Il Come Eravamo del Come Saremo: Acque 1

di Mauro Antonio Miglieruolo

La Fantascienza come poesia per immagini, puntata numero 91 (e penultima)

Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir’ mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior’ che la gonna
leggiadra ricoverse
co l’angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
date udïenza insieme
a le dolenti mie parole extreme.

ecc. ecc.

chi voglia completare la lettura e avere l’analisi della “canzone” (la 126) potrà farlo qui

Siamo alla penultima puntata. Ho ritenuto potessimo salutarci con un classico della poesia italiana il cui nome impone soggezione: Francesco Petrarca. Nella speranza non di rinnovare ricordi scolastici ma di scoprire sensibilità che sarebbero da tenere in gran conto nel disastrato mondo di oggi. In cui la volgarità, l’insulto, la prepotenza, l’indisponibilità al dialago è la cifra con la quale la classe dominante intende neutralizzare ogni possibilità di rinascita della classe dominata.

Non è la grandezza del nome a proporre la soggezione. Non necessariamente la dimensione tempo e la dimensione fama ostacolano la sviluppo di un sentimento di appartenenza, direi quasi di uguaglianza. Lo possiamo verificare se accanto a quello di Petrarca poniamo, per esempio, il nome di Dante (nota: non a caso conosciuto e ordinariamente evocato con l’uso del nome di battesimo. Vale per lui la stessa difficoltà in cui capita di incorrere con un amico di lunga data, il cui cognome, se ci venisse chiesto, abbisognerebbe di qualche secondo di riflessione per essere ricordato). Nonostante la sua opera principale, denominata “Comedia”, sia stata dai posteri innalzata al punto da renderla divina. Eppure Dante non risente di questo innalzamento e degli uguali sette secoli che lo separano dalla contemporaneità. Perché al fondo è uno di noi, un incauto che s’invischia nelle questioni politiche, che presta orecchio alla piazza, all’osteria, alle credenze popolari. Anche in lui c’è la sublimazione della donna, ma c’è anche la volgarità di tanti aspetti della vita umana, c’é chi “del cul avea fatto trombetta” e c’è la disperante miseria del Conte Ugolino. C’è una materialità moderna che poi diventerà risata in Boccaccio. C’è appunto l’osteria, la piazza, quello di cui il popolo parla, sente, riconosce e canta ancora oggi. Là dove invece in Petrarca, più moderno, quasi “avanguardia” rispetto a Dante, costruisce una poesia che è dei poeti, perfetta per le corti, anche se i contenuti universali la rendono godibile per tutti. Ma a noi tocca fare un passo in avanti per goderla; noi sappiamo che – per quanto bella, per quanto modello di altri poeti per secoli (a differenza di Dante che è inimitabile. Se ne può pure fare la caricatura, non se ne può ripetere l’espressione, l’incedere, la visionarietà) – dietro quella poesia c’è una cultura raffinata (oltre un sentire superiore) che non arriva con immediatezza al nostro sentimento. Eppure Petrarca è già oltre il medioevo (è forse il primo umanista, ne è comunque un precursore). Mette mano sugli antichi testi non solo per riproporli corretti dagli eventuali errori accumulati nei secoli da fedeli copisti, ma per produrre anche i nuovi. Non però immette il sentire universale dei suoi tempi, alto e basso, ma la raffinatezze di cui ha bisogno l’aristocrazia dell’epoca per ammettersi, per riconoscersi. Per cui la nobiltà e la bellezza dei suoi versi, dai quali trarre nuova linfa per costruire a nostra volta altra nobiltà (d’animo) e altra bellezza, ci invitano più all’inchino che alla stretta di mano.

La sua opera principale è “Il Canzoniere”, per lo più sonetti d’amore dedicati a Laura, morta giovane, alla quale rimase devoto per tutta la vita. Amore che non manca di provocare contraccolpi in lui (che aveva preso gli ordini minori). La fama, gli onori la vita nelle corti dove non ha mai avuto occasione di verificare quanto sapesse “di sale lo pane altrui”, provocano inquietudini in un uomo religioso che avverte il contrasto tra i nuovi stili di vita, la fama, il desiderio di Laura (cita a memoria: una sola notte; e mai non fosse giorno – citazione di una citazione), le seduzioni del mondo; rispetto ai suggerimenti inumani della fede nella quale è inserito. Cosicché il poeta mentre si vorrebbe vicino a Dio, avverte che è in pericolo di allontanarsene. Forse è per tale motivo che ha creduto di assicurarsi la fama con le opere in latino, invece che con il Canzoniere.

Ringraziamo Dio per averlo lasciato in tali tormenti, che sicuramente lo hanno animato, rianimato, ispirato a continuare. Che non abbia guidato il suo ingegno a comprendere l’inutilità di tali afflizioni. Come ben dice Guimaraes Rosa, insuperato scrittore brasiliano, quel che più Dio vuole da noi è che si viva contenti e (aggiungo io) praticando amore e libertà. Cioé il godere della vita che ci è stata data e della quale i padroni si appropriano. Noi facciamo la sua volontà ogni volta che diamo un passo in avanti nella costruzione della fratellanza, dell’aiuto e comprensione reciproca e nel ricostruire quel Paradiso Terrestre dal quale gli uomini, accettando di essere resi sudditi, si sono per millenni allontanati.

Non me ne vogliate: cercate da voi e leggete un qualche altro sonetto in onore di Madonna Laura e sarà lo stesso che abbiate letto un romanzo di Van Vogt e di Dick nello stesso giorno.

Io vi propongo il seguente:

Era il giorno ch’al sol si scoloraro
per la pietà del suo factore i rai,
quando i’ fui preso, et non me ne guardai,
ché i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro.

Tempo non mi parea da far riparo
contra colpi d’Amor: però m’andai
secur, senza sospetto; onde i miei guai
nel commune dolor s’incominciaro.

Trovommi Amor del tutto disarmato
et aperta la via per gli occhi al core,
che di lagrime son fatti uscio et varco:

però, al mio parer, non li fu honore
ferir me de saetta in quello stato,
a voi armata non mostrar pur l’arco.

 

Poveretto chiunque non sia stato legato dai begli occhi di una donna…

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Nota Bene: Acque 1 perché è previsto, se la vita vuole, ci sarà un Acque 2 e probabilmente un Acque 3. Ma non più in questa serie, la cui continuazione termina con il prossimo 30 settembre. Nel quale immetterò alcune frasi messe insieme per celebrare quello che considero un scrittore di fantascienza ante littetram: Leonardo da Vinci.

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

2 commenti

    • Grazie a te, Bianca. Grazie a tutte le donne che rendono vivibile l’inferno che i padroni hanno fatto del paradiso che le leggi cosmiche hanno prodotto ininintenzionalmente per tutte e tutti.
      Il sentire alto del duecento, con qualche aggiustamento, può costituire una buona base per la ricostruzione dell’oggi.
      Possiamo vederla in questo: innalzare la donna all’altezza delle stelle costituisce la leva, una grande meta, adatta a sollevarsci tutti dal fango in cui siamo stati sprofondati. Non astrazione, ma sentire nuovo nel quale la perdurante animalità è del tutto soggetta all’umanità.

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