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La Bottega del Barbieri

Il cosiddetto “Treno Maya”: minaccia per i popoli del Messico

del Grupo de Análisis Ambiental

Così come la nostra vita è andata avanti ed è cresciuta così è cresciuta anche la forza della bestia che tutto vuole mangiare e distruggere. E’ cresciuta anche quella macchina di morte e distruzione chiamata sistema capitalista. E la fame della bestia è insaziabile. E’ disposta a tutto per i suoi interessi. Non le importa di distruggere la natura, interi popoli, culture millenarie, intere civiltà. Anche l’intero pianeta viene distrutto dagli attacchi della bestia. Ma l’idra capitalista, la bestia distruttrice, cerca altri nomi per nascondersi, attaccare e sconfiggere l’umanità. Uno dei nomi dietro il quale si nasconde la morte è ‘megaprogetto’. ‘Megaprogetto’ vuol dire distruggere interi territori. Tutto. L’aria, l’acqua, la terra, le persone…”

(Parole del Comitato clandestino rivoluzionario indigeno – Comando Generale dell’EZLN, per voce del subcomandante insorgente Moisés, 31 dicembre 2019 – 1 gennaio 2020)

Ancora una volta i popoli del Messico vedono i loro territori minacciati dall’imposizione di un megaprogetto del grande capitale che cerca di divorare popoli, culture e natura nella penisola dello Yucatan: il cosiddetto Tren Maya. Dopo il suo annuncio come promessa della campagna elettorale di Andrés Manuel López Obrador, nei vari discorsi e documenti ufficiali è stato presentato come un progetto prioritario che migliorerà la qualità della vita della popolazione, creando posti di lavoro e sviluppo economico in una delle regioni più arretrate del paese (Turismo/FONATUR, 2020). Inoltre “mira a riordinare la regione del Sudest e a incentivare lo sviluppo economico di quelle zone e regioni che attualmente non sono integrate nei circuiti turistici ed economici” (MIA, 2020).

Quello del Tren Maya non è un progetto minore perché consisterà nell’adeguamento, nella modifica e nella costruzione di una ferrovia lunga 1500 chilometri per permettere la circolazione di treni diesel con carichi massimi di 32,5 e 15,7 tonnellate per asse e una velocità da 100 a 160 chilometri orari, a seconda che il treno sia un merci o passeggeri (Documento tecnico, ExpoRail 2020, 2020). E’ importare ricordare che lo scartamento sarà di 1.435 metri e che, a seconda della domanda prevista, alcuni tratti saranno a doppio binario, ciò significa che per la sua costruzione si moltiplicherà l’area da disboscare.

Il percorso del treno coprirà gli stati di Chiapas, Tabasco, Campeche, Yucatan e Quintana Roo dove, oltre ai binari, è prevista la costruzione di 19 stazioni e 12 fermate. Per la sua costruzione il percorso è stato diviso in 7 tratti da completare in due fasi (Turismo/FONATUR, 2020). Secondo fonti ufficiali è anche contemplato un processo di urbanizzazione attraverso l’installazione di circa 19 poli di sviluppo vicino alle stazioni.Tuttavia, data l’ambiguità delle informazioni, non c’è ancora una certezza totale sulla posizione o sul numero di poli.

Sia per l’elaborazione dell’ingegneria di base che per la costruzione e il funzionamento del treno, si muoverà un’enorme quantità di risorse economiche che finiranno nelle casse delle imprese private. Il costo totale del progetto dovrebbe essere di circa 165 miliardi di pesos (De la Rosa, 2020c). Nell’agosto 2019 è stato reso noto che a vincere la gara per lo sviluppo dell’ingegneria di base è stato il consorzio formato da SENERMEX Ingeniería y Sistemas (appartenente al gruppo spagnolo Sener), Daniferrotools, Geotecnia y Supervisión Técnica e Key Capital, per un importo di oltre 298 milioni di pesos (Comisión Asuntos Frontera Sur, 2019) più IVA. Negli ultimi mesi, da aprile a giugno, in piena pandemia di COVID-19, il governo messicano ha annunciato i vincitori delle gare d’appalto per la costruzione della Fase 1 -che corrisponde alle prime quattro tratte già iniziate- e ha anticipato alcuni partecipanti della Fase 2.

I. Un progetto del grande capitale

L’interesse per questa regione non è nuovo. Il Piano Puebla Panama, il Progetto della Trasversale Nord in Guatemala, il Progetto d’Integrazione e Sviluppo Mesoamericano, le Zone Economiche Speciali ecc., nonché i loro apparati di sicurezza come la Iniciativa o il Plan Merida, fanno parte di un lungo processo storico imperialista che ha cercato di collegare in un gigantesco corridoio industriale e commerciale i paesi del sud, centro e nord dell’America Latina per facilitare il saccheggio delle risorse naturali e sfruttare la forza lavoro della regione.

Se ripassiamo un po’ la storia recente ci si rende conto che le imprese che realizzeranno l’adeguamento e la costruzione della ferrovia sono le stesse che in passato hanno già beneficiato di altri progetti. Sono sempre le stesse. Solo per fare un esempio, l’impresa SENERMEX, che si è aggiudicata parte dell’appalto per l’ingegneria di base del progetto, tra il 2010 e il 2018 è stata pagata quasi 3 miliardi di pesos per diversi contratti con il governo, compresi quelli per partecipare al Tren Mexico-Toluca, un altro megaprogetto che ha depredato le terre delle comunità e delle popolazioni indigene del Messico (Flores, 2019). Risulta anche che questo consorzio ha legami con l’impresa spagnola OHL, accusata in più occasioni di corruzione ma risultata. durante i governi del PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale) di Enrique Peña Nieto, tra i maggiori beneficiari di progetti sia a livello locale che federale.

Il capitalismo ha bisogno di accumulare ricchezza e lo fa sottraendo sia la forza lavoro che le risorse naturali. Il Tren Maya è un progetto di accumulazione capitalista e, come ogni progetto con questo obiettivo nel nostro paese, i primi beneficiari saranno grandi imprenditori come, tra gli altri, Carlos Slim, Alfonso Romo, Germán Larrea, Carlos Hank Rhon. Questi, insieme a grandi imprese straniere, parteciperanno alla costruzione di infrastrutture, alla gestione di grandi complessi industriali, alla fornitura di servizi per il turismo e a progetti immobiliari in questo e in altri megaprogetti che hanno lo stesso obiettivo, come il Corridoio dell’Istmo di Tehuantepec.

D’altra parte, data la preoccupazione degli imprenditori lasciati fuori dal bottino generato dalla fase infrastrutturale del progetto, per voce di Rogelio Jimenez Pons capo del progetto, le autorità federali hanno già promesso che la loro partecipazione è assicurata nella costruzione e nel funzionamento dei cosiddetti poli di sviluppo, dove gli investimenti saranno principalmente privati (Nunez Rodriguez, 2020).

Nel frattempo, se il progetto si realizzerà, alle popolazioni resterà di contribuire solo con il proprio lavoro, sia per la costruzione dell’infrastruttura ferroviaria che per lo sviluppo dei nuovi centri di produzione. Secondo le stime ufficiali, il progetto genererà circa 80.000 posti di lavoro entro il 2020. Per il primo tratto il governo calcola, ottimisticamente, l’assunzione di 10 mila persone delle comunità native della regione che lavoreranno tra le altre cose, alla “preparazione del terreno, pulizia, diserbo, compattamento della terra, costruzione della base dei binari e montaggio, posizionamento della massicciata (ghiaia frantumata), saldatura delle rotaie, finitura dei binari”. (Infobae, 2020b). Pertanto il lavoro offerto da questi progetti è temporaneo e, in generale, in condizioni scadenti e con salari da fame. Quando i progetti entrano in funzione i grandi profitti vanno nelle tasche dei capitalisti messicani, americani, spagnoli, cinesi e di qualsiasi altra nazionalità, mentre al popolo restano la miseria e la distruzione del territorio e della sua cultura.

Naturalmente non è quello che ci viene detto. Per giustificare l’espropriazione, la 4T (Cuarta Transformación. Il termine si riferisce al programma del presidente messicano, Andrés Manuel López Obrador, rispetto allo sviluppo del paese, ndt ) ha costruito un discorso in cui le conseguenze di una politica economica imposta da decenni sono presentate come un problema relativo. Tutta la sua campagna e propaganda è incentrata sul farci credere che questa regione del paese è arretrata a causa della corruzione e dell’oblio generato dal neoliberismo, che la miseria in cui vivono i popoli nativi è una conseguenza dell’incapacità del sistema di includerli, o che i problemi ambientali ed economici possono essere risolti attraverso le Segreterie di Stato, con programmi sociali e ambientali.

Oltre alla propaganda e alle alleanze con potenti uomini d’affari, la 4T cerca il sostegno istituzionale internazionale per legittimare i suoi progetti. A tal fine sono state invitate diverse agenzie dell’ONU, agenzie che da un lato criticano le modalità delle consultazioni effettuate per avallare la costruzione del treno e dall’altro sostengono questo megaprogetto perché, secondo loro, risolleverà il sudest del Messico dalla povertà, indipendentemente dalle sue conseguenze a medio termine (Infobae, 2020a).

Come se non bastasse a tutto questo bisogna aggiungere che la 4T ha messo in moto un complesso meccanismo di manipolazione e repressione, con campagne di (dis)informazione nelle città e nella società. Durante le consultazioni sul treno nelle comunità si parlava solo di benefici e non delle conseguenze negative e, allo stesso tempo, si prometteva la costruzione di infrastrutture e servizi essenziali. D’altra parte, il discorso ufficiale cerca di isolare le lotte contro l’avanzata del progetto capitalista, mettendole tutte allo stesso livello. Gli zapatisti e i popoli nativi sono uguali agli anarchici, alle femministe o agli studenti. Sono tutti “conservatori di sinistra” (Aristegui Noticias, 2019; 2020a; 2020b).

In tempi di 4T non accettare l’imposizione di infrastrutture e di complessi industriali che sfrutteranno il lavoro e la natura significa essere contro il paese e contro il suo sviluppo. Come se la contraddizione fondamentale sarà tra sviluppo o conservatorismo e non in un ordine sociale che in nome del profitto sottomette tutte le relazioni al dominio di una classe sull’altra.

II. La militarizzazione nel sudest messicano

L’importanza geopolitica della regione sudorientale del Messico è segnata dalla sua condizione di territorio storico chiave per le connessioni marittime e terrestri che, per secoli e come risultato delle esperienze coloniali, hanno mobilitato non solo una grande quantità di beni strategici per la riproduzione e l’accumulazione del capitale e delle sue rispettive industrie, ma anche i rapporti di potere e le loro resistenze.

In tal senso megaprogetti come il Tren Maya fanno parte di piani di riordino territoriale che, sulla base di strategie di militarizzazione, configurano gli spazi. In questi spazi, con la promessa dello “sviluppo”, i popoli vengono privati dei loro modi di vivere e di organizzarsi, per far posto a forme di sfruttamento dei corpi, dei territori e della natura di cui beneficiano élite nazionali e straniere.

Quindi, la geopolitica della regione non può essere compresa senza considerare l’accerchiamento territoriale che sta avvenendo in tutta la regione sudorientale del paese, con progetti che sono legati al Tren Maya come il Corridoio Interoceanico dell’Istmo di Tehuantepec o il Progetto Integrale Morelos nell’interno del paese, o il Piano di Sviluppo Integrale El Salvador, Honduras, Guatemala, Messico, e altri progetti all’estero menzionati in precedente.

Una componente che accompagna questi processi è la strategia della violenza che, a partire da una visione che considera le resistenze delle popolazioni come ostacoli al successo economico e sociale dei progetti, ritiene necessario distruggerle cooptando e/o dislocando le popolazioni. Tuttavia, quando queste strategie non funzionano, si mette in moto la militarizzazione, che non ha a che fare solo con la presenza di forze armate ma anche con il modo in cui si riorganizzano le relazioni sociali e i territori.

Questo si può osservare nel dispiegamento della Guardia Nazionale che, aggiunto alle truppe di altri corpi federali, nel 2019 aveva un totale di 230.964 elementi schierati per svolgere compiti di “pubblica sicurezza”. In quella prima fase, una proporzione maggiore di questi elementi si è concentrata proprio in quei territori che ospiteranno i megaprogetti delle 4T, cioè Veracruz, Chiapas, Guerrero e Oaxaca. Da evidenziare che questi stati non sono quelli con i più alti tassi di violenza nel paese, né con la più alta presenza di organizzazioni criminali rispetto agli stati del nord o dell’ovest (Camacho, 2019b).

Bisogna anche notare che la composizione iniziale della Guardia Nazionale è stata proposta con una partecipazione provvisoria di elementi della Polizia Militare, Navale, Federale e del Ministero della Difesa Nazionale (SEDENA), che servirebbero come supporto mentre si realizza la formazione dei nuovi effettivi. Tuttavia, ad agosto del 2020 si è saputo che le oltre 29.000 nuove reclute provengono dalle forze armate, addestrate e assunte dalla SEDENA e dalla Segreteria della Marina (SEMAR). Inoltre, per quanto riguarda i requisiti d’ingresso stabiliti nella legge della Guardia Nazionale, “solo lo 0,3% ha superato gli esami di buona condotta e nessuno ha un attestato rilasciato dalla polizia” (Angel, 2020).

I rischi e le conseguenze di queste irregolarità si sono manifestate fin dall’inizio delle loro operazioni di contenimento dei migranti nel sud-est messicano, quando hanno commesso vessazioni e violazioni dei diritti umani, azioni categoricamente smentite dal presidente del Messico (Martínez e Muñoz, 2020). Con il nuovo governo, i casi di repressione e attacchi alle popolazioni indigene sono rimasti costanti in diverse regioni, come nella zona industriale di Huejotzingo, che fa parte del Progetto Integrale Morelos. In questo contesto, nel febbraio 2019 è stata uccido l’attivista Samir Flores (La Jornada, 2019). A questo si deve aggiungere la continua vessazione nei territori zapatisti in Chiapas dove, tra molte altre azioni, “i voli degli elicotteri sono costanti per mostrare che il governo ha il controllo di queste zone” (Camacho, 2019a).

Così la presenza militare non si è limitata alla Guardia Nazionale ma è stata integrata a SEDENA e SEMAR nella costruzione di “banche del benessere” e nel controllo di porti e dogane, eliminando le possibilità di trasparenza in quanto ritenute istituzioni per la sicurezza nazionale (Grieta, 2020).

In questo modo il progetto del Tren Maya, insieme ad altri, ha riordinato il territorio per fare spazio ad un accerchiamento militarizzato che pretende di proteggere la “sicurezza pubblica”, ma in realtà protegge la sicurezza degli investimenti e degli imprenditori che fanno parte della logica dell’accumulazione. È un modo per garantire con la forza il continuo saccheggio e per reprimere la resistenza, per controllare, spostare o sterminare coloro che, di fronte all’espropriazione dei loro precedenti modi di vita, corrono il rischio di vedersi costretti a sopravvivere lavorando in alberghi, maquiladoras e industrie ai margini delle nuove città.

III. Meccanismi di espropriazione

Come altri progetti che fanno parte del Piano Nazionale di Sviluppo, il Tren Maya dà continuità al processo di accumulazione tramite espropriazioni o spoliazioni, sfruttando le zone tradizionali e quelle che non erano state raggiunte in precedenza.

Come spiega David Harvey (2004), questo processo nasce dalla necessaria trasformazione e adattamento del capitalismo che cerca di uscire dalle sue crisi ricorrenti e di mantenere la costante accumulazione di capitale attraverso la creazione di nuovi mercati in aree, territori e relazioni precedentemente non incorporati, per cui la collusione con lo Stato è fondamentale.

Vediamo come vengono riadattati i processi che Marx ha descritto come parte dell’accumulazione originale:

[…] la mercificazione e la privatizzazione della terra e l’espulsione forzata delle popolazioni contadine; la conversione delle varie forme di diritti di proprietà (comunitaria, collettiva, statale, ecc. ) in diritti esclusivi di proprietà privata; la soppressione dei diritti di proprietà; la mercificazione della forza lavoro e l’eliminazione di modi alternativi (autoctoni) di produzione e consumo; i processi coloniali, neocoloniali e imperiali di appropriazione dei beni (tra cui le risorse naturali); infine l’usura, l’indebitamento della nazione e, più devastante, l’uso del sistema creditizio come mezzo drastico di accumulazione mediante esproprio” (Harvey, 2004).

Questi processi persistono e, per la loro realizzazione, sono accompagnati da nuovi meccanismi. Nel caso del Tren Maya sono stati menzionati diversi strumenti per fornire i terreni necessari alla costruzione di stazioni, urbanizzazioni, industrie, ecc., come i Certificados de Capital de Desarrollo -CKD (Certificati di capitale di sviluppo), il Fideicomis de Infraestructura para el Desarrollo Incluyente Sustentable – FIDIS (Fondo fiduciario per lo sviluppo includente e sostenibile) e, il più discusso, il Fideicomiso de Infraestructura y Bienes Raíces – FIBRA- (Fondo di garanzia per infrastrutture e beni immobili). Queste sono solo nuove modalità per espropriare le comunità della loro terra incorporandola in uno dei mercati più lucrativi per il capitalismo contemporaneo: il mercato azionario.

Con l’idea di rendere investitori o azionisti minori i proprietari di terra – proprietà sociali ejidos o comunali – e di trasformali in beneficiari del progetto capitalista, il FIBRA approfitta dei bisogni e della povertà delle popolazioni per lucrare con i loro territori. In nessun punto della legislazione agraria si legge che la proprietà sociale possa essere incorporata in questo tipo di contratto. Quindi, per attuarlo, lo Stato ha tre strade: promuovere la privatizzazione della terra attraverso la piena padronanza (degli ejidatarios e dei piccoli proprietari terrieri), riformare la Legge Agraria o semplicemente ignorarla insieme l’articolo 27 della Costituzione.

Ciò che sta dietro a questo processo è la perdita di capacità decisionale del territorio a favore dei grandi azionisti, dei grandi capitalisti, delle banche, delle società finanziarie, delle società immobiliari, ecc. e, col tempo, potrebbe implicare di fatto l’esproprio della terra. Il terreno diventerebbe così proprietà del fondo fiduciario (o trust) e, in caso di preteso ritiro dal progetto, gli ex proprietari della terra dovrebbero acquisire il totale delle azioni che, con l’installazione di infrastrutture e altri progetti, aumenterebbero di valore, rendendo impossibile il recupero con questo mezzo.

Come in tutti i meccanismi di espropriazione, la perdita della terra creerà un esercito di lavoratori, a partire degli ex proprietari espropriati, disposti a lavorare per bassi salari nello sviluppo delle varie industrie dei poli di sviluppo.

I nuovi meccanismi coesisteranno con altri già noti, come l’espropriazione delle Aree Naturali Protette (ANP). Delle 175 ANP che esistono nel paese, tra la regione Peninsulare e il Caribe messicano ce ne sono 25, divise tra Riserve della Biosfera, Parchi Nazionali, Aree di Protezione della Flora e della Fauna e Santuari, molti delle quale includono anche ejido o territori comunali. Sebbene queste aree sono servite per la conservazione di vaste zone, sono servite anche per espropriare le comunità della gestione dei propri territori. Con il pretesto che le comunità possono mettere a rischio il patrimonio naturale, lo Stato può togliere loro la capacità decisionale e il controllo sulle risorse naturali, a volte in modo violento, come nel caso di Montes Azules, Chiapas. (Mendoza, 2012). Questo è contraddittorio per il fatto che molte delle aree conservate, lo sono proprio in virtù della gestione comunitaria.

Altri esempi di nuovi meccanismi di accumulazione tramite espropriazione sono da un lato l’installazione e lo sviluppo dell’agricoltura industriale su larga scala, dominata da grandi imprenditori come l’attuale presidente della Repubblica López Obrador, il magnate Alfonso Romo e la biopirateria legata alla depredazione e alla mercificazione dell’ambiente. Questa pratica, attraverso i “brevetti e le licenze di materiali genetici, germoplasma e qualsiasi forma di altri prodotti, può essere usata contro intere popolazioni – in questo caso contre tutte le comunità insediate nel sud-est messicano – le cui pratiche di gestione ambientale hanno giocato un ruolo cruciale nello sviluppo di questi materiali genetici” (Harvey, 2004).

La privatizzazione e l’espropriazione dei saperi ancestrali e popolari di queste comunità non è un processo nuovo. Lo stesso multimilionario Alfonso Romo, uno dei maggiori investitori nella tecnologia genetica, aveva già partecipato a progetti su larga scala nella regione; durante l’amministrazione Fox ha beneficiato moltissimo di progetti legati a questo settore. Progetti cui hanno partecipato giganti della tecnologia farmaceutica e genetica come Monsanto, Novartis e aziende all’epoca dirette da Romo, come il gruppo Pulsar International e Savia, ex Seminis, entrambe leader mondiali nella produzione e distribuzione di semi ibridi. Alfonso Romo è uno dei più grandi capitalisti per quanto riguarda l’esportazione di colture tropicali (Fazio, 2018; Takahashi, 2017). Senza dubbio sarà uno dei maggiori beneficiari del megaprogetto che si aggira per la penisola dello Yucatan.

IV. Accumulazione ed espropriazione a lungo termine

Colpisce l’ambiguità e la discrezione con cui gli studi e i dati di questo progetto vengono gestiti dalle istituzioni statali, sia per l’importanza che ha per le comunità sia per l’impatto socio-ambientale che porterà con sé. Questo si manifesta in uno degli aspetti più importanti del progetto Tren Maya: i poli di sviluppo. Ovviamente, anche se l’ufficialità cerca di nascondere ciò che c’è dietro, la storia ci mette in guardia sulle conseguenze di questi progetti.

Dal loro concepimento, nella seconda metà del secolo scorso, i poli di sviluppo hanno cercato di integrare e sviluppare economicamente le zone arretrate o marginali, a partire dall’installazione di attività industriali e imprese che facciano crescere l’economia di queste regioni. Tuttavia diversi autori, a partire dalle esperienze in diversi paesi dell’America Latina e dell’Europa, hanno messo in guardia sulle conseguenze irreversibili di questo tipo di progetti sia in termini di riordino territoriale che di consolidamento delle relazioni sociali capitaliste, a partire da “dinamiche di proletarizzazione, urbanizzazione e perdita di piccole proprietà” (Núñez Rodríguez, 2020). In questo caso, nella penisola dello Yucatan si cerca questa integrazione con una visione totalmente razzista e coloniale, ignorando i popoli, violando la loro autonomia e dando per scontato che non sanno cosa vogliono e come svilupparsi.

Il processo di accumulazione tramite espropriazione, di cui abbiamo parlato, è una parte fondamentale nello sviluppo di questi poli, perché i processi di espropriazione e privatizzazione sono una parte centrale nella creazione della forza lavoro necessaria. Allo stesso modo, l’incorporazione di nuovi soggetti nello sfruttamento, come donne, bambini e migranti, è una fonte di plusvalore per le imprese. Nel caso del Tren Maya, oltre alla manodopera locale (popolazioni e comunità indigene), si cerca di captare anche lavoratori centroamericani che cercano di raggiungere gli Stati Uniti.

Ad oggi non c’è chiarezza o sufficiente informazione sul tipo di attività economiche che si installeranno nemmeno tra le comunità che sono già state consultate e, quindi, sul tipo di posti di lavoro che presumibilmente genereranno. Anche se non conosciamo i nomi delle imprese che parteciperanno ai poli di sviluppo, sappiamo che i posti di lavoro che offrono sono di solito nel settore del turismo, nei servizi di grandi negozi o, in alcuni casi, nel settore delle maquiladoras. Gran parte del lavoro previsto sarà anche nel settore informale o, come ha dichiarato Jiménez Pons, per avvicinare le persone alla loro zona di lavoro: “Il treno servirà affinché gli indigeni possano andare al lavoro a piedi. Anche a chiedere l’elemosina se necessario, ma a piedi” (Muñoz, 2019). In altre parole un lavoro basato sulla servitù e la miseria.

E’ chiaro che le conseguenze del riordino territoriale e dell’impatto ambientale di questo megaprogetto nella penisola dello Yucatan non si manifesteranno solo a breve termine, con la ristrutturazione delle strade esistenti e la costruzione di nuove infrastrutture. E’ nel medio e lungo termine che ci renderemo conto della devastazione nei diversi aspetti sociali e naturali che questo progetto del grande capitale provocherà. Quando il treno sarà partito e i progetti urbanistici, turistici, industriali, immobiliari cominceranno a funzionare, apparirà la miseria, lo sfruttamento, l’inquinamento, la gentrificazione dei nuovi centri urbani, il crimine organizzato, il traffico di droga, di armi, di persone e tutta una innumerevole serie di contraddizioni che sono sorte intorno a progetti di questo tipo. Per quanto riguarda il turismo cercano di trarre profitto dalla cultura e dalla natura della regione. Pensano allo sviluppo del turismo e alla creazione di città senza contemplare le conseguenze dei processi di urbanizzazione, come la gestione delle risorse, l’acqua, la contaminazione, l’uso del suolo, i rifiuti solidi urbani e i rischi per la flora e la fauna.

V. Le resistenze di fronte all’espropriazione

Il governo si nasconde dietro discorsi che pretendono di affrontare le cause dell’impoverimento, della disuguaglianza e della violenza. Tuttavia non individua le cause in un sistema predatorio che cerca incessantemente il profitto a spese di tutti e di tutto. La corruzione, l’oblio, le mafie del potere non sono altro che processi prodotti da questo sistema, di cui approfitta per continuare la sua espansione.

Pretendere di risolvere questi problemi combattendo la corruzione senza eliminare lo sfruttamento e il saccheggio è come dire che l’attuale crisi sanitaria sarà risolta combattendola con farmaci per la febbre o la tosse, che sono solo sintomi.

Anche se López Obrador ha dichiarato la “fine della politica neoliberale” (Animal Político, 2019), la verità è che i progetti delle 4T continuano a basarsi sugli ideali dello sviluppo capitalista che, ponendo al centro l’accumulo di ricchezza, impone modi di vita e di sussistenza a partire da una visione frammentata degli esseri umani e della natura. Continuano a operare all’interno della stessa visione che ha minato le capacità rigenerative della terra e dei corpi in ogni ecosistema, praticando irrazionalmente l’esplorazione, l’estrazione, la fabbricazione, il transito, la vendita, il consumo e lo smaltimento della natura trasformata in merce. Di fronte a tutto questo l’organizzazione, la resistenza contro l’oppressione e la costruzione di alternative diventano vitali.

Se finora il capitalismo non è riuscito a penetrare tutti gli spazi, tutte le relazioni e i territori del sudest del paese, è perché in questa zona esiste una storica e degna resistenza da parte delle popolazioni.

Il Tren Maya fa parte del processo di cooptazione indigena e di controllo politico che la 4T cerca di attuare con vari mezzi. Con i megaprogetti promettono progresso, sviluppo, benessere sociale, migliori posti di lavoro e benefici economici immediati per le popolazioni, per queste promesse parte delle comunità abbandonano il loro territorio e i loro mezzi di sussistenza. Inoltre colpiscono aspetti fondamentali della loro costituzione come popoli, cioè territorio, cultura, risorse materiali, relazioni sociali, autonomia e autodeterminazione.

A sua volta, la parte che resiste viene isolata o repressa. Come già detto, insieme al Corridoio dell’Istmo di Tehuantepec, mentre costruiscono una frontiera per impedire il transito dei migranti, intendono accerchiare militarmente quelle aree che lottano e resistono. Sono numerosi i processi di resistenza che si sono manifestati tra cui: il Consiglio Regionale Indigeno e Popolare di Xpujil (Cripx) a Calakmul, il popolo Maya Ch’ol a Palenque, Salto de Agua e Ocosingo, Chiapas, l’Assemblea dei Difensori del Territorio Maya Múuch Xíinbal nello Yucatán, accompagnati da organizzazioni civili e dei diritti umani.

Da parte loro gli zapatisti hanno dichiarato che difenderanno le loro terre e i loro modi di vita anche con la loro stessa vita se necessario.

Di fronte alla modernizzazione del neoliberalismo che continua a promuovere la disuguaglianza, l’esclusione, la discriminazione, la violenza e l’espropriazione, la resistenza per molte persone è diventata un modo di vivere che permette loro di sopravvivere. Tra i popoli che lottano ci sono convergenze, come la difesa del territorio, che è il punto di partenza per l’organizzazione e l’azione collettiva. Da questa pubblicazione rivendichiamo queste lotte e le loro degne richieste. Ci uniamo al rifiuto dell’imposizione di un progetto per il quale non sono state realmente considerate le esigenze del popolo, a cui è stato mentito, che non è stato informato ma manipolato, e ora viene accusato di essere conservatore.

Tratto da: “Metabolica. Revista de Critica Ambiental”, n. 2, anno 1, Novembre 2020. Una edizione di Tejiendo Organización Revolucionaria, Messico.
Traduzione: Marina Zenobio per Ecor.Network.

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Metabolica. Revista de Critica Ambiental, n. 2, anno 1, Novembre 2020. Ed. Tejiendo Organización Revolucionaria, Mexico.

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