Il Nicaragua e la sinistra confusa

Atilio Borón un tempo era uno stimato intellettuale della sinistra latinoamericana, almeno fin quando non ha creduto di avere in tasca la verità rivelata. Gli attacchi gratuiti al neo presidente cileno Boric e il sostegno incondizionato al Nicaragua orteguista rappresentano un segnale della sua confusione. Izquierda confundida, appunto.

di Bái Qiú’ēn

 

 

Sigan ustedes sabiendo que, mucho más temprano que tarde, se abrirán las grandes alamedas por donde pase el hombre digno para construir una sociedad mejor (Salvador Allende, 11 settembre 1973).

In questi giorni di fine febbraio circola su Twitter un appello di questo tenore: «URGENTE: presidente inesperto ha bisogno di lezioni sulla storia dell’America Latina, sul colonialismo culturale, sull’imperialismo e sulle relazioni internazionali. I professori si presentino al Palazzo de La Moneda, Santiago, Cile, a partire dall’11 marzo. Portino materiale di lettura e siano pazienti».

Per fortuna che in questo mondo sempre più impazzito esiste ancora qualcuno che sa come vanno le cose e ha la verità in tasca!

Se Lutero affisse le sue tesi sul portone della chiesa di Ognissanti del castello di Wittenberg, cinque secoli dopo esistono i social. Assai più rapidi e diffusi.

Questo qualcuno risponde al nome del politologo pseudo-marxista argentino Atilio Borón e ci risulta che abiti in una altissima torre d’avorio come tutti gli inarrivabili geni che hanno capito ogni cosa e hanno in tasca una soluzione per ogni problema. È l’inventore della definizione «sinistra confusa». Coniata, grosso modo, nel 2010 e da allora regolarmente utilizzata come un mantra da vari suoi seguitori: «azzeccata intuizione di Atilio Borón» («Dittature, che passione!», 21 dicembre 2021). In lingua originale izquierda confundida. Ovvero, tutti coloro che non accettano a scatola chiusa la teoria complottista del golpe blando in qualsiasi Paese, Nicaragua incluso: «Socialisti, comunisti, anarchici, anticapitalisti di tutti i Paesi, per favore: svegliatevi, informatevi e studiate la nostra storia prima di ripetere il discorso della destra e dell’imperialismo» («Un exorto a la “izquierda confundida”», 13 novembre 2021).

Se alcuni decenni fa circolava la definizione «compagni che sbagliano», con il termine «confusa» intende (o sottintende) «de-ideologizzata». Accidenti al crollo del Muro di Berlino e alla fine della Storia! Da allora, questa izquierda confundida ha accettato il capitalismo, senza più lottare per il socialismo. Traditori e venduti per un piatto di lenticchie socialdemocratiche! Anatema e accidenti a tutti quei pigmei che non vedono gli splendidi risultati del socialismo reale in Nicaragua!

La sua ultima sfuriata: come si permette questo ragazzotto cileno di invitare Sergio Ramírez e Gioconda Belli, due terroristi profumatamente pagati da Washington, al proprio insediamento presidenziale? al loro posto dovevano esserci Daniel e Rosario, costruttori del socialismo del secolo XXI. Gabriel Boric è un venduto e un traditore che non conosce la storia dell’America Latina.

Borón dixit, sentendosi come sempre il solo e unico possessore della sacrosanta verità e della corretta ideologia.

Cosa dirà, quando Boric riuscirà soltanto a fare politiche socialdemocratiche di miglioramento del welfare o poco più? Ve l’avevo detto, io, che era un soggetto confuso. E non si muove foglia che Washington non voglia.

Quanto ci sia di marxismo effettivo nella forma mentis di un altro eccelso genio della analisi politica internazionale, ossia l’Innominabile, non lo sappiamo. Ma siamo certi che basi la propria visione del mondo e le proprie analisi (???) sulla concezione che «il nemico del mio nemico, è mio amico», che innumerevoli danni ha creato nella storia. Per cui, il 22 febbraio ha sostenuto a spada tratta Volodia Putin, senza se e senza ma, il quale «ha firmato il protocollo diplomatico che riconosce le repubbliche indipendenti di Lugansk e Donetsk». Aggiungendo con convinzione che «La controffensiva politica russa smentisce la sequela pesante di imbarazzanti previsioni con tanto di date di immaginarie invasioni russe» («Ucraina, Putin rovescia il tavolo»). Un vero genio politico pure lui: due giorni dopo queste parole scritte con la sicurezza di saperla lunga, il successivo 24 febbraio, Putin ha invaso militarmente l’Ucraina. Noi siamo assai confusi e dubbiosi, e per quanto riteniamo che l’autocrate di Mosca abbia alcune ragioni dalla sua parte (pur non sostenendolo né approvandolo), non ci pare che l’Innominabile sia uno che ci azzecchi nelle analisi e nelle previsioni. Speriamo che prima o poi questo terrapiattista incallito si renda conto di aver pestato la classica m…

Un certo Karl Marx, che di ideologia se ne intendeva un cicinin, la definiva in due modi: vuota espressione dottrinaria e princìpi astratti che mascherano la concreta realtà. Suggeriamo a Borón, all’Innominabile e a tutti i loro adepti la lettura, o rilettura, della lettera che Friedrich Engels scrisse a Franz Mehring: «L’ideologia è un processo che il cosiddetto pensatore compie senza dubbio con coscienza, ma con una coscienza falsa. Le vere forze motrici che lo spingono gli restano sconosciute, altrimenti non si tratterebbe più di un processo ideologico. Così egli si immagina delle forze motrici apparenti o false. Trattandosi di un processo intellettuale, egli ne deduce il contenuto, come la forma, dal puro pensiero, sia dal suo proprio pensiero che da quello dei suoi predecessori. Egli lavora con la sola documentazione intellettuale che egli prende, senza guardarla da vicino, come emanante dal pensiero, e senza studiarla in un processo più lontano, indipendente dal pensiero; e tutto ciò è per lui identico all’evidenza stessa, perché ogni azione, in quanto trasmessa dal pensiero, gli appare così in ultima istanza fondata sul pensiero» (14 luglio 1893).

Il materialismo settario e dogmatico di questo politologo pseudo-marxista deriva direttamente dai «testi sacri» della ex Unione Sovietica. Ossia, per la precisione, dalla vulgata ortodossa instaurata fin dalla epoca di Stalin, rimasta immutata nei decenni e diffusa in ogni angolo dell’orbe terracqueo. E che questa ideologia, unica e vera perché così stabilirono i realizzatori del socialismo reale, si sia trasformata esattamente in ciò che pensava Engels: una falsa coscienza.

Per Borón, pensare e ragionare non consiste nel soppesare e nel valutare la realtà e le conseguenti possibilità di cambiamento (forme, modi e tempi), tanto meno nel dubitare: per lui, il ragionamento si basa sulla convinzione manichea della validità eterna di un pensiero che cade dal cielo.

Nessuna intenzione da parte nostra di scrivere un trattato sulla attuale confusione ideologica della sinistra. Né la velleità di considerarci i tenutari della verità marxisticamente rivelata. Lo ammettiamo senza tergiversare: siamo confusi e pieni di dubbi. Ma non abbiamo mai amato chi usa regolarmente facili slogan e con estrema cura evita di far ragionare i propri lettori. Dando per scontato il teorema iniziale e tutti i corollari annessi. Senza alcuna dimostrazione empirica. Così è e così deve essere saecula saeculorum, perché «io sono io e voi non siete un c…» (come diceva il marchese del Grillo).

Siamo confusi e dubbiosi perché riteniamo che «ogni comunista deve aborrire dalle pose rivoluzionarie e dalle frasi superficialmente scarlatte, cioè deve essere non solo un rivoluzionario, ma anche un politico realista» (Antonio Gramsci, 3 luglio 1925). Siamo confusi e dubbiosi anche perché ricordiamo la radiazione dal vecchio PCI degli eretici de il manifesto (mensile), i quali avevano scritto nell’editoriale del primo numero: «La via che le cose stesse suggeriscono è piuttosto quella di una dialettica aperta all’interno di tutto il movimento, di un massimo di circolazione delle idee, per modeste che siano, di un più vero lavoro collettivo, senz’altra limitazione che quella imposta dalla responsabilità e dalla coscienza di ciascuno».

Perciò, nei giorni scorsi abbiamo riletto e riflettuto su alcune pagine di Carlos Fonseca, nelle quali ragionava esattamente come il nostro grande sardo. E, di conseguenza, sono aumentati la nostra confusione e i nostri dubbi. Il 3 novembre 1975, in qualche luogo del Nicaragua, scrisse un lungo testo rivolto ai combattenti e ai militanti, intitolato Síntesis de algunos problemas actuales. Riteniamo utile tradurne alcuni brani, per comprendere cosa fosse il Frente Sandinista e cosa sia diventato.

 

 

Introduzione

In queste righe ci proponiamo di esprimere in modo sintetico il nostro giudizio in relazione ad alcuni dei problemi che la nostra organizzazione, il Frente Sandinista, ha attualmente dinanzi a sé. […]

Radicale e radicalismo

Tutti i militanti della organizzazione, pienamente identificati con le tradizioni del Frente Sandinista, sono preoccupati per la necessità della più completa materializzazione dei fattori capaci di garantire che la nostra organizzazione sia in grado di guidare il processo rivoluzionario verso la più profonda trasformazione della società nicaraguense. Non c’è bisogno di spiegare quanto sia giusta questa inquietudine della militanza. Tuttavia, è necessario chiarire e superare tutta una serie di confusioni che sono legate a questa preoccupazione. In primo luogo, è necessario sottolineare che è unanime il desiderio che la nostra organizzazione sia radicale, con disciplina rigorosa, audacia nell’azione, essenzialmente per la difesa dei più sfruttati. Tuttavia, dobbiamo riflettere sulla differenza essenziale tra il radicale e il radicalismo, essendo quest’ultimo solo una mera caricatura del primo. Lo stile rettilineo e radicale, pur aspirando ai massimi obiettivi, sa coniugarlo con l’adempimento di tutta una serie di compiti immediati. D’altro canto il radicalismo, sterile come metodo, tende solo al massimo, rinunciando alla attività intermedia, spesso inevitabile per raggiungere il massimo; sicché se si rinuncia di regola all’intermedio, ciò che accade è che non si raggiunge neppure il massimo. È opportuno fare riferimento alla infinità di esempi che mostrano come il radicalismo conduce al conservatorismo: la spiegazione non è complicata, però il cumulo di illusioni infondate sono necessariamente ribaltate dalla realtà, dalla pratica; cosicché un apparente super-ottimismo si concretizza in un concreto pessimismo.

La «frase rivoluzionaria»

Declamare il nome del socialismo e il titolo delle teorie rivoluzionarie più note non garantisce la profondità delle trasformazioni che proponiamo. In una parola, la fraseologia rivoluzionaria non garantisce la profondità del cambiamento, anzi, al contrario, può renderlo difficile e persino impedirlo, implicando un percorso completamente sbagliato. Possiamo trovare parole nel nostro tradizionale vocabolario storico e nella ricchezza del linguaggio stesso, per dare la immagine della radicalità del nostro processo rivoluzionario, senza bisogno di fare appello ai cliché più noti. […] Dobbiamo perfezionare il nostro stile per acuire, secondo le condizioni concrete del paese, la lotta degli sfruttati contro gli sfruttatori, degli operai contro la borghesia. […] Non spetta a noi scoprire le leggi universali che portano alla trasformazione della società capitalista in una società di uomini liberi; il nostro modesto ruolo è applicare quelle leggi già scoperte alla situazione nel nostro Paese. Questo significa che i riferimenti fatti in passato alla teoria marxista e la menzione del termine socialismo sono stati errati? NO, non è stato sbagliato, poiché lungo una intera fase è stato necessario educare gruppi di militanti allo spirito delle idee proletarie, che garantisce tale tradizione nel tempo che ci attende. Anche se va pure notato che, nella misura in cui la maturità dei quadri lo ha consentito, il Fronte Sandinista si è sempre preoccupato di cercare il proprio stile per guidare le masse nella lotta per il cambiamento rivoluzionario. Possiamo aggiungere a quanto espresso in questo punto, che l’importante non è recitare le frasi dei grandi rivoluzionari universali, ma applicare creativamente i loro insegnamenti alla realtà. In ogni caso, questi rivoluzionari non hanno lasciato in eredità semplici frasi, ma una intera azione creativa. […] Non vogliamo concludere questo punto senza fare riferimento alla opportunità di cercare espressioni patriottiche e contro lo sfruttamento nei rappresentanti della cultura nazionale del passato, e diffondere ampiamente tali citazioni. Quei riferimenti danno prestigio al linguaggio più radicale.

Penetrazione antipopolare

[…] Nel sottolineare che dobbiamo evitare la semplice «frase rivoluzionaria», dobbiamo accompagnarla con una profonda identificazione con i princìpi rivoluzionari. È naturale che questa assimilazione sia maggiore nelle persone che fin dalla più tenera età sono legate alla lotta, che permette alla loro personalità di formarsi secondo lo stampo dei princìpi rivoluzionari. Ciò indica la importanza della giovane età di coloro che aderiscono alla organizzazione nelle condizioni del nostro Paese. Tutto ciò che stiamo dicendo ci permette di considerare la questione non solo di preoccuparsi della semplice penetrazione nei ranghi di volgari informatori, ma anche di vigilare contro il pericolo di infiltrazioni ideologiche o politiche. Ciò dimostra anche la importanza di non trascurare mai la educazione politica dei membri, dei simpatizzanti, dei collaboratori e degli affiliati. Non importa che tale educazione sia spesso troppo elementare. La cosa più grave è che ci sono situazioni in cui non c’è nessun tipo di educazione politica. […]

Lo pseudo-radicalismo

D’altra parte, a sinistra del processo rivoluzionario, il «radicalismo» ci minaccia come un pericolo, di cui abbiamo già parlato un po’. Come in tutta una serie di atteggiamenti errati, non dobbiamo chiudere gli occhi sulla parte positiva, per piccola che sia, nascosta sotto tali atteggiamenti errati. Nel caso del radicalismo, va riconosciuto che in una certa misura riflette lo zelo di prendersi cura del ritmo rivoluzionario del processo. Però, succede che tale ritmo si sostiene su scelte facili, che escludono il lavoro paziente, i legami con le masse popolari, la selezione delle persone migliori immerse e disperse nella folla. Chi sbaglia va aiutato a migliorare; in questo senso, è necessario riconoscere la dose di preoccupazione per la deviazione radicale a favore del contenuto rivoluzionario del processo, ma allo stesso tempo guidarlo verso le scelte che più efficacemente contribuiranno a garantire l’autentico contenuto rivoluzionario del processo: combinazione della teoria rivoluzionaria con la pratica concreta in cui agiamo; stretto legame con le masse popolari; assimilazione dell’esperienza che emerge dalla pratica della nostra forza di combattimento; critica costruttiva che permette il superamento di debolezze ed errori; maggiore impegno nella conoscenza delle problematiche nazionali, locali e parziali; omogeneità ideologica nelle nostre file. Tutto ci consentirà di capire che la garanzia del contenuto del processo non dipende da un fatto o una frase isolata, vale a dire che questo importante problema della attività rivoluzionaria non può essere risolto in un colpo solo.

La nostra unità interna

Sarebbe fruttuoso soffermarsi a riflettere sulla utilità che la unità in sé ha portato al progresso del Fronte sandinista, che fondamentalmente ha predominato nella già lunga attività che è stata dispiegata dal momento della sua fondazione. Questa affermazione non vuole nascondere la necessaria discussione interna che ha accompagnato la nostra attività, ma a differenza di altre esperienze, non è degenerata in sterili divisioni. Questa unità ha consentito una concentrazione di energie, che ha forse facilitato in maniera decisiva l’andamento del movimento, fino a divenire sempre più la principale forza politica del Paese. È necessario garantire la continuazione e lo sviluppo di questa tradizione unitaria, che è motivo di orgoglio per i combattenti sandinisti.

Persuasione e non polemica

Naturalmente l’unità non si oppone alla esistenza di un autentico spirito critico costruttivo nelle nostre file, anzi, dà maggiore consistenza alla unità e contribuisce al suo rafforzamento e continuità. […] Nella discussione interna, ciascuno tenga presente che ciò che conviene agli interessi del movimento, della classe e della nazione, è convincere e non sconfiggere l’altra parte. Sono parole che altri hanno detto in occasione di altre situazioni, ma che riteniamo pertinenti a ciò che stiamo indicando. La persuasione richiede di tener conto della dose di ragione, per quanto piccola, per quanto minuscola, nell’opinione che ciascuno esprime. […]

Teoria e dogmatismo

Una cosa che tutti capiscono è il sicuro progresso che in termini ideologici si registra all’interno del Fronte sandinista. Va da sé quanto sia necessario per il successo degli obiettivi che la nostra organizzazione si propone, che questo progresso ideologico non si fermi. Allo stesso tempo dobbiamo fare in modo che il progresso teorico sia legato alla nostra specifica pratica locale, altrimenti cadiamo in uno sterile dogmatismo. […] Bisogna stare attenti alla verbosità pseudo-marxista, la quale di solito dà l’apparenza del marxismo, però in fondo è […] una falsificazione del marxismo. […]

Modestia rivoluzionaria

La modestia rivoluzionaria ha avuto esempi rilevanti tra i combattenti che sono passati per le nostre fila. È una qualità che è più importante di quanto possa sembrare a prima vista. La modestia facilita, forse in molti casi in modo decisivo, la vita collettiva, l’attività di un gruppo di persone. Proprio la coscienza collettivista, la coscienza di essere la energia di un gruppo di uomini che costituisce l’avanguardia, è essenziale nello spirito militante. Quello spirito collettivista, sostenuto dalla modestia, deve diventare una passione nel militante rivoluzionario. La modestia incoraggia la esibizione dei propri meriti e non impedisce il riconoscimento dei meriti degli altri, il che contribuisce notevolmente alla comprensione fraterna tra i militanti.

Sincerità

In un documento redatto di recente dalla organizzazione, la sincerità è indicata come una delle qualità che devono essere sviluppate nel militante sandinista. Bisogna essere convinti che il riferimento a questa qualità non è strettamente moralistico, a prescindere dal fatto che il rivoluzionario deve basarsi su una nuova e superiore morale. La sincerità gioca un ruolo importante nella attenzione tempestiva ai problemi che il movimento deve sempre affrontare. È necessario rafforzare tra i militanti la pratica di riferirsi ai problemi che li riguardano, senza attendere tutte le condizioni che rendano più facile esprimere le opinioni in questione. Va ricordato che la sincerità non si oppone al rispetto fraterno che deve governare i rapporti tra i combattenti sandinisti. È costruttivo che ogni quadro e ogni militante ricordino il ruolo di questi fattori nel lavoro che hanno dovuto svolgere. Non dubitiamo che ciò aiuterà a valutare queste qualità nella loro giusta dimensione. Non possiamo sognare che sarà possibile eliminare totalmente i casi di atteggiamenti bruschi, contrari alla fraternità, contrari al rispetto e alla sincerità. In tali casi, siamo obbligati a mantenere la calma, e a cercare in ciò che accade bruscamente, la cosa giusta che c’è, anche se piccola, e separarla da ciò che è sottobosco o spazzatura. È educativo ricordare con attenzione l’appellativo che hanno i combattenti sandinisti: hermano. Tutto ciò non si oppone all’uso di energie e rigore, così necessari nella dura vita clandestina e di guerriglia. Si tratta di essere energici e rigorosi senza dimenticare il rispetto, la sincerità, la fraternità. […]

Carlos Fonseca, Obras. Bajo la bandera del sandinismo, Editorial Nueva Nicaragua, 1985 [pp. 170-195]

Redazione
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