Il lavoro fra catene nuove e antiche

Gian Marco Martignoni su «Il privilegio della schiavitù» di Ricardo Antunes

Gli effetti della nuova divisione internazionale del lavoro, le trasformazioni della prestazione lavorativa e le conseguenze sulla nuova morfologia del lavoro sono al centro del libro «Il privilegio della schiavitù» (Edizioni Punto Rosso: 314 pagine, 20 euro) del sociologo Ricardo Antunes, che analizza il perpetuarsi dell’alienazione nei luoghi di lavoro, al di là delle false credenze veicolate dal fluente dizionario dell’ideologia imprenditoriale. Osservatorio privilegiato di queste trasformazioni è l’emergente realtà brasiliana che – stante l’alternarsi negli ultimi decenni di una fase di sfrenato neoliberismo a un’altra segnata da un social-liberismo sostanzialmente assistenziale – spiega abbondantemente le ragioni del recente successo elettorale dell’estrema destra rappresentata da Jair Bolsonaro, nel quadro di una tendenza di carattere internazionale. L’approccio di Antunes prosegue la ricerca avviata con «Addio al lavoro» e «ll lavoro e i suoi sensi», contestando le tesi di Andrè Gorz e di Jurgen Habermas sulla presunta centralità del lavoro immateriale e la perdita di rilevanza della teoria del valore lavoro, poiché il lavoro produttivo è tutt’altro che scomparso, essendosi irradiato nel sud est asiatico e nelle semi periferie del mondo, ove quello informale ne è il tratto dominante. Anche la cosiddetta digitalizzazione del lavoro non può essere letta con occhiali eurocentrici ma deve essere indagata in tutte le sue dimensioni, a partire da coloro che, in condizioni schiavistiche e attraverso il ricorso al lavoro minorile, estraggono i minerali rari nelle miniere; o analizzando i suicidi e gli scioperi che si susseguono negli stabilimenti della Foxconn in Cina, ove vengono fabbricati gli I-Phone non solo per l’Apple e la Nokia grazie a 1,4 milioni di lavoratori e lavoratrici incatenati per dodici ore al giorno. Oppure, come nel caso della crescita dell’infoproletariato in Giappone, ove i giovani operai migranti interni, che interagiscono virtualmente, cercano un rifugio notturno nei cybercaffè o dormendo in capsule di vetro. Pertanto la degradazione delle condizioni di lavoro, l’intensificazione dei ritmi e l’allungamento degli orari, coincidenti con la quanto mai tramontata estorsione di plusvalore assoluto, sono diventati una costante universale; così come il fenomeno dell’uberizzazione ha comportato la generazione di una forza lavoro intermittente su scala globale, in quanto la presunta configurazione della prestazione come “autonoma” nega quei diritti e quelle garanzie tipiche del lavoro subordinato. La formazione perciò di un proletariato sempre più collocato nel settore dei servizi – che va ben oltre la sua diffusione nei call-center, nei tele-marketing o nelle aziende di software – permette ad Antunes non solo di comprendere il ruolo svolto dalle attività digitali nel processo di generazione del valore, ma di riprendere alcune intuizioni di Marx , contenute nel II libro de «Il Capitale», proprio a proposito delle attività dei trasporti «come un processo di produzione dentro al processo di circolazione». E’ su questa base che si determina di conseguenza una nuova interazione fra lavoro vivo e lavoro morto, fra attività materiali e attività virtuali, per cui paradossalmente assistiamo semmai a un ampliamento della teoria del valore lavoro, stante l’estensione delle forme dello sfruttamento, che vengono incentivate dai processi di flessibilizzazione, di precarizzazione e di esternalizzazione. Lo sguardo di Antunes è realisticamente lucido ma certamente non rassegnato. Allievo del filosofo Istvan Meszaros, essendo consapevole della natura antisociale e distruttiva del metabolismo del capitale nei confronti del lavoro, dell’ambiente e dell’umanità, confida nella capacità di resistenza e di ribellione della «classe che vive del lavoro». Non casualmente gli ultimi due capitoli del libro sono dedicati a ridefinire il ruolo e il futuro delle organizzazioni sindacali, unitamente alla definizione di un nuovo modo di vita possibile mediante il rilancio dell’idea del socialismo.

 

Redazione
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Un commento

  • Gian Marco Martignoni

    Come si può vedere dalla copertina del libro, ho commesso un errore: gil titolo del libro di Ricardo Antunes è ” Il privilegio della servitù “. Fortunatamente Piero Basso dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ha avuto la prontezza di segnalarmi l’infortunio in cui sono incorso.

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