documento è stato consegnato all’Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani. Ora, l’organismo indipendente dell’Onu che investiga il razzismo e la violenza delle forze dell’ordine – lo stesso gruppo creato nel 2021 dopo la morte di George Floyd – valuterà la situazione brasiliana.

TRA IL 2019 E IL 2021, secondo la Commissione Arns, le esecuzioni avvenute durante le operazioni delle forze di sicurezza sono aumentate del 48%. Secondo Paulo Sérgio Pinheiro, professore di scienze politiche all’Università di San Paolo e membro della Commissione Arns, si tratta di una violenza razzista e classista, dal momento che il 78,9% delle vittime sono afrodiscendenti e le operazioni in cui hanno perso la vita sono avvenute nelle favelas e in quartieri periferici. “È un problema cronico in Brasile – spiega Pinheiro al manifesto – soprattutto negli stati di Rio de Janeiro e San Paolo. La polizia militare svolge un ruolo di forza occupante nelle comunità periferiche. Nei confronti della popolazione nera prevale un apartheid de facto”. La storica tolleranza della società verso questo apartheid corrisponde al razzismo strutturale brasiliano, aggravato in un contesto in cui i neri restano esclusi da posizioni di potere, da alti comandi e dai più alti organi giudiziari.

Un problema vecchio, ricorda Pinheiro, ma che ha acquisito una nuova componente politica nel discorso presidenziale. La violenza della polizia è spesso incoraggiata da Jair Bolsonaro e dai suoi sostenitori. Dopo il massacro di Vila Cruzeiro, ad esempio, Bolsonaro e il governatore di Rio de Janeiro, Cláudio Castro, hanno applaudito. “Congratulazioni ai ‘guerrieri’ della Polizia militare di Rio de Janeiro che hanno neutralizzato almeno 20 criminali collegati al narcotraffico”, ha scritto il presidente sui social.

Per il governo attuale forze di sicurezza, forze armate e loro simpatizzanti sono una parte importante dell’elettorato. Inoltre, per l’esperto della Commissione Arns, il supporto a Bolsonaro da parte delle forze dell’ordine, in caso di un tentativo di colpo di stato – possibilità a cui il presidente ha già accennato in più occasioni – sarebbe fondamentale.

Nuove regole – come quella che sospende le indagini sui reati commessi dalla polizia durante le sue attività o quella che permette l’acquisto di armi per cacciatori, membri dei club di tiro e agenti di riserva, “sono tutte cose che servono alle aspirazioni golpiste del presidente”, avverte Pinheiro. Altro argomento portato dalla Commissione Arns alle Nazioni unite è l’uso della Polizia stradale federale nelle operazioni di sicurezza e di contrasto al traffico di droga, nonostante il suo scopo dovrebbe essere quello di pattugliare le autostrade brasiliane. In data 8 giugno il Tribunale federale di Rio ha accolto la richiesta del Pubblico ministero per l’immediato stop alla partecipazione della Prf a operazioni che esulano dalle sue funzioni. Il documento della Commissione Arns segnala anche la scomparsa della disciplina dei diritti umani dai corsi di formazione della Prf riservati ai nuovi agenti come uno dei fattori aggravanti della violenza.

“Attualmente l’unica istituzione che resiste alle ambizioni dittatoriali di Bolsonaro è il Tribunale supremo federale. Per il resto – conclude Pinheiro – abbiamo un governo ostile ai diritti umani, alle norme democratiche di controllo delle forze di polizia e alla società civile”.

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