Il Nicaragua: sanzioni ad personam e…

… e Tribunale dei popoli.

di Bái Qiú’ēn

Lo scorso 3 giugno, collegandosi virtualmente con il Tribunale Permanente dei Diritti dei Popoli (TPP), otto alti funzionari del governo orteguista hanno lungamente parlato delle sanzioni nei loro confronti, applicate a partire dal 2018 per la violazione dei diritti umani (loro stessi hanno ripetutamente utilizzato il termine «sanzioni»). Alcuni di loro hanno ripercorso il proprio historial di lotta antisomozista, ma il “com’ero bravo” non cancella il loro ruolo nell’innegabile deriva autoritaria del Governo.

Pri­mo elemento è che esistono davvero governati e governanti, dirigenti e diretti. Tutta la scienza dell’arte politica si basa su questo fatto primordiale, irriducibile (in certe condizioni generali). (Antonio Gramsci)

In base al diritto internazionale soltanto il Consiglio di Sicurezza dell’ONU potrebbe decretare sanzioni nei confronti di uno Stato membro: «Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l’impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i Membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche» (art. 41 della Carta delle Nazioni Unite). Nel caso in cui ad applicarle sia uno Stato o più Stati congiuntamente, il termine politicamente e giuridicamente corretto è «misure unilaterali», le quali a tutti gli effetti costituiscono una violazione della cosiddetta uguaglianza sovrana.

Fatta questa debita premessa, veniamo all’attualità.

Lo scorso 3 giugno, collegandosi virtualmente con il Tribunale Permanente dei Diritti dei Popoli (TPP), otto alti funzionari del governo orteguista hanno lungamente parlato delle sanzioni nei loro confronti, applicate a partire dal 2018 essenzialmente per la violazione dei diritti umani (loro stessi hanno ripetutamente utilizzato il termine «sanzioni»). Alcuni di loro hanno ripercorso il proprio historial di lotta antisomozista e la loro attività politica e amministrativa negli anni Ottanta e nell’attualità, cercando di mettere in luce i progressi compiuti dal 2007 a oggi e i progetti in corso d’opera (parte dei quali teoricamente bloccati dalle sanzioni). Hanno pure ricordato la lunga serie di aggressioni che i Governi degli Stati Uniti hanno realizzato contro il Nicaragua nel corso dei secoli, a partire dalla metà dell’Ottocento con il filibustiere William Walker fino ai crimini inumani commessi dalla contra addestrata, armata e finanziata da Reagan negli anni Ottanta.

Nessuno può negare il giovanile impegno rivoluzionario di questi personaggi e non saremo certo noi a farlo. Il “com’ero bravo”, però, non cancella la realtà attuale, né il loro ruolo nell’innegabile deriva autoritaria del Governo a partire dal 2018. Il loro obiettivo era infatti più che palese: dimostrare che le misure economiche unilaterali decise dal Governo di Trump e mantenute da quello di Biden nei confronti di alti funzionari a partire dalla co-presidenta Rosario Murillo e i suoi numerosi figli (ad personam) colpiscono l’intera popolazione, in quanto «ciò che vogliono davvero è rompere la struttura istituzionale del Paese per ridurre la capacità di generare beni e servizi pubblici che soddisfino i bisogni umani della popolazione nicaraguense».

In cosa consistono queste misure unilaterali ad personam decise dagli Stati Uniti (500 persone) a partire dal 2018, ad alcuni applicate pure dall’Unione Europea (21 persone), dalla Gran Bretagna (8 persone), dal Canada (11 persone) e dalla Svizzera (6 persone)? In poche parole, si tratta di provvedimenti amministrativi che hanno valore esclusivamente nei territori dei Paesi che le applicano:

1. È proibita nel Paese l’entrata dei sanzionati e dei loro familiari;

2. Sono bloccate tutte le proprietà e i conti bancari a loro intestati;

3. I sanzionati non possono intrattenere rapporti d’affari con cittadini dei suddetti Paesi.

Nei Paesi che non applicano dette sanzioni ad personam, i sanzionati possono continuare ad entrare, ad avere proprietà, conti bancari e fare tranquillamente affari. Stante questa realtà di fatto parrebbe che “soltanto” in 31 Paesi (su 193) costoro abbiano interessi da difendere e che solo questi 31 Paesi (su 193) sono sufficienti per impedire qualunque progresso del Nicaragua e portare alla fame l’intera popolazione.

Le parole del ministro delle Finanze in carica, Iván Adolfo Acosta Montalván, non lasciano spazio a fraintendimenti: «Concludiamo affermando che il miglior atteggiamento dei popoli è quello di condannare, come in effetti chiediamo davanti a questa corte, di condannare fermamente e senza appello l’imperialismo e i suoi servi, per i danni causati dalle loro politiche, sanzioni e misure coercitive, economiche che hanno attuato, esigendo un giusto risarcimento dei danni causati».

È vero che il Governo USA ha sanzionato pure la Polizia e l’Esercito, istituzioni che in nessun Paese al mondo hanno a che fare con i «bisogni umani», quanto piuttosto con la difesa dello statu quo.

Leggendo e rileggendo le testimonianze, però, risulta senza ombra di dubbio che nessuno di loro è riuscito a fornire un solo dato verificabile e quantificabile sui danni che dette sanzioni causano alla popolazione nel suo complesso, bloccando gli sforzi del Governo per combattere la povertà e procedere sulla via dello sviluppo.

È innegabile che queste misure amministrative causino danni a loro, personalmente. Ragion per cui, ne deduciamo che questi personaggi si considerano “il popolo” e ipotizziamo pure che abbiano proprietà, conti bancari e affari all’estero (nei Paesi che applicano le sanzioni) dei quali vorrebbero tornare in possesso. Che siano in qualche modo i rappresentanti del popolo, d’accordo, ma che incarnino oltre sei milioni di persone dai neonati agli ottuagenari, ci pare per lo meno una visione follemente egocentrica della realtà. Sono null’altro che Marchesi del Grillo, per fare un paragone comprensibile a tutti: loro sono loro e gli altri non sono un c…

Acosta ha pure aggiunto: «In questo contesto, veniamo a questa corte per accusare l’imperialismo in tutte le sue manifestazioni ed espressioni, in questo senso, sosteniamo la decisione generale della corte, che le sanzioni, i blocchi e le misure coercitive economiche illegittime, illegali e non etiche costituite dall’imperialismo, progettato per mantenere l’ordine capitalista neoliberista e neocoloniale e il massiccio potenziamento dei monopoli e dell’industria militare occidentale».

Anche su questa visione nutriamo qualche dubbio, ritenendola essenzialmente manichea: che delle misure unilaterali ad personam siano progettate e attuate «per mantenere l’ordine capitalista neoliberista e neocoloniale» è perlomeno discutibile. Che, poi, servano per «il massiccio potenziamento dei monopoli e dell’industria militare occidentale» è semplicemente ridicolo. Forse, però, non stavano parlando di loro, bensì della Federazione Russa di Putin. Non ci pare, però, che il neo-zar di tutte le Russie abbia la necessità di avvocati difensori nicaraguensi.

A tutti gli effetti, le parole di Acosta ricalcano quasi come una copia carbone quelle che Rosario Murillo aveva pronunciato il 26 settembre 2022 nella sua quotidiana omelia telefonico-televisiva: «Siamo chiamati a continuare a respingere i blocchi criminali… le aggressioni illegali, arbitrarie, illecite, chiamate sanzioni, che evidenziano la perversione di un Sistema e Modello Imperialista e Capitalista, che intende continuare a prosciugare il Mondo, in piena vista e con pazienza docile e servile degli Organismi che dovrebbero difenderla».

Se il suo ragionamento si può leggere come corretto in termini generali (pensando per esempio al pluridecennale blocco economico-commerciale USA nei confronti di Cuba o a quello stabilito contro l’Iran dopo la prima guerra del Golfo, con catastrofiche conseguenze sulla popolazione più che sui governanti), non lo è di certo nel caso specifico del Nicaragua, non soggetta ad alcun embargo generalizzato e a nessuna aggressione militare come accadde negli anni Ottanta del secolo scorso per volontà di Reagan («I’m a contra too»).

Come notazione storica occorre ricordare che il Tribunale Permanente dei Diritti dei Popoli fu istituito nel giugno del 1979 a Bologna per iniziativa del senatore socialista ed ex partigiano Lelio Basso. Con la sede ufficiale a Roma, la Corte è composta da esperti di diritto, giornalisti, scrittori e intellettuali (dal 1976 al 2012 ne faceva parte anche il teologo degli esclusi Giulio Girardi), il cui ruolo è quello di esprimere valutazioni morali in relazione alla violazione dei diritti umani. Non può esercitare coercizione fisica o decretare sanzioni effettive. A tutti gli effetti è un organismo indipendente che esprime semplicemente un’opinione e non ha alcuna facoltà di comminare condanne sanzionatorie di alcun tipo. Sebbene le sue “sentenze” abbiano un elevato valore simbolico, non è equiparabile alla Corte dell’Aia che il 27 giugno 1986 condannò il governo degli Stati Uniti al risarcimento dei danni causati dall’aggressione al Nicaragua con attività militari e paramilitari.

A tutti gli effetti, la sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli sul Nicaragua del 5-8 ottobre 1984 si basava su numerose testimonianze, pareri di esperti e fatti accertati. Non su dichiarazioni di alcuni funzionari governativi che hanno un evidente interesse personale a sovrapporre la loro condizione di sanzionati a quella dell’intero Paese.

Che le sanzioni ad personam colpiscano i diritti di singole persone è indubbio, ma costoro non sono e non possono essere considerate “il popolo”. Gli otto “testimoni”, oltre a difendere piccole o medie posizioni di privilegio, hanno infatti scordato che l’ultimo comma dell’art. 1 dello statuto del Tribunale recita: «Il Tribunale non è competente a pronunciarsi su casi particolari di violazione dei diritti e delle libertà del singolo individuo, salvo quando esista una relazione con una violazione del diritto dei popoli».

Neppure uno dei sanzionati ha accennato al fatto che il principale partner economico-commerciale del Nicaragua è proprio il potente vicino del Nord, con il quale esiste un trattato di libero commercio (DR-CAFTA) che potrebbe essere unilateralmente sospeso o annullato, ma che è tuttora vigente e operante. Negli accordi sottoscritti al momento della sua costituzione, infatti, non esiste alcun meccanismo che preveda la sospensione o l’espulsione di un Paese dal trattato. Non solo nel 2022 si è registrata una rilevante crescita degli scambi commerciali, raggiungendo il record di 8.304 milioni di dollari (con il 21,97% in più rispetto al 2021), pure a livello di investimenti stranieri gli Stati Uniti sono il primo Paese (di recente abbiamo accennato alla realizzazione di una nuova maquila di proprietà USA in corso di realizzazione che sarà funzionante dal prossimo anno). Del resto, la questione degli investimenti è strettamente connessa al DR-CAFTA, un trattato internazionale in materia di commercio e di protezione degli investimenti (cap. 10).

Considerando le limitazioni che sono previste dalle sanzioni ad personam, abbiamo seri dubbi che possano essere universalizzate e ritenute «una violazione del diritto dei popoli». I diritti dei popoli si riferiscono infatti non a un singolo o a un gruppo limitato di soggetti (come nel caso in questione), bensì a una comunità nel suo insieme. Per la cronaca, lo stesso ministro Acosta, all’inizio di febbraio, ha affermato che per il 2023 le prospettive economiche del paese sono eccellenti. A casa nostra ciò significa che le misure unilaterali incidono poco o nulla sull’andamento economico del Nicaragua.

Per quanto ormai non riusciamo più a meravigliarci di nulla, ci ha colpiti il fatto che tra i “testimoni” non vi sia stato almeno un contadino, un lavoratore informale o una lavoratrice delle maquilas, una casalinga, ecc. Possibile che su oltre sei milioni di persone non ne esista almeno una che possa essere effettivamente considerata “il popolo” e possa pertanto richiedere quel «giusto risarcimento» invocato da Acosta, affermando e provando che le sanzioni ad personam nei confronti dei funzionari governativi l’hanno direttamente danneggiata?

Rendendosi conto di questa evidente mancanza, si è tentato di sopperire con la testimonianza di un nicaraguense nato nel 1975 che dichiara «non lavoro, né ho mai lavorato per il governo del Nicaragua» e aggiunge: «non sono mai stato un militante ufficiale del partito sandinista, sono sandinista e continuerò ad essere sandinista fino all’ultimo giorno della mia vita». Le sue origini familiari sono sandiniste: «I miei genitori facevano parte del movimento sandinista per rovesciare la dittatura e in seguito hanno lavorato per il governo dopo che la dittatura è stata rovesciata». È uno dei figli di Carlos Mejía Godoy, l’autore della colonna sonora della Rivoluzione Popolare Sandinista e oggi oppositore dell’orteguismo. Vive negli Stati Uniti dagli anni Novanta (oggi è residente a Miami) e si arruolò nell’esercito gringo, partecipando per sei mesi alla guerra in Iraq. Come obiettore di coscienza e disertore, nel 2004 fu condannato dalla corte marziale a un anno di reclusione (scontata a Lawton in Oklahoma). Amnesty International, che oggi la propaganda orteguista considera al soldo del governo statunitense, ne chiese la scarcerazione.

Nella sua testimonianza virtuale al Tribunale Permanente dei Diritti dei Popoli, Camilo Mejía Castillo, non essendo tra i sanzionati, ha lungamente parlato delle cosiddette operazioni «sotto falsa bandiera» realizzate dagli Stati Uniti e sul loro finanziamento all’opposizione in Nicaragua tramite la NED e USAID. Nessuna parola sull’esilio al quale è costretto il padre, accusato di essere un traditore della Patria (e pure lo zio Luis Enrique), né sulle operazioni «sotto falsa bandiera» realizzate nel 2018 dalle istituzioni nicaraguensi (polizia ed esercito in primis).

Forse non era facile trovare un cittadino comune con proprietà, affari o conti correnti all’estero: data la quasi nulla propensione al risparmio unita all’impossibilità di risparmiare per chi vive alla giornata, sono pochissimi coloro che hanno un conto presso una banca in Nicaragua. Sempre Acosta ha invece insistito suo fatto che «Il popolo nicaraguense è stato e continua ad essere colpito da misure restrittive e coercitive volte a incidere sullo sviluppo politico, economico e sociale del Paese» e «Le misure coercitive e le sanzioni in realtà colpiscono direttamente la popolazione, soprattutto i più poveri». Lui e gli altri lamentosi funzionari rappresentano a tutti gli effetti lo 0,0001% della popolazione: decisamente scarsi per essere considerati “il popolo”, se non per l’arroganza che sempre accompagna chi detiene il potere e riceve mensilmente una cifra almeno dieci volte superiore al salario minimo garantito. Difficile catalogarli tra «i più poveri».

Nel frattempo, mentre migliaia di persone sono fuggite e fuggono dal Paradiso terrestre in cerca di migliori condizioni di vita, la propaganda governativa e filogovernativa (interna ed estera) insiste sui progressi costanti e meravigliosi in svariati settori sociali: salute, educazione, viabilità, elettrificazione, ecc. Il che è perlomeno contraddittorio: come non si può credere che una persona nullatenente stia morendo di fame mentre acquista in contanti una Ferrari, non si può accettare l’idea che le sanzioni ad personam blocchino lo sviluppo del Paese mentre si afferma l’esatto contrario. Per la logica o è vera una cosa o è vera l’altra. Soltanto per la propaganda possono essere vere entrambe.

Il 2 marzo 2023 l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHCHR), che fa parte del segretariato dell’ONU, ha diffuso un comunicato nel quale invita la Comunità internazionale a “imporre sanzioni alle istituzioni o agli individui coinvolti” nei presunti crimini contro i diritti umani compiuti dalle istituzioni in Nicaragua dal 2018 a oggi. È una delle principali istituzioni delle Nazioni Unite e ha sede a Ginevra e già nell’agosto del 2022 il Segretario generale Antonio Guterres si è detto «molto preoccupato per la grave ostruzione dello spazio democratico e civico in Nicaragua e per le recenti azioni contro le organizzazioni della società civile».

Ciliegina sulla torta: il 19 aprile 2023, in occasione della visita del ministro degli esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov a Managua, nel corso di un rapidissimo incontro lo stesso Daniel ha affermato: «Abbiamo già centinaia di colleghi Ufficiali dello Stato sanzionati, ma questo non provoca alcuna paura o preoccupazione ai compañeros sanzionati. […] Piuttosto, si sentono orgogliosi, onorati». Non c’è che dire: la coerenza e la logica non appartengono al pensiero orteguista, che sempre più assomiglia stranamente allo storico «molti nemici, molto onore».

Chissà se nella valutazione della situazione attuale del Nicaragua il Tribunale Permanente dei Diritti dei Popoli terrà in considerazione che la sua ex vicepresidente (nel 2008), Vilma Núñez de Escorcia, il 15 febbraio scorso è stata privata della propria nazionalità dal governo di Daniel, in violazione dell’art. 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: «Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza» (10 dicembre 1948)?

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