Il meglio del blog-bottega: 64

andando a ritroso nel tempo (*)

Donata Frigerio: «Quando gli elefanti si battono quel che soffre di più è l’erba (ma gli elefanti fan fracasso e tutta la savana lo sa…)»

Congo-coltan

Il 1° ottobre 2010 è stato pubblicato il “Rapporto del Progetto Mapping concernente le violazioni più gravi dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale umanitario commesse tra marzo 1993 e giugno 2003 sul territorio della Repubblica democratica del Congo” , redatto dall’Alto-commissariato per i diritti dell’uomo dell’ONU. Il documento integrale si può scaricare da:

http://www.ohchr.org/EN/Countries/AfricaRegion/Pages/RDCProjetMapping.aspx

Una versione non definitiva dello stesso Rapporto era stata pubblicata alla fine d’agosto dal giornale francese “Le Monde”, suscitando un vespaio diplomatico. Alcune diplomazie dei Paesi citati nel rapporto, in particolare il Rwanda, non hanno apprezzato il contenuto del documento, che sembra implicarli in atti di genocidio o comunque di grave crimine contro l’umanità. In seguito a pressioni di diverso genere il documento è stato modificato prima della versione definitiva, alcuni vocaboli sono stati sostituiti ma il contenuto è rimasto invariato. La Commissione ha recensito in 600 pagine ben 617 casi di violenze, classificati per province, in ordine cronologico e per tipi di crimini. Il rapporto si china sul peggior decennio, tra il 1993 e il 2003, quando la RD Congo diventa una vittima collaterale del genocidio ruandese.

Come mai non se ne è parlato finora? Perché ci son voluti 7 anni a redigere un rapporto? Perché non si è intervenuti per tempo? Perché non si interviene ora? Sulle cause della violenza, non sulle sue conseguenze, sui carnefici, non solo sulle vittime….

Perché i media mondiali non hanno dato risalto a questa tragedia? Forse perché non volevano si sapesse? Perché non riusciamo a percepire la portata degli avvenimenti mentre accadono, mentre è possibile sottrarre almeno un giorno all’orrore?

I congolesi, soprattutto gli abitanti dell’Est del Paese, ancora sottoposti a continue violenze, apprezzano il documento: la memoria permette di ricordare anche per le generazioni future, di richiedere giustizia, che la morte e la sofferenza non siano vane ma possano contribuire alla costruzione di un Paese in pace con se stesso e con il mondo.

Il Rapporto è assai interessante e non deve restare chiuso in un cassetto, a disposizione di pochi “esperti”. Lo si può analizzare e comprendere da molti punti di vista, io mi accontento di una visione politica ed economica. Sulla scacchiera internazionale il Congo RD è un Paese appetibile, al centro dell’Africa, strategico dal punto di vista politico e militare. Economicamente è uno dei Paesi più ricchi del mondo. Narra la leggenda che, durante la creazione del mondo, Dio sia inciampato sul Kilimandjaro mentre aveva tra le mani il secchio con i minerali, che si è rovesciato sul Congo. Vi si trova in quantità ogni genere di minerale prezioso e poi terre fertilissime e acqua e foreste e legname pregiato. Un Paese troppo interessante. Lo stesso rapporto stabilisce anche un legame tra i crimini commessi e lo sfruttamento, da parte di operatori locali e stranieri, delle risorse naturali del Congo, come il rame, il cobalto, l’oro, o il coltan.

Ecco perché ci si batte, in Congo. In tutta la regione dei Grandi Laghi la gente subisce ancora terribili soprusi, violenze, ingiustizie.

Dietro la radiografia delle violazioni più gravi dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale umanitario si nasconde un decennio di massacri, stupri e saccheggi a cui presero parte vari Paesi membri della regione. La conseguenza è un numero indeterminato di morti; dal 1990 ai nostri giorni gli esperti stimano, in Ruanda e in RD Congo, dai 6 agli 8 milioni di vittime. La maggior parte dei crimini sono, salvo poche eccezioni, rimasti impuniti.

I militanti dei “Diritti dell’uomo” accusano i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito di essere gli alleati del presidente Paul Kagame, di aiutare il Ruanda per utilizzarlo per indebolire l’influenza francese nella regione. “La domanda è ancora oggi la stessa di prima: c’è una vera volontà politica per identificare gli assassini e portarli in giustizia?” si è chiesto Reed Brody, un esperto dell’Onu che ha aiutato a redigere il rapporto del 1998, “se questi massacri commessi su grande scala non vengono puniti, la regione dei Grandi Laghi Africani sarà condannata a vivere nuove atrocità

Necessita aprire gli occhi, una mobilitazione della società civile, a livello internazionale, perché sia fatta giustizia e si arrivi a costruire una pace duratura. La società civile del Kivu ce lo chiede con insistenza.

(*) Come l’anno scorso, ad agosto la “bottega” (che prima dell’11 gennaio 2015 fu blog) recupera alcuni vecchi post che a rileggerli, anni dopo, sono sembrati interessanti. Il motivo? Un po’ perché quasi 8mila articoli sono taaaaaaaaaaaaanti e si rischia (nonostante i “santi” tag) di perdere la memoria dei più vecchi. E un po’ perché nel pieno dell’estate qualche collaborazione si liquefà: viva&viva il diritto alle vacanze che dovrebbe essere per tutte/i. Vecchi post dunque… di 5 anni fa all’incirca: recuperati con l’unico criterio di partire dalla coda ma valutando quali possono essere più attuali o magari spiazzanti. Il “meglio” è sempre soggettivo ma l’idea è soprattutto di ritrovare semi, ponti, pensieri perduti… in qualche caso accompagnati dalla bella scrittura, dall’inchiesta ben fatta, dalla riflessione intelligente: con le firme più varie, stili assai differenti e quel misto di serietà e ironia, di rabbia e speranza che – noi speriamo – caratterizza questa blottega, cioè blog-bottega. (db)

 

Donata Frigerio

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