Il film – un racconto di Francesco Masala

Martina andò a vedere un film antico che parlava di un futuro prossimo. L’iniziativa di quel ciclo di film era parsa a Martina una cosa diversa, chissà, pensò, che non si respiri aria nuova. Passò a prendere l’amica del cuore, Lisa, che era un po’ come lei, si capivano e avevano idee comuni. Prima della proiezione videro che la gente era sempre la solita, ma non diedero gran peso alla cosa, sapevano già da molto di essere un po’ diverse ed erano per questo un poco emarginate. Si spensero le luci e in religioso silenzio apparvero le prime immagini sullo schermo. Il film narrava la storia di una società del futuro dove gli uomini obbedivano alle macchine, il pensiero era bandito e regnava un felice ordine, nel senso che la infelicità non esisteva. In questa società un uomo e una donna per vie misteriose si ribellarono e, pensando, erano un pericolo. Lei fu uccisa e lui riuscì a raggiungere un altro mondo, o forse fu ucciso, non si capì bene. Gli spunti che questo film offriva al dibattito erano numerosi e numerose furono le persone che restarono per fare un dibattito sul film. Ci furono interventi su molte cose, la fotografia, l’originalità, la trama. Intervenne poi il moderatore, in un attimo di silenzio, e chiese al pubblico se pensava che il futuro sarebbe stato così. Ci fu un brusio e prese la parola Lisa e disse: ma non capite che il futuro è già qui, che la nostra società già oggi funziona così, ci sono tante cose diverse rispetto al film, ma le cose di oggi sono le stesse che nel film vi hanno spaventato. Il brusio crebbe mentre Lisa si risedeva affianco a Marina. Subito dopo tutti presero la loro borsa bianca, la loro giacca blu con il codice di riconoscimento impresso sul taschino e il loro cappello a scacchi e uscirono in silenzio. Martina e Lisa rimasero sole dentro il cinema, si guardarono in silenzio e uscirono, dopo aver preso la loro borsa bianca, la loro giacca blu con il codice di riconoscimento impresso sul taschino e il loro cappello a scacchi.
redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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