Il Messico devastato dalle grandi opere

Nel tentativo di redistribuire la ricchezza il governo del presidente Andrés Manuel L ópez Obrador scommette su estrattivismo, dighe, fracking ecc… A subirne le conseguenze,  in tutto il paese, ma soprattutto nel Chiapas, le comunità indigene e contadine e gli attivisti sociali, sempre più nel mirino della criminalità organizzata, abile ad infiltrarsi e a compiere il lavoro sporco per le multinazionali.

di David Lifodi

Foto: http://earthriot.altervista.org/

 

In Chiapas, come del resto in tutto il Messico, le grandi opere aggrediscono il territorio e spesso vengono utilizzate per reprimere i movimenti sociali. La dettagliata denuncia delle malefatte del governatore del Chiapas, Rutilio Escandón Cadenas, arriva da parte del Frente Nacional de Lucha por el Socialismo e parla di sgomberi forzati di intere comunità, spoliazione delle terre e violazioni dei diritti umani. Tuttavia, come detto, è tutto il paese ad essere costretto a fare i conti, in particolare, con l’estrattivismo minerario e con la militarizzazione del territorio.

Il governo della Cuarta Transformación, come è denominata la presidenza obradorista, pur avendo suscitato grandi speranze ed essendo ritenuto, da buona parte dei suoi elettori, ancora di “sinistra”, quanto meno dal punto di vista ambientale, ma anche sotto altri aspetti, non sembra distinguersi granché da altre esperienze progressiste del continente, cioè adoperarsi per garantire la redistribuzione della ricchezza sfruttando però le risorse naturali del territorio. Si tratta, in realtà, della strategia del cane che si morde la coda. Ad esempio, il Pim – Progetto integrale Morelos, come del resto lo sviluppo totale dell’Istmo de Tehuantepec, aldilà del devastante impatto ambientale, hanno attirato inevitabilmente anche la presenza della criminalità organizzata. Lo stesso Tren Maya, il cui fine principale è quello di permettere migliori collegamenti ai turisti che vogliono spostarsi da Palenque e Cancun, rappresenterebbe si il volano per l’economia nazionale, come si usa dire in questi casi, ma ad un prezzo altissimo per  le comunità indigene e contadine. Questo è uno dei (tanti) motivi per cui l’Esercito zapatista di liberazione nazionale – Ezln da tempo contesta duramente Andrés Manuel L ópez Obrador, indicandone precise responsabilità nello smantellare il tessuto comunitario tramite le grandi opere in quanto sintomo di malgoverno.

Indebolito dalle numerose fazioni interne a Morena, da una situazione sociale, politica ed economica non certo facile da gestire, Amlo ha scommesso sullo sfruttamento dei giacimenti petroliferi, anche tramite il fracking. Lo scorso 16 dicembre il giovane rapper di Veracruz Josué Bernardo Marcial Campos è stato ucciso, e fatto a pezzi, perché denunciava, attraverso la sua musica, l’estrattivismo minerario intensivo, il narcotraffico e gli attacchi contro le popolazioni indigene. Prima di lui, nel 2019, il caso, tra i tanti, che aveva fatto più scalpore, era stato quello di Samir Flores, ucciso per il suo impegno militante contro il Progetto integrale Morelos.

Tra le situazioni più difficili vi è comunque quella in territorio chiapaneco, dove le promesse di sicurezza del governatore Cadenas sono sinonimo di maggior presenza di polizia e repressione contro gli attivisti sociali e di criminalizzazione della protesta. Inoltre, la scommessa delle grandi opere finisce spesso per andare a vantaggio dei soliti noti, oligarchia, grandi imprenditori, proprietari terrieri e multinazionali, non certo delle comunità che soffrono della mancanza di centri di salute, istruzione, elettricità e lavoro, se non sotto forma di sfruttamento e schiavitù. Eppure, Rutilio Escandón Cadenas insiste nel descrivere il Chiapas come una terra con grandi ricchezze naturali dove le imprese sono le benvenute per i loro investimenti. La stessa definizione del governatore sui chiapanechi, definiti gente trabajadora, significa in realtà che gli imprenditori possono contare su una manodopera economica e qualificata in cambio di salari da fame. Il bilancio di un anno di governo di Cadenas ha fatto registrare la spoliazione di 8.000 ettari di terre, migliaia di sfollati ed oltre 200 prigionieri politici, incarcerati per difendere il diritto alla terra delle comunità.

Sul quotidiano La Jornada Gilberto López y Rivas ha denunciato l’insistenza di Amlo nell’aprire alla costruzione di centrali idroelettriche e gasdotti, alla privatizzazione delle risorse idriche, al prosciugamento di laghi e fiumi tramite megaprogetti minerari, alla monocoltura, che rappresentano in pratica un esempio della violenza di Stato in cui si inseriscono con facilità i gruppi legati alla criminalità organizzata  e al narcotraffico.

Secondo la Cepal, la Commissione economica per l’America latina, il Messico è il quarto paese del continente latinoamericano con maggior disuguaglianze sociali dopo Haiti, Honduras ed El Salvador. Certo, con la presidenza di Amlo il 50% delle famiglie riceve aiuti economici ed il 16% dei messicani ha visto aumentare la crescita del salario minimo, eppure la pressoché nulla attenzione verso l’ambiente anche di Obrador rappresenta di fatto una minaccia permanente nei confronti dei popoli indigeni. A questo proposito, suonano come un duro atto d’accusa le parole del Centro messicano di diritto ambientale, secondo il quale “molte delle violazioni dei diritti umani avvenute in Messico contro indigeni e campesinos sono state condotte nell’ambito dello sviluppo delle grandi opere. Ciò è dovuto, in gran parte, all’esistenza di una politica economica e sociale che manca di qualsiasi prospettiva di sostenibilità”.

A poco più di un anno dall’arrivo effettivo di Amlo alla presidenza del Messico, la questione ambientale, legata alle grandi opere, rappresenta uno dei punti più ambigui di un governo che pure aveva suscitato tante attese e speranza nell’intera America latina anche sotto questo aspetto.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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