Il mio impegno di uomo contro le mutilazioni genitali femminili

La storia di Peter Nguura che, parlando con i capi villaggio delle comunità Masai, è riuscito a far sostituire la pratica del cutting con riti di passaggio alternativi. «Il ruolo degli uomini è fondamentale, sono loro che decidono». In questi giorni è a Roma con Amref per insegnare agli operatori Asl come si fa prevenzione
di Eleonora Camilli (*)

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ROMA – Per cambiare una tradizione bisogna innanzitutto cambiare il pensiero di chi la porta avanti da secoli. Specialmente in Africa, specialmente se al centro ci sono i diritti delle donne e una pratica atroce come quella delle mutilazioni genitali femminili. E’ per questo che Peter Nguura ha deciso di impegnarsi in prima persona, innanzitutto come uomo. Kenyota, padre di tre bambini, dal 2009 lavora per Amref nel suo paese per contrastare la pratica del cutting e il fenomeno delle spose bambine. Un lavoro lungo e che consiste nel tessere relazioni con altri uomini, i capi villaggio masai, i padri, gli anziani, quelli che decidono sul futuro delle ragazze. Sempre sorridente e pacato, non stenta a definirsi un “campione del cambiamento”, perché grazie al suo lavoro è riuscito a convincere intere comunità a sostituire le mutilazioni genitali con riti di passaggio alternativi, che segnano l’entrata nell’età adulta delle adolescenti ma senza sofferenze che resteranno per sempre incise sulla loro pelle. Un metodo che porta con sé anche la promozione dell’educazione e della salute riproduttiva, e che ora viene studiato anche in Europa, dove le mutilazioni genitali, sono un fenomeno sommerso ma presente.
«Quando ho iniziato a lavorare nelle comunità Masai in Kenya la prima cosa che mi ha scioccato è stato vedere come la pratica coinvolgesse bambine anche molto piccole. Subito dopo la mutilazione erano considerate pronte per il matrimonio – spiega -. Alcune di loro non riuscivano neanche a completare la scuola primaria, si sposavano e poi restavano incinte. E’ una cosa terribile, alcune sono davvero molto piccole. Ho capito allora che dovevo impegnarmi per contrastare tutto questo, come uomo e come kenyota. Non era solo un lavoro, volevo riuscire a fermare questa barbarie». Ma il cambiamento, spiega Nguura, doveva passare innanzitutto attraverso la comunità maschile. Perché se sono le donne quelle che materialmente “fanno”, sono gli uomini quelli che “decidono”. «Il ruolo dei capi villaggio e dei padri è fondamentale perché sono loro che stabiliscono cosa sia lecito – sottolinea il responsabile di Amref -. Per noi rappresentano l’opportunità di cambiare la mentalità di intere comunità. Loro hanno il potere ma anche la responsabilità di quello che accade». Inoltre, se una bambina non si sottopone alla pratica, viene stigmatizzata per tutta la vita: nessun uomo è disposto a sposarla. Anche per questo va cambiato il modo di pensare.

Ma come fare? Innanzitutto con un lavoro di advocacy. «Ho parlato a lungo con gli uomini Masai di diverse comunità – continua – e non ho esitato a mostrare loro anche foto o video in cui si vedeva come veniva praticato il taglio e quanta sofferenza comportava alle donne. Solo così alcuni di loro hanno capito e hanno deciso che quel dolore non poteva essere inflitto alle loro figlie, alle loro nipoti». Lo step successivo è stato sostituire questo rito di passaggio, fondamentale per l’intera comunità, con forme di celebrazione alternativa, per definire l’entrata di una ragazza nell’età adulta. «La mia missione è stata quella di contrapporre la promozione dell’educazione alle mutilazioni genitali – aggiunge Nguura -. Come riti di passaggio alternativi abbiamo pensato, insieme alla comunità, a forme di celebrazione positiva. In alcuni casi si va avanti per tre giorni: due dei quali sono dedicati al training sul tema della salute riproduttiva, dell’educazione sessuale e del rispetto tra uomini e donne». Al terzo giorno in alcuni riti è previsto un giuramento delle ragazze sui libri, come forma simbolica di investimento. «Non vogliamo che continuino i matrimoni forzati e precoci – afferma Nguura – ma che si investa nella cultura e si colmi l’enorme gap scolastico che c’è in alcune comunità».

Secondo le ultime stime sono almeno 200 milioni nel mondo le ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Solo nel 2014 – riporta Unicef – la pratica ha riguardato 70 milioni di casi. La metà sono minori con meno di 14 anni. Una violazione da cui non è esente neanche l’Europa: sarebbero infatti 500 mila le ragazze coinvolte e 180 mila quelle a rischio. «Nel nostro continente il tema è legato al fenomeno migratorio – spiega Paola Magni, dell’area programmi di Amref in Africa – . Le stime ci dicono che quasi duecentomila ragazze o bambine sono a rischio ogni anno. Molto spesso la mutilazione avviene in seguito a un viaggio che le famiglie fanno nel paese di origine». Per questo, spiega Magni, fondamentale è lavorare sulla prevenzione. «Come Amref ci occupiamo di salute, per questo abbiamo avviato un discorso con il sistema sanitario nazionale in Italia – aggiunge Magni -. Gli operatori sanitari del nostro Paese non sono preparati su questo tema e noi abbiamo messo a disposizione le nostre competenze».

Fino a venerdì Peter Nguura parteciperà, in qualità di formatore-relatore, ad una serie di incontri rivolti al personale della Asl Roma 1, sulle mutilazioni genitali femminili. «Come famiglia internazionale, noi di Amref ci affidiamo spesso ad esperti sul campo come Peter che possano portare anche qui da noi le loro competenze. Il fatto che il nostro Paese voglia ascoltare questi talenti africani è un segnale importante – conclude Magni – . Mediatori culturali come lui sono un ponte per la possibilità di cambiamento sul fronte dei diritti. Le mutilazioni genitali femminili sono uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 20-30 che non riguarda solo Paesi del sud del mondo ma tutti i Paesi, chiamati a redigere specifici piani nazionali». Amref dedica l’intero mese di ottobre alla sensibilizzazione sul tema. Dal 23 al 29 sarà in Italia anche Nice Nailantei Leng’ete, 25enne simbolo globale della lotta di Amref alle mutilazioni.

(*) © Copyright Redattore Sociale; la foto – dove si vede Peter Nguura in una riunione di villaggio – è dell’archivio Amref. Questo testo è ripreso in “bottega” con l’autorizzazione di «Redattore sociale». (db)

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