Il leoncino Cecil, il 9 agosto e gli olocausti silenziosi

   Una giornata internazionale… ma in certo senso una «scor-data» (*) visto che, almeno in Italia, i grandi media la ignorano. Ecco il comunicato (in rete con il titolo «Se fossero cuccioli») di Survival International di Survival International. [db]

Survival International

Domenica 9 agosto è stata la «Giornata internazionale Onu per i popoli indigeni»: una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1994 per richiamare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica sulle sistematiche violazioni dei diritti umani subite dai popoli indigeni di ogni continente.
Un’occasione importante per denunciare una delle crisi umanitarie più urgenti e raccapriccianti del nostro tempo, che l’Onu stesso ha definito «i più silenziosi olocausti dell’umanità«». Un’opportunità concreta per dar seguito ai doverosi atti di contrizione e sdegno celebrati ogni anno il 27 gennaio, nel Giorno della Memoria, quando ognuno di noi ribadisce con dolore «mai più».
Ma a parte qualche rarissima eccezione, di questo atto di solidarietà e giustizia verso popoli che le nostre società industrializzate continuano a sottoporre a violenza genocida, a schiavitù e razzismo nel nome del “progresso” e della “civilizzazione”, in Italia non si è vista traccia.
Eppure le occasioni non sono mancate. Basti pensare al caso di Cecil, il leone ucciso da un cacciatore di trofei in Zimbabwe, e al problema del bracconaggio, a cui è stata data ampia copertura in questi giorni.
Gli organi d’informazione avrebbero potuto sfruttare proprio la cronaca per parlare delle responsabilità di un’industria della conservazione che, mentre incoraggia i collezionisti di trofei a uccidere in cambio di denaro, accusa gli indigeni di “bracconaggio” solo perché cacciano per procurarsi il cibo sottoponendoli al rischio di arresti, pestaggi, torture e morte.
Avrebbero potuto denunciare gli effetti drammatici e paradossali di un modello di conservazione che anziché riconoscere il ruolo cruciale giocato dai popoli indigeni nel proteggere flora e fauna e alimentare la biodiversità, li sfratta illegalmente dalle terre ancestrali per trasformarle in parchi e riserve. Come ben documenta la campagna di Survival «Parks Need Peoples» (è qui:
Parks Need Peoples) i rifugiati della conservazione oggi sono milioni, e si tratta in gran parte di comunità indigene condannate a perdere, insieme alle loro terre, anche l’autosufficienza, la salute e spesso la vita.
Ma non l’hanno fatto.
A noi resta l’amarezza di constatare, ancora una volta, che se fossero cuccioli, i popoli indigeni probabilmente avrebbero maggiori possibilità di sopravvivere. E il difficile compito di continuare a lottare con risorse impari per dare loro una voce. A beneficio non solo della nostra umanità ma anche di flora e fauna. Perché, senza i popoli indigeni, domani non avremo più né natura né futuro.
     Francesca CasellaSurvival International Italia

(*) Come sa chi frequenta questa bottega per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; ma qualche volta i temi erano più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. In ogni caso le «scor-date» sono post quotidiani – tanti temi, molte firme – che trovate qui ogni giorno.

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