Il primo rapporto semestrale 2016 relativo al carcere della Dozza…

di Bologna commentato da Vito Totire (*) con una scheda sulla salute nelle carceri e considerazioni di attualità sull’esame del Dna

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«La superiora sorride con quella sua faccia color dell’avorio su cui la pelle pende anemica e vizza: la pelle di chi vive in convento, dei carcerati, degli ammalati, dei minatori» – Erich Maria Remarque  in «Obelisco nero»

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Premessa della premessa

Mentre stavamo concludendo la redazione del commento al primo rapporto semestrale abbiamo appreso la notizia dell’esame del dna a cui sono sottoposte le persone detenute in uscita. La norma risulta proposta dal ministro Alfano, lo stesso che aveva ipotizzato carceri galleggianti con vista mare per detenuti “buoni”. La prassi dell’esame del dna ha molti aspetti negativi: è un esame coatto, è uno spreco, è una reminiscenza lombrosiana, è un provvedimento che non servirà assolutamente a nulla nella lotta contro il terrorismo. L’unica cosa certa è che potrebbe essere un businness per qualche laboratorio di analisi. Per una popolazione col profilo sociosanitario che commenteremo più avanti sono più utili, all’uscita dal carcere (e su base volontaria) spirometria, transaminasi epatiche, ecg, esami delle feci…

Nelle condizioni igienico-sanitarie disastrose della Dozza di Bologna (e non solo) questa iniziativa dell’esame del dna è una prassi inaccettabile e chiediamo che venga ritirata in tutta Italia.

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Premessa

Da dodici anni commentiamo il rapporto semestrale sulla carceri di Bologna. Le risposte delle istituzioni alle nostre osservazioni e denunce sono state scarse, per usare un temine eufemistico.

Permane una condizione anticostituzionale di abuso dei mezzi di correzione, di illegalità e di rischio per la salute sia per le persone detenute che per le persone che lavorano nel carcere.

Gli episodi e i comportamenti aggressivi per esempio sono influenzati negativamente dal sovraffollamento e dal vissuto di ingiustizia subìta; ovviamente poi gli agenti penitenziari sono gravati da carichi di lavoro e costrittività che fanno diventare anche loro un gruppo a rischio.

Anche questa volta, cioè con il rapporto sul primo semestre 2016, con il suo modo di procedere, la Ausl rimuove una vecchia questione: quali e quante sono le carceri a Bologna?

Le istituzioni, fino al massimo livello, hanno bypassato la questione Cie. Ora il Cie è riconvertito ad altra funzione, dunque il tema a Bologna non sarà riaffrontato facilmente; intendiamo cioè la questione se le Ausl debbano includere i CIE italiani nei report semestrali…

Sosteniamo da tempo che il report deve, a nostro avviso, diventare qualcosa di diverso da quello che è oggi ed essere allargato a tutti i luoghi in cui le persone stanno contro la loro volontà. Dunque – “rimosso” momentaneamente il problema del CIE – occorre includere:

  1. Sicuramente la REMS, cioè residenza per la esecuzione della misura di sicurezza, di via Terracini in cui gli “ospiti” non sono volontari e in cui abbiamo potuto constatare una gestione, certo “migliore” di quella dei vecchi OOPPGG – ed era ovvio – ma ancora eccessivamente custodialistica;
  2. Tutte le strutture psichiatriche in cui si effettuano trattamenti sanitari obbligatori espliciti o “sospetti”. Alcuni psichiatri di Bologna parlano di “ricovero volontario col cuccio” che significa ricovero solo formalmente volontario in cui la volontarietà è estorta sotto minaccia (appunto di trasformazione in Tso, trattamento sanitario obbligatorio) e ricordiamo che a Bologna esistono strutture in cui si effettuano Tso e due “ospedali psichiatrici” privati accreditati, a quasi 40 anni dalla legge 180/1978.

Questa è la nostra proposta! Allargare il report a tutte le strutture in cui le persone sono trattenute coattivamente.

Richiesto alla Ausl il 5 luglio, questo primo report è arrivato il 2 settembre (era stato anticipato dall’invio del report sul carcere minorile) a chi scrive. La “visita” della Ausl alla Dozza risulta essere stata fatta il 22 giugno: troppo tardi ? La domanda obiettivamente deve essere associata a un’altra: quante Ausl italiane fanno regolarmente il rapporto semestrale?

E’ una domanda che lanciamo al ministero della Salute ma soprattutto ai gruppi territoriali che hanno interesse a seguire la questione carceraria.

In alcuni punti questo primo rapporto 2016 non è facilmente leggibile; forse anche perché pare essere, a tratti, un copia/incolla con qualche refuso clamoroso ma anche con qualche incongruenza assurda che pare tradire un lavoro fatto di malavoglia; si dirà meglio avanti.

Vediamo comunque cosa pare emergere :

  1. Il numero dei detenuti: nella prima pagina si parla di 721 persone; 660 maschi e 61 femmine; tuttavia nelle conclusioni si dice che «il numero è inferiore a 700». Inferiore o superiore a 700 che sia, la Ausl dichiara che permane una situazione di sovraffollamento; siamo distanti dai picchi degli anni passati, ma come vedremo siamo ancora molto lontani dalla ricettività ottimale: nel rapporto semestrale precedente a questo risultavano 683 maschi e 55 femmine, dunque la situazione non è cambiata molto;
  2. Da qualche tempo lo schema originario del questionario Ausl è cambiato e in prima pagina è stata inserita una tabella a cura del DAP, cioè del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che evidenzia elementi nuovi e ne occulta altri; questa pagina rimuove ad esempio l’informazione sulla capienza ottimale che era e rimane di 483 persone! A noi pare che proprio quella indicazione sulla capienza ottimale sia scomparsa nel momento in cui l’Italia era sotto osservazione della UE sul tema delle condizioni di vita nelle carceri. Sono invece oggi riportati dati prima non inclusi, per esempio il numero delle persone detenute per fatti di mafia (che sono 80). E’ un dato di rilevanza sanitaria? Addirittura sono suddivisi tra sottogruppi (mafia, ndrangheta e sacra corona unita). Non che noi critichiamo la pubblicazione di un dato forse non pertinente; speriamo però che il capo di imputazione non sia segnato a matita sulla cartella clinica come è successo di vedere in passato. Piuttosto questo dato pone un interrogativo: in che misura vien tenuto conto del criterio della territorializzazione della pena? Utopie degli anni settanta del secolo scorso? Buon proposito sopravanzato da esigenze di sicurezza? Più pertinente alla problematica sociosanitaria potrebbe essere il dato sui condannati all’ergastolo che sono 13. I sottoposti a misura di sicurezza sono 80; il numero dunque coincide con i “ristretti” per imputazioni di mafia. Pare importante la ripartizione: 76 italiani, 4 stranieri. Anche questo è un dato che compare da poco nel report grazie alla “intrusa” scheda del DAP. Un dato poco rilevante dal punto di vista della salute, importante invece sul piano sociologico e giudiziario. Se, come pare, il dato è coerente con l’andamento nazionale, parrebbe di poter dire che il profilo giuridico dei reati commessi o imputati è molto diverso fra italiani e stranieri; cioè gli stranieri delinquono più frequentemente ma commettono o sono accusati di commettere reati di più basso profilo giuridico;
  3. Gli stranieri sono in larga maggioranza tra i maschi (343 contro 237) e in alta percentuale fra le donne (37 italiane e 24 straniere). Nonostante la diffusa – tra i criminologi – convinzione secondo cui il crimine sia sempre meno associato alla povertà e sempre più frequentemente alle “occasioni” di delinquere, forse su questo dato si deve ancora riflettere a fondo. Il carcere pare essere, ancora oggi, più che strumento di contrasto del crimine organizzato (vuole essere anche questo, ovviamente nelle “intenzioni”) , luogo del «grande internamento» dei nuovi poveri. La cosa è ancora più macroscopica al minorile, come vedremo. Visto che il report ci fa sapere quanti sarebbero gli affiliati alla Sacra corona unita, dovrebbe dirci (dalla prossima volta) quale è la provenienza, paese per paese. Anche per esigenze di tipo pratico: la necessità per esempio di conoscere le competenze linguistiche della popolazione al fine di dialogare meglio con questa, anche nelle scelte della donazione di libri, ecc.
  4. Rimane una rilevantissima presenza dei tossicodipendenti, altro elemento da “grande internamento”. In teoria la tossicodipendenza può essere un fatto autonomo dal reato commesso o del quale si è accusati, ma la cosa è poco probabile. Dunque politiche corrette, non proibizioniste e punitive sulle tossicodipendenze avrebbero avuto l’effetto di svuotare la Dozza di 228 persone! Saremmo oggi, primo semestre 2016, a 493 detenuti, numero quasi ottimale rispetto alla ricettività dichiarata della struttura. Il numero effettivo dei tossicodipendenti è però un mistero: dichiarati 220 maschi e 8 femmine all’inizio nel tabulato del DAP diventano 194 più 9 nel tabulato redatto direttamente dalla Ausl. Le persone HIV positive sono 10 maschi e 3 femmine. Le persone HCV positive sono 44 maschi e 4 femmine; le persone HBV positive sono 13 maschi.
  5. Circa la incidenza di malattie infettive invece abbiamo: 1 caso di scabbia accertato; 2 casi di tbc sospetta.
  6. Le attività lavorative: è un dato fotocopia di quelli precedenti; quindi poco utile.
  7. Mensa detenuti: punto assai dolente. Non esiste un refettorio per i detenuti; questa è la carenza igienistica più macroscopica che induce peraltro alla “tolleranza” nei confronti della dotazione delle bombolette di gas. Una carenza macroscopica: proviamo a vedere cosa dice la circolare regionale dell’E-R numero17 del 13.4.1995 a questo proposito, firmata dall’allora assessore Giuliano Barbolini, a pagina 7: «Refettorio. Sia per ragioni igieniche che per le implicazioni psicologiche che può rappresentare si dovrebbe prevedere un refettorio per ogni sezione (o gruppo di detenuti) da utilizzare secondo turni che tengano conto delle esigenze di sicurezza». Vengono poi dettagliati i requisiti che i refettori devono avere: sottolineiamo che la citata circolare evidenzia “ragioni igieniche” ma anche “implicazioni psicologiche”. Questa circolare fu inviata agli istituti di pena, alle Usl, al ministero della Sanità e al ministero di Grazia e giustizia.
  8. Lavoratori (detenuti) nella mense: 18 maschi e 3 femmine. Non sappiamo invece quanti sono gli occupati nelle altre attività che in ogni rapporto semestrale vengono elencate pedissequamente senza mai citare il numero degli addetti: lavorazioni su profilati metallici, rilegatura libri e stampa tipografica.
  9. Esistono, dice il rapporto Ausl, «sale di culto». La Ausl usa il plurale; in verità c’è una cappella adibita al rito della religione cattolica. Non solo risulta che non esistano spazi per altre religioni ma quando la «garante regionale» pose il problema venne tacciata di «follia» da una nota “parte politica” senza essere difesa da rappresentanti di istituzioni e partiti. Dunque nell’ambito del percorso di demolizione-ristrutturazione-riorganizzazione occorrerà garantire spazi per tutte le confessioni religiose.

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Le lacune individuate dalla Ausl

Numerose sono le lacune tuttavia l’elemento ancora più critico è che la Ausl continua a comportarsi come un osservatore e non come un servizio di vigilanza.

Vediamo i punti:

  1. Sovraffollamento: abbiamo detto che nonostante i “giochi di prestigio” la capienza – autodichiarata – del carcere è per 483 persone. Ovvio che siamo lontani dai picchi registrati nel 2005-2006 (1045-1059 persone detenute) e furono 1075 nel secondo semestre 2011.
  2. La avvenuta manutenzione delle pareti e delle sbarre al primo piano pare l’unico punto positivo della visita.
  3. NON E’ STATA EFFETTUATA INVECE LA MANUTENZIONE DELLA CUCINA UOMINI. Si temporeggia in attesa di approntare ipotesi di produzione e fornitura pasti alternativi (dall’esterno?) nella fase in cui la struttura, per via dei lavori di manutenzione, non sarà agibile.
  4. Non sono stati effettuati in maniera sufficiente sfalcio e pulizie ed aree verdi.
  5. Docce in precarie condizioni al terzo piano della sezione giudiziaria. Nel rapporto precedente la Ausl ipotizzava azioni di danneggiamento volontarie. Oggi invece il linguaggio usato è più evasivo. Una domanda: perché non fare come nei luoghi di lavoro? Che i funzionari della Ausl vengano accompagnati nel corso della visita da un rappresentante della amministrazione penitenziaria ma anche da un rappresentante delle persone detenute? Magari può essere utile acquisire tutte le chiavi di lettura degli eventi osservati.
  6. La cappella al piano terra della sezione penale subisce infiltrazione di acqua dalle docce (dal terzo piano?). Insomma pare che se i cattolici hanno un luogo di culto non è detto lo conservino a lungo…
  7. Da riparare l’intonaco del locale “impresa di mantenimento”: problema poco rilevante.
  8. Tracce di guano di piccione. La Ausl consiglia e raccomanda la adozione misure (ricollocare i dissuasori meccanici contro i piccioni, fare interventi di pulizia e disinfestazione più frequenti) e usa termini quali «è auspicabile fare, ecc». Qui, come abbiamo sempre detto, c’è un nodo (torneremo su questo nelle conclusioni): la Ausl deve gestire le indicazioni come prescrizioni e dare tempi certi perché queste vengano rispettate.

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LE NOSTRE PROPOSTE

Benché abbiamo la sensazione di essere la classica “vox clamans in deserto”, per ragioni deontologiche e politico-sociali, ci pare assolutamente doveroso insistere. Su alcune questioni in particolare.

  1. ASPETTI IGIENICO-EDILIZI e SANITARI: nonostante i giochi di prestigio sulla capienza ottimale non dichiarata, il sovrafollamento rimane ed è grave nonostante che siamo lontani dai riscontri degli anni 2005-206;
  1. La Dozza è a nostro avviso inagibile; la Ausl, invece che fare osservazioni deve fare prescrizioni a partire da una dichiarazione immediata di “inagibilità igienico-edilizia” Vista la esigenza di convertire alcuni spazi ad altri usi la capienza ottimale inizialmente autodichiarata dovrà calare anche ben sotto le 483 unità.
  2. Deve essere assolutamente garantito il refettorio per le persone detenute al fine di separare nettamente la zona dei servizi igienici da quella in cui si consumano i pasti. Questo non solo garantirebbe condizioni di maggiore “decenza” e igiene ma renderebbe superflua la dotazione di fornelli a gas autoalimentati, spesso storicamente usati per gesti autolesionisti: in sostanza refettori adeguati migliorerebbero, indirettamente, le condizioni di sicurezza.
  3. Le docce comuni non hanno molto senso, meglio docce per ogni cella o per ogni piano.
  4. La questione del fumo. FUMO ATTIVO: dobbiamo avere la fotografia del “tabagismo esistente” come punto di partenza per avviare percorsi di disassuefazione. Occorrerebbe accedere alle cartelle cliniche o usare come indicatore proxy intanto i dati sulle vendite di sigarette; i dati disponibili, su un campione nazionale, parlano di una percentuale di fumatori, fra le persone detenute, che arriva al 71% contro una prevalenza del 20% circa nella popolazione non reclusa! Una vera emergenza umanitaria. Sul FUMO PASSIVO pare di capire che lo Stato italiano accetti la esistenza di zone in cui la legge 3/1999 non entra in vigore! Altrimenti bisognerebbe organizzare aree per fumatori con le caratteristiche previste dalla legge. Abbiamo fatto su questo argomento un esposto ai carabinieri NAS.
  5. In definitiva OCCORRE DEMOLIRE PARZIALMENTE IL CARCERE per garantire una ristrutturazione radicale degli spazi con queste esigenze minime: occorre elaborare un piano complessivo di ristrutturazione eco/sociocompatibile che recepisca le esigenze descritte e ulteriori miglioramenti ipotizzabili in fase progettuale .
  1. ASPETTI ORGANIZZATIVI:
  1. Garantire livelli di attività lavorative non peggiori dei tassi di occupazione esterni. La Ausl deve censire ogni sei mesi il numero degli occupati;
  2. Garantire l’elezione dei rappresentanti del lavoratori per la sicurezza dei detenuti lavoranti (ex decreto 81/2008);
  3. La equipe della Ausl che interviene in carcere non deve solo fotografare alcuni aspetti di tipo fisico-igienistico. Essa deve essere allargata a tutte le competenze disponibili – medicina del lavoro, psicologia, psichiatria – al fine di elaborare un piano di miglioramento complessivo previo approccio sistemico e non settoriale. Solo valorizzando le capacità di osservazione delle dinamiche comportamentali si può intravedere la strada giusta per fare passi in avanti; è inutile lamentare che alcuni detenuti buttano residui di cibo o rifiuti fuori dalle celle o “rompono” le docce (in questo report, più cautamente che nel precedente, la Ausl parla di rotture per motivi non tecnici…). Occorre – per questo proponiamo l’ingresso nell’equipe della Ausl di psicologi sociali – comprendere le dinamiche comportamentali e fare suggerimenti adeguati per il loro superamento. Cosa c’è a monte di eventuali atteggiamenti di incuria o di “aggressività”? Come si possono prevenire comportamenti incongrui e controproducenti ? Abbiamo più volte sottolineato come la carenza di spazio e il sovraffollamento, secondo gli studi di prossemica e di psicologia sociale, possono aumentare la aggressività. Per l’esattezza risulta che più il soggetto è problematico più rischia di vivere la carenza di spazio come traumatica. Ci chiediamo: se si incaricasse un certo numero di persone – come lavoranti interni retribuiti – di fare la raccolta porta a porta dei rifiuti non potrebbe succedere che la Ausl non abbia più a constatare il lancio dalle finestre? Al lancio dei rifiuti invece si è reagito collocando reti sempre più fitte alle sbarre, rendendo ancora più lugubre l’habitat delle celle. Quello che non si può comprendere e non si può condividere è che fu interrotto un tentativo di allargare la composizione della équipe della Ausl che visitava il carcere a fronte peraltro non di una opposizione esplicita della amministrazione penitenziaria ma di osservazioni alle quali la Ausl poteva dare facilmente risposte adeguate. Certo allora mancò anche qualunque indicazione da parte della Regione e si intravide il rischio che a Bologna si agisse in maniera difforme dal resto del territorio regionale; dunque si tornò alla vecchia impostazione igienistico/ottocentesca. Perché, va ribadito con chiarezza, fin dall’Ottocento, alle istituzioni e al potere politico ed economico “interessava” certamente il problema delle carceri ma solo nella misura in cui esse potevano agire da focolaio di malattie trasmissibili…Si è voluto tornare a quella impostazione, limitando gli operatori coinvolti e gravando i superstiti di una attività troppo pesante e foriera di distress come si deduce anche dagli errori contenuti nel report: dalle date sbagliate al numero dei detenuti che non tornano, alla formulazione di pareri soggettivi che andrebbero discussi in una ottica multidisciplinare anche per evitare disguidi e critiche discutibili. Risulta poi che la Regione E-R abbia avviato un meritorio studio o gruppo di lavoro sulla salute mentale nelle carceri. Vorremmo conoscerne le conclusioni e soprattutto vorremmo capire se si intenda passare dalle osservazioni alle proposte di miglioramento. Ci pare poi una lacuna incomprensibile che questo primo rapporto semestrale NON FACCIA ALCUNA MENZIONE DEI DUE DECESSI VERIFICATISI ALLA DOZZA NEL PRIMO SEMESTRE 2016: NESSUN ACCENNO ALLE STRATEGIE DI PREVENZIONE DEL SUICIDIO NE’ ALLE CAUSE DI QUESTI DUE EVENTI LUTTUOSI;
  4. Far eleggere alle persone detenute il loro «garante»; infatti un garante nominato dal Consiglio comunale rappresenta persone, in maggioranza, incompetenti e demotivate,vito-carceri5

    QUESTIONI LEGISLATIVE

  1. Dopo una strenua opposizione corporativa, per esempio da parte della cosiddetta “medicina penitenziaria”, con il decreto 1.4.2008 qualcosa è cambiato.  Ma questo non basta. Alla Ausl è stato accollato l’onere della assistenza, la Ausl deve invece diventare protagonista di programmi e politiche di prevenzione. Occorre cioè portare le carceri sotto la vigilanza ispettiva della Ausl sia per quanto riguarda l’ambiente che per quanto riguarda la sicurezza del lavoro. La sicurezza del lavoro va ricondotta ai poteri ispettivi degli Uopsal (con abrogazione del VISAG) sia per quel che riguarda i lavoratori detenuti che per quel che riguarda il personale del carcere.

CONCLUSIONI per il carcere Dozza di Bologna.

La nostra proposta – provocatoria, ma concreta – la abbiamo fatta da tempo: demolire la Dozza.

La proposta è da intendere alla lettera in quanto nella nostra ipotesi una grossa parte è affidata al martello pneumatico.

Abbiamo già interessato la Procura della repubblica che evidentemente non ha ritenuto fondata la ipotesi del reato di “abuso di mezzi di correzione” (ma secondo noi ha sbagliato). Abbiamo interessato i NAS dei carabinieri che evidentemente non sono riusciti a venire a capo della esposizione al fumo passivo. Abbiamo interessato le istituzioni su alcuni punti (per esempio il diritto del detenuto nel CIE a nominare un medico di fiducia) fino al presidente della Repubblica, alla Regione, al Prefetto… Quasi nulla si è mosso salvo una insufficiente riduzione del sovraffollamento. Tutto questo non ci induce al silenzio, piuttosto a interrogarci ancora sulle strategie da seguire, fermo restando che – ma lo sapevamo fin dall’inizio – occorre contare prevalentemente sulle nostre forze.

In attesa di tempi migliori e di trasformazioni radicali dobbiamo esigere che le istituzioni rispettino i requisiti minimi per la detenzione fissati dall’ONU nel 1955 , fatti propri dalla UE nel 1987 ma di fatto già impliciti nella Costituzione repubblicana.

«La privazione della libertà deve essere attuata in condizioni materiali e morali che assicurino il rispetto della dignità umana…».

CARCERE MINORILE “PRATELLO”

I riscontri nel carcere minorile sono analoghi a quelli dei rapporti semestrali precedenti.

Risulta confermata con grandissima evidenza dal numero di stranieri fra i minori reclusi: 17 su 18 sono stranieri. Fortunatamente i dati di prevalenza per qual che riguarda tossicodipendenza e malattie infettive correlate sono bassi (due tossicodipendenti e un caso di positività per HCV).

Le lacune individuate dalla Ausl

Non ci sono problemi della gravità di quelli della Dozza.

Salvo che:

  1. – La ricettività sarebbe per 44 persone ma i posti attivati sono per 24 persone. Dietro questi numeri ovviamente gravano grossi interrogativi circa le politiche che si dovranno e vorranno adottare in materia di “devianza giovanile”; più o meno celle oppure più o meno misure alternative e soprattutto prevenzione;
  2. – I giovani detenuti sono concentrati al primo piano in quanto il secondo piano e il tetto sono inagibili, addirittura per i postumi dell’ultimo terremoto
  3. – Non è consentito l’uso dei fornelli autoalimentati (scelta condivisibile, non praticata alla Dozza per opportunismo e con conseguenze negative per la popolazione detenuta).

Le nostre proposte

L’abbiamo detto più volte occorre riprendere in mano la “utopia” positiva della abolizione della pene detentive per i minori. Assistiamo su questo argomento a tendenze ondivaghe. Fortunatamente la “idea” non pare definitivamente archiviata, salvo che ogni tanto si parla di un “nuovo” carcere minorile in un’altra zona della città. A differenza degli anni ottanta (l’abbiamo già detto anche questo) quando l’assessore Ancona si vide respingere dalla solita minoranza rumorosa e perbenista, l’idea di una struttura di accoglienza per minori, la quale non era certamente il superamento definitivo del carcere ma sarebbe stata una struttura a vigilanza fortemente attenuata (il progetto riguardava via Lombardia).

CONCLUSIONI

Continuiamo a monitorare la situazione. Certamente non abbiamo sensori per comprendere cosa è successo dopo le violenze verificatesi tempo fa e che sono giunte alle cronache cittadine associate a dubbi, veleni e accuse di omertà. Dallo scarno report della Ausl non si deduce nulla circa il vero clima all’interno della struttura.

Le iniziative culturali, teatrali, formative e pedagogiche paiono forti e meritorie ma i fattori esterni paiono ancora più forti. Certamente il numero degli stranieri presenti evoca spesso la impossibilità, per loro, di gestire misure alternative come gli arresti domiciliari e l’affido familiare.

Bologna, 5.9.2016

(*) Vito Totire, a nome di Circolo “Chico” Mendes e del Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria Francesco Lorusso

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BIBLIOGRAFIA/FONTI

Rapporto sulle carceri primo semestre 2016-Ausl Bologna

Commenti ai precedenti rapporti semestrali (2004-2016) nell’archivio del circolo “Chico” Mendes

«La salute dei detenuti in Italia: i risultati di uno studio multicentrico», Agenzia regionale di Sanità Regione Toscana, 83, aprile 2015

 

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BOX sulla “Salute della popolazione detenuta e dei lavoratori penitenziari” nella relazione presentata da Vito Totire al seminario organizzato da Antigone, Bologna, giugno 2016

 

LA SALUTE IN CARCERE – Scheda per la discussione redatta da Vito Totire

Temi:

  1. Speranza di salute e di vita dei detenuti
  2. Separare la perdita di speranza già in atto al momento della prima detenzione dalla ulteriore riduzione causata dalla esperienza detentiva
  3. Per capire di più: costruire una coorte delle persone con pregressa esperienza di privazione della libertà

Fattori di rischio della privazione della libertà:

  1. Sedentarietà
  2. Disoccupazione/sottocarico
  3. Deprivazione socio-sensoriale
  4. Costrittività
  5. Ritardo nell’accesso alle cure
  6. Riduzione di misure di diagnosi precoce
  7. Tabagismo
  8. Carenze igieniche ambientali

Effetti sanitari

  1. Aumento del tabagismo
  2. Depressione
  3. Intolleranza a stimoli ambientali
  4. Diagnosi meno precoci
  5. Soccorsi ritardati
  6. Malattie infettive e parassitarie
  7. Calo autostima
  8. Calo abilità sociali

RIMEDI POSSIBILI

  1. Garantire standards igienistici e spazi adeguati
  2. Piena occupazione”
  3. Prevenzione primaria (corsi per smettere di fumare)
  4. Riduzione delle forme di deprivazione socio-sensoriale

LE IMMAGINI

All’inizio del post foto storica di una porta dell’ex carcere fiorentino femminile delle Murate… chiavistelli robusti. Tutte le vignette sono di Mauro Biani. (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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