Il cuore sardo di Angelo Licheri

«Non sono un eroe, ho solo messo a disposizione il mio cuore sardo». In questo modo Angelo Licheri si scherniva, 31 anni fa, di fronte agli elogi: «quel che conta è la sconfitta, purtroppo non sono riuscito a salvare Alfredino».

E’ il 10 giugno 1981 quando Alfredo Rampi (6 anni) cade in un pozzo artesiano a Vermicino, nel Lazio. Dopo poche ore viene ritrovato e iniziano i tentativi di tirarlo fuori. Falliscono. Con la trivella si scava una galleria in parallelo ma anche da lì sembra impossibile raggiungere il bimbo. Qualcuno tenta e rinuncia, altri non riescono a passare in un cunicolo tanto stretto. Le ore passano e il bimbo scivola sempre più giù, fino a 60 metri.

Angelo Licheri all’epoca ha 37 anni. E’ di Gavoi ma abita nel Lazio: quando sente la notizia si precipita. Riesce ad arrivare al pozzo, circondato di forze dell’ordine ma anche da migliaia di curiosi. Sono passate oltre 50 ore dalla caduta del bimbo quando Licheri si cala.

Rimane a testa in giù per 45 minuti, contro i 25 considerati la soglia massima di sicurezza. Chiede di essere tirato su ma solo per essere ricalato con violenza in modo da sfondare i punti stretti: ci riesce, scorticandosi e ferendosi. Arriva vicino ad Alfredino, gli parla e riesce a legarlo ma per tre volte il bimbo, cosparso di fango, scivola. In un estremo tentativo lo prende per un polso che si spezza e Angelo, ancor oggi, non sa darsi pace per avergli causato altro dolore. Alla fine Licheri deve risalire: il suo coraggio – «sovraumano» diranno in molti – non è stato premiato. Il bimbo morirà in quel pozzo dopo quasi tre giorni.

Per qualche giorno Angelo Licheri è un eroe suo malgrado ma poi viene dimenticato. A distanza di 31 anni molti si ricordano di Vermicino e ancora discutono della diretta tv, di un’Italia divisa fra “guardoni” e solidali, della nascita della Protezione Civile (per non farsi trovare impreparati in casi del genere, come accadde allora) e persino ciclicamente di un mistero (il piccolo Alfredo non sarebbe caduto nel pozzo ma qualcuno lo avrebbe gettato). Oggi bisogna aggiungere che «l’eroe suo malgrado» ha bisogno di aiuto: ha perso una gamba e la piccola pensione non gli basta per curarsi.

All’epoca qualcuno scrisse che Licheri era un nano, invece era un uomo minuto ma perfettamente proporzionato, «come l’uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci» si ricorda nel documentario «L’angelo di Alfredo» che ha ricostruito la vicenda. La Quadra Film, che lo ha prodotto, in questi giorni ha lanciato – assieme al centro dedicato ad Alfredo Rampi – una sottoscrizione (subita raccolta a Gavoi) per aiutare Licheri.

Domenica a Roma l’associazione dei sardi «Il Gremio» e Gia comunicazione hanno assegnato ad Angelo Licheri il premio «L’isola che c’è». Ma l’eroe di Vermicino non è venuto a ritirarlo: lo hanno appena ricoverato nell’ospedale di Velletri. Ha potuto solo telefonare. Qualcuno gli ha ricordato che, in una crisi tremenda come questa, la Sardegna avrebbe proprio bisogno del suo cuore coraggioso per salvarsi. Lui ha ringraziato e, ancora una volta, si è schernito come se in fondo lui a Vermicino avesse fatto qualcosa di normale «Ora tocca a noi» hanno detto a Gavoi e hanno ragione.

LA CONSUETA NOTA

Questo mio articolo è uscito (al solito: parola più, parola meno) il 30 ottobre sul quotidiano «L’unione sarda». (db)

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