Il Nordest del Brasile: scuola di polizia violenta?

Nello stato del Cearà la violenza ha raggiunto cifre esponenziali. Fortaleza è diventata luogo privilegiato per affari di droga all’ingrosso e per i delitti a essa correlati.

di Leonardo Boff (*)

Tutti conoscono gli atti di violenza avvenuti a Natal-RN nel 2018 per attaccare lo Stato e soprattutto nello Stato del Cearà nel 2019, dove almeno 50 dei 184 municipi sono stati vittime di grande violenza nelle città e nelle unità operative carcerarie. Fortaleza è la settima città più violenta del mondo con il maggior indice di omicidi di adolescenti.

La violenza in Brasile è strutturale, conseguenza della nefasta ingiustizia sociale (che con termine neutro è detta diseguaglianza), che perdura ormai da secoli come eredità permanente della colonizzazione, della schiavitù e del dominio delle classi oligarchiche sullo Stato e sulla Società. Ma nel Cearà ha raggiunto cifre esponenziali. Fortaleza è diventata luogo privilegiato per affari di droga all’ingrosso e per i delitti ad essa correlati. Molti voli internazionali partono di lì e facilitano la diffusione di droga all’estero. In ragione di una maggior facilità negli affari, si sono piazzate in Cearà varie fazioni della malavita organizzata del Sud come CV (Comando Vermelho), il PCC (Primeiro Comando Capital), o PCC (Primeiro Comando da Capital), che si fonde con CDE (Guardiaes do Estado).

Sotto il coordinamento dal Conselho Estadual da Defesa dos Direitos Humanos (CEDH); nel governo dello Stato, 17 entità come l’Università Federale del Cearà la Defensoria Pubblica dello Stato, la Pastorale carceraria, fra gli altri, hanno elaborato una minuziosa “Relazione di schematizzazione di denunce di violazione di diritti umani nel sistema penitenziario del Cearà”, (gennaio e febbraio del 2019).

La relazione documenta tutta la violenza praticata in molte città del Cearà: incendi di autobus, attacchi ad agenzie bancarie, a scuole, a edifici pubblici, impianti elettrici e perfino un viadotto fra molti altri attentati violenti.

Qual è la ragione di questa recrudescenza della violenza? Intanto, una costatazione: il collasso del sistema carcerario del Cearà a causa del sovraffollamento, mancanza assoluta di Igiene, violazione dei diritti umani e altre carenze gravi. Tale situazione ha provocato la rivolta dei reclusi con repressione degli agenti di Stato, e morti.

Per controllare la situazione è stato convocato un gestore, nella persona di Luis Mauro Albuquerque come Segretario di Amministrazione Penitenziaria. Si festeggiò per la “pacificazione del Rio Grande do Norte con la adozione di procedimenti, routines e pratiche che configurano un trattamento disumano e degradante addirittura perfino torture nell’ unità carcerarie.

È arrivato a sostenere pubblicamente che “gli agenti penitenziari devono lesionare volontariamente le dita dei reclusi, in modo che non siano più in grado di maneggiare una roncola, di spingere un agente o gettare una pietra”.

Lui ha imposto questa dottrina e le procedure che la completano. Tale decisione provocò la rivolta delle bande criminali. Esse fecero un patto proprio per questo per attaccare tutti insieme lo Stato dimenticando provvisoriamente le differenze.

A questo punto si capisce la violenza delle loro comparse fuori dalla prigione, con le azioni nelle città contro i beni pubblici in una vera guerra contro lo Stato.

La proposta dello Stato è venuta mediante l’applicazione della dottrina e dei procedimenti di Mauro Albuquerque. La relazione CDDHE riferisce per testimonianza degli vittime, per aver udito, come funzionavano “i procedimenti”: ritiro di tutte le prese elettriche, dei materassi, obbligando i detenuti durante tutti di giorni e perfino di notte a dormire sul pavimento, e obbligati pure a stare per lunghi periodi seduti a mani sopra il capo, perfino nudi, esposti davanti ad agenti carcerari-donne e lesione delle dita e altri torture.

Come forma per smantellare le combriccole lo Stato decise di dislocare i detenuti in varie prigioni, senza avvisare le famiglie, senza potersi prendere niente, nemmeno le medicine; trasportati per unità carceraria sovraffollate di Fortaleza. I parenti si disperavano senza saper dove stavano i loro familiari e senza poterli visitare.

Sarebbe lungo riassumere la relazione riferita, con le sue 15 raccomandazioni. Sia chiaro: lo Stato deve riprendersi il controllo delle unità carcerarie, ma non in modo criminale, violando i diritti delle persone umane. Qui si prova la tesi del sociologo Jessé Souza: “non basta emarginare e punire, si deve umiliare e ferire la dignità”. Quello che si è fatto e si sta facendo con i milioni di esclusi dal patto sociale con politiche pubbliche per loro relegati a una condizione sub-umana.

Dobbiamo stare attenti e rigettare la “dottrina e il procedimento” di Mauro Albuquerque. Questa strategia potrebbe essere generalizzata come politica ufficiale e diventare una routine in tutte le prigioni del paese. Allora avremmo la legittimazione ufficiale della violenza, che già esisteva contro la persona umana che, anche se prigioniera, mai perde la sua irrinunciabile degnità. Assumeremmo la barbarie come politica ufficiale. Vorrebbe dire un totale arretramento di civiltà. Non è lecito, al giorno d’oggi, arrivare a questo livello di decadenza.

(*) Fonte: https://leonardoboff.wordpress.com

Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato

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