Il pianeta speranza: affollato eppure inesplorato

Daniela Pia ricorda Ernst Bloch

Il filosofo tedesco Ernst Bloch nasce a Ludwigshafen l’8 luglio 1885 da una famiglia ebrea. Nel 1933, quando Hitler diviene cancelliere, abbandona la Germania. Si rifugia prima in Svizzera, passando poi in Austria, in Cecoslovacchia e in Francia, per giungere infine negli Stati Uniti d’America, dove rimane fino al 1949 anno in cui torna in Germania per insegnare all’università di Lipsia. Qui è tra i fondatori della Deutsche Zeitschrift für Philosophie (Rivista tedesca di Filosofia).

La sua opera principale – «Il principio speranza» – costituisce il suo contributo di filosofo marxista al fine di creare una società socialista. Così ne parla Remo Bodei: «Questo libro, per quanto riguarda la sua storia, è stato composto in un arco di circa vent’anni: Bloch lo inizia nel periodo dell’esilio americano, alla fine degli anni Trenta, scrive il primo volume nel 1954, il terzo e ultimo nel 1959.

Il punto di partenza di Bloch è il fatto che tutti abitiamo questo continente della speranza, che pur essendo affollato, è inesplorato come l’Antartide».

Bloch entra in conflitto con il regime della RDT – che vede in lui un fautore del revisionismo e quindi in opposizione all’ortodossia marxista – e viene isolato come «un tentatore della gioventù». Nel 1957 – dopo essere stato accusato di idealismo irrazionalistico, antimaterialistico e antidialettico – Bloch è posto a riposo forzato mentre alcuni suoi allievi finiscono agli arresti. Così, nel 1961 mentre si trova in Baviera, in coincidenza con la costruzione del muro di Berlino, Bloch decide di non tornare nella Germania orientale. Diventa poi docente all’università di Tubinga e in quella città muore nel 1977.

Nella sua prima opera, «Lo spirito dell’utopia» Bloch definisce il suo percorso teorico di fondo. La condizione ontologica umana è «l’oscurità dell’attimo vissuto»: lo stato che la contraddistingue è la consapevolezza di qualcosa che manca, un vuoto difficile da definire e colmare e che può essere riempito con l’immaginazione, capace di anticipare il futuro. In questa anticipazione si possono cogliere due aspetti fondamentali: la paura e la speranza. Ed è sulla speranza che Bloch sceglie di soffermare la sua riflessione filosofica: da essa infatti può scaturire la capacità di reagire a una condizione di oppressione perchè la speranza può farsi l’orizzonte verso cui tendere per costruire un domani luminoso.

Così lo spiega Remo Bodei: «paradossalmente l’utopia di Bloch, o la speranza di Bloch, non riguarda tanto il futuro quanto il presente, nel senso che per Bloch ogni istante può diventare significativo, noi dobbiamo imparare a vivere ogni momento come se fosse eterno: “Cogli l’eternità nell’istante” è un principio fondamentale di Bloch. Naturalmente per “eternità” non si intende un tempo lungo, gonfiato oltre ogni dimensione finita; per “eternità” si intende la pienezza dell’esistere, l’eternità riguarda quei momenti d’essere in cui a me sembra di scoprire il senso delle cose e questo senso delle cose io lo scopro andando al di là dell’oscurità dell’attimo vissuto. Il principio che Bloch ritiene più originale di tutta la sua filosofia è quello di aver scoperto che la nostra coscienza del presente, che a noi sembra così cristallina, così trasparente, è in realtà opaca, e che quindi il presente in effetti è oscuro, o, usando un proverbio cinese che usava Bloch: “Alla base del faro non c’è luce”. Questo significa allora che noi non dobbiamo proiettarci nel futuro in quanto tale ma illuminare, attraverso la conoscenza e attraverso la conoscenza della speranza, quello che è il centro del nostro essere, cioè dobbiamo buttare luce, dare senso a ogni momento della nostra esistenza».

Oggi più che mai queste riflessioni appaiono necessarie: manca la luce alla base del faro e abbiamo tutti il dovere «attraverso la conoscenza e la speranza» di proiettare un poco di luce.

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *