Il ciclo di vita degli imperi

di Francesco Masala

Gli uomini hanno i riflessi lenti; in genere capiscono solo nelle generazioni successive – Stanislaw J. Lec

 

In economia c’è uno strumento di analisi per capire e studiare un certo prodotto, si chiama ciclo di vita del prodotto, e suddivide la vita di un prodotto in quattro fasi, introduzione, crescita, maturità, declino.

In realtà si ispira al concetto di ciclo di vita dell’essere umano, e può essere utile per osservare non solo i prodotti, ma tante manifestazioni che con l’umano hanno a che fare.

Proviamo a utilizzare questo modello per analizzare la vita degli imperi e interpretarne i comportamenti.

Quello che ci interessa per gli imperi è quella fase chiamata declino. Nel sistema capitalistico, in economia, il declino porta poi alla sostituzione di un prodotto con un altro (di una stessa impresa o di un‘altra, adesso non è importante), faccio un esempio, quando era in declino l’auto che si chiamava Uno, la Fiat stava già studiando la Punto, che poi ha sostituito la Uno. Questo passaggio non ha causato grandi problemi, per quello che sappiamo.

Il declino e la morte di un impero invece lascia infiniti lutti e l’umanità ancora non ha saputo gestire la caduta degli imperi, che è prevedibile e prevista (qui).

Adesso vorrei provare a capire e spiegare il declino dell’impero americano (che non è solo il titolo di un bel film di Denys Arcand, canadese del 1986), a partire dal dollaro.

Nel 1944 con gli accordi di Bretton Woods (qui) fu deciso che i commerci internazionali avvenissero in dollari e che ci fossero rapporti di cambio fissi tra le valute, tutte agganciate al dollaro, il quale a sua volta era agganciato all’oro.

Erano delle regole, ma gli Usa – il Paese più terrorista del mondo, in tanti sensi – non hanno mai seguito le regole, gli indiani d’America furono i primi a scoprirlo.

La regola era che ogni Paese potesse stampare moneta in un rapporto con l’oro, cioè ogni Stato doveva avere riserve d’oro che garantissero il valore della sua moneta.

Gli Usa, contro gli accordi di Bretton Woods, che loro stessi avevano “imposto”, battevano molta più moneta di quanto avrebbero potuto sulla base dell’oro che stava nelle riserve di Fort Knox.

Se avete visto qualche film western ricorderete che il problema dell’oro era spesso presente, in quelle banche che emettevano dollari, o moneta bancaria.

I dollari erano (e sono) pezzi di carta in cambio dei quali venivano comprate merci ovunque nel mondo: un affare, così pagavano le guerre e il loro tenore di vita.

Il primo ad accorgersene fu De Gaulle, che dal 1965 volle convertire i dollari che possedeva la Francia in oro, non riuscendoci.

Nel 1971 Richard Nixon (cioè il governo degli Usa) decise il 15 agosto (qui)di dichiarare l’inconvertibilità del dollaro, cioè un dollaro valeva un dollaro, senza nessuna convertibilità in oro; traduzione: se qualcuno ha qualcosa in contrario si rivolga all’esercito degli Usa, ma sappiamo che non lo farete.

Disse allora John Connally, segretario di stato al Tesoro, “E’ la nostra moneta, ma il vostro problema!”.

Dal Vietnam in poi tutte le guerre a stelle e a strisce sono state finanziate con pezzi di carta chiamati dollari in cambio di merci e servizi.

Dal 15 agosto 1971 gli Usa resero pubblico il loro essere bari, banditi*, “paria” della comunità economica internazionale, ma nessuno fiatò (De Gaulle ormai era fuori dai giochi).

Quello fu il momento dell’inizio del tramonto dell’impero Usa (e di tutto l’Occidente, che ne è parte integrante).

Tecnicamente quando un’impresa comincia a non pagare i debiti l’orizzonte è il fallimento.

Per un impero il fallimento non è previsto; un impero per definizione è eterno, fino a prova contraria.

Se è un impero a non pagare i debiti, e di questo tutti sono a conoscenza, allora la strada è segnata, è iniziato il declino.

Un’impresa può rallentare il declino di un prodotto in diversi modi, per esempio aumentando di molto la pubblicità o facendo variazioni tecniche ai prodotti per convincere i clienti che si tratta di prodotti ancora concorrenziali.

Anche un impero si comporta in modi non troppo diversi: la pubblicità si trasforma in spettacolo, si usano anche la corruzione, il soft power e l’hard power, con nuove guerre e punizioni, per chi si smarca, dissente o si oppone all’Impero.

Chi ha provato ad alzare la testa contro il potere imperiale deve essere messo fuori gioco, senza esclusione di colpi, Julian Assange e Leonard Peltier lo sanno bene, e non ci si ferma fino alla morte dei nemici (in Italia, secondo alcuni Enrico Mattei e forse anche Aldo Moro fecero e dissero le cose sbagliate, e pagarono con la morte).

Se è uno Stato a mettersi di traverso contro l’impero, ci sono molti modi per zittirlo, dalle rivoluzioni “arancioni” fino alla guerra: molti golpe e milioni di morti, in tutto il mondo lo dimostrano.

Saddam Hussein e Gheddafi avevano in mente di utilizzare una valuta alternativa al dollaro per le vendite dl petrolio, ma – che coincidenza – hanno fatto una brutta fine, loro e i loro Paesi: il dollaro non si può discutere, che ci prova muore (**).

Chavez voleva fare lo stesso per il petrolio del Venezuela: un cancro, pare, se lo è portato via, senza bisogno di un’invasione.

Cercate La moneta, di John Kenneth Galbraith e capirete quanta verità c’è nella frase di Falcone “segui i soldi e troverai la mafia”.

Russia, Cina e India stanno per introdurre una nuova moneta per gli scambi delle loro merci e materie prime, e sanno quello che rischiano.

Quando inizia il declino di un impero ci sono tre modi per arrivare alla fine: una caduta ordinata, controllata e concordata col resto del mondo, magari con gli imperi nascenti (mai successo); il crollo improvviso e la lotta per impossessarsi di territori e ricchezze dell’impero crollato (sempre successo);  e infine la guerra, in tutti i modi possibili e impossibili, leciti e illeciti, per continuare a essere i padroni del mondo (***), ovvero quel “secolo americano” che alcuni vorrebbero eterno.

Come avete capito non si parla solo degli Stati Uniti, ma di tutto l’Occidente, Europa inclusa, che ormai si trova dalla parte sbagliata della storia, fra quelli che il resto del mondo percepisce come oppressori.

Due frasi sono il terreno su cui poggiano le guerre passate, presenti e future.

Le parole sono pietre, dicevano ai tempi in cui la pietra era l’arma più micidiale. Noi continuiamo a usare dell’espressione, in realtà le parole possono essere (e a volte, come oggi sono) mine anticarro, missili, bombe atomiche.

Leggete queste frasi, sono dichiarazioni di guerra permanente.

“Il nostro tenore di vita non è in discussione” disse tanti anni fa Ronald Reagan

e, se non si era capito,

George Bush senior (1989) affermò che “il tenore di vita degli americani non è negoziabile”

 

Traduzione:

dato un pianeta con risorse finite, se negli ultimi cinquant’anni gli abitanti dell’Occidente sono sempre un miliardo e la popolazione totale è passata da 4 a 8 miliardi, gli Usa e l’Occidente faranno la guerra al resto del mondo, se qualcun altro pretende più delle briciole.

Noi Usa – dicono in tutti i modi – siamo i più furbi, prepotenti e terroristi del mondo, con l’aiuto concreto e necessario dell’Occidente (che coincide con la Nato) vi costringeremo ad attaccare, oppure vi attaccheremo uno ad uno: vi distruggeremo.

Iniziamo dalla Russia: un Paese con petrolio, gas, minerali preziosi.

E siccome siamo furbi, una volta che riusciremo a far sciogliere i ghiacci artici, potremo lasciare quelle ricchezze a quei russi poco democratici? Certo che no.

E poi toccherà ai cinesi.

La Cina ha lavorato per 30 anni per le imprese Usa ed europee, ha tanti di quei dollari (in cambio di lavoro schiavistico per produrre merci a prezzi stracciati) da comprarsi una parte importante degli Stati Uniti d’America.

Prima che la Cina incassi il suo credito, secondo le regole di San Capitalismo, ci sarà la guerra, i banditi non pagano i debiti, fanno e disfano le regole, stampano altri dollari, creano inflazione e scatenano guerre.

Qualche illuso si ostina a credere che gli europei siano meglio degli statunitensi, che abbiano una qualche superiorità morale.

La guerra durante un attacco di gas – Otto Dix

Gli statunitensi erano europei sul Mayflower, e le ondate di esseri umani che arrivavano laggiù erano europei, all’inizio.

Chi erano questi europei?

Erano i pacifisti della guerra dei trent’anni, o quelli della guerra dei cent’anni?

Gli Stati europei e gli Usa (e tutto l’Occidente, aggiungiamo Canada e Australia, e l’America Latina, non sono anch’essi nati da europei migranti?) si capiscono bene: i loro governi sono razzisti, compiono genocidi (verso gli indigeni, ma non solo), la loro economia è quella degli scambi ineguali (qui uno scambio che ha fatto scuola). Sono colonialisti e neocolonialisti, amano le guerre, odiano gli immigrati (che loro stessi creano con le guerre che scatenano, usando soldati, droni, direttamente o per procura, o con inique “guerre economiche”, ecco da dove nascono i migranti, altrimenti chi vorrebbe lasciare la sua casa?), odiano i poveri. Sono Paesi “maccartisti”, imperialisti, schiavisti, non amano i sindacati liberi, la loro legge è il capitalismo, hanno gli stessi valori: sono stati (e sono ancora, troppo spesso) fra i governi più spregevoli del mondo.

Ormai gli Stati occidentali sono diventati una minaccia per l’umanità, anche per i loro stessi cittadini, quando fanno capire in tutti i modi che il tenore di vita degli occidentali (intendono gli occidentali ricchi, per quelli poveri ci sono le ultime briciole del welfare) non è negoziabile.

Quando la maggior parte dei Paesi presenti nell’Onu non vota a favore delle sanzioni verso la Russia sarà perchè quegli Stati avranno avuto qualche brutto ricordo e si saranno fatti una domanda.

Come mai nelle guerre precedenti i Paesi (occidentali) invasori mettevano le sanzioni contro i Paesi invasi – Iraq e Afghanistan, per esempio – e adesso la “regola” è che chi invade (la Russia) deve subire le sanzioni?

Gli imperi in declino possono cambiare le regole secondo le loro convenienze, finchè ne hanno la forza. Intanto altri Paesi – che rappresentano anche la maggior parte della popolazione mondiale – possono dissociarsi dagli ordini dell’impero, o contro di loro si farà la guerra?

Il declino degli imperi che si credono eterni sarà sempre più doloroso quanto più dura la caduta. (****)

 

(*)  E, come nei film western, quando i banditi hanno molte pistole, e scelgono lo sceriffo e il giudice, e quando gli impiccati dondolano al vento, quei banditi diventano rispettabili.

 

(**) Leggi qui e qui

 

(***)  Nel suo discorso di commiato del 17 gennaio 1961, trasmesso per radio e televisione, il presidente Dwight Eisenhower avvertì il popolo degli Stati Uniti riguardo al pericolo costituito dal “complesso militare-industriale”. (da qui )

 

(****) cfr questo video:

Redazione
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3 commenti

  • Leggo solo oggi. Pezzo eccellente e incontrovertibile!

  • Neanche una virgola fuori posto, d’accordo su tutto, ma se non organizziamo gli operai, becchìno storico del capitale, sono parole al vento
    Un ex operaio Breda che ci ha provato quando i tempi non erano maturi: ora lo sono, quando vi decidete fate un fischio

  • Ci vorrà molto tempo ancora perla fine dell’Impero. Sopratutto, bisognerebbe individuare i nomi di chi lo guida per interpretarne le intenzioni

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