Il giorno alieno

un racconto di Samuele Mazzotti (*)

 

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Pensavo che fosse tutta cripto archeologia, che non fosse affatto vero, invece oggi al telegiornale del primo canale la popolazione è stata avvisata dell’esistenza degli alieni: alieni che non sono arrivati ora, ma che ci hanno sempre conosciuto, nei secoli ci hanno aiutato, ora col consenso delle quindici super potenze mondiali, hanno deciso di manifestarsi apertamente. Stasera sul primo canale, conosceremo il primo alieno in diretta tv. Sono sconvolta, ho sempre pensato che i cerchi nel grano, avvistamenti luminosi e sfere volanti, non fossero altro che burle, fotomontaggi e scherzi del nervo ottico, ma questa volta no, non posso sbagliarmi, la notizia è appena stata annunciata dal Capo di Stato in persona.

Esco di casa, devo tornare al lavoro dopo la pausa pranzo, una ventata di aria fresca mi scompiglia i capelli, con le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile, gli occhiali con le lenti viola a specchio, a testa china mi dirigo verso la fermata dell’autobus. Solo quando arrivo alla fermata, mi accorgo che la gente scruta il cielo, tutti cercano gli alieni, cercano l’astronave, ma il cielo è nuvoloso, gli unici alieni sono quelli nelle loro fantasie, le rondini lo solcano a bassa quota alla ricerca di insetti; credo che per stasera ci sarà un bel temporale. Sull’autobus tutti parlano concitati dell’evento di stasera, in gruppetti di due o tre parlano e commentano siti, blog e notizie sui loro telefonini. Sinceramente a me non interessa proprio, io come ogni giorno mi godo il paesaggio che scorre alla mia destra e la campagna verde con gli alberi spogli lascia il posto man mano che ci avviciniamo alla città, al grigio cemento, a case, ponti, binari della ferrovia, la piazza centrale. Scendo, mi sistemo meglio la borsa sulla spalla e inizio ad attraversare la piazza, diretta al mio ufficio.

Sbatto contro qualcuno, alzo lo sguardo e incrocio gli occhi di un poliziotto dietro ad uno scudo di plastica trasparente, di fronte a me c’è un cordone di sicurezza, non posso attraversare la piazza, chiedo che cosa stia succedendo, ma il poliziotto non mi risponde, continua a guardarmi in cagnesco. Oltre la sua spalla vedo dei subbugli nel centro della piazza, dove accanto alla grande fontana monumentale manifestanti con manganelli improvvisati stanno assalendo i poliziotti: da alcuni dei loro striscioni leggo che esiste un solo dio e quel dio non è un omino verde con le antenne. Quindi i manifestanti sono «I Figli del Focolare», gente legata alla religione, che fino all’altro giorno predicavano la fame di pace passando di campanello in campanello, oggi sono in piazza a menar le mani con la polizia: bella idea di pace la loro, niente di diverso dal profitto interno lordo di metà dei Paesi occidentali. Che stupidi! Mi guardo a destra e sinistra, e poi mi incammino per circumnavigare la piazza, il mio capo perdonerà il mio ritardo, odia le istituzioni religiose e questo spettacolo è davvero pietoso. Magari stasera in tv ci toccherà vedere anche il Vescovo Generale che arringherà ai suoi cittadini, con un sermone che condannerà i fanatici della sua religione ed esorterà gli altri a essere comunque prudenti. Credo che stasera mentre cenerò, salterò il tg per una sit-com, una qualsiasi sarà più culturalmente corretta di qualsiasi notizia oggi possa dare il nostro telegiornale nazionale.

Faccio scorrere il badge, la mia entrata viene registrata, entro in ufficio, ovviamente le buchette sono tutte piene, il carrello lo è ancora di più. Sono la porta pacchi aziendale, è un buon lavoro, semplice, non troppo impegnativo e meglio retribuito di quello del postino. Inoltre se piove, lo posso sempre svolgere all’interno dell’azienda e d’estate c’è pure l’aria condizionata.

Nei vari loft noto che nessuno lavora veramente, tutti seguono le notizie sui loro personal computer, neanche mi salutano, o mi ringraziano quando porto il loro pacco o la corrispondenza. Tutti rapiti dagli alieni, certo che se stessero davvero lavorando, oggi darebbero il trecento per cento. Fra i corridoi non si vede neanche il nostro scrupoloso «capitano d’azienda», il famigerato capo, il dottor Capuleti. Persino il Di Lucca è nella sua postazione a fissare il monitor, invece che a parlare con la Bissi del piano di sotto, una vecchia scusa per guardarle le gambe; con le minigonne che si mette, ci sarebbe solo da vergognarsi, certe volte d’estate quando si china per raccogliere i fogli caduti, mette in mostra anche i suoi succintissimi perizoma per la gioia dei colleghi maschi… altro che alieni, lei di certo ha un discreto successo di pubblico. Sono le sedici, pausa caffè, cavolo alla macchinetta solitamente sono l’ultima a prenderlo, oggi invece sono la prima e l’unica, neanche per la pausa caffè si fermano, non avrei mai detto che un paio di alieni piccoli e verdi, avrebbero avuto così tanto successo.

Mentre finisco di riordinare i pacchi per domani, viene l’Artusi, con i suoi occhiali a fondo di bottiglia, mi chiede se è arrivata la sua rivista settimanale e con la sua flemma se ne va, solitamente rimane un buon dieci minuti a far delle chiacchiere; evidentemente vuol tornare nella sua postazione per scoprire news sugli alieni; quel piccolo topo di biblioteca in verità è il nostro webmaster, starà spulciando un ex sito della Nasa e domani verrà dicendo: «Io lo sapevo già!».

Mi avvolgo la sciarpa, infilo l’impermeabile, prendo la borsetta, passo il badge, timbro la mia uscita. Fortunatamente all’uscita non sono sola, scambio qualche saluto e un paio di chiacchiere. Ma l’argomento è sempre quello, gli alieni, cosa ne penso, se sono a favore, se mi piacciono, se ho pensato a come sono fatti. Rispondo elusivamente poiché non mi interessa, chi siano siano, saranno quelli che madre natura o il loro dio ha voluto.

Mi sembra tutta una messa in scena per dimenticarsi dei problemi del nostro Paese, delle persone bisognose, della crisi del mercato globale. Voglio proprio vedere dove finiremo dopo questa nottata. Scuoto la testa, gli uomini stanno davvero scadendo. Per tornare, faccio un percorso diverso, prendo il tunnel della metro e i vari artisti di strada cantano e suonano, inneggiando alla venuta dei fratelli dallo spazio. Vedremo se canterete anche domani, quando vi diranno che sono qui per conquistarci e farci tutti schiavi, oppure peggio ci insaccheranno come salumi.

Una bambina vestita con un tutù verde, antenne ciondolanti in testa, balla su un tappeto grigio simile alla superficie lunare: è un bel balletto. Entro nella metro. Mi siedo vicino a un barbone che puzza di alcool e che sta dormendo sbavando sul finestrino: i suoi denti sono gialli ocra… sarà forse così la pelle degli alieni? O le loro ascelle puzzeranno di alcool? Avranno i peli sul viso? I miei stupidi pensieri vengono interrotti da un clan di ragazzini, che indossano tutti giubbotti di pelle nera, un teschio sulla schiena che stringe fra i denti un femore infuocato. Stuzzicano il barbone, io mi sposto di un sedile. «Ehi vecchio, sveglia. Stanno arrivando gli alieni!» urla un ragazzo con i capelli a spazzola di colore verde chiaro e strattonando una spalla del vecchio che, con uno sguardo vacuo, si sveglia imprecando: «Chi? Che cavolo volete?».

«Ho detto che arrivano gli alieni!» gli ripete lo stesso ragazzo.

«Gli alieni? Poveri stronzetti, gli alieni non esistono» afferma il barbone afferrando la sua bottiglia. «Ora lasciatemi in pace!» ordina con un cipiglio abbastanza convincente.

Le porte si aprono, mi fiondo fuori, la saggezza del vecchio è stata eloquente.

E’ sera, sono seduta sul divano, la micia è qui sulle mie ginocchia, così non sarò sola quando non vedremo gli alieni e ci convinceremo che è stata tutta una bufala. Accendo la tv, il programma è già iniziato, l’inviato speciale si trova all’aeroporto cittadino, dove è da poco atterrata un’enorme astronave aliena molto simile a una noce schiacciata. I capi di Stato, il Vescovo Generale, vari ambasciatori, le Forze Armate in parata, sono tutti allineati, mentre su nel cielo passano i nostri aerei per il saluto ai visitatori e i cannoni sparano colpi a salve.

Le telecamere fissano un punto dell’astronave che scompare come per magia. Si accende una luce bianca, qualche secondo di attesa, una figura si profila, la testa è un ovale al contrario, ha le braccia molto lunghe, le gambe sembrano quelle di un nano. La figura fa un passo avanti, si contano le dita della mano, sono solo tre, nei piedi sembra abbia stivaletti, non sembra avere i capelli, la luce è sempre alle sue spalle, un altro passo, due occhi, nessun naso, la bocca aperta per un sorriso sembra più una smorfia, è orrendo. Fa un altro passo, alza un braccio e ha la mano aperta per il saluto, si spegne la luce, la mia vista ci mette un attimo a mettere a fuoco. Rimango basita. Un umano vestito con un imbuto ci sta salutando; questi sono gli alieni. Noi gli extraterrestri, nell’Universo non siamo soli, l’umanità è ovunque.

(*) Il racconto «Il giorno alieno» è stato pubblicato sull’ebook «Noi, gli extraterrestri e l’universo» – scaricabile gratuitamente – con altri racconti e disegni di fantascienza scelti attraverso una votazione in rete. Ho ripreso la vignetta – da qui: Fantascienza & Veroscemenza | afnews.info – in rete. (db)

 

Redazione
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